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Autore: allanon9    17/09/2010    4 recensioni
Cosa c'è dietro allo strano comportamento di Jane? Scopritelo in questa piccola oneshot senza troppe pretese e senza spoilers.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Allanon9
Spoilers:
Nessuno.

Pairing: Jisbon.
Rating: Oneshot Fluffy
.
Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "The Mentalist" di proprietà della CBS.

 

Un giorno speciale

 

CBI HQ  7:30 a.m.

Teresa Lisbon arrivò al lavoro in anticipo come ogni mattina e subito si diresse al suo ufficio notando appena, con la coda dell’occhio che anche Patrick Jane, il suo consulente, era già nel bullpen perfettamente rilassato sul suo divano.

Dopo aver posato la borsa e la giacca, Teresa andò nel cucinino per farsi una tazza di caffè, quello era già il terzo ma oggi era in uno stato d’animo che richiedeva tanta caffeina quanto il suo organismo poteva sopportarne.

Anche Jane era là che si preparava il suo strano the.

“Ciao Lisbon ti va un caffè?” le chiese dopo averla salutata con uno dei suoi radiosi sorrisi.

“Ciao Jane. Sì grazie, ne ho davvero bisogno.” Gli rispose lei fingendo uno sbadiglio e mettendosi a sfogliare il giornale senza neppure sedersi.

“Ecco.” Jane le porse la tazza fumante e lei, con cenno veloce della testa, lo ringraziò e si allontanò come se niente fosse.

Jane sospirò mentre si sedeva al tavolo, sarebbe stata una lunga giornata.

Sorseggiò la sua bevanda e, soddisfatto del suo buon sapore, iniziò a leggere le notizie del mattino.

 

Bullpen  8:30 a.m.

Da mezz’ora il team di Teresa Lisbon era già all’opera ogn’uno nella sua postazione.

Non c’era ancora un caso nuovo ma avevano parecchie scartoffie da completare di quello precedente.

Cho, tra un report e l’altro, leggeva uno dei suoi libri assorbito come sempre dalla trama.

Rigsby faceva la spola tra il frigo e la sua scrivania, dove stava completando un file, richiestogli espressamente da Hightower, su un caso chiuso qualche mese prima e che, apparentemente, non era stato archiviato correttamente dal grosso agente.

Van Pelt stava facendo delle ricerche in rete per chissà cosa, Jane stranamente non era andato a curiosare.

Ed infine Jane.

Beh lui era Jane, rilassato sul suo divano con le mani intrecciate in grembo e gli occhi all’insù a fissare quella macchia, che lui si ostinava a chiamare Elvis, sul soffitto.

Lisbon guardò attraverso le veneziane abbassate del suo ufficio verso i suoi collaboratori, a stento si erano detti buongiorno prima di dedicarsi ai loro compiti.

Si massaggiò la fronte, aveva mal di testa e stavolta non era nemmeno colpa di Jane.

Era più facile quando la sua frustrazione e la sua rabbia erano provocate dal suo biondo consulente, ma quando la colpa era solo dovuta ad una notte passata quasi insonne a causa dei suoi tristi pensieri…Non aiutava proprio.

Il suo sguardo si fermò di nuovo su Jane. Era insolitamente calmo e silenzioso.

Lisbon fece una smorfia avrebbe fatto meglio a godersi questo momento perché tra un po’, sicuramente, Jane si sarebbe stufato della sua inattività e sarebbe venuto a seccarla coi suoi scherzi.

 

Bullpen  12:00 a.m.

“Ragazzi, non abbiamo ancora un caso oggi. Se vi va potete andare fuori per pranzo.” Disse Lisbon entrando nel bullpen sorridendo stancamente alla sua squadra.

“Grazie capo. Tu vieni con noi?” gli chiese Grace afferrando la sua giacca, dopo aver loccato il suo pc.

“No, ho un panino con me, ma grazie.” Le rispose voltandosi verso la recluta.

“Ok. Cho, Rigsby?” Domandò Van Pelt.

“Siamo con te.” Risposero i due alzandosi a loro volta.

“Jane?” chiamò Cho.

L’uomo sembrava addormentato e non rispose.

“Andate, se si sveglia dividerò il mio panino con lui.” Li rassicurò Lisbon sorridendo.

I tre ai allontanarono lungo il corridoio non senza scambiarsi occhiate perplesse, che cos’era successo oggi a Jane?

Lisbon prima di andare nel cucinino a mangiarsi il panino guardò Jane che dormiva.

Aveva la testa leggermente piegata a sinistra, in modo che il sole gli sfiorava la nuca e non gli colpiva gli occhi, il braccio destro era piegato sul suo stomaco e quello sinistro abbandonato lungo il fianco. L’espressione del viso era serena e Lisbon sentì nascere uno strano languore nel suo stomaco realizzando che nel sonno il viso di Jane acquisiva una dolcezza che durante la veglia spesso le sfuggiva.

Col cuore in tumulto si allontanò senza prima aver sospettato che magari lui stesse fingendo di dormire.

Ma dopo mezz’ora lui era ancora beatamente addormentato.

 

Bullpen  5:00 p.m.

“Agenti, oggi potete andare via prima, non avendo casi urgenti e avendo lavorato per i vostri due precedenti weekend, ho deciso di darvi qualche ora di permesso.”

Il grande capo Hightower, che nulla concedeva, sorrise ai suoi collaboratori.

“Agente Lisbon, vale anche per te naturalmente.” Disse guardandola dritto negli occhi.

“Grazie signora, finisco di firmare dei report e vado.” Rispose la giovane andando verso il suo ufficio.

“Grazie signora.” Dissero insieme i tre altri agenti radunando le loro cose.

“Patrick.” Hightower si rivolse al consulente ancora sdraiato sul divano.

“Puoi andare.” Gli disse guardandolo curiosamente, anche lei si era accorta della totale mancanza di vivacità nell’uomo.

“Lo farò Madelene, non temere, dammi solo il tempo di riprendermi dalle fatiche di oggi.” Rispose Jane con il suo miglior sorriso da mascalzone, mentre si metteva seduto e si stiracchiava.

Hightower provò a rimanere seria dandogli uno sguardo di rimprovero, ma quando gli voltò le spalle non riuscì a fare ameno di sorridere divertita, quell’uomo la faceva letteralmente impazzire, povera Lisbon.

Jane guardò verso l’ufficio di Lisbon e vide che aveva cominciato a riordinare la scrivania per andar via.

Con la sua solita calma tornò a sdraiarsi mettendo le mani dietro la testa a mo di cuscino, poteva aspettare ancora qualche minuto che lei venisse a parlargli, aveva aspettato per l’intera giornata in fondo.

 

Bullpen  5:30 p.m.

Lisbon entrò nel bullpen e si fermò davanti al divano dove Jane sonnecchiava.

“Jane non sei stanco di poltrire?” gli chiese più sgarbata di quello che intendeva essere.

L’uomo aprì gli occhi e li sbatté più volte cercando di metterla a fuoco.

“Uhm…in effetti sono molto stanco Lisbon.” Disse a bassa voce non nascondendo un sorrisetto.

“Stanco? Ma se a stento ti sei alzato per andare in bagno!” Disse lei sorpresa dalle sue parole.

“Oh, vedo che non mi hai perso un attimo di vista Lisbon, grazie sono lusingato.”

Jane si era alzato e i due si fronteggiavano. Lui sorridendo e lei con il broncio.

“Vuoi dirmi cosa diavolo ti è successo Jane? Qualcosa ti turba?”

Il sorriso di Jane si accentuò.

“No, nulla, ma grazie per averlo chiesto.” Poi divenne serio, i suoi occhi azzurro verde si incatenarono a quelli di lei.

“Oggi volevo solo che tu potessi startene tranquilla senza fastidi di sorta, compreso me.” La voce di Jane era morbida e dolce, come quando parlava coi bambini.

Teresa sbatté le ciglia sorpresa da tanta premura.

“Oh, perché?” gli chiese a voce bassa.

Lui si morse il labbro inferiore un po’ a disagio.

“Ecco…so che giorno è oggi e stamattina quando sei arrivata ho visto le occhiaie che hai cercato di nascondere col trucco, così ho capito che avevi uno dei tuoi mal di testa e che non era il caso di infastidirti.”

Teresa continuava a guardarlo perplessa, come diavolo sapeva che la data di oggi era un motivo di stress per lei?

Più di vent’anni prima, come oggi, sua madre moriva in un incidente d’auto e la sua vita e quella dei suoi familiari era cambiata per sempre.

Con gli occhi pieni di lacrime, Teresa guardò quelli teneri del suo consulente.

Conosceva il buon cuore di Jane, ma questo…forzare la sua natura vivace nella più completa inattività solo per lei…era davvero oltre ogni sua aspettativa.

Ingoiando le lacrime, in fondo era ancora Teresa Lisbon l’orgogliosa e forte agente in carica del CBI, lei borbottò: “Grazie Jane, ma…non era necessario che tu…saltassi il tuo pranzo o non bevessi il tuo the solo per…solo per me.”

Jane le sorrise e timidamente le sfiorò un guancia con la sua mano.

“Sai che farei qualsiasi cosa per renderti felice, vero Lisbon?”

Teresa lo fissò in quei suoi incredibili occhi, era così dannatamente dolce a volte che il suo più grosso desiderio, specie in questo momento con questo stato d’animo, era di baciarlo e stringerlo senza più lasciarlo andare.

Il sorriso biricchino di Jane sostituì quello dolce e tenero quando, leggendole sfacciatamente la mente, le disse: “Puoi farlo Lisbon, non mi tirerò indietro.”

Lisbon sbatté le palpebre velocemente realizzando come trasparente fosse la sua mente per lui.

“Oh…tu brutto figlio…” disse colpendolo piano sul braccio col suo piccolo pugno.

“Basta così Lisbon, non roviniamo l’atmosfera. Sai che ti dico? Ho fame, andrò a prendermi un hamburger, vuoi venire con me?” le chiese con una punta di speranza nella voce.

Lei lo guardò ancora un attimo, quindi sorridendogli gli rispose: “Ok, ma offro io. E’ il minimo che io possa fare per ringraziarti di esserti violentato in quel modo oggi.”

Lui scoppiò a ridere, una risata vera libera dal suo solito sarcasmo, che riempì il cuore di Lisbon di speranza.

“Dopo di te allora.” Disse facendola passare per prima.

Si diressero lungo il corridoio verso gli ascensori e in questo giorno speciale, camminando uno di fianco all’altro, le loro mani si sfiorarono e le loro dita si intrecciarono per il breve attimo di un battito di ciglia.

 

 

 

  
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