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Autore: _zukky    15/09/2010    23 recensioni
«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
«Non lo so».
Furono le uniche parole che si scambiarono per molto tempo, prima che uno dei due prendesse la strada sicura, quella del ritorno;
prima che uno dei due imboccasse un sentiero troppo pericoloso per entrambi.
Nessuno avrebbe ammesso che due nemici s’incontrassero senza alzare la bacchetta l’uno sull’altra. Nessuno avrebbe ammesso che Draco Malfoy e Hermione Granger s’incontrassero senza alzare armi e difese l’uno contro l’altra.
[Prima classificata e vincitrice del premio giuria al Dramione Contest indetto da Valaus]
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Persona, personae
Storia classificata prima e vincitrice del premio giuria al Dramione Contest indetto da Valaus. Ne approfitto per ringraziarla ancora anche qui, sia per le belle parole che per il premio *se lo spuccia*

Le valutazioni della giudiciA, le trovate alla fine della storia :)

L’immagine, corrispondente alla lettera P, era questa img
Il prompt (numero 16): Remus + blu elettrico
La canzone: Iris – Goo Goo Dolls






Persona, personae



Un corvo gracchiò nello spazio silenzioso che si era creato tra un grido di morte e un lampo di disperazione. Draco Malfoy lo fissò per un attimo stagliarsi, nero e sinuoso, contro il rosso del cielo al tramonto, e un pensiero fugace proveniente da chissà dove gli mostrò la libertà che a lui era preclusa.
L’opinione comune lo vedeva come un presagio di morte, ma lui non ne aveva bisogno. Sapeva che il giorno dopo avrebbe mietuto altre vittime, incurante quanto un contadino dinanzi al colore dorato delle spighe di grano. E il giorno dopo ancora. E quello dopo.
Non riuscire a calcolare quanti giorni assassini si sarebbero succeduti, quanti gli erano già passati davanti, con maschera e cappuccio per non farsi riconoscere, dava solo un’idea sbiadita di come il tempo si fosse ridotto in briciole per lui. Briciole piccole e appena visibili che si limitava a seguire per semplice abitudine, ormai.
«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
Sapeva che l’avrebbe trovata lì fin dal momento in cui aveva girato la porta di quella vecchia capanna sui cardini. Lo sentiva nell’aria – lo sentiva nella sua testa – l’odore di speranza e determinazione che adesso era palpabile come la sua presenza lì, su quel pagliericcio.
La guardò con una punta di fastidio negli occhi: si era ritagliato un angolo di mondo tra quelle travi che sapevano di legno umido e stantio; con forbici ben appuntite aveva costruito un solco tra sé e la realtà, quando era lì dentro, e lei era entrata senza bussare. Qualche giorno prima, stanca e scarmigliata, aveva fatto irruzione tra le sue riflessioni senza chiedere il permesso. Erano rimasti entrambi sorpresi di ritrovarsi l’uno di fronte all’altra, così, senza coperture di alcuna sorta.
Il terreno intorno a quel rifugio era neutrale, alcuni dei pochi ettari rimasti terra di nessuno: l’aveva scoperto per caso in una delle sue tante fughe da se stesso e non aveva idea di come lei vi fosse arrivata, sembrava fuggire da qualcosa o correre verso qualcosa.
«Non lo so».
 La voce di Hermione Granger era calma e neutrale, fin troppo dinanzi ad un’ammissione simile. Non avere la risposta giusta non sembrava più tanto importante, non in quell’estenuante apnea cui tutti erano costretti dall’inizio della guerra.
La situazione alla Tana era diventata insostenibile: Harry mancava da qualche mese ormai e tutti erano tesi e preoccupati. Nessuno osava mostrare il proprio nervosismo, ma finivano sempre per sfogarlo gli uni sugli altri.
All’ennesimo urlo di Ron, sguardo disperato di Remus, all’ennesima porta sbattuta da Ginny e pianto silenzioso della Signora Weasley, Hermione era esplosa dentro; aveva sentito la sua determinazione andare in frantumi per la prima volta, ed era corsa via.
Mentre le gambe la guidavano tra rami ed erbacce che le graffiavano le gambe e le tiravano i capelli, non avrebbe mai pensato di incontrare proprio Draco Malfoy.
Si era augurata di non incontrare nessuno, sconsiderata com’era stata ad uscire, così, senza nemmeno pensarci: il breve tempo di afferrare la bacchetta ed era nel caldo umidiccio d’inizio agosto.
Quella capanna era stata un miraggio, insieme al suo abitante. Si era trattenuta pochi minuti lì dentro, il tempo di riconoscere la sua figura e scorgere nei suoi occhi nudi una luce profondamente ferita: il moccolo di una candela che minacciava di spegnersi da un momento all’altro. Forse era stato quello a spingerla di nuovo lì, sperando inconsciamente di rincontrarlo.
Ma questo lui non l’avrebbe mai saputo. Non in quel momento almeno.


«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
«Non lo so».
La seconda volta, era stato lui a guardarla un attimo e poi voltarle le spalle per scomparire nel fitto della vegetazione. Non prima di aver notato i segni che la guerra aveva lasciato su di lei, però: le spalle ricurve, la pesantezza di doveri e responsabilità, con cui stava rannicchiata su quello scomodo pagliericcio; la preoccupazione e l’angoscia nelle mani contratte e nelle braccia strettamente legate intorno alle gambe; e, nonostante tutto, riconobbe le stesse determinazione e speranza di un tempo nei suoi occhi, sebbene ferite dal dolore e dalle perdite.


«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
«Non lo so».
Furono le uniche parole che si scambiarono per molto tempo, prima che uno dei due prendesse la strada sicura, quella del ritorno; prima che uno dei due imboccasse un sentiero troppo pericoloso per entrambi. Nessuno avrebbe ammesso che due nemici s’incontrassero senza alzare la bacchetta l’uno sull’altra. Nessuno avrebbe ammesso che Draco Malfoy e Hermione Granger s’incontrassero senza alzare armi e difese l’uno contro l’altra.


Furono le uniche parole che si scambiarono anche il giorno in cui lei, incurante della terra battuta, – che ormai bruciava di disperazione, – sotto i suoi piedi, spiccò un salto dal burrone, dritta giù, nel fiume agitato, sperando in un po’ di sollievo – non sperando affatto. –
Quel giorno, Hermione Granger lo guardò dritto negli occhi dopo quelle uniche parole, si richiuse la porta alle spalle e la vide sbattere dentro di lui, con un tonfo – anche se non aveva prodotto alcun rumore reale; – in quel momento, seppe di star facendo la cosa giusta.

*

Il giorno di Halloween erano passati più di due mesi dalla stipulazione di quel patto silenzioso e, periodicamente, si imbattevano l’uno nell’altra, in quell’angolo fuori dal mondo.
Il giorno di Halloween, Draco Malfoy varcò la soglia come tutte le altre volte. Trovare la capanna vuota non sfiorò nessuna nota della stranezza: era già capitato che lui fosse arrivato per primo. Ma un breve sguardo intorno bastò per capire che lei era già stata lì, quel giorno. Ed era anche andata via.
Segni del suo passaggio, decine di maschere se ne stavano immobili, appese alle pareti. Alcune incutevano una certa inquietudine, altre sembravano addirittura divertenti. Poteva apparire un semplice abbellimento per quella festività, ma lui sapeva che non era così. Il linguaggio silenzioso che intercorreva tra loro era pieno di gesti e simboli difficili da interpretare.
Quante maschere siamo ancora in grado di reggere?
Il giorno di Halloween, Draco Malfoy capì che Hermione Granger aveva lasciato le sue maschere appese alle pareti di quella vecchia capanna e non ne avrebbe indossata più una, fin quando sarebbe stata lì dentro.


I cambiamenti non gli erano mai parsi tanto impercettibili, quanto in quei pochi metri quadrati condivisi sempre con un’unica persona.
Per una settimana, lei gli sembrò esattamente la stessa di sempre, la stessa degli ultimi mesi: con i suoi sguardi persi nel vuoto, una ruga di preoccupazione sotto l’occhio destro, il suo stringersi in se stessa per affrontare il mondo, con quell’ostinata determinazione che le leggeva nel modo di camminare, di rimettersi in piedi e di non cedere, nonostante fosse tentata di rimanere lì, rannicchiata fino a che tutto non si sarebbe concluso.
In quella settimana, si sorprese lui stesso d’aver imparato tante cose solo lanciandole qualche occhiata fugace.
Il giorno in cui avrebbe spezzato il patto silenzioso che avevano stipulato, si era aspettato di vederla arrivare, decisa a non ascoltare repliche o a non permettergli di scappare, e strappargli in faccia il foglio su cui entrambi avevano apposto la propria firma, come prova lampante della fine del silenzio tra quelle quattro pareti di legno.
Non accadde nulla di tutto ciò. Era un giorno perfettamente identico a qualsiasi altro: non c’era stato un segno di alcun tipo che gli avrebbe annunciato l’imminente cambiamento.
Lei era arrivata pacata e composta come al solito e, con la stessa naturalezza con cui si sarebbe adagiata sul suo pagliericcio, si era seduta accanto a lui, a terra.
La vide rannicchiarsi su se stessa, ripetendo gesti che erano ormai familiari a entrambi, ma leggermente protesa verso di lui, come a non escluderlo.
Lo sguardo che gli rivolse fu una ventata di vento primaverile nel bel mezzo dell’autunno. Non le aveva mai visto quello sguardo e, quando parlò, riuscì a sentire anche l’odore, della primavera.
Solo con una parte infinitesima della sua mente, Draco Malfoy si chiese cosa mai potesse interessargli del Lupo Mannaro, – dovevi vederlo, Remus è sempre stata una persona pacata e malinconica, ultimamente era impossibile non leggere la luce triste nei suoi occhi.. ma oggi, forse per la prima volta, l’ho visto arrossire, per un momento quella tristezza è scomparsa.. – o della Metamorfomagus sua parente, – Tonks è sempre così maldestra che si è accorta di aver investito in pieno il povero Remus solo quando si sono ritrovati entrambi a terra. Devi sapere che da quando è morto Sirius, il senso di colpa la stava lentamente consumando. I suoi capelli hanno assunto un’ infelice tonalità di grigio, e nessun tentativo di cambiarli è mai riuscito, ma lì, su quel pavimento, tra rossori e balbettanti scuse, hanno lampeggiato di blu elettrico!
Non tardò a riconoscere la primavera nei suoi occhi come sincera contentezza.
Gli aveva parlato come se lo avesse fatto da sempre: con una confidenza che gli fece dimenticare il disprezzo che pensava di provare per quelle persone, a lei care; una confidenza che gli scivolò sotto la pelle con una facilità che lasciò spiazzato lui stesso.
Ogni qual volta si fosse ritrovato a pensare alla prima volta che lei gli aveva parlato davvero, avrebbe ricordato Remus, Tonks e i suoi capelli blu elettrico in quella sensazione di piacevole stranezza che aveva provato.

*

Lottare contro di lei e tutto quello che rappresentava sarebbe stato molto più semplice che lottare contro se stesso e i principi che gli avevano inculcato fin dal suo primo respiro. Principi che, da qualche tempo, aveva iniziato a guardare con fredda diffidenza – era davvero necessario che morissero tante persone? – e che, ora, gli sembravano sempre più estranei: gli stava sempre più stretto il suo ruolo al servizio di qualcuno a cui non interessava nient’altro che la sua folle missione, affamato di potere tanto da spacciarlo per ideali di un mondo migliore.
La lotta contro se stesso durò tutto il tempo che lei occupò in parole. Non ci fu un momento, da allora, in cui ricordò che stesse chiusa nel suo silenzio o nella sua testa.
Il giorno in cui l’aveva trovata già alla capanna, quando era arrivato, non aveva avuto idea di come comportarsi. Aveva l’impressione che quel pagliericcio su cui si raggomitolava delimitasse un territorio che si era conquistata quando aveva chiuso, per la prima volta, quella porta con loro all’interno. Non aveva ancora capito che lei aveva già iniziato a dargli e concedergli tutto.
Quel giorno, con uno sguardo di divertita condiscendenza, lei si alzò per raggiungerlo.


Fu attraverso le sue parole che entrò alla Tana dalla porta principale. Dopo qualche settimana, era perfettamente in grado di aggirarsi per la casa senza alcun timore: poteva essere sicuro di trovare la Signora Weasley in cucina, alla prese con i fornelli per combattere l’ansia e il nervosismo; di percepire il fiato sospeso, ogni qual volta si sentisse bussare alla porta, e l’angoscia che riempiva le camere, addensandosi agli angoli come a rubare subdolamente il poco ossigeno rimasto.
Seguì Hermione nelle sue giornate frustrate e sconclusionate, – la guerra, esasperata, si era ridotta a una serie di schermaglie che non conducevano nessuna delle due fazioni in vantaggio: si limitavano ad agire subdolamente, logorando gli animi, giorno dopo giorno – e nelle notti, trascorse davanti ad una tazza di tè che le si raffreddava lentamente tra le mani, per non ascoltare i singhiozzi sommessi di Ginny e morire un po’ anche lei, insieme all’amica. Quando il cielo iniziava a schiarirsi dietro le finestre, saliva di sopra, le prendeva una mano gelata tra le sue e cercava di dormire almeno un paio d’ore.
Draco non seppe quando iniziò a svegliarsi la mattina aspettando solo di sentirla parlare.
Gli attacchi, sempre più inutile e deboli, di facciata oramai, erano organizzati da pochi Mangiamorte, il cui nome aveva poca o nulla importanza.; il Signore Oscuro era troppo occupato alla ricerca di Potter e il fatto che nessuno, o quasi, fosse a conoscenza di cosa bollisse in pentola agitava non pochi animi. Sporadicamente veniva richiesta la sua presenza e rintanarsi nel suo angolo di mondo era diventata l’unica cosa a cui anelava.

*

A metà Novembre, cadde la prima neve. Rossa.
Fu la prima volta che la vide in battaglia, e qualcosa gli si spezzò dentro. Probabilmente, non l’aveva riconosciuto, ma una luce strana nel suo sguardo gli disse che lei sapeva.
Combatteva con la grinta di una leonessa e, sebbene cercassero di difenderla in formazione, li affiancava sempre, senza paura. Sembrava una danza iniziata tanto tempo prima, quando lui non osava neanche prenderla in considerazione, se non come una saccente Mezzosangue.
Mentre teneva a bada due auror, Draco Malfoy osservò con l’angolo dell’occhio lei e Weasley mettere fuori gioco tre dei suoi, con perfetta coordinazione.
A volte, di notte vorrei sgattaiolare nella sua stanza e dormire abbracciati come quando eravamo bambini.
Il ricordo di quelle parole gli fece rivoltare qualcosa dentro e, quando si allontanarono in ritirata, le lanciò un’occhiata incerta, consapevole che forse sarebbe stata l’ultima.  

Come aveva pensato, nei giorni successivi non si presentò. Aspettarsi la sua ritirata fu niente di fronte alla sua reale assenza. Il pensiero che non l’avrebbe più vista lì, raggomitolata e indifesa, che non l’avrebbe più avuta così vicina da poterla toccare allungando una mano, senza nessuna menzogna a coprirle il viso o le parole, gli fece sentire davvero, per la prima volta, il fallimento gravargli sulle spalle, appesantirgli le braccia e fargli crollare il cuore.

*

Una tormenta di neve, peggiore del solito, gliela riportò indietro.
Quando ormai aveva perso le speranze, lei tornò, avvolta dal gelo.
«Non ce la faccio».
Furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca mentre crollava in ginocchio: le spiegazioni sarebbero state superflue, lui capì a cosa si riferisse.
Riconoscere nel suo sguardo lo stesso Draco che aveva lasciato in quella capanna e ritrovarsi stretta tra le sue braccia furono un tutt’uno.
Si abbandonò a lui con la resa di chi ha fatto affidamento sempre e solo su se stessa, di chi ha sempre contato solo sulle proprie gambe per rialzarsi, sulle proprie braccia per difendersi e si è ritrovata, da un giorno all’altro, priva di forze.
Un brivido le accarezzò la pelle, quando la privò anche del maglione, che finì ad asciugare, insieme agli altri indumenti davanti al fuoco improvvisato nel vecchio camino.
Draco si muoveva con una calma tale che si ritrovò a sospirare sommessamente, quando il calore del suo corpo tornò ad avvolgerla.
Fu con l’emozione stretta intorno alla gola che si intrufolò sotto la sua maglia, in cerca di un riparo dal freddo o, forse, del suo cuore. In quel momento, lui le prese il viso tra le mani, rubandole dalle labbra quel respiro spezzato.
Le fiamme si rincorrevano nel camino, agitate dal vento, al pari delle loro mani alla ricerca di anfratti rimasti chiusi troppo a lungo nei recessi della loro anima.
Riservarono la dolcezza ad un altro momento, in un altro tempo. La forza con cui la teneva stretta aveva il retrogusto della disperazione, troppo simile al nodo di lacrime che aveva spesso ingoiato, per non spingerla ad abbandonarsi alle sue mani con una fiducia che lasciò spiazzata lei stessa.
La sua pelle aveva il sapore della neve appena caduta, quando Draco vi posò le labbra per appropriarsi di ogni piega della sua arrendevolezza. Non percepì nient’altro che lei per quella che gli sembrò una parentesi d’infinito: spazio e tempo persero i loro confini, mentre loro si perdevano l’uno nell’altra.
La tempesta tornò a imperversare sul legno consumato dagli anni, il fuoco a divampare nel camino ridotto a macerie di pietra, solo quando, con un mormorio indistinto, Hermione raccolse il suo ultimo rantolo sulla lingua, stringendosi poi la sua testa contro il seno.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, si lasciarono cullare dal silenzio, con la confortante sensazione della loro pelle sotto i palmi delle mani.
Nel momento in cui le parole erano sfumate in gesti che ne valevano mille, la lotta di Draco con se stesso di era conclusa senza che lui se ne accorgesse.
Aveva vinto lei. Aveva vinto lui, contro quei biechi ideali che gli avevano oscurato gli occhi, fin da quando era un ragazzino che seguiva le orme – infangate – di suo padre.

*

«Sei in ritardo».
Draco non aveva pronunciato una sola parola, da quando lei aveva chiuso quella porta spiccando il salto che l’avrebbe portata dritta dentro di lui.
Così, si ritrovò ad indugiare sull’uscio, sorpresa, quando udì quell’affermazione provenire dalle sue labbra. Era seduto a terra, la testa china sulla maschera che si rigirava tra le mani quando lo disse.
Hermione perse un solo secondo a guardarlo, prima di raggiungerlo e sottrargli quella maschera dalle mani per scivolargli tra le braccia e i pensieri.
Draco non aveva pronunciato una sola parola in tutto quel tempo e lei non gli aveva mai chiesto più di quello che le offrivano silenziosamente i suoi occhi: si sentiva sempre avvolgere dal suo sguardo con una sensazione intima e profonda che non avrebbe saputo descrivere.
Lui c’era, quando lei parlava. In un tempo in cui tutti erano persi in loro stessi e nel loro dolore, lui era lì con lei.
Le strappò l’emozione che le lesse negli occhi dalle labbra, e lei riuscì a malapena a percepire le sue mani che vagavano tra i suoi vestiti e le sue difese, fin quando non avvertì un fruscio sottile risalirle la caviglia.
La bacchetta.
Il lampo di panico che le attraversò lo stomaco doveva averlo ferito più di quanto diede a vedere, perché il suo corpo, improvvisamente, si irrigidì: come aveva combaciato, modellandosi alla perfezione con il suo, ora mostrava spigoli nascosti che le stavano graffiando il cuore più di quanto fosse in grado di sopportare.
Hermione non si mosse, sedette fiduciosa tra quel dolore appena accennato che le fugava ogni dubbio, e lui tirò un sospiro di sollievo, come se avesse trattenuto il fiato troppo a lungo in attesa di quel colpo che non era mai arrivato.
Sorprendendola, le porse la sua bacchetta.

[I just want you to know who I am]

«Sta a te spogliarmi della mia ultima maschera ».
Le tremavano la mano e il cuore quando si riprese ciò che era suo. Le ci volle un momento per capire a quale incantesimo si riferisse e cercarne nei suoi occhi la conferma.
Si raggomitolò in quel groviglio di gambe e braccia, prima di pronunciare in un sussurrò appena udibile: «Legilimens».

Draco Malfoy era sempre stato un eccellente Occlumante, il degno figlioccio di Severus Piton.
Del resto, non avrebbe mai potuto incontrarla o fuggire in quella capanna se non fosse stato tanto abile da eludere i controlli del Signore Oscuro e indirizzarlo verso ricordi che non sfiorassero neanche tutto ciò che la riguardava, senza che lui non se ne accorgesse neanche.
La prima cosa che le mostrò fu quello che era diventato: un Mangiamorte.
Le mise davanti una verità senza ammissione di replica, in modo che se avesse voluto fuggire, avrebbe dovuto farlo in quel momento e non quando sarebbe stato ormai insopportabile a entrambi.
Le mostrò l’esaltazione sconsiderata di un ragazzino che non vedeva l’ora di mettere in atto quello che gli avevano insegnato fin da bambino.
Sentirsi comandare l’omicidio di una persona aveva reso orgoglioso il tronfio bambino che si rifugiava dentro di lui, ma aveva spaventato l’uomo che stava diventando, quello che aveva iniziato a pensare con la propria testa.
Non aveva mai ucciso. Non ne aveva mai avuto la forza. Questo ben presto aveva provocato l’ira del Signore Oscuro, ma era un elemento troppo prezioso, un abile pozionista e un eccellente stratega, per essere eliminato; erano dunque rare le occasioni in cui veniva richiesta la sua presenza in campo.
Quegli ultimi anni potevano essere riassunti in un vortice che l’aveva risucchiato senza possibilità di scampo: si era ritrovato con la pelle marchiata e una bacchetta stretta tra le dita, prima ancora di capire cosa potesse significare tutto quello.
A Voldemort non importava di nessuno di loro, la sua folle missione era il suo unico pensiero, e lui era stanco di essere trattato come una semplice pedina. Non poteva disubbidire agli ordini e quello lo faceva sentire braccato quanto un animale in gabbia, ma poteva limitarsi a fare il meno possibile.
Nella sua mente vi era un fugace e labile pensiero di fuga che Hermione non fu sicura d’aver interpretato correttamente, perché il periodo cambiò improvvisamente.
Si ritrovò davanti agli occhi un Draco che poteva avere massimo quattro anni, e lo vide crescere e mutare nel gelo della sua casa. Non era un freddo che si avverte sulla pelle, era molto più profondo, e si ritrovò inconsapevolmente a rabbrividire.
Narcissa Malfoy amava il suo unico figlio da lontano, in quello che spesso passava per disinteresse. Non poteva concedersi troppe dimostrazioni d’affetto, in un ambiente come quello dove era cresciuta e dove viveva ancora, e spesso il suo calore era talmente distante che lo stesso Draco stentava a sentirsi amato e protetto tra le mura di casa.
Lucius Malfoy era troppo occupato a seguire la linea che si era imposto per temprare il suo carattere e la sua indole, per soffermarsi su debolezze come i sentimenti.
Col senno di poi, Draco aveva capito che i suoi genitori, a modo loro, lo amavano, ma questa consapevolezza era troppo difficile da raggiungere per un bambino.

Hermione perse la concentrazione sull’incantesimo ritornando alla realtà, mentre cercava di scaldare nel profondo quel bambino infreddolito.
Lui l’allontanò un po’ da sé affondando nei suoi occhi: se avesse trovato il minimo accenno di compassione o pena non avrebbe esitato ad alzarsi e sparire. Ma nelle sue braccia e sulle sue labbra c’era solo la voglia di fugare quel gelo con il calore che sentiva crescere dentro di lei.
Nascose il viso nel suo collo prima di pronunciare di nuovo: «Legilimens».

L’ultima cosa da mostrarle era il periodo scolastico, la parte che vedeva coinvolta la stessa Hogwarts in cui lei aveva vissuto e studiato, da un altro punto di vista stavolta.
Il Draco Malfoy approdato sulle sponde del Lago Nero era solo un ragazzino in cerca di accettazione. Il disprezzo che manifestava per quello che diventò il Trio Miracoli era solo un riflesso dell’invidia per loro fama e popolarità.

Solo successivamente, aveva iniziato a notare gesti che non aveva mai visto rivolti a lui: gli sguardi d’intesa tra Potter e Weasley, quelle risate spensierate, il cipiglio alterato che la Granger metteva su, quando le chiedevano per l’ennesima volta di copiare i compiti, cipiglio accompagnato da una familiarità dovuta ad anni di amicizia che lui non avrebbe mai avuto.
Aveva iniziato a notare il modo in cui si stringevano tra loro in caso di pericolo – non avrebbe mai dimenticato come si era lanciata verso Potter, abbracciandolo, al Torneo Tremaghi – Quegli abbracci avevano qualcosa di talmente intimo e privato da costringere a distogliere lo sguardo.
Lei si era sempre sopraelevata a una sfera talmente alta che non sarebbero bastati tutti gli sforzi possibili per riuscire a sfiorarla neanche con la punta delle dita.

[You're the closest to heaven that I'll ever be]

Non sapeva esattamente quando avesse iniziato a desiderare quello che loro avevano: comprensione, affetto, quella preoccupazione stretta in abbracci che sembravano scaldare anche da lontano, la sicurezza che ci sarebbero sempre stati per l’altro.
Potter e Weasley erano degli imbecilli, ma, doveva ammetterlo, erano dei buoni amici per lei. Questo lo aveva visto con i propri occhi.
Nei minuti successivi le passò davanti agli occhi la sua amicizia con Harry e Ron da suo punto di vista: l’attenzione era puntata soprattutto su di lei, si rese conto, con una frustrazione che aveva il sapore di un veleno dall’azione lenta e inesorabile.
L’aveva disprezzata per quello che rappresentava e poi odiata e desiderata  per quello che aveva.

I contorni della vecchia capanna si sostituirono lentamente a quelli di  Hogwarts e lei si ritrovò stremata e senza fiato: quell’incantesimo richiedeva una grande forza mentale.
«Se hai intenzione di andare via, fallo adesso».
Non era abituata a sentire il suono della sua voce e il cuore le sussultò in risposta. Era ancora poggiata a lui, in un abbraccio debole che le dava qualsiasi possibilità di fuga, solo una mano tra i suoi capelli, stretta alla base della sua testa, sembrava volerla trattenere.
«Sono così stanca».
Rispose con quello che risuonò come un flebile sussurro. La testa sembrava scoppiarle, quando l’appoggiò alla sua spalla.
La mano che le circondava la nuca si spostò a massaggiarle una tempia: lo prese come il segno che lui avesse compreso che non aveva alcuna intenzione di fuggire via. Non da lui.

«Si sta facendo buio».
Erano ancora aggrappati l’uno all’altra, quando la prima stella spuntò nel cielo che si intravedeva dalla piccola finestra.
Hermione alzò il viso dalla sua spalla solo per permettergli di leggere nel suo sguardo.
«Non voglio tornare a casa».

[And I don't want to go home right now.]

I suoi occhi avevano un’intensità tale da indurlo a serrare i pugni per evitare di stringere troppo lei.
Fu Hermione a poggiargli una mano tremante sul viso, prima di avvicinarsi per donargli quello che aveva letto dentro di lei.
Si resero conto, spiazzati, che quello che c’era tra loro aveva raggiunto una profondità che nessuno dei due aveva previsto; una profondità in cui annegavano tranquillamente l’uno nell’altra, le mani tanto strette da farsi male.
Non c’erano più barriere a difenderli, né maschere a coprire i loro volti: quando Hermione gli strinse il viso tra le mani riuscì a scorgere fin nel profondo della sua anima.
«Resta», lo supplicò in un ansito.
Lo vide stringere la mascella per trattenere il lampo d’emozione che gli aveva attraversato lo sguardo.
Resta adagiato nel mio corpo per sempre.  
Le scostò i capelli sudati dalla fronte e vi poggiò una guancia.
«Quello che vuoi», mormorò.
Si lasciò sfuggire un sospiro, quando gli strinse le braccia intorno alla schiena, portandolo ancora più vicino.
Fu così che si addormentarono, stretti in quell’emozione che affogava il cuore.

*

L’inizio della fine arrivò un solo mese dopo, quando ormai si era instaurata tra loro una routine calda e rassicurante.
Dopo la prima notte passata fuori, alla Tana l’avevano accolta con sguardi terrorizzati e sospiri di sollievo. Aveva assicurato loro di non essere in pericolo, ovunque andasse; non aveva dato altre spiegazioni e aveva visto, nelle loro spalle curve, che non avevano la forza di combattere anche con lei.
Draco l’aspettava sempre con le braccia pronte ad accoglierla dentro di lui e con il sapore del miele, che si scioglieva nei suoi occhi quando la vedeva, sulle labbra.
«Perché non ti unisci a noi?».
Aveva appena pronunciato quella frase in un fiato che si era unito immediatamente al suo tanto erano vicini, quando lui si portò una mano all’avambraccio con una smorfia di dolore.
«Che succede?» Non poté impedire al panico di attraversarle lo sguardo.
«Il Signore Oscuro». Le accarezzò appena la fronte con le labbra, prima di alzarsi e raccogliere i suoi vestiti.
 «Draco».
Quel nome nella sua bocca aveva un sapore così dolce che avrebbe voluto avere tutto il tempo del mondo per strapparglielo via.
Hermione lo vide voltarsi verso di lei, quando non continuò: ingoiare quello che stava per dire le graffiò la gola, facendola quasi tossire.
«Torna», si limitò a pronunciare, rauca, mentre stringeva a pugni le mani per fermare un tremito. Non sapeva perché, ma un brutto presentimento le aveva attanagliato il cuore.
Ritrovarsi stretta tra le sue braccia non fece altro che accrescere quel presentimento.
Gli intimò con lo sguardo quello che aveva detto a voce poco prima e ottenne in risposta un rapito annuire.
«Tornerò», le promise sulle labbra, prima di premerle sulle sue e sparire oltre la porta.


Harry era tornato.
La felicità di rivederlo sano e salvo con solo qualche graffio qua e là, ma con un sorriso storto sul viso, fu oscurata solo da una fredda consapevolezza che echeggiò dentro di lei come uno sparo: Voldemort lo sapeva.
Harry, davanti ad abbondante piatto di zuppa, raccontò loro di aver trovato e distrutto l’ultimo Horcrux.
«Dobbiamo prepararci alla battaglia finale».
Aveva detto, ed Hermione, per la prima volta dall’inizio della guerra, si sentiva tutt’altro che pronta.
Non era più tornato, e lei non aveva avuto neanche il tempo di avere paura: erano tutti talmente ansiosi ed eccitati che non lasciarono spazio alcuno per la sua angoscia. Con il ritorno di Harry qualcosa si era mosso e, seppur questo avrebbe significato partecipare allo scontro finale rischiando la vita, era di gran lunga migliore dello stillicidio che stava logorando lentamente la loro voglia di vivere.

*

Avevano appena riposto le bacchette, dopo una lunga giornata di allenamento, quando Harry si premette una mano sulla fronte con un lamento.
Il panico sotto forma di un vuoto allo stomaco era palpabile nel pesante silenzio che era sceso all’improvviso.
« È vicino».


«Sono a qualche miglio da qui, nei pressi della vecchia capanna degli Stanford».
«Sono tanti. Riunite l’Ordine, ci muoveremo tutti insieme».
Hermione percepì appena le voci di Moody e Remus, appena scesi dalla scopa dopo un giro di perlustrazione della zona circostante. Un solo pensiero le mozzava il fiato in gola: li avevano scoperti.
Questa consapevolezza ne portò con sé un’altra, ben più cocente, che le fece sentire le gambe molli e le braccia leggere: Draco. Se li avevano scoperti voleva dire che..
Si portò una mano alla bocca per frenare il moto di nausea che le aveva rivoltato lo stomaco.
«Hermione, dobbiamo andare».
Anche stavolta, la terra non fece in tempo a crollarle sotto i piedi che il mondo richiedeva la sua attenzione e la sua ferma partecipazione.


Tornare alla capanna con l’Ordine, pronto a combattere quella che sarebbe potuta essere la battaglia decisiva, fu molto peggio di quanto non si sarebbe aspettata: era gettare un’ombra su quella che era stata la sua unica fonte di serenità in quegli ultimi mesi. Ma aveva sentito riaffiorare dentro di sé una determinazione che non provava da troppo tempo ormai: era pronta a combattere, qualsiasi cosa sarebbe successa.


Non avrebbe saputo dire chi stava avendo la meglio: quello scontro avrebbe avuto un esito solo alla fine del duello tra Voldemort e il Bambino Sopravvissuto; era tutto nelle loro mani.
Hermione non si rese conto, coscientemente, di quello che stava succedendo fin quando non le arrivò l’urlo di Ron che schiantò un Mangiamorte a pochi centimetri da lei. Rassicurò Ron di stare bene e, solo quando di fu allontanato, si concesse di tremare, riappropriandosi con gli occhi della sua figura. Lo aveva riconosciuto dallo sguardo, nessun altro l’aveva mai guardata in quel modo: se l’avessero colpita al petto avrebbe fatto meno male.

L’aria nella capanna, quando lo seguì, attenta a non farsi notare, era leggermente più mite rispetto al gelido inverno che imperversava all’esterno e sapeva così di loro che dovette costringersi a respirare per sopravvivere.
Non gli diede il tempo di fare nulla, si aggrappò a lui con tutta la forza che le era rimasta circondandogli i fianchi con le gambe. Le proprie labbra, screpolate dal gelo, si spaccarono all’impatto con le sue, ma il proprio sangue mischiato al suo sapore aveva il potere di rassicurarla con una calore che scaldava fin nel profondo dell’anima.
Draco le leccò via quella ferita dal labbro inferiore e le lacrime dalle guance con una lentezza e una delicatezza incaute, se pensavano che a pochi metri si stava tenendo una battaglia.
Quando lei gli si strinse maggiormente contro continuando a piangere sulla sua spalla, emise solo un flebile gemito, affondando le mani nei suoi capelli.
«Che cos’hai?».
Non poteva sperare che lei non se ne accorgesse: erano stati troppo vicini per così tanto tempo da aver imparato ad ascoltare anche il silenzio.
«Maledizioni Cruciatus», la sua voce era deliberatamente neutra, mentre le spiegava cos’era successo. «Qualcuno, vedendomi uscire tanto spesso, si è insospettito. Ovviamente il Signore Oscuro non ha trovato niente tra i miei ricordi».
Prese un fiato, allontanando lo sguardo da lei. «Mi ha torturato e, alla fine, ha trovato questo posto nei miei pensieri ormai troppo deboli per opporgli resistenza e.. te ».
Hermione rivide nei suoi occhi quella luce profondamente ferita e si sentì morire dentro all’idea di cosa avesse dovuto sopportare. Comprendeva come e in quanta misura lui fosse ferito non tanto per il dolore fisico, quanto per quell’invasione mentale che deturpava momenti troppo privati per essere anche solo raccontati.
«Sono ancora vivo perché gli servivano informazioni, altrimenti non avrebbe esitato un attimo ad uccidermi: mi considera un traditore».
Hermione sussultò tra le sue braccia e sperò con tutto il cuore che Harry avesse la meglio su quell’essere maligno a cui non era rimasta neanche più una briciola d’umanità.
«Dovremmo tornare fuori, prima che si accorgano della nostra assenza». Strinse i denti, prendendo un respiro profondo, per dissipare quella morsa che le attanagliava il petto. «Combatterai dalla nostra parte?».
Draco le prese il viso tra le mani, cancellando le tracce lasciate dalle lacrime ormai asciutte.
«Qualcuno sostiene che io abbia tradito». Passò una luce divertita nel suo sguardo, prima che tornasse a concentrarsi completamente su di lei.
La guardò con un’intensità tale da farle male al cuore e da sciogliere le parole sulla lingua.
«Shh», le sussurrò sulle labbra, prima di appropriarsi di quelle parole, rimaste mute, che Hermione sentiva di avergli donato con il resto di se stessa.


Fuori era scoppiato il putiferio. Il duello tra Harry e Voldemort non sembrava mai volgere alla fine e da entrambe le parti vi erano segni di impazienza e stanchezza.
Uscirono uno per volta, ma fecero in modo di combattere sempre relativamente vicini: per quanto lo scontro lo permettesse.
Hermione si ritrovò occupata da due Mangiamorte e lo perse momentaneamente di vista. Era talmente impegnata a combattere che solo quando uno dei due crollò schiantato davanti a lei senza che avesse fatto niente, lo vide al suo fianco e lo ringraziò silenziosamente con lo sguardo.
Un paio d’occhi rossi, iniettati di sangue, non si persero quello scambio di favori e di sguardi; dalla bacchetta del loro proprietario scaturì un lampo verde diretto in quella direzione.
Harry Potter, sfinito, con il sangue che gli colava da una ferita sulla spalla, approfittò di quel momento di distrazione per decretare la vittoria finale.

Si alzò un unico urlo di giubilo, mentre lacrime di gioia si univano a lacrime di disperazione per i caduti in battaglia.
Era finita.
Hermione guardò il sollievo passare sul viso delle persone che amava con tutta se stessa: i loro visi illuminati da una scintilla che si era spenta da troppo tempo.
Era davvero finita.
Crollò in ginocchio, mentre le lacrime le appannavano la vista impedendole di cibarsi di quella luce ancora un po’.
Non aveva il coraggio di toccarlo: era a pochi centimetri da lei e quella consapevolezza le stava facendo a brandelli qualcosa nel petto con una forza che le rubava il fiato e le spezzava il pianto in singhiozzi soffocati. Il dolore era tale che non credeva di essere in grado di sopportarlo ancora per molto.
Era a pochi centimetri da lei e non aveva il coraggio di toccarlo: la sua pelle doveva essere della stessa temperatura della neve e lei voleva ricordare le sue mani bollenti e la sua bocca così calda che sentiva incendiarsi il cuore quando erano tanto vicini da pensare di poter rimanere così per sempre.
Resta adagiato nel mio corpo per sempre.
Quello che vuoi.
Era finita.






    



Come ho già detto sul forum, ho letto così tante Draco/Hermione e, ultimamente, me ne piacciono sempre meno, che avevo una paura folle a scriverla, temevo di cadere nel banale: esistono pietre miliari che non è possibile raggiungere e non volevo ricalcare stereotipi visti e rivisti.


Spero di non averlo fatto e spero sia piaciuta anche a voi che siete arrivati fin qui :)
Ad eventuali recensioni, risponderò il prima possibile via email :)

Di seguito trovate l’accuratissimo giudizio di Valaus ^^



Prima Classificata A Parimerito
“Persona, Personae” di zukky


Grammatica: 10/10

In tutta la storia ho riscontrato solo alcune imprecisioni, perlopiù singolare al posto del plurale e viceversa, imputabili senza ombra di dubbio ad un errore di distrazione o di battitura. Tutte talmente irrilevanti che non ne ho tenuto affatto di conto.
Irrilevanti perché non reggono il confronto con una storia scritta con indiscutibile maestria, corretta formalmente, con un lessico stupendo, enfatica, evocativa, coinvolgente, ricca d’effetto. In parole povere, perfetta.


Stile: 10/10

Altro aspetto assolutamente perfetto. Il tuo stile è semplicemente indescrivibile. Ho letto ogni singola frase a bocca aperta, totalmente rapita ed ammaliata.
Ho iniziato a segnare i passaggi che più mi avevano colpito, ma ho rinunciato quando ho visto che, effettivamente, quasi tutti rientravano nella lista.
Sei riuscita a creare un geniale mix di prosa e poesia, con paragrafi dedicati alla descrizione degli avvenimenti curati così efficacemente da risultare simile ad un’ode, ricchi di sentimento e coinvolgimento.
Ritrovarmi alla fine della storia in lacrime è stato tutt’altro che inaspettato.
Tutta la storia è un colpo al cuore, un pugno dritto allo stomaco che lascia il lettore senza fiato.


Sviluppo Trama: 10/10

Ineccepibile. Una storia articolata e modulata alla perfezione, che coinvolge sin dalla primissima frase. Ho semplicemente amato il modo in cui hai fatto evolvere il rapporto tra Draco ed Hermione. Così singolare eppure così vero, così carico di sentimento e di sofferenza. Decisamente un amore da guerra, dove il conflitto segna nel profondo le anime dei protagonisti e riesce, in questo modo, a trascinarsi anche in quel piccolo angolo che si sono ritagliati solo per loro.
L’ultima parte è terribile. In senso buono, ovviamente. Ma anche cattivo, dannazione.
E’ drammatica, la disperazione ed il dolore sono tangibili e palpabili. E’ un puro capolavoro che permette a chi legge di farsi trascinare dalla narrazione al punto da avvertire quasi fisicamente la sofferenza di Hermione.
Non c’è una sola virgola fuori posto, nulla che stoni o strida, nulla di troppo e nulla di troppo poco.
Perfetta, ecco. Sarà banale, ma è l’unico modo in cui si può descrivere efficacemente.


Originalità: 10/10

Storie che narrano eventi della guerra contro Voldemort ce ne sono parecchie. Ma nessuna, nessuna è minimamente comparabile a questa.
E’ unica nel suo genere, è qualcosa di mai letto e mai narrato.
O, se è stato narrato, nessuno di certo l’ha fatto come te.


Utilizzo Immagine: 5/5

Hai riprodotto l’immagine in maniera eccellente. L’hai trasformata in tutto e per tutto in una delle scene conclusive della storia, con Draco ed Hermione stretti l’una all’altro mentre fuori infuria la battaglia conclusiva.
Ma, al tempo stesso, questa è l’immagine che fa da sfondo anche a tutti i loro precedenti incontri nel capanno. E’ evidente che tu ti sia pienamente ispirata ad essa.


Utilizzo Canzone: 5/5

Anche in questo caso, un uso perfetto dell’elemento che hai scelto. La canzone compare solo in poche, significative battute, ma tutto il senso pervade l’interezza della storia.
Le hai dato una connotazione malinconica che la rende ancora più efficace ai fini della storia.


Caratterizzazione Personaggi: 10/10

Indubbiamente, non ci troviamo di fronte ai Draco ed Hermione di Hogwarts. Ed il perché è piuttosto comprensibile.
Sono adulti, sono maturati, e soprattutto sono cresciuti sotto il peso di una guerra che ha cancellato tutto ciò che di buono c’era nelle loro esistenze.
Quel “buono” l’hanno ritrovato nel loro capanno, condividendo quegli attimi di pace e di estraneità dalla guerra. Il loro avvicinamento è tanto singolare quanto pienamente comprensibile. Ciò che li unisce e li accomuna è chiaro, traspare perfettamente da ogni singola parola, azione e pensiero.
Persino il momento finale, con Hermione che non riesce a trovare il coraggio di toccare il corpo di Draco per non alterare i ricordi che ha di lui, è perfettamente coerente con la personalità che hai delineato nel corso della storia.


Gradimento Personale: 10/10

Ti avrei dato undici, se fosse stato possibile.
La tua è senza la benché minima ombra di dubbio una delle Dramioni migliori che abbia mai letto in vita mia.
E’... perfetta, punto. Non ci sono altre parole abbastanza efficaci per definirla, per quanto mi sforzi di trovarle
Non sei stata l’unica ad aver ottenuto punteggio pieno e a classificarti prima, ma devo essere onesta: la tua è la storia che mi ha più colpita, più emozionata, più coinvolta e più commossa. Insomma, quella che ho preferito in assoluto.
Ho versato fiumi e fiumi di lacrime sul finale, ed ogni singolo incontro nel capanno mi ha procurato un brivido ed il batticuore.
Davvero, non c’è nulla di vagamente negativo che si possa dire su questa fict. Persino il titolo mi è piaciuto moltissimo.
E quel “Resta adagiato nel mio corpo per sempre”, pura poesia.
Fenomenale.


Extra per l’inserimento del prompt: 1/1

I punti sono stati così suddivisi: 0,50 per il personaggio, 0,50 per il colore.
Mi è piaciuto da impazzire il modo in cui hai inserito sia Remus che il blu elettrico. L’ho trovato semplicemente geniale, perché rappresenta parte integrante e fondamentale della storia ma al tempo stesso è un elemento che passa in secondo piano.
Non rappresentano tanto un elemento importante ai fini della trama in sé, ma il racconto dell’episodio che li contiene contribuisce a rendere ancora più intimo e profondo il rapporto tra Draco ed Hermione.
E non ti sei limitata ad un breve accenno, ma hai dato corpo ad una piccola storia nella storia, dolce e buffa al tempo stesso.

Totale: 71/71



   
 
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