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Autore: marguerite_murcielago    19/09/2010    1 recensioni
Al calare della notte il tenente Zoldeschi si alza, terzo da destra nella seconda riga, rigorosamente vestito con l’uniforme dell’Esercito Italiano. Raccoglie il fucile, lo porta a tracolla e, gli occhi slavati e vuoti, si gira e comincia a risalire monte Zovetto, lungo la strada che s’inerpica a tornanti verso la sommità.
Genere: Guerra, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Al calare della notte il tenente Zoldeschi si alza, terzo da destra nella seconda riga, rigorosamente vestito con l’uniforme dell’Esercito Italiano. Raccoglie il fucile, lo porta a tracolla e, gli occhi slavati e vuoti, si gira e comincia a risalire monte Zovetto, lungo la strada che s’inerpica a tornanti verso la sommità.

La sua brigata è di sicuro già appostata nelle trincee, accanto a quei mitraglieri scozzesi.

Canta; a voce abbastanza bassa da confondersi con il crepitio dell’erba secca sotto i piedi, gli austro-ungarici possono nascondersi in ogni fenditura della roccia, e i loro cecchini sono temibili. Un colpo ben assestato e il nemico crolla in una pozza di sangue, con la baionetta ancora tra le mani.

Anche a Martin era successo: un attimo prima sparava accanto al tenente, e subito dopo il fischio di un proiettile fendeva l’aria e lui cadeva rannicchiato ai suoi piedi, tra le provviste dei soldati e le macchie d’umidità.

È suo l’elmetto che indossa Zoldeschi, adesso, in sostituzione del suo, troppo ammaccato; ogni volta che ci pensa ha una contrazione allo stomaco, un principio di rigurgito.

Oh, ecco la postazione scozzese.

La supera, sempre con una certa flemma, ritto come un palo in mezzo al fuoco nemico, costante. Un passo dopo l’altro, anche se non li vede i nemici ci sono, ci sono sempre, diecimila volte più crudeli di lui.

Le stelle questa volta sono placide, flebili, e i prati e i boschi attorno a Zoldeschi sono una coperta di oscurità vellutata. Gli occhi del tenente sembrano ciechi, eppure nella sua mente si proietta un film e lui va avanti, senza trovare ostacoli sul suo percorso.

Per fortuna ha finito il suo giro di ricognizione, pensa, Rusca[1] è sempre nervoso, anche quando cerca di alleggerire gli animi con qualche battuta. Forse si aspetta un attacco al giorno.

L’espressione di Zoldeschi non cambia, sente i muscoli del viso intorpiditi –porco Giuda, lui è un alpino!, e gli alpini non hanno mai paura di seguire gli ordini del loro comandante, almeno per riportare a casa il didietro.

Appoggia la baionetta sull’erba, con la punta rivolta all’insù, gli occhi fissi sulla collina coperta d’erba.

Uno, due, tre, lì è caduto Rusca dopo aver spronato tutti gli altri alla carica.

Zoldeschi, avanti, avanti!

Si infila nei cunicoli delle trincee, pesta pozzanghere e una merda di vacca; Sommariva bestemmia, tutti fuori a rispedire indietro gli Austriaci. Il tenente corre accanto al battaglione, non c’è tempo per chiedere a un santo protettore di assisterli. Indietro, per l’Italia!

Vede i soldati imperiali trotterellare giù per l’altro pendio del monte, gridando imprecazioni.

E prima che tutto finisce Zoldeschi cade, l’elmetto rotola giù e si perde in un cumulo di neve. Il soldato tende la mano verso l’oggetto – Martin. Ha un altro rigurgito, acido e doloroso. Dov’è il suo elmetto?

Il sole sorge, illumina il prato verdeggiante e le cime degli alberi; Zoldeschi chiude gli occhi, si rialza e torna  placidamente nella sua tomba. Terza da destra nella seconda riga.



[1] Tenente Giuseppe Rusca, medaglia d’oro al valore militare


   
 
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