Quanto
t’ho amato
Se
tu mi avessi chiesto: "Che si
fa?"
se tu mi avessi chiesto
dove andiamo
t'avrei risposto dove il
vento va,
le nuvole fanno un ricamo,
mi piove sulla testa un
temporale,
il cielo nascosto sei tu ma
poi svanisce in mezzo
alle parole,
per questo io non parlo e
poi sto male.
Quanto t'ho amato e quanto
t'amo non lo sai…
… anche se resto
in silenzio, tu lo capisci da te.
Il fresco vento di settembre
le scompigliava i capelli scuri,
le carezzava il viso, sfiorandole la pelle dolcemente.
Le nuvole, sopra la
sua testa, piano cominciavano ad allontanarsi, mentre
l’odore della terra, dell’erba, delle foglie
bagnate le inondava i polmoni,
solleticandole quasi il naso.
Il vento spirava fra
gli alberi, facendone oscillare i rami, increspava l’acqua
grigia del lago davanti a quella piccola casetta in legno chiaro.
Quella che
era casa loro, che era il loro rifugio, il posto in cui potevano essere
se
stessi, in cui potevano amarsi senza condizioni, senza
perché, o ma. Era il
luogo dove potevano bruciare d’amore, lentamente come un
grosso ciocco di
legno.
Era il 1941 e
dell’inglese Beth non era più la stessa.
La ragazza si strinse
nel golfino di lana che aveva fatto l’inverno precedente,
cercando calore, un calore perso mesi prima, quando lui era uscito
dalla porta
di casa imboccando il viale sterrato, allontanandosi. Non aveva avuto
il
coraggio di vederlo andare via, col berretto ed il fucile in spalla.
Era
rimasta in cucina, il viso fra le mani, il cuore sanguinante ed
agognate,
stretto in una dolorosa morsa, lo stomaco nauseato dalla sofferenza,
dalla
paura della guerra, dalla paura di non poterlo mai più
riabbracciare, dal
terrore di vivere senza lui. Non era riuscita a dirgli di amarlo, di
amarlo più
della sua stessa vita, bloccata da una forza oscura che le mozzava il
respiro.
Anche in quel momento
poteva avvertire la morsa stringerle il cuore, che
piangeva lacrime di sangue. Con sguardo vitreo, come fatto di cristallo
color
del caramello, osservava il piccolo lago, la radura silenziosa e
solitaria.
Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto farlo ogni girono della sua
vita, ma
aveva versato tutte le sue lacrime.
In quel momento Beth
si sentì svuotata, priva di qualsiasi forza, consapevole
di poter sopportare ogni giorno, alzarsi dal letto al mattino solo
perché avvinghiada
alla speranza di un futuro accanto a lui, alla speranza di un suo
ritorno. Ma
non aveva sue notizie da mesi. E così, cercava aggrappandosi
con le unghie ed i
denti a quel barlume di speranza che piano si affievoliva.
Il vento le si
insinuò nel maglione, facendola rabbrividire.
Sospirò e
si sedette sull’erba verde ed osservò gli alberi
ballare col vento.
Il terreno era umido e
freddo. Un raggio di sole filtrò attraverso le nuvole
grigie, illuminando l’acqua increspata. Beth si
passò una mano fra i capelli.
Cosa gli avrebbe detto
se fosse lì?
Perdonami. Quanto
t’ho amato e quanto
t’amo non lo sai.
Chinò il
capo e la nostalgia le provocò una fitta di dolore,
lì, al centro del
petto.
«Portami con
te.» mormora al suo
orecchio. «Portami con te, James.»
Le scioglie il groviglio delle braccia attorno al suo collo.
«Non è sicuro per
una signora.»
«Sarò il tuo porta fortuna.» soffia con
dolcezza negli occhi ambrati.
«Oh, tesoro...» geme James poggiando la fronte su
quella di Beth, poi la porta
le braccia attorno alla vita. Lei lo stringe, affondando il viso
nell’incavo
del suo collo.
«Resta. Resta con me.» mormora lei prima di
baciargli la pelle sotto
l’orecchio.
«Tornerò, Beth. Tornerò. Ed ora
baciami.»
Ogni attimo
era ancora vivido nella mente della ragazza, come marchiato a
fuoco nella sua giovane mente. Custodiva ogni attimo, ogni parola, ogni
gesto
nello scrigno della sua anima, quello scrigno che custodiva
gelosamente.
Chiuse gli occhi e si
lasciò cadere sull’erba.
«Sta’
attento, così mi pesti i piedi.»
ridacchia Beth, guardando James negli occhi.
«Mi perdoni, madame.» risponde avvicinandola di
più a sé.
Lei scuote il capo. E’ sera, il fuoco scoppietta nel camino e
loro danzando al
centro della piccola cucina.
«Ora sono tua, per sempre.» mormora guardandosi il
piccolo anello all’anulare.
«Ora sono tuo, per sempre.» ripete lui baciandola a
fior di labbra.
«Lo sono dal 1918.» sussurra lei premendogli il
palmo della mano sulla guancia.
Lui sorride, le prende una mano e se la poggia sul cuore.
«Anche se resto in
silenzio, puoi capirlo.»
Beth fissa
il cielo, mentre il vento le sposta i capelli sul viso. Non
mangia da un giorno. L’ansia le stringe la bocca dello
stomaco annodato.
Cosa ne
sarà di lei? Cosa le succederà?
Viveva nel terrore di
ricevere quella lettera che avrebbe scritto la parole
“fine” nella sua vita.
Non poteva vivere in
un mondo dove lui non esisteva.
La guerra le aveva
succhiato tutta la linfa vitale, tutto ciò che
c’era di
allegro e felice in lei. Le aveva squarciato il petto e accoltellato il
cuore.
Poteva quasi sentire i margini di quella ferita, mai rimarginata,
pulsare e
bruciare.
«Ti prego, non
farlo. Ti prego non
varcare quella soglia.» geme lei, mentre le gambe cominciano
a tremarle.
«Tornerò, Beth. Te lo prometto.» mormora
lui con voce incrinata. Si avvicina a
le e le prende il viso fra le mani.
«Tonerò.» mormora ancora.
«Oh, James!» esclama lei disperata. Si aggrappa al
suo collo, mentre le gambe
le cedono, lasciandola inerme, fra le sue braccia, mentre le lacrime le
solcano
il viso.
Lui la stringe a sé, carezzandole e baciandola con estrema
dolcezza, cercando
d’infonderle tutto l’amore che nutre nei suoi
confronti. La sua carezza è come
se le penetrasse le carni e le sfiorasse le ossa.
«Torna da me. Ti prego, torna da me, amore mio.»
geme guardando i suoi occhi di
ghiaccio.
Vorrebbe dirgli che l’ama, ma le parole le muoiono in gola.
Lui annuisce, lottando contro il magone che gli stringe dolorosamente
la gola.
Le bacia le palpebre, poi si volta e varca la soglia di casa.
Ed, inesorabilmente, una lacrima spilla dai suoi occhi.
Avrebbe
voluto sussurrare il suo nome, sussurrare quando lo amava, ma non
ce la fece. Non ci riusciva.
Così si
alzò; aveva bisogno di un thè caldo.
Calpestò l’erbetta verde, diretta
in casa, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Una figura, distante,
in fondo al viale, la osservava inerme. Aveva le mani
lungo i fianchi, uno zaino in spalla, un berretto in mano.
Il cuor le
balzò in gola e sbatté più volte le
palpebre credendo di sognare,
ancora un volta, come mille altre.
La figura fece cadere
lo zaino sul terreno fangoso, mentre Beth interdetta lo
osservava correre verso lei.
Lacrime nuove presero
a scorrerle sul viso, bagnandole completamente le guance,
sfiorandole le labbra piene.
Le si
presentò davanti, tanto simile ad un sogno evanescente, che
poteva
sfuggirle dalle mani, trasportato dal leggero vento che spirava fra i
loro
corpi, tra i loro arti all’improvviso intrecciati, legati fra
loro, fusi.
L’uno si
perse negli occhi dell’altra, incapace di muovere un solo
muscolo e di
proferire parola. Quel silenzio, fatto di mute lacrime, valeva
più di mille
parole, di mille dolci discorsi. Ogni fibra del loro essere era
proiettata
verso l’altro, ogni terminazione nervosa parve pendere fuoco
quando lui chinò
il capo, posando le sue labbra sottili di quelle di Beth. Un contatto
tanto
anelato, desiderato con tutto il cuore, un momento che sembrava essere
appartenuto ad un’altra vita, una vita dolce e felice.
Lei portò
le mani sul viso di lui, che invece la strinse per i fianchi
sollevandola dal terreno.
Piano James
allontanò il viso da quello di Beth e le carezzò
le gote con il dorso
della mano. Solo allora, vedendo le lacrime della ragazza arrossarle
gli occhi
e rigarle il viso, si rese conto di piangere a sua volta. Ma era un
pianto
diverso, differente da quello che lo aveva accompagnato in guerra.
Erano
lacrime di gioia, per quell’amore ritrovato e mai realmente
perso.
«Beth…»
mormorò con voce gonfia d’emozione.
«Sei
tornato.» singhiozzò lei baciandogli le labbra, il
naso, le guance, la
fronte, il mento, impedendogli quasi di respirare.
«Te lo avevo
promesso.» soffiò lui senza fiato.
«Non ci
speravo più.» mormorò prendendogli il
viso fra le mani.
«Non avrei
mai potuto lasciarti sola al mondo, Beth. Ti amo e sono tuo. Io
senza te… sono solo un soldato.»
Lei si morse il labbro
inferiore e sorrise, con perle d’acqua intrappolate fra le
langhe ciglia scure.
«Quanto t’amo non lo
sai…»
Lui sorrise e si
chinò ancora per baciare quelle labbra disegnate da Dio.