I personaggi
citati non mi appartengono (purtroppo ç__ç) e non
mi pagano per scrivere.
Vorrei ringraziare una persona prima di tutto, la mia stellina: Laurette.
Senza di lei non avrei mai trovato il coraggio di pubblicare questa
storia. Grazie mille per tutto, davvero. <3
Comunque mi vergogno ancora da morire.
Vi prego abbiate pietà!
Ringrazio da subito chi avrà il coraggio di leggerla e anche
chi solo le darà un’occhiata.
E’ solo un “esperimento”. Se
vedrò che non piace non lo continuerò nemmeno.
Ed ora, bando alle ciance.
Buona lettura.
Bliss.
Everything
about you is how I wanna be
Your freedom comes naturally
Everything
about you resonates happiness
Now I won’t
settle for less
Give me all
the peace and joy in your mind
Everything
about you pains my envying
Your soul can’t hate anything
Everything about you is so easy to love
They’re watching you from above
Give me all
the peace and joy in your mind
I want the peace and joy in your mind.
Capitolo 1.
Sei triste. Sei spento. Sei vuoto.
Il
nulla in te.
E quando ti senti così hai bisogno di riempire, di colmare
quello spazio, quella voragine che ti si creata dentro con qualcosa,
qualsiasi cosa.
E a volte quella cosa diventa qualcuno.
E a volte quel qualcuno è il tuo migliore amico.
Quell’amico che ti tende la mano quando sei in
difficoltà, anche se forse lui in quel momento lo
è più di te ma tu sei un’egoista, e non
t’importa. Almeno finché non ti rendi conto di che
cosa sei veramente.
Un essere miserabile.
E hai paura.
Sì, hai paura. Nonostante quella mano abbia già
afferrato la tua evitandoti di cadere in un baratro buio e opprimente,
nonostante quel corpo caldo ti stia stringendo tra le sue braccia
evitandoti di congelare.
E sei un egoista.
E quegli occhi stanno rassicurando i tuoi come solo loro sanno fare.
Ma li vedi.
Li vedi anche tu che sono tristi, come te. Spenti, come te.
Ma tu vuoi solo stare bene e non t’importa degli altri.
E sei un’egoista.
Vuoi solo che quelle braccia stringano ancora di più. Che
quella mano non ti lasci, che quegli occhi non ti abbandonino.
Perché hai paura.
E sei un egoista, e lo sai.
Vuoi solo che tutto finisca.
Ma lo sai che dovrai soffrire ancora, e poi ancora e ancora.
Quando finalmente crederai di stare bene, di aver ritrovato la
felicità e te stesso, ti accorgerai.
Sì, ti accorgerai di quanto egoista sei stato.
Quando vedrai quella mano, immobile. Quel corpo non più
caldo e quelle braccia lasciate cadere inermi, e quegli
occhi…ormai vuoti e privi di vita.
Capirai, allora si che capirai.
Ti renderai conto di aver risucchiato, di aver fatto uso e di aver
rubato tutta quella che era la linfa vitale di quel corpo, hai preso
tutta la sua Pace, la sua Gioia. Tutto quello che era l’Amore
che aveva riservato per te e che ora ha riempito finalmente il tuo
essere.
E tu non sai più cosa fartene.
Forse lo sai.
Si, lo sai.
Quell’amore è per lui, ma lui ormai non
c’è più.
E tu?
E tu adesso stai meglio?
*
La porta si
aprì di colpo. Matthew alzò la testa e
sbuffò. Posò sul tavolo di fronte a lui il
cucchiaino argento con cui aveva mescolato la calda bevanda color ambra
che teneva in mano, per almeno cinque minuti.
Dominic attraversò la stanza a grandi falcate fino ad
arrivare a sedersi proprio di fronte a lui.
“Che c’è ancora?” chiese il
moro irritato dopo aver soffiato sulla tazza tra le sue dita e aver
guardato il suo amico con aria di sufficienza.
Quel mattino Dominic l’aveva stressato parecchio. Lo aveva
tartassato di domande, ininterrottamente su qualunque cosa. E tutto
ciò che voleva Matt quel giorno, era rimanere
solo, solo coi suoi pensieri.
Alla
fine l’ho invitato io. Gli ho detto io di venire da me, che
avevo bisogno di lui. Forse sta solo cercando di farmi pensare ad altro.
“Ho
trovato questo!” urlò Dominic sventolandogli
davanti alla faccia un biglietto aereo.
Matt lo guardò un po’.
“E quindi?” disse infine sorseggiando il suo
tè e tralasciando il fatto che Dom aveva frugato tra le sue
cose.
“E quindi?!” strabuzzò gli occhi
l’altro. “Matt, vuoi partire?”
Non
ricordo nemmeno quando l’ho comprato quel biglietto per New
York.
“No,
per adesso no.”
“Ma scusa, e allora cosa te ne fai? Fra poco scade. La
partenza è fissata per dopodomani.”
Puntualizzò Dom mentre torturava quel biglietto con le dita.
“Vedrò.”
Il biondo sospirò e sorrise amaramente.
“Fammi sapere cosa hai intenzione di fare.” Disse e
si alzò, ripercorrendo la stanza.
“Guarda che se parto tu vieni con me, stupido.”
Intervenne Matt, bloccando Dom sulla soglia della porta, che si
voltò e trasformo la sua espressione imbronciata di prima in
uno dei suoi sorrisi perfetti.
Matt gli sorrise di rimando.
“C’è un altro biglietto da qualche
parte. Guarda in camera mia, nella cassettiera; dovrebbe essere
lì.” Continuò il cantante.
Li aveva presi per lui e Gaia. Per un viaggio insieme, per sistemare un
po’ le cose, cercare di stare meglio.
“Oh, grazie!” Disse Dom sgambettando verso Matt.
Si avvicinò e gli diede un bacio sulla testa.
“Grazie a te, Dom.” Sospirò il moro.
“E scusami se stamattina sono un po’ duro, ma mi
stai facendo diventare matto.” Sghignazzò.
Dom si grattò il mento ruvido, ricoperto da dei piccoli
pungiglioni chiari. Poi si passò un mano tra i capelli
lasciati un po’ lunghi, confuso.
“Sei davvero insopportabile oggi.” Disse Matt
cercando di chiarire le idee al suo amico. “Non hai fatto
altro che parlare, parlare e parlare.”
“Ops! Mi spiace, scusa. Ti lascio un po’ solo
ora.” Rispose il biondo, anche se in verità non
molto dispiaciuto. Lui si era divertito. Aveva ottenuto risposta a
qualsiasi cosa gli aveva chiesto, anche se un po’ in malo
modo, ma aveva comunque saputo ciò che voleva sapere.
Matt sorrise, riconoscente.
Dom fece per andarsene per la seconda volta, ma si fermò di
nuovo.
“Cosa vuoi mangiare dopo?” Chiese al suo cantante
che gli lanciò uno sguardo inceneritore.
Dom abbozzò un sorriso imbarazzato, capendo di aver
disturbato Matt per la seicentesima volta in quella mattina.
“Un piatto di pasta va benissimo.” Rispose Matt.
“E mangiamo verso la una e mezza.”
Continuò secco anticipando Dom, quasi leggendogli la
prossima domanda nel pensiero, dopo che aveva visto le sue labbra
dischiudersi quel tanto per parlare di nuovo.
Dom capendo di non essere gradito al momento, si limitò ad
alzare un pollice all’insù, a mimare con le labbra
un ‘Ok’ e ad andarsene in silenzio, togliendo il
disturbo.
Chiuse la porta e sentì Matt tirare un sospiro di sollievo.
Caspita,
devo proprio averlo distrutto.
*
Il sole si
stava pian piano dissolvendo, lasciando nel cielo quella sfumatura di
arancio misto rosso che rischiarava ancora un poco le case.
Il lago era silenzioso, come la maggior parte dei giorni di Gennaio.
Una figura esile e fragile guardava dalla finestra della sua camera
come tutto tornava alla quiete, come il paesaggio lentamente lasciava
spazio al buio della notte.
Ad un tratto un urlo la fece sobbalzare. Aspettò ancora un
attimo, intento sul da farsi.
Un altro urlo.
Fece scorrere la tenda bianca e la sua ombra sparì dietro di
essa. Uscì dalla stanza.
Il corridoio era lungo, fin troppo. Cercava da dove provenissero quegli
urli.
Eccone un altro. Veniva da sotto.
Corse giù dall’imponente scala di legno scuro, che
accompagnava ogni suo passo con uno scricchiolio.
Attraversò il salotto e scese altri scalini che lo portarono
in cantina.
La porta era socchiusa, infilò la testa e non vedendo
nessuno di fronte a lui la aprì del tutto.
Dom stava in piedi su una seggiola con una scopa in mano e un viso
terrorizzato. Appena vide Matt, i suoi occhi terrorizzati divennero
colmi d’ira.
“Come si fa ad avere una cantina piena di topi? Come cazzo si
fa?” urlò in preda al panico.
Matt che tentava di trattenersi dal ridere, seppur con una faccia da
ebete, scoppiò non appena Dom saltò
giù dalla sedia e corse verso di lui lanciando dei gridolini
acuti da donnetta schizzinosa, alla vista di un piccolo ratto che aveva
attraversato la stanza velocemente.
Lo spinse fuori e chiuse la porta alle sue spalle.
Il biondo inspirava ed espirava profondamente, quasi come se stesse
cercando di calmarsi dopo un attacco d’asma.
Matt rideva ancora, piegato in due.
“Che cazzo ridi? Devi vergognarti! Fa schifo quella
cantina!” Urlò Dominic dandogli uno scappellotto.
“Che cosa ci facevi lì giù,
eh?” Riuscì a dire Matt tra una risata e
l’altra.
“Niente, stavo curiosando.” Ammise il biondo.
“Quelli sono i miei topi da guardia, e devo dire che sono
serviti per una volta.” Sghignazzò il cantante
sotto lo sguardo irritato di Dom.
Dominic che si era ripreso quel tanto da riuscire a respirare
normalmente, si scostò dalla porta e lanciando
un’occhiataccia a Matt se ne tornò in salotto.
Il moro lo seguì subito dopo.
Dom si era sdraiato sul divano, si era levato le scarpe e aveva
appoggiato i piedi sul tavolino.
“Certo, fai pure come se fossi a casa
tua…” Ironizzò Matthew che fece lo
stesso.
Dominic si voltò e percorse con lo sguardo quel corpo steso
al suo fianco per tutta la sua lunghezza. Partì dalle gambe
così fragili e corte, il bacino ossuto che si intravedeva al
di sotto della maglietta bianca, il torace magro, il collo bianco e
venoso con quel pomo d’Adamo sporgente, il mento con quella
fossetta adorabile, la bocca piccola e rosea e quel naso strano e
malfatto. E poi, e poi… Quegli oceani blu che erano i suoi
occhi, due calamite azzurre. E infine i capelli, scompigliati e neri.
“Che hai da fissarmi?” Disse Matt interrompendo la
visione di Dom, che si ricompose e dopo un colpo di tosse nervosa
cercò di giustificarsi in qualche modo.
“Niente, guardavo com’eri vestito.”
Il moro alzò un sopracciglio e storse il naso, poi
scoppiò a ridere.
“Sì, certo Dom, come no.”
Ridacchiò. “Stavi ammirando il mio fisico
scolpito, dì la verità!”
continuò mentre Dom sperava di sprofondare nel divano.
“Sì, stavo ammirando quei fantastici pettorali
che… Umh, mi spiace Matt ma non si vedono. E ops! Neanche
gli addominali, ma caspita neppure…”
Iniziò a dire Dom reggendo il gioco, fino a quando Matt non
lo interruppe dandogli una manata sulla coscia e accompagnando il tutto
con un ‘Ehi! Ok, ho capito che non sono un fusto.’
Dom alzò lo sguardo infuocato, incrociando gli occhi di Matt
che capì al volo di avergli fatto un po’ troppo
male.
“Chiedimi scusa!” Urlò Dom sovrastandolo.
“Se no?” Rispose Matthew strafottente.
“Sei morto.” Disse il biondo sfoggiando ghigno
beffardo degno del Joker.
Matt alzò le mani in segno di arresa.
Poi…
Fu un attimo, un lampo, un fulmine a ciel sereno. Matthew spinse Dom
giù dal divano, facendolo rovinosamente atterrare con la
testa sotto il tavolino e le gambe all’aria. Gli
sghignazzò davanti alla faccia e poi corse via, saltellando
e fischiettando chissà quale stupido motivetto.
“Fregato!” Urlò quando ormai era
dall’altra parte della stanza e stava entrando in cucina.
Dom sbuffò infuriato e dopo essersi alzato e risistemato
corse verso l’amico. Entrò in cucina e lo vide
intento a prepararsi una camomilla.
Avevano cenato presto quella sera, verso le sette. Perché,
alla fine, a pranzo non avevano mangiato. Dom si era scordato di
preparare visto che era rimasto affascinato dal film ‘Harry
Potter e il calice di fuoco’ nonostante l’avesse
visto un miliardo di volte e Matthew si era addormentato mentre leggeva
uno dei suoi libri da cervelloni.
“Tu sei un bastardo. Lo sai, vero?” Disse Dom
avvicinandosi pericolosamente a Matt.
“Sì, modestamente.” Articolò
il moro con un mezzo inchino.
“Me la pagherai questa.” Lo minacciò
Dominic mentre si sedeva al tavolo deciso a risparmiarlo dalla sua
furia omicida e massaggiandosi la coscia che probabilmente era ancora
arrossata sotto quei pantaloni neri attillati.
Ad un tratto Matt dopo aver vuotato l’acqua bollente in una
tazza e averci messo a mollo la bustina di camomilla, si
voltò un attimo verso il biondo, ma non con il sorriso che
sfoggiava poco prima bensì con una faccia da funerale.
Dom lo guardò stranito.
“Che c’è, Matt?” Chiese
mettendosi al suo fianco mentre rigirava la bustina
nell’acqua.
“Niente, niente.” Si affrettò a dire
l’altro.
Poi gli rivolse un sorriso. Dom ricambiò.
“Ehi, non è che posso mangiarmi qualcosa? Non so,
ce li hai i biscotti?” Saltò su il batterista.
“Sì, cercali, sono in qualche credenza.”
Rispose Matthew mentre mescolava lo zucchero nella camomilla.
Dom incominciò a cercare. Apriva qualsiasi armadietto,
cassetto che trovasse davanti a sé.
Quella cucina era enorme.
“Senti ma...” Disse confuso e stanco di cercare
invano.
“Oh, Dom, tranquillo. Seguì il tuo istinto. Poi,
però, fai il contrario.” Disse Matt sorseggiando
la bevanda bollente che fumava tra le sue mani.
Dom rise, di gusto. Non se l’era presa, anzi fece come aveva
detto Matt: il suo istinto diceva di aprire la credenzina a destra, ma
lui andò a sinistra.
“Trovati!” Urlò contento. “Ho
fatto come hai detto tu.”
Matt schioccò la lingua. “Sono o non sono un
genietto?”
“Diciamo che sei un nanetto.” Ridacchiò
Dominic deglutendo il primo biscotto al cioccolato.
Matt gli rivolse uno sguardo minaccioso.
“Io sono depresso, non dovresti insultare, sai?”
Disse il moro.
Dom alzò una mano in segno di scuse.
“Pardon, Sir Bellamy.”
Matt sorrise e gli fece segno di seguirlo in sala.
Si sedettero di nuovo sul divano e Dom accese la tv. Rimasero in
silenzio per un po’, solo lo sgranocchiare dei biscotti e il
sorseggiare della camomilla come sottofondo.
Dominic continuava a cambiare canale.
“No.” Diceva. “Schifo.”
“Programma inutile.”
“Spazzatura!” “Oooh, carino questo
film.”
“E’ finito, non vedi?” Interveniva Matt
ormai sulla soglia di una crisi di nervi.
E Dom ci rimaneva malissimo, così continuava imperterrito a
distruggere il telecomando e a mandare in tilt la tv e Matt.
“Fermo! Lascia qui, per favore.” Disse il cantante
riuscendo a levare dalle mani del biondo il telecomando.
Si era fermato su un programma di psicologia, su un canale sconosciuto,
si intitolava ‘Come sopravvivere dopo la fine di una lunga
storia’.
Era quello che faceva per lui.
Gaia l’aveva mollato dopo nove anni. Nove stupendi anni in
cui lui le aveva affidato il suo cuore.
L’ultimo periodo non era stato dei migliori, per niente.
Continui litigi e insulti che volavano quasi ogni giorno, ma nonostante
tutto lui credeva che avrebbero superato quel periodo, che
l’amore sarebbe rinato e che li avrebbe uniti una seconda
volta.
Ormai era un mese che lui era ritornato single e in quelle settimane
era riuscito a non togliersi la vita solo grazie all’aiuto
del suo migliore amico, Dom, che era accorso da lui appena avuta la
notizia.
“Spero tu stia scherzando.” Disse Dom lanciandogli
un’occhiataccia.
“No, mi interessa.”
“Ti prego, Matt! Risparmiami questo programma!”
Sbottò cercando di riprendersi il telecomando ma senza
successo, essendosi Matt sedutocisi sopra. “Che merda
è?” Continuò il biondo. “Dai,
Matt! Sii obbiettivo, fa cagare 'sto programma! Preferisco uno di quei
cosi sugli alieni e i loro amici!”
Matt lo incenerì con lo sguardo. Mai toccare il tasto
‘alieni e i loro amici’.
“Zitto.” Disse piano.
“Ma Matt!” Protestò ancora Dominic.
“Se non ti interessa vai da qualche altra parte, se non stai
qui e taci!” Urlò il moro mentre si copriva con un
plaid a appoggiava la tazza ormai vuota sul tavolino.
Dom mise il muso, ma alla fine rimase lì e poté
constatare che le sue previsioni erano esatte: quel programma era
veramente orrendo.
*
La stanza era illuminata solamente da una fioca luce proveniente
dall’abat-jour sul comodino al fianco sinistro del letto
matrimoniale.
Due corpi erano seduti sopra di esso, appoggiati alla testiera.
Erano abbracciati.
Dominic teneva un braccio attorno alle spalle di Matthew il quale, con
la testa affondata nel petto del suo amico, piangeva a dirotto da
almeno un’ora.
“Matt, ti prego…” Sussurrò
Dom.
I singhiozzi non sembravano placarsi e Dominic pensava che entro poco,
se Matt non si fosse calmato, i suoi occhi sarebbero esplosi, talmente
erano rossi e stanchi.
La mano del biondo accarezzava lentamente la testa
dell’amico. Attorcigliava attorno all’indice un
ciuffo di soffici capelli scuri, e poi delicatamente lo lisciava
assieme agli altri.
“Matt, guardami.” Disse ancora prendendo la testa
di Matthew tra le mani. Gliela sollevò e poté
vedere ancora, come la maggior parte delle sere dopo quel fatidico
giorno, un viso distrutto, stanco, invecchiato in così poco
tempo. “Devi smetterla adesso.” Continuò
piano.
Un’espressione confusa si fece strada sul viso di Matt.
“Io…” Singhiozzò.
“Tu non riesci, lo so. Ma devi, devi! Santo Dio! Devi
riuscirci!” Sbottò Dominic.
Matt abbassò la testa, lottando tra le mani ferme del
batterista.
“Guardami cazzo!” Urlò ancora.
Matt non voleva. Aveva paura, in un certo senso. Paura di affrontare il
suo migliore amico, sapendo che aveva ragione.
“Ti ho detto guardami.” Ripeté Dom con
un tono più calmo, ma Matt non accennava a farlo.
“Scusami, ok?” Disse il biondo. “Scusa se
sono stato così brusco.”
In risposta un mugolio, poche parole farfugliate.
“Ma sono stanco, Matt. Sono stanco di vederti
così, e non so come tu faccia a non esserlo. Non vedi come
sei ridotto? E’ passato un mese, te ne sei accorto?”
Un minuto di silenzio in cui Dom aspettò un cenno, qualcosa.
Ma niente. Il moro continuava a piangere ancora con la testa sul suo
petto.
“Io non so più come fare con te. Io…
Io, mi sento male a vederti così e sono stufo. Stufo! Lo
vuoi capire?” Continuò con il suo soliloquio il
batterista.
Finalmente il cantante sembrò in procinto di dire qualcosa.
“Sei stufo di me?” Chiese tra un singhiozzo e
l’altro mentre affondava la faccia ancora di più
nella maglietta ormai fradicia di Dom.
“Matt, che cazzo stai dicendo?” Chiese il biondo
tristemente, prendendo i nuovo il viso di Matthew tra le mani e
costringendolo a guardarlo negli occhi.
Sei un
egoista, hai visto? Sai che nonostante tutto lui non se ne
andrà. Che quelle braccia ti stringeranno di più,
che quella mano non ti lascerà e che quegli occhi non ti
abbandoneranno.
Perché sai che solo lui ti rimarrà accanto per
sempre, se tu non glielo impedirai. Anzi, probabilmente anche se glielo
impedirai.
“Quello
che mi hai fatto intendere tu.” Disse il cantante con voce
spezzata.
Dom sgranò gli occhi ed appoggiò la sua fronte
contro quella di Matt. I loro nasi si toccavano, i loro occhi si
fissavano, i loro respiri si mischiavano.
“Tu non hai capito.” Sussurrò Dominic a
Matt a fior di labbra. “Io sono stufo, ma lo sono della
situazione. Sono stufo di vederti così, perché tu
non sei così. Matthew Bellamy non piange per mesi rinchiuso
in casa, Matthew Bellamy non si arrende davanti alle
difficoltà della vita così facilmente. Io non
sono stufo di te, Matt. Come potrei esserlo?” Disse con un
sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi il batterista.
Dom si allontanò un poco dal viso di Matt per poterlo
guardare meglio.
Aveva smesso di piangere. Il respiro non era ancora regolare ma le
lacrime erano finite.
La faccia arrossata e appiccicosa del cantante fecero ridacchiare
Dominic.
“Stavi per piangere anche tu?” Chiese Matt.
“Sì, ed è tutta colpa tua.”
Rispose il biondo, dispettoso.
Matt accennò un sorriso.
“Hai ragione, Dom.” Incominciò
a dire Matthew. “Mi sto riducendo a un morto vivente e io non
sono così. A volte posso sembrarlo
però…” Ridacchiò.
“In effetti, nelle tue giornate peggiori non sei molto
carino.” Sghignazzò Dom, stando allo scherzo.
“Comunque, sta di fatto che nelle mie giornate migliori non
lo sono. E che cazzo, Matthew Bellamy non…” Disse
bloccandosi con aria interrogativa. “Come hai
detto?” Chiese a Dom che scoppiò a ridere.
“Ho detto che Matthew Bellamy non piange per mesi rinchiuso
in casa e che non si arrende alle difficoltà della vita e
posso aggiungere ora, che lui non si spezza facilmente.”
“Beh, è la verità. Io non sono
così.”
“No che non lo sei, e finalmente l’hai capito. Si
spera.” Disse Dominic appoggiando una mano sulla spalla
dell’amico.
“Ho capito, davvero. Tranquillo.” Lo
rassicurò Matt asciugandosi la faccia dalle ultime lacrime
con il dorso della mano.
Poi si avvicinò al viso di Dom e posò le sue
labbra sulla sua fronte.
Rimase così per qualche secondo, mentre una mano si
attorcigliava ai capelli color grano di Dominic.
“Grazie.” Gli bisbigliò poi
all’orecchio e tornò a fissarlo negli occhi.
“Sei la mia salvezza, la mia luce.”
“No, ma che dici?” Scherzò Dom
imbarazzato. “Sei tu che in fondo sei invincibile.”
“Con te sono invincibile.” Rispose Matt sorridendo.
“Citazione?”
“Ogni tanto serve.” Sghignazzò Matthew.
“Together we are invincibile.”
Dominic si sporse un poco e lo avvolse in un abbraccio.
“Sono sempre qui, io.” Disse dolcemente.
“Lo so.” Rispose il moro lasciando un bacio sul
collo dell’amico.
Dominic rimase stranito e spaventato dalla reazione del suo corpo a
quel tocco leggero.
I brividi gli avevano percorso la schiena, marciando veloci e sentiva
le guance avvampare.
Cercò di sviare, nonostante Matt non si fosse accorto di
nulla e stesse ancora con la testa tra l’incavo del suo collo
e la spalla. Lo fece per lui stesso.
“Ah, una cosa…” Disse attirando
l’attenzione di Matt che alzò il capo e si
sistemò di fronte a lui come poco prima. “Ti
prego, non guardare più quel programma.”
Matthew scoppiò in una fragorosa risata.
“Questo è sicuro.” Rispose.
“E menomale che doveva aiutare a superare la delusione
d’amore! Quel programma e quella donna rincoglionita che lo
conduceva portano al suicidio!” Ridacchiò Dom
mentre si alzava dal letto.
“Dove vai?” Chiese Matt.
“In camera mia, ho sonno.” Rispose veloce Dominic.
“Posso, Sir Bellamy?” Scherzò.
“Se proprio deve, Sir Howard.”
“Le assicuro che potrei addormentarmi da un momento
all’altro. Anche ora, qui in piedi.”
Sghignazzò il batterista.
Matt sorrise.
“Dormi qui.” Disse poi.
Dom sgranò gli occhi. Meglio di no, sono
particolarmente strano stasera.
“No, Matt. Vado di là, non voglio
disturbarti.” Si scusò.
“Ma se ti ho chiesto io di rimanere qui, che disturbo mi
dai?”
“Meglio di no, davvero.”
“Come preferisci.” Rispose un po’ offeso
Matt cercando di non darlo a vedere, ma con scarso successo.
“Domani sera, magari.”
“Domani sera magari non voglio.” Disse secco
Matthew.
Dom sbuffò e fece roteare gli occhi attirando
l’attenzione del cantante.
“Io voglio adesso, non mi va di stare solo. Potrei avere un
altro attacco!” Spiegò Matt tristemente.
“Ok.” Si arrese Dom. “Basta che la
pianti!”
“Di far che?”
“Di inventarti scuse per dormire con questo bel
fustacchione.” Scherzò il batterista.
Matt scoppiò a ridere.
“Tu? Bel fustacchione? Non farmi ridere!”
“Tutta invidia mio caro nanetto.” Rispose Dom
andando al fianco del letto.
“Piantala di chiamarmi nanetto!” Sbottò
Matt tirando un cuscino nella direzione di Dom ma mancandolo
miseramente.
“Nanetto e invidioso.” Disse Dom ridendosela mentre
si sfilava la maglietta mettendo in mostra un petto bianco e glabro, ma
muscoloso.
Matt frustrato da quella visione di perfezione, mugugnò
qualcosa di incomprensibile. Probabilmente insulti gratuiti al suo
batterista.
“Dai ammettilo.” Disse Dominic. “Tu
questi non ce li hai.” Continuò indicandosi i
pettorali abbastanza sviluppati e i bicipiti.
“Finiscila, ok?” Ringhiò Matt mentre si
sistemava sotto le coperte essendo già in pigiama.
“Ok, ok…” Rispose sghignazzando Dom.
Matt si mise a pancia in giù e infilò la testa
sotto il cuscino però rivolta verso Dom, così da
poter vedere senza mostrare da che parte mirassero gli occhi.
Era tanto che non vedeva Dom in mutande. Voleva vedere
com’era. Dai, vediamo adesso se sei così
fustacchione come credi. Pallone gonfiato che non sei altro…
… …ah,
però…ok…wow.
Dom si era sfilato i jeans e li aveva buttati a terra fiondandosi poi
con un salto sul letto.
Perché
sei così perfetto? Io sono una misera cacchetta confronto a
te. Eppure il premio come uomo più sexy me lo sono beccato
l’anno scorso e non tu.
Dom
sentì un risolino orgoglioso provenire da sotto il cuscino.
Guardò per un attimo male in quella direzione, poi spense la
luce della abat-jour e si infilò sotto il piumone.
“Notte, Matt.” Disse.
“Notte, Dom.” Biascicò l’altro
sotto il cuscino.