La catena
So glide
away on soapy heels
And
promise not to promise anymore
And if you
come around again
Then I
will take,
Then I
will take the chain from off the door
The chain
– Ingrid Michaelson –
Harry si era avvicinato al piccolo fuoco al centro della
tenda ed era rimasto qualche minuto con le mani aperte in prossimità delle
fiamme in attesa di riscaldarsi. Non appena aveva intuito che la situazione si
era finalmente stabilizzata, che Ron sarebbe stato ancora vivo al suo ritorno,
era uscito a “finire il turno di guardia”.
Prima di eclissarsi fuori dalla tenda aveva guardato Ron e
aveva ammiccato con un sorrisetto nella sua direzione indicando, con un cenno
della testa, Hermione che dormiva. Il bagliore del fuoco che illuminava
l’interno del rifugio era troppo fioco per permettergli di notare le orecchie
dell’amico che prendevano colore, ma era sicuro che fosse successo ugualmente
mentre Ron abbassava lo sguardo e gli sorrideva impacciato di rimando.
Rimasto solo con lei, Ron si era accomodato su una sedia,
i vestiti gli si stavano ormai asciugando addosso e forse domani avrebbe avuto
il raffreddore.
Ma non si muoveva, gli occhi
fissi sulla figura altrettanto statica di Hermione che gli rivolgeva la
schiena.
Sapeva che lei non dormiva, che non dormiva affatto,
eppure gli negava il suo sguardo, compressa in un silenzio ostinato, le braccia
strette attorno al corpo in una chiusura innaturale. Sembrava si sforzasse
quasi di non respirare.
La posa rigida da lei assunta gli ricordava un dito
puntato contro, che sentenziava la sua colpevolezza, e il disagio che scaturiva
da quel giudizio gli si diffondeva attorno bloccandolo sulla sedia.
Ron riconosceva i suoi errori senza indugi, il ricordo
della notte che se n’era andato l’aveva tormentato per mesi nei suoi incubi.
L’aveva rivissuto da ogni angolazione, rievocato in ogni gesto ed ogni parola
in modo da non permettersi di dimenticarlo, la disperazione nella voce di
Hermione che lo supplicava di tornare indietro aveva accompagnato tutti i giorni passati lontano dai suoi amici.
Ron era perfettamente conscio di non poter pretendere
nulla, tuttavia non si aspettava il bentornato che lei gli aveva riservato.
Aveva dato per scontato che anche lei provasse la stessa
felicità che aveva sentito lui per essersi ricongiunti.
Nella sua testa un’ Hermione in
lacrime gli saltava addosso rivelandogli che da quando era andato via, aveva
smesso di vivere e lo pregava tra i singhiozzi di non separarsi da lei mai più
e che lo amava alla follia. La visione si concludeva con Hermione in abito da
sposa che camminava raggiante verso di lui che era stato proclamato nuovo
Ministro della magia, nonché capitano della squadra di Quidditch
dei Cannoni di Chudley.
Il sogno si dissolse con la velocità di una bolla di
sapone che esplode. In effetti si era lasciato
trasportare un po’ troppo dall’immaginazione…
Hermione si era rivelata tutt’altro che entusiasta di
rivederlo e lo confermavano i punti lievemente dolenti dove lei aveva colpito.
Ron si massaggiò le braccia e sorrise fra sé, non avrebbe
mai immaginato un simile imprevisto. Hermione aveva un modo tutto suo di
reagire alle circostanze. Dai canarini violenti per la storia con Lavanda, al
pugno in faccia che aveva rifilato a Malfoy al terzo
anno, riusciva sempre a sorprenderlo. Era convinto che per quanto a lungo fosse
vissuto, per quanta gente avesse incontrato, non avrebbe mai conosciuto
un’altra uguale a lei.
Era anche per questo che gli piaceva tanto.
C’era voluto del tempo, ma alla fine l’aveva capito: lei
era l’unica.
E lui ora aveva rovinato tutto.
Non si sarebbe stupito se Hermione avesse evitato di
parlargli per il resto della vita, anzi, sarebbe stata una punizione più che
adeguata.
Si concentrò sul ritmo del respiro di lei che rompeva il
silenzio. Non era regolare, non dormiva ancora.
Ron era quasi capace di percepire le ondate di ostilità
che gli proiettava contro pur rimanendo inerte. Un brivido, non solo dovuto al
freddo, gli rizzò i peli sulle braccia.
Ma era deciso a non arrendersi, finalmente l’aveva
ritrovata e avrebbe lottato fino ad ottenere di nuovo la sua fiducia. Sebbene
avesse la certezza che la porta fosse chiusa, blindata, sigillata, continuava a
torturarsi il cervello affinché gli suggerisse le parole giuste da dire che
riuscissero almeno a dischiudere l’uscio, a concedergli una speranza.
Non poteva sapere che, immobile, stesa sul letto, Hermione
era in realtà in balìa di una tempesta di sentimenti contrastanti.
Non sapeva se ridere o piangere.
Si sentiva sollevata, anche se completamente impreparata
al ritorno di Ron. Non riusciva a capacitarsi di come si fosse velocemente
abituata alla sua assenza, di come ne avesse idealizzato il ricordo, e ora si
vergognava che il pizzicore che avvertiva alla base della nuca, segno degli
occhi attenti di lui sulla sua figura di spalle, la eccitasse e la rendesse
nervosa al punto che doveva obbligarsi a restare ferma. Il proprio corpo le
obbediva. Sentiva i muscoli irrigidirsi nello sforzo di mantenere la posizione,
ma c’era una parte di lei che non voleva saperne di starsene buona al suo
posto, che la tradiva senza il minimo rimorso, che rivelava la sua fragilità.
Il suo cuore.
Hermione odiava il suo cuore. Odiava non avere il completo
controllo sul suo movimento elementare. Odiava il fatto che mentre tutto il
corpo fosse atteggiato all’irritazione, il suo cuore urlava di felicità. Odiava
come le fosse saltato in gola nell’attimo in cui si era trovata davanti Ron
gocciolante e pentito. Odiava che ancora continuasse a rimbalzarle contro la
gabbia toracica implorandola di precipitarsi tra le braccia di lui. Hermione
avrebbe voluto strapparselo dal petto e gettarlo lontano.
Non voleva ascoltarlo. Non poteva ascoltarlo. L’ultima
volta che gli aveva dato retta si era ritrovata sola, in lacrime, in un’aula
vuota mentre tutta la sua Casa celebrava la vittoria della partita di Quidditch contro Serpeverde da
parte della squadra di Grifondoro, e Ron si godeva la sua
festa personale incollato alle labbra di Lavanda Brown.
Ricordava ancora come si era sentita insopportabilmente illusa e tradita e non
aveva la minima intenzione di ripetere l’esperienza.
Ma il suo cuore non era dello stesso avviso, pareva andare
in tilt quando c’era di mezzo Ron.
Non riusciva a rimanere razionale.
Ron sapeva tirare fuori un’ Hermione
diversa, una che lei non riconosceva, che poteva essere spontanea e affettuosa,
spensierata e divertente. Una alla quale lei voleva somigliare.
Faticava ad ammetterlo, ma era una sensazione tanto
irritante quanto incantevole, le faceva venire voglia di lasciarsi andare, di
perdere il controllo.
Ci eravamo andati così vicini…
Non c’erano state parole, nessuna dichiarazione,
ma promesse fatte di sguardi, di segni invisibili a chiunque tranne che
a loro due.
Hermione ci aveva creduto stavolta, creduto davvero, gli
aveva aperto la porta del suo cuore, l’aveva spalancata, non desiderava altro
che lui entrasse.
Invece Ron aveva commesso l’errore più grosso che lei
arrivasse a concepire e aveva danneggiato quello che si erano impegnati tacitamente
a costruire insieme.
Richiudere quella porta era stato talmente difficile, che
l’impegno l’aveva lasciata completamente priva di energie, indifesa.
« Sei nel mio letto. »
Ron si chiese se fosse stato davvero lui a parlare e se
tra le tante frasi a disposizione avesse sul serio scelto quella.
Sei nel mio letto.
Forse l’acqua ghiacciata aveva definitivamente ucciso gli
ultimi neuroni rimasti nel suo cervello. Magari l’aveva solo pensato. Magari
quelle parole non erano veramente uscite dalla sua bocca…
Hermione scattò a sedere continuando a voltargli le
spalle.
Ron trattenne il respiro augurandosi che non avesse
sentito la sua affermazione infelice.
Purtroppo le sue speranze durarono poco.
A rilento lei si voltò per guardarlo negli occhi, aveva
un’espressione indecifrabile sul volto.
Ron deglutì improvvisamente intimorito.
Si stupiva ogni volta che, nonostante lei fosse uno
scricciolo in confronto a lui, riuscisse a mettergli addosso
una tale agitazione semplicemente guardandolo.
Hermione si mise in piedi senza rompere il contatto
visivo, Ron si alzò di riflesso: doveva essere pronto ad incassare una nuova
scarica di pugni.
« Non c’è più niente di tuo qui
dentro. »
Il sussurro di Hermione lo indusse ad abbassare la testa.
Ce l’aveva talmente tanto con sé stesso per averli
abbandonati, che si sarebbe volentieri lasciato sprofondare nel sottosuolo.
Hermione avanzò nella sua direzione.
« Hai perso ogni diritto nel
momento in cui ti sei smaterializzato. »
Ron annuì al pavimento, colpevole.
Hermione si fermò a pochi passi da lui. Ron rialzò lo
sguardo ed incontrò la sua aria severa.
Si sentì in dovere di provare a scusarsi.
« Sono… sono un idiota… io… non… tu… ho fatto un casino,
Hermione… non… so che non puoi perdonarmi… ma… »
« Sta’ zitto. »
La voce di lei adesso era dura e tagliente e non ammetteva
repliche.
Ron ammutolì all’istante.
« Sei un idiota. »
gli si avvicinò di un passo.
« Hai fatto un casino. » un altro passo.
« E non posso perdonarti. »
Ron avrebbe voluto farle presente che quelle identiche
parole erano appena uscite dalla propria bocca, ma decise di essere saggio una
volta nella vita e di non sfidare la sorte, e poi ora Hermione era così vicina
che lui avvertiva quasi il calore che emanava dal suo piccolo corpo.
Il sangue prese a scorrergli nelle vene al doppio della
velocità.
Si chiese se in fondo la porta non fosse del tutto chiusa,
ma soltanto accostata, forse spingendo piano…
Si disse che tentare valeva il rischio di beccarsi un bel
ceffone.
Allungò le braccia, la prese per le spalle e la attirò a
sé.
Hermione non sapeva perché si era alzata dal letto ed era
andata verso Ron; semplicemente, ad un certo punto, aveva ritenuto inconcepibile
restare distesa. Gli si era avvicinata senza nessun motivo specifico, da una
parte tentata di prenderlo a pugni di nuovo; ma quando registrò le mani di Ron
attorno a lei, non si oppose all’abbraccio, e capì che in realtà non voleva che
questo.
Affondò il viso nel maglione ancora umido di lui. Era
tutt’altro che spiacevole.
Dietro l’odore del bosco e della neve che impregnava gli
indumenti c’era il profumo di Ron. Quel profumo che aveva imparato a
riconoscere nel tempo, che affiorava dispettoso tra i vapori dell’Amortentia,
che lei aveva cercato ostinatamente di dimenticare in quelle settimane che lui
era stato distante.
Si maledì per non essere in grado di mettere a tacere il
cuore che le rimbombava nel petto e rincorreva il ritmo di Ron che pulsava
sotto il suo orecchio.
La ragione continuava a gridarle di respingerlo, di
scappare a gambe levate, ma lei rimaneva completamente soggiogata dal suono
all’unisono prodotto dai loro battiti.
Si rilassò contro di lui, chiuse gli occhi e lo abbracciò
a sua volta.
Ron se la strinse ancora di più addosso, poggiò la guancia
sulla sua fronte e lei si ritrovò disperatamente persa in quell’abbraccio, le
labbra ad un centimetro dal collo di lui.
Iniziò una sorta di strana muta lotta in cui i loro corpi
si cercavano e si respingevano, si aggrappavano, si arrampicavano, si
attraevano come due calamite, si fondevano l’uno nell’altro, incontravano
luoghi sconosciuti, ritrovavano nascondigli familiari. Riscoprivano di
appartenersi.
Hermione smise di pensare, e non le succedeva spesso.
Desiderava farsi sopraffare completamente dalla sensazione
di completezza che l’aveva travolta al contatto con Ron, prima non immaginava nemmeno
di essere spezzata. Ora era un’ altra volta
intera, consapevole di non voler passare neanche un attimo senza la parte di sé
stessa che aveva appena scoperto.
Il tempo e lo spazio si dissolsero, esisteva solo Ron adesso;
ebbe timore che, se gli avesse permesso di allontanarsi, sarebbe
scomparsa anche lei.
Pigiò il viso contro il collo di lui, la pelle era fresca,
i peli radi della barba le pizzicarono il mento e le guance, il suo profumo
diventava più intenso, sembrava volesse entrarle dentro…
Ron sospirò.
« Non possiamo semplicemente fare
finta che non sia mai successo? »
Hermione sapeva che si riferiva alla sua partenza, tornò
alla realtà così velocemente che le si bloccò il respiro in gola.
Spalancò gli occhi e scostò il volto dal suo.
« No, non possiamo. »
La porta non era completamente chiusa. Ma non era neppure
aperta.
Lei aveva messo una catena.
Una catena che permetteva alla porta di preservare uno
spiraglio. Abbastanza grande perché ne filtrasse uno spicchio di luce, ma non
abbastanza da consentire a Ron di passare.
Hermione sciolse l’abbraccio ed indietreggiò un poco, ma
rimase comunque vicina a lui.
Incrociò le braccia al petto, infreddolita dalla distanza.
« Questo non cambia niente. » gli disse improvvisamente cosciente di aver concesso troppo
ai suoi sentimenti. Tentò di ricomporsi il più in fretta possibile tornando
alla maschera scocciata che si era imposta.
Sbuffò.
« Sei sempre un idiota. »
Mentre lei si voltava per tornare a letto, borbottando
concitatamente parole senza senso, Ron inarcò le sopracciglia rassegnato ma
piuttosto divertito. Aveva sempre pensato che Hermione fosse un po’ pazza:
prima ti prende a pugni, poi ti abbraccia e alla fine t’insulta. Era
perfettamente nel suo stile.
« E non ti ho perdonato. » concluse lei alzando la voce prima di riguadagnare la
posizione sul materasso.
Ron soffocò un sorrisetto.
« Assolutamente! »
Ora che gli dava nuovamente le spalle, anche Hermione non
poté impedirsi di sorridere impercettibilmente mentre si stendeva sotto le
coperte.
Il cuore aveva avuto la meglio sulla ragione, ancora.
Tuttavia lei non riusciva a rammaricarsene.
Calcò sul proprio orgoglio affinché le donasse la forza di
non cedere così facilmente.
« E non osare rivolgermi la parola
per i prossimi mille anni! »
Ron vedeva chiaramente la catena che teneva bloccata la porta, ma questa immagine non riusciva a dissuaderlo dalla
chiara e accattivante visione che gli galleggiava nella testa: la porta di
nuovo aperta.
Attese che il respiro di lei si calmasse, poi si accostò
alla brandina rimasta libera e vi si distese.
Mentre già sentiva il sonno calare su di lui, promise a sé
stesso che avrebbe spaccato a mani nude ogni anello di quella catena se fosse
stato necessario. Avrebbe recuperato la fiducia di Hermione e sarebbe rientrato
nel suo cuore dall’ingresso principale.
Dovrebbe essere collocato dopo il capitolo “La cerva d’argento”.
Io non riesco a considerarlo come un vero missing moment dato che non credo affatto che
Hermione avrebbe reagito come ho descritto io, ma voi potete reputarlo come più
vi piace.
Ve lo regalo.
Lo regalo a tutti quelli che, come me, sono fan della
coppia Ron/Hermione.
Io ho adorato scriverlo, spero che a voi sia piaciuto
almeno un po’ leggerlo.
Ringrazio tutti quelli che leggono, recensiscono, mettono
tra le preferite/seguite/ricordate le mie storie, e tutti quelli che lo faranno
con questa. Fatevi sentire!
Questa storia è arrivata seconda al contest «GiveMeASecondChance» indetto da Robinki
sul forum di EFP, vincendo anche il premio STILE e il premio FEDELTà e rendendomi felice in modo quasi imbarazzante!
Di seguito trovate il commento della giudicia
ed il punteggio.
Grazie ancora a Robinki e a
tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui!
Alla prossima.
Emmahp7
SECONDA CLASSIFICATA
Emmahp7 – La catena
Grammatica: 9.5/10
Stile e lessico: 10/10
Originalità: 9/10
Attinenza al tema: 10/10
Gradimento personale: 9.5/10
48/50
Bella. Ecco quello che ho pensato della tua storia, appena finito di leggerla.
È uno di quei racconti che s'incastrano magnificamente con il libro e che a me
piacciono tanto. Oltretutto parlava di Ron e Hermione assieme, un qualcosa che
raramente ho avuto il piacere di leggere nelle fan fiction e che mi ha
restituito l'amore profondo che nutro per questa coppia e la perfezione con cui
questi due si completino. Sei stata bravissima nella caratterizzazione, io
sarei terrorizzata all'idea di dover scrivere di loro due, avrei paura di
rovinare il loro essere fantastici, invece tu li hai
ripresi ed utilizzati magnificamente! L'immagine della catena è fantastica e
l'idea che Ron s'impegni a frantumare ogni anello a suon di pugni pur di
guadagnarsi la sua seconda opportunità mi ha stretto il cuore! Mi sono
rammaricata molto nel dover togliere quello 0.5 alla grammatica, per due
virgolette diaboliche e un paio di spazi (“un'Hermione”
scritto due volte senza lo spazio tra l'articolo e il nome). Lo stile l'ho
trovato molto fluido e scorrevole, piacevolissimo durante la lettura. Nessun
intoppo o virgola di troppo che frammentasse il tutto. Ottima la presenza del
tema, mentre per l'originalità mi sarebbe piaciuto darti 10, ma in fin dei
conti gli avvenimenti i cui parli sono ben noti. Comunque sia è una one-shot che ho apprezzato
molto
PREMIO FEDELTà: Emmahp7 – La catena
PREMIO STILE: Emmaph7 – La
catena