Ti ringrazio, madre
«Perché
non ci raggiungi, Alice?» disse una voce che apparteneva ad un ragazzo.
Ero
nel bosco, e di fronte a me si estendeva una radura, in cui vi erano molti
vampiri adulti. Sapevo, grazie ad Alice, che si sarebbe svolta una guerra se io
non fossi intervenuto a chiarire alcuni punti che mi riguardavano da vicino. Un
altro essere, come me, stava rischiando la vita.
Ma
la cosa che mi sorprese di più, fu sapere che la madre di questa mezzosangue
era ancora viva. Lei aveva qualcuno da chiamare madre, qualcuno che ha lottato
per lei, proprio come la donna che mi mise al mondo, sapendo che dopo non ci
sarebbe stata vita per lei. Ha rinunciato a tutto, pur di darla a me, un mostro
simile al padre.
Mio
padre…
L’unica
volta che lo vidi ero già adulto per la mia specie.
Per
lui ero un esperimento ben riuscito, non sono nato da un atto d’amore, ma da un
accoppiamento già pianificato. Solo mia madre amava, era un sentimento
unilaterale.
Sentivo
diverse voci pronunciare il nome di Alice. Chi con voce sollevata, chi felice,
chi sospetta; era ben conosciuta questa vampira dal carattere estroverso.
Quando l’incontrai, mi fece subito simpatia, al contrario di mia zia. Lei era
terribilmente preoccupata per me, non voleva che io mi esponessi. Troppo
potenti i vampiri dai mantelli neri, esseri malvagi che regolavano la vita
degli immortali, erano loro a creare le regole. Ora che ero al cospetto, capivo
cosa intendevano tutti: esseri senza scrupoli che non esitavano a distruggere
un clan per ottenere ciò che volevano. Ma adesso c’ero io che, secondo Alice,
determinerà una posizione di stallo, o meglio ancora la loro fuga.
Misi
piede in quella radura ricca di tensione, una tensione che io avevo aggravato
insieme agli altri quattro. Mi sorpresero quei lupi, erano insieme ai membri
dei Cullen, come era facile da supporre grazie ai loro strani occhi gialli. Non
avevo ritenuto possibile che si potesse vivere in questo modo: dieta animale
per mantenere una parvenza di umanità. Credo che ci siano riusciti, avverto
solo calore da loro, un calore che può essere attribuito solo a sentimenti
umani, sentimenti che in qualche modo mi sono stati trasmessi dalla mia defunta
madre.
In
quel momento la mia attenzione fu dirottata sulla vampira vicina al lupo che
teneva la bambina di nome: Renesmee. Un’altra mezzo-sangue.
Sentivo
distintamente il suo cuore battere insieme a quelli di quei grossi lupi,
dovevano essere amici dei Cullen, altrimenti non mi spiegavo perché la bambina fosse
in groppa ad uno di loro. Ma io ero intento a guardare lei, fiera e coraggiosa,
lottava per proteggere una parte di sé, proprio come mia madre.
«Nelle
ultime settimane Alice ha cercato per conto suo dei testimoni… e non è tornata
a mani vuote. Alice, perché non ci presenti i testimoni che hai portato con
te?» disse il ragazzo dai capelli color del bronzo. Era vicino a quella
vampira, probabilmente lui era il padre.
Lui
sì, che era degno di essere definito così; il mio no.
Uno
dei mantelli neri, uno degli anziani e perciò più forte, ringhiò infastidito.
«È
finito il tempo concesso alle testimonianze! Aro, deciditi a votare!»
Ma
il vampiro di nome Aro, il capo, alzò un dito per farlo tacere, evidentemente
era interessato alle novità. Proprio come aveva predetto Alice, era davvero una
vampira veggente! Che potere singolare.
Lei
si fece avanti e mi presentò insieme a mia zia.
«Lei
si chiama Huilen e lui è suo nipote Nahuel» quella frase ebbe il potere di
frantumare ogni certezza del mondo dei vampiri.
I
vampiri erano in grado di procreare, ma era una verità che nessuno avrebbe mai
scoperto, se non i più pazzi come questa coppia di innamorati, o come mio
padre; la sua voglia di fare esperimenti l’aveva condotto a creare una nuova
razza, adesso non era più un segreto.
«Parla,
Huilen… dacci testimonianza per la quale sei stata condotta fini qui» mia zia,
molto intimorita da quei vampiri, guardò Alice in cerca di una conferma, che
lei prontamente le diede insieme a Kachiri.
«Mi
chiamo Huilen… un secolo e mezzo fa abitavo con il mio popolo, i Mapuche. Mia
sorella si chiamava Pire. I nostri genitori le avevano dato il nome della neve
sulle montagne, perché aveva la pelle chiara. Ed era bellissima, fin troppo
bella. Un giorno venne da me a confidarmi il segreto dell’angelo che l’aveva
scoperta nei boschi e l’andava a trovare di notte. Io la misi in guardia… come
se non fossero bastati i lividi che aveva sulla pelle, per metterla in guardia.
Sapevo che si trattava del Lobishomen delle nostre leggende, ma lei non voleva
ascoltarmi. Era sotto l’effetto di un incantesimo. Quando fu sicura che il
figlio del suo angelo scuro le stava crescendo dentro, me lo disse. Non cercai
di scoraggiarla dal suo progetto di fuga: sapevo che persino nostro padre e
nostra madre avrebbero convenuto che quel bambino doveva essere ucciso e Pire
insieme a lui. L’accompagnai nelle zone più remote della foresta. Lei cercò il
suo angelo demonio, ma non trovò nulla. Mi presi cura di lei e cacciai per lei
quando le forze le vennero meno. Si cibava di animali crudi, beveva il loro
sangue. Non avevo più bisogno di conferme su quello che lei portava nel ventre.
Speravo di salvarle la vita prima di uccidere il mostro. Ma lei amava il
bambino che le cresceva dentro. Lo chiamò Nahuel, come il giaguaro, quando
diventò forte e le spezzò le ossa; e nonostante questo continuava ad amarlo.
Non riuscii a salvarla. Il bambino uscì dal grembo facendo a pezzi il corpo
della madre e lei morì presto, mentre mi supplicava senza sosta di prendermi
cura del suo Nahuel. Fu il suo ultimo desiderio, e accettai di esaudirlo. Però
lui mi morse quando cercai di sollevarlo dal corpo di sua madre. Andai a nascondermi
nella giungla a morire. Non mi allontanai di molto perché il dolore era troppo.
Ma lui mi trovò: il neonato si era fatto strada a fatica nel sottobosco fino ad
arrivare a me e mi aspettò. Quando il dolore finì, trovai il piccolo
accoccolato vicino a me che dormiva. Mi sono presa cura di lui finché non è
stato in grado di cacciare da solo. Cacciavamo nei villaggi della nostra
foresta, restando in disparte. Non ci siamo mai allontanati tanto dalla nostra
casa, ma Nahuel voleva vedere la bambina che c’è qui» chinando il capo, mia zia
si nascose dietro Kachiri, in preda alla paura.
Io
ripercorsi nella mia mente quei momenti che mia zia aveva riportato in
superficie. Ricordavo ancora il mio strisciare, nel tentativo di trovarla; non
volevo rimanere solo, e il suo volto e le sue urla mi guidarono fino a lei. In
lei avevo trovato una persona amica su cui potevo contare sempre. Una seconda
madre, anche se non sarà mai come quella vera. Quante sofferenze le ho causato,
eppure non mi odiò mai per averla trasformata in un mostro ancor più terribile
di me. Un vero vampiro, da un essere inferiore è nato un essere superiore e
perfetto. Che ironia della sorte.
Aro
mi fissava con aria circospetta.
«Nahuel,
hai centocinquanta anni?» chiese infine, in preda a qualche perplessità.
«Sì,
decennio più, decennio meno» risposi con tono calmo. In fondo non avevo fatto
alcunché per poter trovare un pretesto ed uccidermi. Solo il fatto che esistevo,
sarebbe un motivo valido per loro, «noi non li contiamo»
«E
a quanti anni hai raggiunto la maturità?» domandò ancora.
«Circa
sette anni dopo la mia nascita avevo completato la crescita»
«E
da allora non sei cambiato?» quanta curiosità si celava in quel vampiro.
«Non
che io sappia» risposi, alzando le spalle.
«E
di cosa ti nutri?» mi stava facendo un vero e proprio interrogatorio.
«Di
sangue, soprattutto, ma anche di cibo umano. Posso sopravvivere con entrambi»
quante volte avevo provato a sopravvivere con il cibo umano e non con quello
animale? Tante, troppe.
«Sei
stato capace di creare un’immortale?» che scopo aveva questa domanda?
«Sì,
ma nessuna delle altre sa farlo» un’altra frase shock.
«Le
altre?» chiese indubbiamente incredulo.
«Le
mie sorelle» il suo sguardo si fece più cupo, non era contento del fatto che ce
ne fossero altre.
«Immagino
che tu ci voglia raccontare il resto della tua storia, visto che a quanto pare
non è finita» e così, con un pizzico d’irritazione, iniziai il mio racconto ai
limiti dell’assurdo agli occhi di un umano. Che razza di padre avrebbe mai
chiesto questo, quando non era mai stato presente di suo figlio?
«Qualche
anno dopo la morte di mia madre, mio padre è venuto a cercarmi… è stato felice
di trovarmi… aveva due figlie, ma nessun altro figlio maschio. Si aspettava che
mi unissi a lui, come avevano fatto le mie sorelle. Si sorprese di non trovarmi
solo. Le mie sorelle non sono velenose, ma non so se dipenda dal sesso o dal
caso, chi può dirlo? Comunque io avevo già formato una famiglia con Huilen e
cambiare non m’interessava… ogni tanto lo vedo. Ho una sorella
nuova: ha raggiunto la maturità circa dieci anni fa» eravamo solo uno strumento,
niente più di questo, non avrei mai fatto ciò che lui faceva alle donne, avrebbe
significato tradire mia madre; non lo avrei fatto per lui.
«Tuo
padre come si chiama?» chiese l’altro, molto irritato da questo numero elevato
di questi mezzo-sangue.
«Joham…
si considera uno scienziato. È convinto di poter creare una nuova razza eletta»
il disgusto verso quell’essere non aveva confini, ero nato solo dall’amore di
mia madre, solo questo contava.
Lui
si voltò verso la vampira tirata in causa e le chiese in tono brusco:
«Tua
figlia è velenosa?» “figlia”, nessuno mi avrebbe più chiamato così, non avevo
nessuno, non avevo più una madre da amare, al contrario di questa bambina; non
sapeva quanto era fortunata ad avere due genitori così, soprattutto un padre
così.
«No»
disse lei. Aveva una voce che volevo appartenesse a mia madre.
Il
capo, Aro, guardò con fare indagatore la vampira, come se la temesse.
«Prendiamoci
cura dell’anomalia che c’è qui e poi proseguiamo verso sud» disse quello
biondo. Ma il capo non lo ascoltava, guardava fisso la vampira come se stesse
valutando la situazione. Avevo notato una specie di scudo che li proteggeva, ma
non credevo che fosse lei. Dal suo sguardo concentrato, direi che era lei a
mantenere il gioco in stallo, forse Aro temeva una sconfitta?
Dopo
un periodo che durò anni, a mio avviso, il suo volto cambiò. Aveva preso una
decisione.
«Fratello…
pare proprio che non ci sia pericolo. Questo sviluppo è davvero insolito, ma
non vedo alcuna minaccia. Sembra che questi mezzi vampiri siano quasi uguali a
noi»
«Questo
è il tuo voto?» disse quello biondo.
«Sì»
se ne sarebbero andati, la vampira aveva decretato la vittoria.
«E
quel Joham? Quell’immortale così appassionato di sperimentazioni? » volevano
fermare mio padre; di certo io non lo avrei impedito.
«Forse
è il caso che andiamo a parlare con lui» confermò Aro.
«Fermate
pure Joham se volete… ma lasciate stare le mie sorelle. Loro sono innocenti»
non avevano colpa, non si poteva scegliere un padre.
Lui
annuì, anche se non ero certo che avrebbe mantenuto la parola, e si voltò verso
il suo esercito.
«Miei
cari… oggi non si combatte» e lentamente si allontanarono, portando quell’alone
di terrore; rimasero solo gli anziani.
«Sono
così felice che tutto si sia potuto risolvere senza violenza… Carlisle, amico
mio, quanto mi fa piacere poterti chiamare di nuovo amico! Spero che non ci sia
rancore. So che capisci il rigido fardello che il nostro dovere ci pone sulle
spalle» quelle parole mi risultarono alquanto false, ma ero convinto che tutti
avessero capito, compreso quello che si chiamava Carlisle.
«Vai
in pace, Aro… ricorda che qui dobbiamo ancora proteggere il nostro anonimato,
quindi fa’ in modo che le tue guardie non si mettano a cacciare in questa
regione» voleva proteggere le persone di qui, era davvero simile ad un uomo per
bontà d’animo.
«Ma
certo, Carlisle… mi dispiace che tu disapprovi, caro amico. Forse, col tempo,
mi perdonerai»
«Forse,
col tempo, se ci dimostrerai di nuovo la tua amicizia» lui chinò il capo,
facendosi credere pentito, ma sicuramente era tutta una recita ben studiata. Che
attore che era.
«È
davvero finita?» sussurrò la vampira che mi aveva ipnotizzato.
«Sì.
Si sono arresi. Come tutti i prepotenti, dietro la spavalderia sono dei
vigliacchi» disse quel vampiro alla sua compagna. Erano davvero felici, come
una vera famiglia.
«Sul
serio, gente. Non ritorneranno. Potete rilassarvi tutti, ora» disse Alice.
«Fortuna
sfacciata» disse un vampiro dai lineamenti delicati, ma al tempo stesso oscuri,
un vampiro veramente tenebroso insieme al suo amico lì vicino.
Un
giubilo di vittoria e felicità irruppe nella radura, una felicità che
apparteneva in qualche modo anche a me. Ma quello che mi sorprese fu la
reazione della vampira. Salì in groppa al lupo e prese sua figlia tra le
braccia, stritolandola in un caldo abbraccio, anche se le sue braccia erano
gelide l’amore che sprigionavano era incredibile.
«Nessie,
Nessie, Nessie» ripeteva. Il lupo le diede uno spintone con il muso, e lei gli
rispose come se capisse.
«Sta’
zitto»
«Posso
restare con voi?» chiese Renesmee.
«Per
sempre» le disse lei. Il suo compagno si avvicinò a loro e le sussurrò
nell’orecchio:
«Per
sempre» e si baciarono con amore.
Ora
capivo cosa doveva provare mia madre per me, un amore simile a quello di questa
vampira, un amore puro e senza confini, l’amore che una madre dimostra sempre
per il proprio figlio, e vedendo il suo compagno, mi chiedevo se mio padre
sarebbe dovuto essere così, sicuramente sarebbe dovuto essere così. Un padre
che non si era mai allontanato dalla donna che amava, le era stato accanto per
tutto il periodo della gravidanza ed aveva salvato entrambe.
Aveva
donato a quella bambina la cosa più bella che potesse ricevere: l’affetto di
una madre.
Mia
madre me l’aveva dimostrato per il tempo che le era stato concesso, finché le
forze non l’avevano abbandonata, ma sacrificò la sua vita per me, per
permettere a me di vivere.
Non
mi sentivo più un mostro; ero libero, in pace.
Ti ringrazio, madre.