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Autore: itsbrie    19/09/2010    3 recensioni
"Sullivan.. Che nome curioso" commentò Nicholas, chiudendo il libro che stava leggiucchiando. La ragazza rise, spegnendo la piccola televisione che le era costata due settimane di lavoro più tre giorni "Hai qualcosa contro?" Lui alzò le spalle come a discolparsi "No, no, è solo che è .. Strano" "Quand’ero piccola, e portavo i capelli corti, faticavo a far capire agli altri che ero una femmina!" iniziò a ricordare la giovane, con tono nostalgico. "E quand’è che hanno iniziato a chiamarti Sally?" domandò lui, andando a sedersi di fianco a lei. So what do you say?You can give me the dream if it’s mine anyway!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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half the world away

Ebbene sì, l’ennesima shot per voi povere sciagurate J
Questa storia è strettamente collegata alla mia altra “Don’t Look Back In Anger”, ma se non l’avete letta non è importante, poiché la storia di questo episodio si capisce benissimo da sé.
Ma se volete leggere anche l’altra, non può che farmi piacere!
I protagonisti sono Sally e Nick, e il tutto, mi è stato ispirato da una canzone degli Oasis, che da il titolo alla storia, appunto “Half The World Away”.
Mi piacerebbe che mi faceste sentire la vostra opinione, che sia positiva o negativa.
In ogni caso, vi ringrazio in anticipo per le letture e gli eventuali commenti. E poi, vi invito a leggere anche la long che ho postato,scritta a sei mani. Mi farebbe davvero tanto piacere se leggeste e in caso commentaste!
Grazie a tutti!
Bacioni,
Letizia.

Dedico questa storia a Francesca, perchè questa è la nostra canzone.
A Dafne, perché il suo sorriso mi ha ispirata.
E sì, anche alla cara Giulia, perché..
Così, credo che lei lo sappia.
E poi a chiunque si ritrovi un pò in Sally e Nicholas!


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Half The World Away

 

I would like
to leave this city
this old town don’t smell to pretty and
I can see the warnin signs running around my mind

Sally aveva sempre amato gli aeroporti, sempre pieni di persone che andavano di corsa da una parte all’altra, freneticamente, senza neanche guardare dove mettessero i piedi.
Forse per l’impazienza di partire, oppure per quella di tornare.
Intorno a lei si muovevano altre milioni di vite, piene delle loro storie pronte da raccontare, con i volti carichi di sentimenti tutti differenti, a dimostrare qualcosa di diverso.
Nessuno sembrava somigliare a qualcun altro in aeroporto, lì erano tutti diversi, tutti in corsa verso qualcosa.
Per Sally gli aeroporti rappresentavano speranza: speranza di tornare e trovare una situazione migliore, speranza di lasciare e cominciare una nuova avventura.
Per lei, adesso erano solo speranza di cominciare una nuova vita nel migliore dei modi, come lei aveva sempre sognato, previsto fin da bambina.
Il viaggio d’andata era stato alquanto traumatico, e non per l’arrivederci di sua madre “Abbi cura di te, Sullivan”, neanche per le continue raccomandazioni di sua nonna o gli abbracci stentati di suo padre.
No, non era per questo.
Aveva vissuto lì a Yorkville fin dalla nascita, e non si era mai allontanata da quel posto, se non una volta, quella volta, per andare a Parigi in occasione del suo quinto compleanno.
Fuori da quella occasione, Sally aveva sempre vissuto in quella villetta di quella cittadina dell’Ontario, vicina a Toronto.
Sally odiava Toronto perché la riteneva troppo caotica e piena di niente.
Invece lei amava Yorkville perché lì era tutto più tranquillo, a misura d’uomo.
Sally era pronta a dire addio alla sua famiglia e alla sua cittadina, ma non era assolutamente pronta a pensare di dover abbandonare la sua vecchia strada per intraprenderne una nuova.
Ormai ogni cosa iniziava a starle stretta lì, ed andarsene era il minimo.
Ma non aveva mai pensato a come ricominciare una volta lì.
Che cosa avrebbe fatto una volta arrivata a Parigi?
Magari si sarebbe trovata così male da voler tornare subito, rimpiangendo in ogni istante d’aver abbandonato casa per aver seguito un sogno così stupido.
Già.
Il suo sogno.
L’arte, poter lavorare in qualche museo e dimostrare al mondo quanto l’arte fosse il motore dell’universo, con creatività e permissione di esprimersi in ogni modo.
E Sally ci credeva fino in fondo, con tutta sé stessa.
Seppure non avesse neppure un minimo di esperienza, se non due anni di università che le erano serviti a poco a niente.
Lei riteneva che l’arte andasse sì studiata, ma studiata con occhi propri.
Vissuta, amata, accarezzata.
Magari un giorno si sarebbe ritrovata a camminare per il Louvre a dare informazioni ai turisti sulle tele che avevano incantato ormai già tutto il mondo.
Non le importavano i soldi, non le interessava quanto il suo sogno potesse durare, ma voleva provarci, perché altrimenti, se non avesse mai provato, non avrebbe mai saputo come sarebbe andata.
E Sally non voleva avere nessun tipo di dubbio, preferiva mille volte sbagliare, farsi del male per poi rialzarsi, ma almeno sapere quali erano i suoi limiti, fermarsi lì piuttosto che non averci provato proprio.
La vita lo sapeva, era una sfida continua, qualcosa che va avanti senza neanche di darti il tempo di riprenderti, di renderti conto.
Perché nella vita non si può sapere come vanno certe cose, tutto gira, niente si ferma mai, e nessuno ha mai la stessa fortuna, prima o poi, le cose cambiano.
Ma di certo, non ti aspetta nessuno.
E Sullivan questo lo sapeva.
<< Posso farti una domanda, mamma? >> domandò Sally, dondolandosi sui piedi.
I capelli erano raccolti in una treccia perfetta, mentre i grandi occhi castani, brillavano d’innocenza.
Sua madre la guardò stranita, ma poi la sua espressione si addolcì << Dimmi, tesoro >>
La bambina lasciò la sua bambola di pezza sulle gambe della donna, e le chiese << Perché mi avete chiamato come un maschio? >>
Ora lo aveva capito perché aveva quel nome che aveva sempre odiato.
<< Quando ti aspettavamo, prima che nascessi, ci avevano detto che eri un maschietto, così avevamo scelto di chiamarti Sullivan.. Quando vedemmo una bellissima bambina rimanemmo così impreparati che non sapevamo cosa fare.. Ma sai, tuo padre, quando ti guardò negli occhi, decise di lasciarti quel nome.
Sai, crede che tu sia forte quanto lui >>.
Gli occhi di Sullivan brillavano ancora di quella luce, ricolma di speranza e impazienza.
Era consapevole anche del fatto che ci sarebbero stati momenti duri, che niente le sarebbe andato liscio fin da subito, anzi, sapeva che avrebbe dovuto lavorare sodo per realizzare in maniera dignitosa quello che lei sognava.
Non si aspettava che tutto le andasse rose e fiori, ma sapeva che poteva farcela.
Sapeva che poteva andare comunque avanti, anche quando le sarebbe sembrato assurdo continuare.
Ma non le importava, lei voleva rincorrere quel sogno, poco importava se le sarebbero costati un sacco di dolori, delusioni, tristezze.
Perché prima o poi, sarebbero anche arrivate le gioie, le soddisfazioni.
L’aeroporto di Orly pullulava di persone che scappavano come fossero impazzite, e anche lei iniziò a camminare, veloce, facendosi spazio tra tutte quelle corse contro il tempo.
Sapeva che una volta uscita di lì, non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarla, ma chi se ne importava!
Era mezzo mondo lontano, libera, indipendente, con i sogni nelle mani, con la giovinezza dipinta in volto, la forza di farsi spazio nel mondo.
Non era più a Yorkville, era a Parigi, il suo più grande amore, la sua fedele amica.
Parigi era rimasta lì, nel suo cuore, fin da subito, e neanche per un momento aveva pensato di andarsene. Forse Sally lo sapeva che quella città l’avrebbe aspettata.
Forse aveva letto in anticipo un po’ del suo destino.
Oppure, più semplicemente, aveva da sempre scolpito quel sogno dentro sé, in una maniera così forte ed incredibile, che non era pensabile che potesse abbandonarlo.
Ed ogni giorno Sally, rincorreva quel sogno.
Metteva da parte tutti i suoi risparmi per andarci anche solo qualche giorno.
Rinunciava alla sua estate per andare a lavorare in un negozio in montagna dai suoi parenti per guadagnare qualcosa e metterla da parte.
Non aveva mai ricevuto nessun tipo di regalo materiale da parte dei suoi, solo soldi che poteva racimolare e tenere lì chiusi, nel cassetto delle speranze.
Per prenderli solo quando sarebbe stata pronta.
Ed ora lei lo era, lo aveva sentito fin da subito che quello era il suo momento.
Ormai a Yorkville, si sentiva più vecchia di quanto fosse, le andava stretta.
 Sentiva di dover sorreggere un peso più forte di lei. Dopotutto, aveva passato la vita a trovare un’altra via.
Una via che l’avrebbe resa migliore, più soddisfatta di sé stessa.
Una via per costruirsi un giorno migliore.
Aveva capito che se non l’avesse fatto in quel momento non l’avrebbe fatto più.
Allora perché aspettare?
Aveva iniziato a raccogliere tutte le sue cose in grossi valigioni di pelle, e poi aveva parlato con i suoi genitori per elaborare al meglio ogni dettaglio.
E Sally sapeva che era tutto merito loro.
Di Frank e Elinor.
Sapeva che sarebbe stata dura, perché i suoi ricordi sarebbero arrivati, avrebbero suonato alla sua porta e forse, per qualche attimo l’avrebbero fatta pentire della sua scelta.
Ma ora, non poteva permettersi di ripensarci.
Ora loro erano mezzo mondo lontani, e lei lì, che aspettava un taxi disponibile a condurla fino Rue Tivoli, dove una vecchia conoscenza di sua madre, era riuscita a farle prendere un monolocale.
Lì, dove ogni cosa era in sua attesa.
Lì dove l’attendeva la sua nuova vita.
Mezzo mondo lontana.



So what do you say?
You can give me the dream if it’s mine anyway
You’re half the world away
Half  the world away
I’ve been lost, I’ve been found
But I don’t feel down
Now I don’t feel down

<< Sullivan.. Che nome curioso >> commentò Nicholas, chiudendo il libro che stava leggiucchiando.
La ragazza rise, spegnendo la piccola televisione che le era costata due settimane di lavoro più tre giorni  << Hai qualcosa contro? >>
Lui alzò le spalle come a discolparsi << No, no, è solo che è .. Strano >>
<< Quand’ero piccola, e portavo i capelli corti, faticavo a far capire agli altri che ero una femmina! >> iniziò a ricordare la giovane, con tono nostalgico.
<< E quand’è che hanno iniziato a chiamarti Sally? >> domandò lui, andando a sedersi di fianco a lei.
Non seppe perché le fece quella domanda, ma amava quel nome, e amava ripeterglielo, finchè non aveva il voltastomaco.
Amava sussurrarglielo la notte, mentre lei dormiva, avvolta nella sua coperta pesante, oppure urlarlo ad alta voce, quando andavano sulla grande terrazza del palazzo di lei.
<< A dire il vero non lo so, credo che non ci sia mai stato un inizio, semplicemente mia madre, da sempre, mi ci chiamava per non usare il nome completo. E’ come quando tutti ti chiamano Nick o Nicky per non dire Nicholas ogni volta >> rispose poi, dopo un’attenta riflessione su cosa dirgli.
La verità era che, contro ogni dire o pensare, lei amava il nome Sallivan, non solo perché mai nessuna ragazza si sarebbe chiamata in quel modo, e tantomeno aveva mai sentito che qualche ragazzo si chiamasse così. Le era sempre piaciuto pensare che lei fosse come Lady Oscar, con quel nome che tanto le stava stretto ma che sempre, la faceva stare al centro dell’attenzione.
Ogni volta che guardava quel cartone, si ripeteva che anche lei fosse così, e che tutti le portassero rispetto non solo per l’onore che aveva dietro, ma anche per il nome, che nessuno mai avrebbe dato ad una bellissima bambina come era lei.
Nick rise, scostandole una ciocca di capelli dal viso, poi, le cinse le spalle con un braccio, e la lasciò adagiare sul suo petto, mentre lui si distendeva sul trapuntone che lei aveva messo per terra.
In giornate fredde e uggiose come quelle, Sally e Nicholas, amavano stare nel monolocale della giovane, con il camino acceso e una coperta distesa per terra, e poi passare le ore così.
Come venivano.
E seppure fosse Aprile, fuori dalle loro finestre, aveva ripreso a piovere in maniera torrenziale.
<< Credo sia così >> convenne lui con un sospiro.
Gli occhi di Nicholas si fecero d’un tratto bui, inespressivi.
Non seppe neanche lui perché, ma gli venne in mente un’immagine della sua infanzia, lì, in quella grande villa a Wyckoff, con tutta la sua famiglia.
Quando ancora Parigi era mezzo mondo lontana, quando ancora Nicholas non poteva sapere cosa prospettava per lui il futuro, quando ancora Nicholas, poteva vedere il mondo con uno sguardo  diverso, ancora pieno di voglia di scoprire e imparare.
Ma adesso, era tutto completamente diverso.
Non solo perché si trovava in una città che conosceva da poco, ma perché non aveva la minima idea di quello che volesse fare della sua vita.
Certo, amava il suo lavoro, ed era orgoglioso di poterlo continuare anche lì con i suoi fratelli, ma c’era qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo che lo faceva diventare inquieto.
Adesso, voleva semplicemente tornare ai suoi cinque anni, quando ancora mangiava colla e plastilina, quando i suoi sogni, erano disegnati su pezzi di carta colorati.
Quando sua madre lo rincorreva per tutta la casa chiamandolo
Nicky.
Ma queste cose erano lontane ormai.
<< C’è qualcosa che non va? >> domandò Sally, incrociando il suo sguardo.
Lui scosse il capo << Stavo solo pensando a delle cose >>
<< Ah >> rispose lei semplicemente, poi il suo sorriso si addolcì, e si sporse verso il ragazzo, per accarezzarlo lentamente .
Il ragazzo, di rimando, posò la sua mano su quella della giovane, per poi chiudere gli occhi.
Giusto per svuotare la mente per qualche attimo, giusto per sentirsi amato.
Perché era così che si sentiva da quando conosceva Sally.
Amato, incondizionatamente e sinceramente.
Si conoscevano da solo sei mesi, eppure lui non si era mai sentito così appagato, completamente libero d’amare ed essere amato.
Non aveva mai provato una sensazione migliore prima d’ora, anzi, se possibile non si era mai sentito più felice di così.
E non c’entrava niente il fatto che fossero già stati a letto insieme, né tantomeno il fatto che avessero già fatto un viaggio senza neanche avvisare qualcuno.
Ma i castelli della Loria non avrebbero di certo aspettato oltre.
Semplicemente Nicholas e Sullivan amavano vivere la vita così , in maniera inaspettata, senza alcun programma. Tutto veniva così, naturalmente, nel modo meno scontato possibile.
Ma se è vero che l’amore e imprevedibile e irrefrenabile, allora, loro non avevano niente da temere.
Non sentivano più il peso del mondo sulle loro spalle, il peso delle loro sconfitte, delusioni.
Perché adesso, che erano insieme, potevano dirsi pronti a sollevare il mondo e salvarlo con la forza di un amore forte e semplice.
Adesso, potevano guardare il sole che splendeva si tutti lasciando che i raggi li accecassero.
Perché provavano amore.
Qualcosa in più.
Facciamo bagagli! Si va via insieme!
<< Miseriaccia >> disse poi Nick, rompendo il silenzio che lui steso aveva imposto.
La ragazza rise, scuotendo il capo << Che cosa hai adesso? >>
Il giovane avvicinò i loro visi, sorridendo beffardo << Miseriaccia quanto ti amo Sally, e sono davvero spiacente di dovertelo ripetere sempre, ma è così >>
<< E’ un peso che mi abituerò a sopportare >> affermò lei, annullando la distanza tra le loro labbra.
Nicholas cinse la vita di Sally, sollevando leggermente il maglione che l’avvolgeva.
Passò una mano sulla sua schiena, notando che lei rabbrividiva ogni volta che lo faceva.
Rise.
Sally interruppe per un attimo il bacio, solo per affondare le mani nei ricci del giovane e sussurrargli all’orecchio << Mezzo mondo lontano >>
I loro occhi brillarono di un’emozione talmente forte che sentirono di non appartenere a quel mondo.
Come sarebbe andata a finire quella storia, non gli importava.
Perché farsi tutti questi problemi?
C’era una vita tutta da scoprire intorno a loro!
Perché perdere tempo?
Nicholas la baciò ancora << Con te >>
Mezzo mondo lontani, ma insieme!

   
 
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