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Autore: Bookwrm389    15/09/2010    8 recensioni
Dopo essere stata aggredita da uno dei suoi clienti, Winry cerca una valvola di sfogo telefonando a Edward ad East City. Ma quanto conforto sarà realmente in grado di darle lui, dato che la distanza che li separa è così grande?
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction è stata tradotta da ChiuEs con il permesso dell'autrice
 

Nota dell’autrice
In linea di principio, non mi piace pensare ad una Winry piagnucolosa, ma in fondo anche lei ne ha passate tante nella sua vita!
Potete biasimarla per aver perso la testa una volta tanto?

Rating giallo per la tematica, ma nessuna scena esplicita. Potete vederla come una EdxWin oppure come una semplice fic sull’amicizia.

 ***

 

Open wounds

 
 
Sulle prime Winry si era sentita talmente indignata che proprio non era riuscita a provare nient’altro. Quello zotico, quel bastardo, quell’essere squallido! Come si era permesso di metterla in una situazione del genere? Come aveva osato approfittare della sua fiducia per cercare di ottenere quello che voleva? La cosa peggiore di tutte erano state le parole che le aveva detto, prima di varcare per l’ultima volta l’uscio del negozio, sbattendo la porta con il braccio meccanico che lei aveva costruito per lui.
 
E anche questo aspetto era probabilmente una delle ragioni che rendevano Winry così rabbiosa. L'uomo che l’aveva provocata a tal punto si era precedentemente guadagnato un posto nella cerchia dei suoi clienti preferiti. O fra quelli più simpatici, per lo meno.
Winry si era applicata così duramente per costruire delle sane e solide relazioni con i suoi pazienti a Rush Valley. Mesi di riabilitazione e controlli regolari portavano al forgiarsi di un legame molto più personale rispetto al semplice rapporto fra meccanico e cliente. Per loro lei era dottore, terapista, amica... tutto in uno. E Winry non avrebbe voluto niente di diverso.
Non vai da un qualsiasi meccanico quando il tuo automail non funziona, ma ti rechi da qualcuno che sappia esattamente di cosa hai bisogno e perché ne hai bisogno, dal momento che questo qualcuno è stato presente per tutto il tempo.

 
Questo cliente in particolare veniva a lei da quasi un mese ormai. Aveva già effettuato anni prima l’intervento chirurgico per impiantare la base d’innesto e aveva soltanto bisogno di dotarsi di un nuovo braccio per sostituire un vecchio modello. Era così amichevole, così desideroso di parlare con lei. Sempre puntuale per i suoi appuntamenti, ascoltava sempre ogni parola che lei diceva, rideva e sorrideva sempre.
Lei aveva armeggiato ore e ore sul suo braccio destro, costruendolo, impiantandolo, adeguandolo alle sue gentili, ma ferme, richieste.
 
E con oggi erano arrivati al giorno del suo ultimo appuntamento. A Winry non era mai neanche passato per la testa che sarebbe stata felice di non doverlo più rivedere.

 
Bene, penso che sia tutto a posto. Avrai solo bisogno di una messa a punto ogni tre mesi, quindi tieni bene a mente il nome Rockbell quando arriverà quel momento!
 
Certo, assolutamente. Ma prima di andare, Winry, vorrei parlare con te. Ti dispiace se chiudo la porta?

 
“Quartier Generale di East City, parla Mustang.”
 
Winry si sporse in avanti e cullò la testa con la mano libera, succhiando il labbro inferiore nel punto in cui si era spaccato a causa dell’urto con il suo tavolo da lavoro. Avrebbe dovuto metterci del ghiaccio sopra, probabilmente. Era quello che avevano sempre fatto i suoi genitori ogni volta che Winry era tornata a casa con contusioni e labbra spaccate dopo aver giocato con Ed e Al al fiume o nel campo di granturco o alla rimessa dei treni.
Dopo tutti questi anni riusciva ancora sentire i rimproveri di sua madre.

 
Non devi succhiare il labbro, tesoro. Lo stai facendo sanguinare ancora di più. Lascia che si formi la crosticina sopra, lascia che guarisca…
 
“Signor Mustang, signore,” disse Winry con circospezione. La sua voce era così flebile, perfino per le sue orecchie. “Sono Winry Rockbell. Il meccanico di Edward Elric”.
 
“Signorina Rockbell?” ripeté Mustang, sembrando preso leggermente alla sprovvista. “Come posso aiutarla?”
 
“Può dirmi come posso contattare Ed? Per favore?”
 
Winry non si preoccupò di spiegarsi meglio. Se avesse provato a tirar fuori un’altra parola ancora, avrebbe sicuramente ricominciato a singhiozzare. Com’era potuto accadere tutto questo? Come poteva il suo umore essere precipitato così in fretta? Stava così bene fino a poco fa! Era infuriata, ma stava bene! Dopo aver sbattuto fuori quel farabutto dall’orgoglio ferito e col naso sanguinante, si era barricata nel suo laboratorio per quasi due ore, imprecando e sbraitando e fumando di rabbia, buttandosi freneticamente nel suo lavoro, senza sosta, interrompendosi solo occasionalmente per riappendere qualche attrezzo al muro.
In quei momenti Winry era arrivata a convincersi che l'ira sarebbe stata l'unica emozione che avrebbe potuto provare da allora in avanti.
 
Ma fin troppo presto il suo livore aveva cominciato a svaporare. Svanito questo, si era ritrovata a corto di munizioni. Era rimasta lì, al centro del suo laboratorio con le mani strette a pugno, tremando da capo a piedi per la stessa intensità del suo furore…

 
Ho bisogno di essere leggermente più forte del normale. Lo puoi fare per me, Winry? Il mio lavoro è piuttosto pesante, capisci?

 
…e nel giro di due respiri era scivolata sulle ginocchia scoppiando in lacrime.
 
“È fortunata, signorina Rockbell,” disse Mustang. “Acciaio si trova proprio a East City in questo momento, nel dormitorio militare. Posso inoltrare la chiamata da qui. C’è sempre qualcuno accanto al telefono, quindi non si preoccupi per l'ora tarda.”

 
“G-Grazie,” mormorò Winry, voltandosi per guardare fuori dalla finestra della sua camera, frastornata. L’unica lampada sul suo comodino aveva tenuto la notte a distanza, ma ora si era resa conto che la maggior parte del panorama cittadino era diventato nero come la pece. E ad East City probabilmente era ancora più tardi.
In una parte della sua mente Winry sapeva che avrebbe dovuto chiudere il negozio per la notte, mettere a posto il disordine nel suo laboratorio e magari cominciare a preoccuparsi del fatto che il signor Garfiel non fosse ancora tornato dal suo giretto in città e poi un milione di altre cose che faceva di solito e
che proprio non avrebbero dovuto avere alcuna importanza in questo momento. Il mondo non poteva starsene in pace ancora due secondi di modo che lei potesse occuparsi di ciò che le era successo, per poi poter tornare pronta ad andare avanti?

 
“Signorina Rockbell…”
 
Winry sbatté le palpebre e si scosse un po', tornando alla realtà giusto in tempo per rendersi conto che il superiore di Ed le stava ancora parlando.
 
“È tutto a posto, signorina Rockbell? La sua voce sembra…”
 
Winry si raggomitolò su sé stessa, udendo nel tono dell'uomo una paterna apprensione; le ricordò così tanto suo padre da farla star male. Trattenne il respiro, pronta a tirare fuori tutta una serie di menzogne e rassicurazioni, ma quelle parole spensierate proprio non volevano venir fuori. Era come se si fosse eretta una barriera invalicabile tra lei e la Winry gioiosa di poche ore prima. Un muro innalzato dal ricordo di dure dita meccaniche un suo automail! — serrate intorno al suo braccio come una morsa, e un paio di labbra ruvide premute sulle sue… forti, esigenti…
 
“Non importa,” disse Mustang seccamente. “Non sono affari miei. Inoltrerò la sua chiamata. Non so se Ed sia ancora sveglio a quest'ora di notte, ma se davvero ha bisogno di lui dica a chiunque risponda che la sua chiamata è urgente e che lo sveglino”.
 
“Va bene, grazie”, rispose Winry automaticamente, mentre la parte della sua mente che ancora non era impantanata nell’angoscia raggelò a quell’espressione. Se davvero ha bisogno di lui
 
Arretrò un po’ sul suo letto sedendosi in modo da poter appoggiare la schiena contro la testiera, cullando il telefono con entrambe le mani mentre una serie di scatti le comunicava che la linea stava per essere allacciata a quella del dormitorio militare. A Ed. Il sollievo di Winry nel sapere che presto avrebbe potuto parlare con lui era così palpabile che rischiava di farla piangere di nuovo. E lei non doveva mettersi a piangere quando gli avrebbe parlato, perché altrimenti lui avrebbe insistito fino a che non avesse scoperto la  ragione per cui lei stesse piangendo, e in quel caso Winry non credeva che sarebbe mai più stata in grado di guardarlo negli occhi.
 
“Sì, vorrei parlare con Edward Elric, per favore… Winry Rockbell… sì, gli dica che è urgente…”
 
Come aveva potuto essere così stupida? Il suo cliente non aveva di certo fatto segreto del suo interesse per lei, ma Winry aveva fatto del suo meglio per scrollarsi educatamente di dosso i suoi complimenti e deviare la conversazione su altri argomenti. Quando lui si chinava per toccarle il braccio o la mano, lei si scostava concentrandosi sull’automail o sui suoi attrezzi. Lui avrebbe dovuto cogliere l’antifona! Che cosa aveva mai fatto lei per incitarlo?
 
La gola di Winry si serrò davanti all’immagine improvvisa di due mani, acciaio e carne, strette sui suoi fianchi, che la inchiodavano al tavolo di lavoro alle sue spalle.

 
Adesso non fare la  timida con me, Winry…
 
Parole dal tono calmo, seducente, famelico, si riversavano nel suo orecchio e trasformavano il suo cuore in ghiaccio. Troppo vicino, era troppo vicino.
 
Mi stai praticamente implorando di farlo…

 
“Sì, sì, sto arrivando!”
 
Il telefono passò di mano e un familiare sbuffo di esasperazione la raggiunse dall’altra parte del Paese. “Dannazione, Winry, è quasi mezzanotte qui! Cosa c'è di così importante da farti chiamare a quest’ora?”
 
In un primo momento Winry non riuscì a rispondere. Sembrava così… normale. Era una cosa così stupida da pensare, ma non poteva far a meno di notare l’enorme differenza tra la voce di Ed e quella di lui. Ed le parlava sempre così bruscamente, sputando le due sillabe del suo nome come schegge di vetro. C’erano volte in cui questo era sufficiente per far odiare a Winry il suo nome. Forse era anche per questa ragione che le piaceva il suo cliente. Lui aveva sempre scandito il suo nome come fosse stato una canzone, addolcendolo, disegnandolo nell’aria, come se ne stesse assaporando il gusto.
Ed non aveva mai pronunciato il suo nome a quel modo.
 
Ma Ed non ha mai cercato di metterti le mani addosso nel tuo laboratorio, giusto? Lui non ti colpisce mai, non ti fa mai sentire impotente, mai, mai, mai…
 
“Winry, sei in linea? Guarda che metto giù.”

Winry boccheggiò, tentando un risolino che suonò più come un singhiozzo, e avvolse un braccio intorno al suo stomaco dolorante. Per una volta era così bello sentirlo parlare con quel suo solito cipiglio da uomo rude. Così bello che era tentata di riagganciare senza dire una parola e lasciarlo ignaro di tutto.
Qualcuno sarebbe andato a dormire senza incubi, quella notte.

 
“Winry?”
 
Sentì che un filo di preoccupazione si era insinuato nella voce di Ed. Era troppo tardi per riagganciare ora, comunque. Una lacrima scivolò sopra la sua guancia, scorrendo giù lungo il lato del collo, e lei la asciugò in fretta, prima di costringere le corde vocali a mettersi in azione.
 
“…ehi, Ed.”
 
Le parole erano poco più di un sussurro, e furono scosse da un'emozione alla quale Winry non avrebbe saputo dare un nome. Si accucciò, desiderando di potersele rimangiare non appena un pensiero contorto la investì impetuosamente. Ora lui lo sapeva. Come poteva non saperlo? Lui sapeva esattamente cos’era successo e come e perché era successo, e da un momento all’altro si sarebbe infuriato urlandole quanto fosse stata stupida e ingenua e sprovveduta; e poi come aveva potuto sprecare tanto tempo ed energie per la costruzione dell’automail per lui quando era Ed quello che meritava maggiormente la sua attenzione?
 
Altre lacrime si unirono alla prima. Winry succhiò il labbro per evitare che del sangue gocciolasse sulla cornetta del telefono. Cavolo, era proprio un’idiota
 
“W-Winry,” Ed vacillò. “Stai piangendo? Cosa è successo?”
 
“Io—”
 
Winry esitò. E adesso? L'ultimissima cosa che voleva fare era raccontargli tutto ciò che era successo, metterlo a conoscenza di ogni sordido dettaglio. Era semplicemente… troppo. Ma lei non era mai stata una brava bugiarda, tanto per cominciare, e ogni banalità rassicurante che si sarebbe potuta inventare ora sarebbe stata inutile.
 
“Ehi, di’ qualcosa!” proruppe Ed. “Stai bene?”
 
“Credo di sì,” disse Winry, con tono fiacco. “Forse… no, non proprio”.
 
“Cosa è successo? È tua nonna?”
 
“No, n-non è niente del genere.”
 
“E allora cosa c’è?”
 
Lei si ritrasse automaticamente all’insensibilità stridente del tono di lui, e sentì accendersi una piccola scintilla di irritazione. Era veramente incredibile quanto Ed potesse essere caustico anche in un momento come questo. Come se le sue lacrime e il suo tumulto emotivo fossero per lui un intralcio più che qualcosa per cui preoccuparsi davvero. E più Winry ci pensava più si ritrovava ad odiare quel lato di lui. Per caso lo avrebbe ucciso mostrare un po’ di compassione? Lui avrebbe dovuto saperlo che non era da lei chiamare nel cuore della notte solo per ottenere un po’ di attenzioni!

 
Allontanati da me! Ti ho detto di non toccarmi!
 
Magari mi ha ingannato il modo in cui ti sei comportata per tutto il mese. Gironzolando in quella tutina striminzita da meccanico, mettendo le tue mani su di me… sei proprio una piccola cerca-attenzioni, vero?

 
Winry si schiaffò una mano sulla bocca quando quelle parole le tornarono alla mente, insieme a una nuova ondata di orrore e indignazione. No, no, no, lei non era così! Lei non era una di quelle ragazze che si mettevano in mostra per ogni giovane che entrava nel loro campo visivo. Lei non era così! Possibile che a quel tizio non fosse mai saltato alla mente che gli abiti comodi e aderenti alle forme erano l'unico espediente che potesse garantirle di non rimanere pizzicata nelle parti mobili mentre lavorava? Cosa aveva dato, a lui, il diritto di giudicare il suo modo di vestire, il suo comportamento—!

 
Mi stai praticamente implorando di farlo…

 
“Hai intenzione di dirmi cosa c'è che non va o no?”
 
Winry scosse la testa energicamente. Lei non sarebbe mai stata quel tipo di ragazza. Mai.
 
“N-non te ne posso parlare. Non posso. Io… non importa. Scusami.”
 
Per qualche secondo sentì solo silenzio dall'altro capo della linea. Sarebbe stato decisamente il momento di riagganciare, ora, ma Winry proprio non riusciva a mettere giù il telefono. Interrompere la conversazione con Ed sarebbe stato troppo… definitivo. L'ultima cosa di cui la loro amicizia aveva bisogno era più distanza rispetto a quella che già c'era, e Winry sapeva quanto Ed fosse insicuro quando si trattava di legami personali. Se lei non si fosse impegnata attivamente per mantenere vivo il loro rapporto, questo probabilmente si sarebbe troncato e sarebbe scivolato nel nulla con appena un sussurro.
 
Così rimase in linea, premendo il telefono sull’orecchio in un futile tentativo di avvicinarsi di più al suo caro amico.
 
“Fammi capire,” disse Ed lentamente, minacciosamente. “Mi chiami nel cuore della notte, piangendo, ma poi cambi idea e mi dici che non mi puoi spiegare il motivo per cui hai chiamato? Col cacchio che non me lo puoi dire!”
 
Winry si asciugò il naso con il dorso della mano, impedendosi di soffiarselo solo per pura forza di volontà. “Non avrei dovuto chiamarti, così, di punto in bianco”, disse con più energia. “L'ho fatto senza riflettere, e… ma è un mio problema comunque, quindi devo risolverlo per conto mio”.
 
“Se davvero fossi convinta di quello che dici, tanto per cominciare non mi avresti mai telefonato!” La informò Ed sardonico. “I—ugh, aspetta un secondo, Winry. E non riagganciare!”
 
La voce di Ed si fece più distante e ovattata, come se stesse parlando con qualcuno. Winry non dovette aspettare a lungo prima di sentire una porta chiudersi, eliminando la maggior parte del rumore di fondo. “Ok, scusa. Quei dannati soldati mi stavano facendo shhhh. Se non volevano essere disturbati avrebbero dovuto istallare il telefono in un luogo più in disparte”.
 
“Oh, i-io non avevo pensato a questo,” balbettò Winry, sfruttando il pretesto. “Voglio dire, è piuttosto tardi, quindi forse è meglio che…”
 
“È tutto a posto. Sono nel ripostiglio delle scope adesso. Il filo del telefono è lungo abbastanza.”
 
Questo strappò a Winry un sorrisino, che subito diventò una smorfia perché quel movimento aveva fatto tendere il labbro inferiore gonfio. Quello di chiudersi nello stanzino era un gesto così da Ed. Riusciva proprio a immaginarselo, fare una cosa del genere solo per evitare di essere disturbato. Winry lo ascoltò spostarsi all’interno di quello che sembrava uno spazio molto angusto, lanciare maledizioni quando qualcosa sbatteva contro il muro e, infine, trovare una posizione con un grugnito.
 
“Allora,” tagliò corto Ed. “Comincia a parlare. Cos’è che ti ha sconvolto così tanto?”
 
Sebbene Winry se l’aspettasse, quella domanda la pietrificò ugualmente. Una parte di lei sentiva l’urgente bisogno di piegarsi e dirgli tutto, ma il pensiero di raccontare fedelmente gli eventi precedenti all'effettiva aggressione era opprimente. Non avrebbe nemmeno saputo da dove iniziare, come iniziare…
 
“Oookay… proviamo con un'altra domanda. Come stai adesso? Voglio dire, ecco, proprio ora. Non sei in pericolo o che altro?”
 
Questa era una domanda strana. “No, no… non in questo momento, perlomeno.”
 
“Ma prima lo eri?” chiese Ed prontamente.
 
“No!” rispose frettolosamente Winry. “Voglio dire… Ed, ti ho già detto—”
 
" —che non me ne puoi parlare. Sì, lo so," terminò Ed con un po’ d’irritazione. "Rispondi solo alle mie domande, va bene?"
 
Winry si strofinò la fronte, così seccata per l’ostinazione di Ed che la sua depressione stava rapidamente diventando un ricordo. Come le era venuto in mente di chiamarlo? Che cosa sperava di ottenere da questo? Ed dal canto suo doveva già vedersela con i militari e con la ricerca del modo per ritornare alla normalità insieme ad Al. I problemi che aveva lei erano un misero bip sul radar in confronto a quelli che aveva lui.
Winry non poteva certo aspettarsi che lui mollasse tutto e salisse su un treno per Rush Valley solo per venire a tenerle la mano.

 
E tanto, anche in quel caso, lei non sarebbe comunque stata al primo posto nei suoi pensieri, rimuginò Winry amaramente. No, Ed molto più verosimilmente le sarebbe sgusciato accanto ignorandola totalmente e si sarebbe apprestato a compiere qualche gesto nobile e giusto e, in definitiva, violento. Come andare a mutilare personalmente il responsabile.
Non che questa prospettiva rappresentasse necessariamente un male, ma Winry aveva ormai superato il momento in cui quei pensieri avrebbero potuto darle una qualche soddisfazione.

 
E dopo aver lavato il sangue del bastardo delle sue mani, Ed si sarebbe di nuovo rimesso in strada, confidando sul fatto che lei e le sue lacrime si sarebbero placate da sole…
 
“Winry, sei ancora lì? Qualcuno ti ha minacciata? Ti sei—?”
 
“Ma che cosa te ne importa?” gridò Winry, mettendolo a tacere. “Anche se ti raccontassi cos'è successo, cosa pensi che potrai fare, eh Ed? Sei ad East City, io sono qui! Credi di potermi proteggere da duecento miglia di distanza? Ebbene? Forse dovremmo farcene una ragione, Ed! Non abbiamo più alcun ascendente sulla vita dell’altro, quindi non devi nemmeno disturbarti a fingere che quel che mi è successo t’interessi!”
 
Ed borbottò qualcosa contro il suo sfogo. “Non abbiamo alcun ascendente? Cosa ti fa pensare che a me non interessi se ti capita qualcosa, dannata maniaca della meccanica!”
 
Hai cose più importanti di cui occuparti adesso!
 
Winry sentì Ed inspirare rumorosamente dopo che lei aveva parlato. Si lasciò scivolare più in basso nel letto fino a rannicchiarsi su un fianco, odiando sé stessa per aver pronunciato quelle parole e conscia che erano vere dalla prima all’ultima.
 
“Non puoi permetterti di preoccuparti anche per me, Ed,” ansimò Winry, coprendosi gli occhi con la mano. “Non dopo aver faticato tutto quel tempo per riuscire a rimetterti in sesto e poter aiutare Al. Io… dannazione, sono così egoista. Ho provato così tanto ad esservi d’aiuto e a non intralciarvi quando avete deciso di partire, e-e… e ora eccomi a desiderare di avervi qui con me quando invece non dovrei, e… è solo che…”
 
Winry si interruppe di colpo. “Adesso metto giù. Ciao, Ed.”
 
“Winry,” disse Ed sommessamente. “Desiderare di avere qualcuno accanto non è da egoisti. È umano.”
 
E d’improvviso Winry si dimenticò di voler riagganciare.
 
“Hai capito?” Ed disse con maggior urgenza. “Sei semplicemente umana. E questo significa che non puoi sempre affrontare da sola tutto quello che ti capita. E quando questo accade… beh, allora va bene chiamare i tuoi amici nel bel mezzo della notte. Va sempre bene, anche se pensi che non serva parlarne, anche se io non posso fare niente per rimediare. Le orecchie le ho, giusto? Posso ascoltare.”
 
Si udì il suono di una porta che si apriva cigolando. “Oh, fratellone, quello che hai detto è così toccante!
 
“Ma che—Al! Cosa diavolo credi di fare?”
 
Ti stavo cercando, e mi hanno detto che eri qui. È Winry? Ciao, Winry!
 
“Torna al dormitorio! Io ti raggiungerò fra qualche minuto.”
 
Signor Elric, signore…
 
"E adesso che c’è? Una persona non può avere una conversazione privata da queste parti?"
 
Devo chiederle di concludere la chiamata al più presto, signor Elric. Questa linea è destinata ad uso pubblico.”
 
“Io sono il pubblico, e parlo quanto mi pare!”
 
Fratellone, ci sono anche ALTRE persone in questo edificio.”
 
“TRASMUTERÒ QUESTA PORTA IN UN MURO SE NON OTTERRÒ UN PO’ DI DANNATA PRIVACY!"
 
Per tutto il lasso di tempo che servì a Ed per far sì che lo lasciassero solo, Winry dovette seppellire il viso nel cuscino per non crollare. Era abbastanza sicura che almeno in parte quella sua reazione fosse dovuta a un vero e proprio attacco d’isteria, ma onestamente non gliene fregava granché.
E Ed aveva ragione. Aveva così ragione. Quante volte era stata lei stessa a tentare di convincere lui che non poteva essere forte a sufficienza per poter affrontare ogni cosa da solo?

 
Adesso Ed stava facendo per lei quello che lei aveva fatto per lui e Al tante altre volte.
Non importava quante volte lei glielo chiedesse, Ed non si era mai confidato con lei riguardo al loro viaggio, non le aveva mai raccontato esattamente quello che aveva visto e fatto al servizio dello Stato. E, sì, era difficile essere tenuta sempre un po’ a distanza e non sapere mai in che cosa quei due si stessero cacciando. Ma andava bene. Perché Ed e Al si erano sempre fidati di lei, a modo loro. Avevano
semplicemente bisogno che lei ci fosse.
 
Così Winry faceva sempre in modo di essere lì ad accoglierli quando tornavano a casa. Li rimetteva in sesto, dava loro da mangiare, parlava e rideva con loro. E quando arrivava il momento li lasciava andare di nuovo. Questo è quello devi fare per i tuoi amici. Dare loro esattamente ciò di cui hanno bisogno, e nulla più.
 
“Winry, ci sei?”
 
“Sì, Ed”, rispose Winry dopo un momento, ancora sorridendo fra sé e sé.
 
“Scusa per poco fa,” disse Ed imbarazzato. “Non avrei mai immaginato che il mondo potesse essere così ficcanaso—Alphonse, tu, piccolo spione farabutto! Sparisci!
 
Al guaì da qualche parte nelle vicinanze, e i cigolii della sua armatura si allontanarono. Winry dovette tapparsi la bocca per non ridere alla sfilza di maledizioni che si stavano riversando dalla bocca di Ed a qualche centinaio di miglia di distanza.
 
"Quindi starai bene?" chiese infine Ed.
 
Winry si spinse a sedere e incrociò le gambe sotto di lei, tastandosi il livido nella parte alta del braccio, dove le dita meccaniche avevano lasciato quattro segni violacei. Questo, e il labbro spaccato, erano le sue lesioni più gravi, il che non era veramente un granché in confronto alle ferite da lotta che si era fatta quand’era una bambina. Non era stata violentata, quantomeno era riuscita ad impedirgli di arrivare fino a quel punto. In realtà erano state le parole ad averla ferita nel profondo, ma anche solo l’aver parlato con Ed era bastato a ricordarle che non erano veritiere. Era questo quello di cui Winry aveva davvero bisogno. Era abbastanza forte per gestire il resto.
 
“Sì”, rispose Winry, e questa volta lo pensava sul serio. “Starò bene. Grazie, Ed. Mi sento molto meglio ora. Questo era… proprio quello che mi serviva.”
 
“E continuerai a non volermi dire cos’è successo?”
 
Lei si fece sfuggire un altro sorriso. Spuntavano molto più facilmente, ora. “Non oggi,” disse altezzosamente. “Un'altra volta, forse.”
 
Ed borbottò qualcosa sottovoce, ma poi lanciò solo sospirò. “Bene. Credo di poter sopravvivere ugualmente.”
 
Scivolarono in un silenzio confortevole. Winry sentiva che stava arrivando per loro il momento di riagganciare, ma non voleva ancora farlo. Era stato... bello. Proprio non riusciva a capire perché Ed non chiamasse più spesso. Questa conversazione non era stata completamente da buttare.
 
“Ehi, oh,” Ed disse goffamente. “Ascolta, Al e io domani partiamo per seguire un’altra pista. Ma... ecco, non che Rush Valley sia esattamente di strada, però magari potremmo fermarci lì  per un paio d'ore. Sai, per mangiare un boccone o cose così…”
 
Il sorriso Winry vacillò appena. “Ed, non dovete farlo. So che voi ragazzi siete occupati, non dovete fare una deviazione soltanto per causa mia.”
 
“Non è per te!” Ed disse in fretta. “V-voglio dire, è… è per il mio automail! Sì, il mio automail che funziona male, quindi ho bisogno di un controllo.”
 
“Oh, davvero?” disse Winry aspramente, sorvolando sull’inconsistenza della sua scusa. “E dimmi, quali problemi ti sta dando esattamente, Edward?”
 
“Il polso. Si contrae”.
 
“Si contrae?”
 
“Già, si contrae.”
 
“Tutto qui?” disse Winry con finto disappunto. “Non mi sembra un problema così grande…”
 
“Lo fa anche la mia caviglia!” esclamò Ed melodrammaticamente. "Credo che stia cedendo! Per quello che ne sai questo potrebbe essere una nuova malattia che colpisce solo le persone con automail! Potrei morire fra spasmi e tremori se non fai qualcosa!"
 
Winry sbuffò. “Spasmi e tremori, Ed? Sul serio?”
 
“Mi dai un appuntamento o no?” Ed piagnucolò. “Guarda che lo so quanto ti piaccia armeggiare con il mio automail—”
 
“Ok, ok”, ridacchiò Winry. “Hai il tuo appuntamento. Quindi ti dovrei aspettare, chessò, fra tre mesi a partire da oggi?”
 
“Ah-ah. Oh… Winry?”
 
“Sì?”
 
“Metti un po’ di ghiaccio su quel labbro. Posso sentire quel coso penzolare fin qui a East City.”
 
Winry si nascose istintivamente il labbro con le dita, sbalordita. Aveva sperato che Ed non fiutasse il fatto che aveva subito del male fisico, ma ora non gli ci sarebbe voluto molto per intuire che era stata aggredita da qualcuno. Forse sarebbe addirittura arrivato a capire perché era stata attaccata, e poi avrebbe voluto sapere chi era stato, e lei ancora non riusciva a dirglielo—!
 
“Winry,” disse Ed ruvidamente. “Ho solo bisogno di sapere una cosa.”
 
Winry annuì debolmente, troppo nervosa per fare altro, e aspettò la sua domanda con il cuore in gola.
 
“Ne hai date tante quante ne hai prese?”
 
Le balenò davanti agli occhi l'immagine del suo ex-cliente che camminava rigidamente oltre dalla porta, il sangue che gli sgorgava dal naso e che andava a imbrattargli tutta la maglietta, mentre la gente per strada lo guardava sbigottita. Winry si concesse un ghigno ferino al ricordo. “Su questo ci puoi scommettere.”
 
Ed parlò con un inconfondibile tono predatorio. “Bene. Avrei detestato arrivare in ritardo al mio appuntamento solo perché dovevo andare a fracassare qualche cranio.”
 
“Allora ci vedremo quando passerete di qua?" chiese Winry tranquillamente.
 
“Sì,” Ed rispose con un calore che le fece male al cuore. “Ora vai a dormire un po', dannata svitabulloni.”
 
“Vai anche tu… fanatico di alchimia.”

 
Winry allontanò la cornetta dal suo orecchio e la posò con delicatezza sulla forcella, accarezzandola teneramente con le dita. Poi si alzò e scese al piano di sotto per chiudere a chiave il negozio per la notte e recuperare del ghiaccio per un impacco. Si sarebbe occupata domani del disordine nel laboratorio e, per quanto riguardava il signor Garfiel, probabilmente si era intrattenuto a parlare con qualche altro ingegnere e non si era ancora reso conto di quanto fosse tardi. Ma aveva la sua chiave comunque, quindi sarebbe anche potuto rientrare a tarda notte o domani.
 
Dopo aver portato a termine quelle faccendine di routine, Winry si trascinò al piano di sopra. Indossò i suoi abiti da notte, si lavò il viso e s'infilò nel letto, trasalendo dopo aver poggiato il ghiaccio al labbro. Sulle prime le aveva fatto male, molto male, ma il contatto costante con il ghiaccio stava alleviando il dolore, e non ci volle molto prima che il labbro diventasse completamente insensibile. Il ghiaccio non pareva neanche più così freddo.
 
A dirla tutta, se Winry provava a far correre i pensieri a briglia sciolta, quasi riusciva ad immaginare che a massaggiarle il labbro inferiore fosse un pollice di automail, delicato, amorevole…

 
Desiderare di avere qualcuno accanto non è da egoisti. È umano.

 
“E allora lasciatemi essere umana,” bisbigliò Winry al suo cuscino. “Almeno per un po’…”

 




 

 

THE END
***

Note della Traduttrice
Bene gente, che ne dite?
È la prima volta che metto piede nel fandom di Full Metal Alchemist [tempo fa scrivevo fanfiction, ma su Ranma 1/2] e spero di aver fatto un buon lavoro con questa traduzione.
 
Avrei una domanda un po’ strana da farvi. Dunque, ho letto gran parte del manga e visto entrambe le serie anime di FMA, ma mai in italiano… quindi mi chiedevo: nel doppiaggio/traduzione ufficiale in lingua italiana quali sono i soprannomi “dispregiativi” che si danno Ed e Winry a vicenda? Lo so che sembra una richiesta stupida, ma non avevo proprio idea di come rendere nella nostra lingua i vari gear-head e alchemy freak
 
Prima di salutarvi v’informo che questa one-shot ha un “sequel” (lo metto fra fra virgolette perché l’autrice non lo definisce proprio un sequel… potrebbe essere benissimo una storia a sé stante) a capitoli, che vedrà Ed, Al e Winry – ma soprattutto Ed!– vivere un’avventura singolare a Rush Valley.
Si dà il caso che mi stia accingendo a tradurre pure quello, sperando di fare cosa gradita :)
 

A presto,
ChiuEs

   
 
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