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Autore: Tartafante    31/10/2005    6 recensioni
“Forse era solo un brutto incubo” fu il suo ultimo pensiero. Non era un incubo, era realtà.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era una calda notte d’estate. La luna, alta in cielo, illuminava l’immenso giardino che circondava la piccola e graziosa villetta. Una fievole luce traspariva da una finestra semichiusa al primo piano. Martina, dodici anni compiuti quel giorno, dormiva nel suo caldo letto, avvolta dal suo nuovo pigiamino rosa e abbracciata dolcemente a Balù, il suo orsacchiotto di peluche preferito. I suoi lunghi capelli biondi avvolgevano, come una leggera coperta, le sue piccole spalle cadendo lungo la sua tenera schiena, lasciando intravedere appena un dolce visino angelico. Dormiva rassicurata nel suo lettino e si sentiva protetta, stretta al suo orsacchiotto portafortuna.

Nel letto accanto Valerio, il suo fratellino, più giovane di sei anni aveva lo stesso dolce visino della sorella maggiore. Dormiva profondamente, avvolto nella coperta fino al mento anche se era piena estate.

D’un tratto alcuni rumori, provenienti dalla camera dei genitori, disturbarono il sonno di Martina. Si svegliò lentamente. Si strofinò con le mani i suoi 2 occhietti assonnati, azzurri come l’oceano profondo, chiedendosi tra sé e sé cosa erano quei rumori. I suoi genitori non potevano essere, erano in viaggio d’affari e non sarebbero tornati prima del giorno seguente. Forse era Tobi, il suo gatto persiano. Era sicura di averlo fatto uscire in giardino o forse no?

Si alzò dal letto sbuffando. Tastò con il piedino il pavimento, cercando nel buio le sue ciabattine, perché se avesse acceso la luce suo fratello si sarebbe svegliato e non avrebbe più dormito per tutta la notte. Continuò a tastare il pavimento per qualche minuto senza risultato.

- Grrrrrrr!!! – sbuffò – Stupide ciabatte e stupido gatto!!! – sussurrò seccata. Decise di andare senza. Si alzò dal suo caldo lettino e appoggiò i suoi piccoli piedini nudi sul pavimento. Un brivido freddo la scosse. Si diresse verso la camera dei suoi genitori, dove aveva sentito provenire quei rumori.

- Tobiiiiii!!! Tobiiiiiiiiii!!! Vieni fuori! – sussurrò con un filo di voce – Tobiiiiii!!! To... AAAAHHH........... – Si senti afferrare con violenza. Nello stesso istante una grossa mano le coprì quasi tutto il piccolo viso impedendole di urlare.

Sgranò gli occhi nel buio e capì subito che non si trattava di Tobi. In quella villetta, quella notte, tre uomini avevano deciso di irrompere per compiere un furto. Quella villetta era vittima dei ladri, Martina lo era appena diventata.

- Cazzo! Avevi detto che stanotte era vuota questa cazzo di casa!!! – disse uno dei tre, rivolto a quello che doveva essere il capo – Quello stronzo di informatore mi aveva assicurato che erano tutti fuori. Merda! – rispose – Sì, come no!!! Tutti fuori tranne i marmocchi!!! – riprese il terzo rivolto a entrambi mentre stringeva con forza Martina.

- Cazzo! Cazzo! Cazzo! – eruppe il primo guardando il capo – Doveva essere un colpo semplice, una botta e via, non serve nemmeno coprirci il volto eh? Tanto non c’è nessuno!!! – aggiunse agitato. – Che ne facciamo della marmocchia – disse il terzo rivolto al capo – Che cazzo ne so, dannazione!!! – rispose violentemente lui.

Quella conversazione sembrò non finire mai per Martina, stretta violentemente da quell’uomo, con una mano sulla bocca, così sproporzionata rispetto al suo piccolo viso, da coprirle in parte anche il suo dolce nasino, costringendola a respirare a fatica. Nei suoi occhi la paura, una paura così forte da non riuscire nemmeno a piangere.

- Su, forza!!! Prendete. – disse il capo, sfilando dalla cinta due pezzi di corda – Legatele mani e piedi assieme e stringete forte; ci manca solo che scappi e avverta la polizia – concluse con tono seccato. - Ahi! – singhiozzò Martina mentre le legavano le mani dietro la schiena. – Zitta mostriciattolo o ti devo imbavagliare? – sbuffò l’uomo che prima la stringeva a se. – Ahi! Mi fai male! – ripeté sempre singhiozzando, mentre le piegavano le gambe per avvicinarle i piccoli piedi alle mani e legarli assieme. Provò a liberarsi ma appena si mosse senti una fitta di dolore partire da polsi e caviglie.

- Ferma! Stai ferma!!! – disse il capo, stringendole il mento con la mano – Il fratellino? Dov’è tuo fratello? Sappiamo che siete in due e se ci sei tu c’è... –

- No! – lo interruppe bruscamente Martina – No sono sola, mio fratello è a casa dei nonni, sono sola vi giurò, sola! – disse piangendo. Sapeva di aver detto una bugia e sperava con tutto il cuore che ci credessero, teneva molto al suo fratellino e mai l’avrebbe messo in pericolo.

- Sola... mah... lo spero per il tuo caro fratellino, altrimenti... – fece il segno del “taglio della gola” con il suo grosso pollice. Martina, alla vista di quel terribile gesto, scoppiò a piangere. I suoi occhi si riempirono di lacrime, che le bagnavano le guance e cadevano a gocce dal piccolo mento. Presi da una strana compassione decisero di non imbavagliarla, tanto la villetta era isolata e lei sola, nessuno poteva sentire il suo triste pianto di paura.

I tre ladri ripresero a cercare contanti e preziosi per tutta la stanza, guardando ogni tanto in direzione della loro piccola vittima. Martina provò in tutti i modi a liberarsi da quelle corde con il solo risultato di procurarsi fitte di dolore ai polsi e alle caviglie ormai gonfie, arrossate e doloranti. Quelle corde, così strette, le avevano quasi fatto perdere la sensibilità alle mani e ai piedi. Nella sua mente, oltre ad una terribile paura, suo fratello. Pregava che tutto quel rumore non lo svegliasse, confidava nel sonno profondo di suo fratello, in quella frase, “Non ti svegliano nemmeno le cannonate”, che sempre gli ripeteva. In quel momento sperava con tutto il cuore che fosse vero, che nemmeno i colpi di cannone lo avrebbero svegliato e così fu.

- Ok capo, non è rimasto nulla – disse uno dei tre – Ah, nulla dici? Questa tu la chiami nulla? – rispose l’altro indicando Martina – Merda! – tuonò il capo – L’avevo dimenticata questa cazzo di troietta – aggiunse – Sei solo un cazzo di contrattempo, ecco cosa sei!!! – terminò adirato fissandola negli occhi. Martina rimase immobile. – Io? Io? – disse singhiozzando – Io fate che non esisto, non vi ho visti, non dirò nulla – aggiunse con la voce rotta dal pianto – Vi prego lasciatemi andare, ho paura, non fatemi male, non dirò nulla, ve lo giuro! – supplicò piangendo.

- Lasciarti andare? – disse il capo – Mmm... non credo sia possibile, proprio No. – concluse sfregandosi il mento con aria sapiente, di chi ha appena trovato soluzione ad un grosso problema.

- Tagliamole la gola e lasciamola morire dissanguata – propose uno – Idiota!!! – rispose il capo – Ci manca soltanto che ci sporchiamo di sangue. – concluse – Pugnaliamola allo stomaco – propose quindi l’altro – No! Niente armi, niente sangue! – chiuse definitivamente. – Soffochiamola, strozziamola, uccidiamola senza spargere sangue – suggerì il secondo – Mmm... soffochiamola hai detto? – chiese il capo a quest’ultimo – Sì soffochiamola! – affermo lui.

- No! Vi prego non uccidetemi! Noooo!!! – supplicò in lacrime la piccola – No, non ti preoccupare, non ti voglio soffocare, per te ho avuto un idea migliore. – disse il capo ridendo sarcasticamente – Vedrai che non soffrirai il minimo dolore, infatti, ho deciso che ti annegherò! –

- Nooooo!!! Ti prego!!! Noooo!!! – urlò Martina, piangendo disperatamente – Ma che cazzo hai in mente – obbiettarono quasi assieme i due complici – Affogarla? Ma dove? Come? Che cazzo ti passa per quella merda di cervello? Tu sei bruciato dentro!!! – concluse uno scrollando la testa – Già, ti sei fottuto il cervello!!! – concluse anche l’altro. - Beh, che cazzo avete da obbiettare? Il capo sono io e fate come dico io, capito?!?! – li attaccò – E ora prendetela e portatela in... portatela... in bagno, nella vasca si, mettetela nella vasca da bagno. – continuò – Spero tu sappia cosa stai facendo – aggiunse uno dei due – Sì, lo spero per te – concluse l’altro mentre sollevavano Martina.

- No!!! Vi prego!!! Noooo!!! Non uccidetemi vi prego!!! – urlava singhiozzando e agitandosi – Ferma!!! Sta ferma!!! – le intimò uno dei due – tanto tra un po’ sarai morta, risparmia il fiato per dopo – aggiunse l’altro. Giunsero nel bagno.

- Su, forza, appoggiatela con delicatezza – disse il capo sottolineando in modo particolare le ultime parole – Ah, pure con delicatezza la principessina – sbuffò uno – Ecco... così... bravi! – disse compiaciuto il capo.

- No!!!! Non dirò nulla, vi prego!!! Non uccidetemiiiiiii!!! – ripeté per l’ennesima volta Martina – Dio che rottura di coglioni che sei – sbottò il capo – Smettila di lagnarti e conserva il fiato!!! – aggiunse – No!!! Ti prego!!! Noooo!!! – ripeté lei – Cazzo smettila!!! Sembri un cazzo di disco rotto!!! – sbottò furioso – Passami quel dannato nastro isolante, le chiudo quella bocca di merda per sempre!!! – disse. Meno di un minuto e quelle suppliche di terrore si erano trasformate in flebili mugugni incomprensibili.

- Girala sul fianco, così. – disse il capo – Bene, ora apri l’acqua e ricordati di chiudere il tappo – finì con tono sarcastico – Sì capo, apro l’acqua e chiudo il tappo – rispose l’altro con voce scema. - Ok andiamocene, svelti!!! – disse il capo guardando entrambi. Uscirono dal bagno e scomparvero nel buio del corridoio.

Martina cominciò ad agitarsi non appena sentì il getto d’acqua gelida colpirle i piedini. Nei suoi occhi, alla paura, prese posto il terrore più puro. Vedeva già la sua morte, vedeva la sua immagine, si vedeva là, immobile, sommersa dall’acqua sul fondo della vasca. Piangeva e si agitava. Mugugnava, tentava di urlare ma non poteva, quel dannato nastro le impediva di aprire bocca. Ora che avrebbe potuto urlare, ora che avrebbe potuto svegliare suo fratello e farsi liberare non poteva. Il livello dell’acqua continuava a salire, le era arrivato al viso. Fu assalita dal panico, cominciò ad agitarsi più forte, a sbattere i piedi sul fondo della vasca. Ad ogni movimento sentiva un terribile dolore ma non le importava, doveva liberarsi a tutti i costi, prima che l’acqua la sommergesse, prima che l’acqua le impedisse di respirare, prima che affogasse.

I minuti sembravano eterni, il livello aumentava e con esso la violenza con cui Martina tentava di liberarsi. Sfregava i polsi sulle caviglie, le mani sui piedi. Sentiva dolori terribili, ma tutto ciò era nulla a confronto di quello che lei stava attendendo. Il livello salì, le coprì la bocca, zittì d’un tratto ogni suo lamento; continuò a salire, le sfiorò la punta del naso. Martina si fermò. Rimase ferma qualche secondo, chiuse gli occhi, comprese che la fine era ormai vicina. Fece un profondo respiro col naso e si ritrovò completamente sommersa dall’acqua. Quella era la sua ultima possibilità di salvezza, da quel momento non avrebbe più potuto respirare. Finito l’ossigeno sarebbe morta affogata.

Riprese a divincolarsi, ad agitarsi con violenza, a sfregare mani e sbattere piedi. Ogni fitta le faceva uscire dal naso bollicine di prezioso ossigeno. Non poteva permettersi di sprecarlo in quel modo ma non poteva fare altro. Sbatteva i piedi sul fondo della vasca, nella vana speranza che suo fratello la sentisse. Ora come non mai avrebbe voluto che suo fratello non avesse avuto un sonno così pesante. Cominciò a mancarle l’ossigeno, ormai era sott’acqua da alcuni minuti e non poteva resistere ancora a lungo. Cominciò ad agitarsi con estrema violenza, scuotendo la testa. I suoi lunghi capelli le danzavano davanti agli occhi tra bolle d’ossigeno che le uscivano copiose dal naso. Sgranò gli occhi. Sbatte violentemente per l’ultima volta i piedi sul fondo della vasca. Smise di sfregare i polsi per tentare di liberare le mani. Rimase immobile. Vide le ultime bollicine d’ossigeno uscirle dal naso, vide i capelli appoggiarsi sul bordo superiore della vasca e l’acqua travasare. Chiuse gli occhi. Rimase immobile. Senti una strana sensazione di calore attraversarle tutto il corpo, si sentiva protetta come quando dormiva nel suo caldo letto. “Forse era solo un brutto incubo” fu il suo ultimo pensiero. Non era un incubo, era realtà, era morta.

[ndr. questa l'ho scritta di botto in un paio d'ore perciò potrebbe essere venuta na chiavica tremenda... a voi il giudizio^^ ]

[edit: rileggendola sono rimasto colpito anche io che l'ho scritta, per questo ho deciso di portarla avanti anche se era nata come one-shot. Prossimamente il secondo capitolo. CIAU^^ ]

  
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