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Autore: Aimondev    27/09/2010    0 recensioni
In guerra, la verità è la prima vittima.(Eschilo)
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giunti che furono nei pressi di una vallata riarsa e spoglia, la schiera spartana, forte di quasi diecimila prodi opliti, si dispose con lento pede in modo tale da allinearsi in svariate colonne, tante che occhio umano faceva fatica ad enumerare.
Sotto un astro cocente e tormentoso quelle truppe, per quanto formidabili fossero, non potevano reggere una simile caldana e, per di più, i raggi di luce riflessi sulle loro scintillanti scorze risultavano emettere una magnitudine sin troppo abbagliante per essere sostenuta dallo sguardo di un comune mortale.



“Persino il dio Elio ci è avverso…” si lagnò uno di quelli, ben attento a non farsi udire dai capi più arzilli.

I fieri comandanti dei battaglioni impartivano imperiosi comandi ai loro coscritti, con aria quieta, sicura e voce avvolgente, farebbero tale degli zelanti e premurosi padri.

Ciò nonostante, i soldati erano ben consci della loro natura aspra e forte, e sotto quella maschera di serena inesprespressività, dipinta sul volto cicatrizzato dei loro superiori, si celava una brutale ferocia che poteva scatenarsi in una furia sanguinaria ed irriducibile …più bestiale che umana…
I militi erano consapevoli che un loro singolo, piccolo errore gli sarebbe costato caro, ma accettavano con cinica approvazione il fio inflittogli dalle lame castigatrici dei severi condottieri, e, alle volte, si arrogavano persino il gusto di soggiacere ad una dispotica condanna per le loro imperizie.

Questi erano gli spartani.

D’improvviso, le legioni scarlatte s’aprirono; le prominenti lance iniziarono a battere ritmicamente sugli scudi, dalla fila più remota si levò un grido che, come un onda, da sommesso quale era andò a crescere rimbombante, trascinandosi verso le file più avanzate:
“KRATOS!” ripetevano a squarciagola quelle taciturne schiere che si erano come repentinamente incendiate di passione ed accese di esultanza.
 “Generale, regalaci un’altra vittoria!” si distinse una voce in mezzo a quel altisonante coro.
“Signore, siamo con te! Per Sparta! Per la libertà!” una seconda di queste si erse più alta delle altre.

Accompagnato da quel clamore collettivo si staccò dalla ressa un figuro silenzioso, dai bruschi lineamenti e dallo sguardo accigliato ed acerbo; era discinto dalla cintola in su ed il suo addome, grandioso e possente, era scalfito da diverse lacerazioni profonde che dichiaravano da sé le innumerevoli difficoltà attraversate in ogni frangente; dicevano più di quanto avrebbero potuto cantare mille poeti e verseggiatori.

Pareva non curarsi di quel grezzo schiamazzo.

“….tornate nei ranghi….”
Una tenue imposizione aveva placato quella calca infernale, come il rombo di un tuono, travolgente e pauroso, la sua autorità ammutolì l’entusiasmo dell’armata che celermente tornò in postazione: le parole non fuoriuscivano mai per più di una volta dalle sue labbra cremisi, e nessuno poteva concedersi il lusso di distrarsi sotto la sua guida…nessuno poteva permettersi di ritardare un suo comando e farglielo ripetere; la pena poteva voler dire la morte…

Sotto il ridondante bussare cupo dei tamburi di guerra, una torreggiante selva di lance andava a formarsi crescendo alle spalle di un muro di scudi, sorretto da una lunga prima fila di giovani e valenti guerrieri: molti di loro non avevano veduto abbastanza inverni e mai assaporato la piacevolezza di una vera donna spartana, condiviso il proprio godimento in una sinergia di piacere puro, percepito il suo tiepido abbraccio o colto i suoi afrodisiaci profumi nel comune giaciglio.
Pensieri appaganti, erano quelli... correvano ancora come flussi nella mente del generale Kratos, che tempo prima aveva posseduto sua moglie Lysandra e goduto del passionale abbraccio di addio di sua figlia Calliope.

Chissà se le avrebbe ancora riviste? Probabilmente le avrebbe attese nelle sconfinate distese dei fausti Campi Elisi …No! cosa andava a pensare? Lui sarebbe finito di sicuro tra le lingue di fuoco dell’Ade, tormentato per tutta l’eternità dai suoi demoni…...questa è la Legge per gli assassini.

Destatosi da quei foschi pensieri deconcentranti, il temerario duce avanzò compatto sino alla testa del suo esercito, superando gli indomiti capitani, vigili ad ogni suo minimo accenno di autorità o cambio d’espressione.

Essi erano i combattenti più fidati e potenti che Sparta aveva da offrire, nonché suoi vecchi amici di infanzia che lo avevano seguito in ogni fase della sua vita; spericolati veterani di innumerevoli battaglie: la loro sola presenza era una garanzia di vittoria.
Le loro spade ghiacciate avevano oramai assaporato il tiepido sangue di individui di ogni razza, in tutto il creato ma non erano ancora sazie di ingozzarsi di anime, non erano ancora stanche di far divorziare le teste dai propri corpi, volevano ancora tranciare arti e lacerare organi.

Gli elmi lucenti come il cuore stesso delle stelle avevano veduto tutto quello che c’era da vedere, in un mondo devastato dalle guerre e dominato dalle boriosi ed arroganti divinità. Infiniti graffi ed ammaccature ne denunciavano un assiduo uso avvalorando la fondamentale importanza di una protezione per la sottile e fragile spoglia mortale.
Criniere rosse troneggiavano sul capo dei formidabili combattenti, spargendo timore e costernazione nelle fila di ogni armata ellenica, e lunghi mantelli dello stesso colore si stendevano dalle ampie spalle sino all’altezza della caviglia.

Solo un uomo, in quel geometrico schieramento era nudo in volto, e non si concedeva il beneficio di una seconda pelle: perché gli limitava la visuale, ed impediva ai suoi nemici di riconoscere i suoi occhi, raggelandoli di terrore.

Solo un uomo non si avvaleva della garanzia di una protezione assoluta che può dare uno scudo spartano: perché era troppo pesante, e lui voleva spingersi lontano con felina sveltezza ed implacabile foga.

Solo un uomo scrutava fremente le pallide e fosche colline davanti a sé attendendo comparire un’ immane bestia nera fatta di uomini e cavalli, di lance e spade.
Le sue gambe tremavano, i suoi denti sbattevano, ma non era paura…no… non provava timore oramai da innumerevoli lune: quella era irrequietezza.
I suoi flussi sanguigni erano colmi di adrenalina pura, i suoi occhi di ghiaccio erano fissi ed inespressivi rivolti al di là dell’orizzonte, i suoi muscoli guizzanti erano in tensione, le solide mani erano stabili, ferme e carezzavano l’elsa delle terrifiche lame, strette agli arti da alcune catene che la sua mente scellerata e sadica aveva concepito.

Solo lui…Solo il generale Kratos.




Quando dalla vallata comparve uno dei più possenti uomini su cui occhio si fosse mai posato, sul suo volto si dipinse un beffardo ed inquietante sorriso.
Il gigante era contornato da putrida barba, gli occhi neri come pece, lo sguardo arcigno fulminava il suo nemico distante; i solchi che gli attraversavano il viso potevano dargli forse 60 inverni, ma quella soda struttura muscolare, coperta da uno spesso manto di pelli animali, li avrebbe certo smentiti.

…Più belva che uomo… L’indomato capo dei barbari dell'Est ringhiava e sbraitava come un cane rabbioso.
 Alle sue spalle spuntarono copiose orde di quei bruti selvaggi che, assieme al loro capo, iniziarono a sputare insulti e blasfemie contro la taciturna armata scarlatta.

Una simile cagnara poteva spargere timore nei cuori di altri uomini, ma non fra quegli spartani.
Nessuno degli aitanti ragazzi aveva soddisfatto gli appetiti di terrore esatti dai mostruosi Phobos e Deimos, i due divini sicari dell’assoluto Ares.

Un immane cavallo nero, grande almeno il doppio dei suoi cugini, strepitava e nitriva scalciando tutti quei selvaggi che osavano avvicinarsi troppo. La sua spropositata mole era tenuta salda da lunghe catene arrugginite che alme di barbari stringevano strette tra le loro mani volgari e sudice.
Passo dopo passo si avvicinavano lentamente verso il loro grande sovrano, il quale strappò una catena dalle grinfie di uno dei suoi, e con la forza di un energico strattone, con un solo braccio trascinò la bestia verso di sé mentre con l’altra mano ne afferrò il bislungo gozzo stringendolo con una ferrea morza.

gli occhi di lucentezza soffusa, come pietre di luna dello stallone gigante si persero dentro i suoi, e la sua ira bestiale si affievolì riconoscendo la supremazia del vero padrone.
 Egli montò su di esso ed effuse un terrificante urlo di trionfo ed affermazione, atto ad incitare l’orda; poi con carica travolgente si tuffò verso l’immobile nemico, seguito dagli altri.

Il cavaliere sembrava puntare Kratos, che restava immobile dinnanzi al nemico; uno dei capitani con un cenno del capo impartì un ordine al suo battaglione, che si schierò dinnanzi al generale formando una barriera impenetrabile.

Il selvaggio sfoderò un immane martello ed iniziò a farlo roteare paurosamente.

Il signore spartano posò gli occhi sui suoi valorosi figlioli, rimembrando nei loro visi pallidi l’ardore della sua prima giovinezza, e per un brevissimo istante durato come una vita terrena errò al di fuori del pensiero e del tempo ritornando agli albori dei suoi primi anni.

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