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Autore: rolly too    13/09/2010    0 recensioni
Mika sapeva dove era stato suo marito. Sentiva l'odore della sua colpa, sentiva le menzogne nella sua voce. Vedeva il dolore dei suoi occhi e pensava che forse, a volte, era meglio tacere.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'ultima volta'
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Amava suo marito,
e credeva che lui sbagliasse a comportarsi così.
Amava suo marito,
e proprio per questo pensava che, a volte, era meglio tacere.

Quando Tohma era uscito da casa, quella mattina, lei aveva capito benissimo che sarebbe rientrato tardi. Le avrebbe raccontato d'aver avuto un imprevisto alla NG, d'aver dovuto contrattare l'incisione di un disco con un gruppo promettente; d'aver dovuto placare l'ira di un cantante particolarmente ambizioso che non sapeva rimanere al suo posto e lasciare che gli altri facessero il proprio lavoro; le avrebbe detto che, semplicemente, aveva avuto documenti da firmare e pratiche da sbrigare. E per questo, per questo era tornato tardi.
Lei avrebbe annuito con un sorriso, si sarebbe avvicinata a dargli un bacio e avrebbe finto di credergli. Anche se sapeva benissimo che mentiva. Anche se sapeva benissimo che lui ne era consapevole.
Tohma era suo marito e lei lo amava. E anche lui amava lei. Lo sentiva, lo vedeva. Nei suoi occhi, quando la guardava. Nelle sue parole, quando chiacchieravano. Nei suoi gesti, quando le sfiorava il braccio, in pubblico, e lei lo sentiva vicino. Quando, a casa, la tirava a sé e la baciava con leggerezza, sorridendole poi.
Ma c'era anche Eiri, e lei lo sapeva. In realtà, anche se le doleva ammetterlo, l'aveva sempre saputo. Da quando li aveva visti insieme per la prima volta, dopo che aveva presentato Tohma alla propria famiglia, aveva capito che tra i due c'era un'intesa che andava al di là dell'amicizia.
All'inizio sembrava che fosse così per entrambi. Per quanti anni era durata? Sei, sette? Tohma le diceva che sarebbe uscito, che sarebbe andato a cercare qualcosa d'interessante per il proprio lavoro. Un cantante, un gruppo, un manager, un chitarrista, un'idea per una nuova campagna pubblicitaria. Ma andava da Eiri.
Quando tornava, i suoi vestiti avevano l'odore del fumo delle sigarette.
Quando tornava, la sua pelle aveva l'odore della pelle di Eiri.
Non sapeva spiegarsi come avesse capito che era così, ma ne era certa. Nonostante questo, non aveva mai affrontato l'argomento con il marito. Lo guardava uscire, sapendo che andava da lui, sapendo che non era la sola, che c'era qualcun altro di altrettanto importante – o forse più importante ancora – di lei, ma taceva.
Perché amava suo marito, e credeva che lui sbagliasse a comportarsi così.
Amava suo marito, e proprio per questo motivo pensava che, a volte, era meglio tacere.
Perché Eiri, a un certo punto, si sarebbe tirato indietro. L'avrebbe respinto, e Tohma, forse, non avrebbe retto. E lei non riusciva a pensare di poter dare un dispiacere al marito, sapendo che, ben presto, non sarebbe stato in condizione di affrontarlo. Aspettava il momento in cui lui sarebbe crollato, rivelandole tutto quello che era accaduto in quegli anni, a fingere di crederla all'oscuro di tutto. Si sarebbe seduto sul divano con le gambe divaricate e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Le mani alte, strette davanti alla fronte. La sua voce avrebbe tremato, avrebbe ammesso le proprie colpe e avrebbe taciuto. E lei, forse, sarebbe stata in grado di consolarlo, nonostante quello che le aveva fatto. Perché sapeva che, dovendo scegliere, Tohma avrebbe scelto lei.
Così come Eiri, entro poco, avrebbe scelto Shuichi.

* * *

Mika sapeva dove era stato suo marito.
Sentiva l'odore della sua colpa,
sentiva le menzogne nella sua voce.
Vedeva il dolore dei suoi occhi e pensava che forse,
a volte, era meglio tacere.

Quando sentì la porta di casa aprirsi si affrettò a raggiungere il marito nell'atrio.
«Dove sei stato?» gli domandò. Forse le avrebbe detto la verità, forse avrebbe ammesso il proprio peccato. Dentro di sé, Mika sapeva benissimo che non l'avrebbe fatto. Ma lo sperava. Per poter aver un motivo per urlargli il proprio rancore, per mostrargli la propria sofferenza. E lasciare che lui affogasse nella sua.
«Ho avuto degli impegni a lavoro.» L'ennesima menzogna, l'ennesimo, inutile tentativo di tenerla all'oscuro. Di farle capire che non voleva parlarne, nonostante sapesse che lei sapeva. Come avrebbe potuto ignorarlo, dopotutto?
Mika sapeva dov'era stato suo marito. Sentiva l'odore della sua colpa, sentiva le menzogne nella sua voce. Vedeva il dolore nei suoi occhi e pensava che forse, a volte, era meglio tacere.
Ma era difficile. Era innaturale, sbagliato.
Annuì, cercando di combattere contro il folle desiderio di urlargli che non poteva tenerle nascosto quel tradimento, che non poteva crederla così stupida, che doveva smettere di ingannare entrambi. Doveva scegliere, e doveva farlo subito.
Si allontanò verso il salotto, sperando che Tohma la seguisse. Che la facesse sentire importante.
Quando lui la raggiunse le sfiorò la schiena con la mano. Un segno di resa. Una domanda di perdono.
A Mika bastò guardarlo negli occhi per capire, e nonostante questo non riusciva a far allentare il nodo che le stringeva lo stomaco. Non avrebbe mai più lavato abiti che sapevano di fumo. Non avrebbe dormito accanto a un uomo la cui pelle aveva l'odore di quella del fratello.
Lo sguardo che Tohma le rivolse era sofferente, ma non c'era una richiesta d'aiuto nei suoi movimenti.
Avrebbe affrontato da solo il proprio dolore, e, una volta che si fosse ripreso, avrebbe lasciato che sua moglie fosse l'unica che potesse permettersi di amare.

   
 
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