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Autore: Ailis_    27/09/2010    2 recensioni
E allora Ino sentì il pericolo, la paura montare di nuovo dentro di sé.
Sentì, in qualche modo, che lui non era affatto la sua salvezza, ma non riuscì ad allontanarsi anche se sapeva che, volendolo, avrebbe potuto farlo.
Avrebbe potuto correre via, lontano in quel mondo che sembrava sconfinato, nascondersi e passare l'eternità con la sola compagnia di sé stessa.
Avvertì dentro di sé qualcosa di nuovo, uno strano bisogno di avere accanto quell'uomo sconosciuto: anche se lui è la sua morte, la sua dannazione eterna, lei ne ha bisogno. Perciò non si allontanò; perciò rimase ferma lì, immobile come fosse pietrificata.
Era come se dipendesse da lui.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Eternity Damn

 

 

Quinta classificata al  "Wicked and lovely, incantevole e pericolos" di  the forgotten dreamer 

A causa di alcuni problemi della giudice, le storie sono state valutate da Ro-chan che ringrazio vivamente per il lavoro svolto. Lascio a seguito il link dei risultati, nel caso qualcuno fosse interessato a leggerli.
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9268924&p=10

 

Dedico inoltre questa fic a Ro-chan, per ringraziarla ancora una volta e un po' più degnamente.

Grazie.

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Eternity Damn
[Eternità Dannata]



Quando come un coperchio il cielo pesa
grave e basso sull'anima gemente
in preda a lunghi affanni […],
Quando la terra è trasformata in umida prigione[...],
a un tratto furiosamente scattano campane,
lanciando verso il cielo un urlo atroce
come spiriti erranti, senza patria,
che si mettono a gemere ostinati.
E lunghi funerali lentamente senza tamburi sfilano né musica dentro l’anima;
vinta, la Speranza piange
 e l'atroce Angoscia sul mio cranio
pianta, despota, il suo vessillo nero.
 

 

 


 

Il cielo era una distesa vermiglia; le rocce, nere, appuntite, contrastavano con esso, svettando nella loro nuda gloria.
L’aria fremeva per le acute grida dei demoni dell’inferno.
La pioggia intanto inumidiva l’aria, appesantendola e intensificando l’odore dolciastro che permeava quei luoghi.
Ino stringeva a sé le gambe, cingendo le ginocchia con le braccia e cullandosi a occhi chiusi.
Non voleva vedere il luogo in cui era finita.
Aveva sempre avuto paura di morire, di cadere nelle profondità degli Inferi, ma si era sempre detta che non c’era motivo per temere quell’eventualità: lei non era cattiva, forse un po’ superficiale, ma non cattiva.
Eppure, mentre moriva, aveva sentito la paura stringerle lo stomaco in un triste presagio e, all’improvviso, aveva saputo con precisione cosa sarebbe stato della sua anima.
Dannata, per sempre.
Si era aggrappata alla vita con ogni forza, stringendo quel labile filo che, alla fine, si era spezzato.
E ora Ino attendeva di sapere cosa sarebbe stato davvero del suo spirito.
Ferma in quel luogo, gemeva piano mentre le lacrime premevano sui suoi occhi.
Non avrebbe pianto, perché non era da lei.
Saggiò con le mani la consistenza della terra, aggrappandovisi involontariamente, come a cercare un appiglio.
Il terreno era umido, intriso di mille goccioline di pioggia e, insieme ad essa che scendeva dal cielo orizzontalmente, sembravano creare un’immensa prigione.
La sua prigione.
Intorno a lei, anime piagnucolanti strisciavano in preda a chissà quali tormenti, lo sguardo vuoto perso a contemplare qualcosa lontano anni o secoli.
Serrò di nuovo gli occhi e pregò ancora che qualcuno la salvasse, in qualunque modo, purché quel tormento avesse fine.
Ino aveva sempre creduto che ci fosse un Dio, in cielo: nonostante le troppe le pene che affliggevano il mondo, lei pensava che anch'esse dovessero avere un perchè, uno scopo nel piano divino.
Credeva in un Dio misericordioso e buono e come tale avrebbe aiutato uno dei suoi figli; lui non l'avrebbe abbandonata.
Quasi qualcuno avesse ascoltato le sue richieste, una mano si posò sulla sua spalla, lieve come il battito di una farfalla, ma Ino sobbalzò comunque.
Si voltò di scatto, così in fretta che se fosse stata ancora umana- e viva- avrebbe provato dolore al collo.
Davanti a lei, intanto, era comparsa una figura di uomo.
Ino lo guardò, le labbra scarlatte aperte a disegnare una piccola o, i grandi occhi cerulei spalancati dalla sorpresa.
L’uomo intanto ricambiò quello sguardo, ma nei suoi occhi non c'era sorpresa, quanto amara rassegnazione.
Era tremendamente bello, si rese conto Ino osservandolo con attenzione: i capelli biondi, scompigliati, erano incollati al viso a causa della pioggia; anche i suoi occhi erano azzurri, proprio come quelli di Ino.
La ragazza incontrò quello sguardo e rimase a fissarlo, dimentica di tutto il resto: quegli iridi blu erano così calme, così tristi che Ino non poté non sentirsi quasi al sicuro davanti ad essi.
Erano occhi troppo belli per appartenere a un demone dell'Oltretomba.
All'improvviso, mentre quello sguardo sembrava trafiggerla e inchiodarla, Ino sentì una strana sensazione di tranquillità e di serenità farsi strada dentro di lei.
D'un tratto, si rese conto che sarebbe andato tutto bene, perchè lui voleva solo che lei stesse bene, che fosse al sicuro.
Sembrava che una sottile elettricità crepitasse intorno a loro, tale era l'intensità con cui i loro sguardi si intrecciavano e non si abbandonavano.
Ino perse per un attimo il contatto visivo e fu allora che le vide: grandi, scure ali nere che sporgevano tra le scapole con maestà.
E allora Ino sentì il pericolo, la paura montare di nuovo dentro di sé.
Sentì, in qualche modo, che lui non era affatto la sua salvezza, ma non riuscì ad allontanarsi anche se sapeva che, volendolo, avrebbe potuto farlo.
Avrebbe potuto correre via, lontano in quel mondo che sembrava sconfinato, nascondersi e passare l'eternità con la sola compagnia di sé stessa.
Avvertì dentro di sé qualcosa di nuovo, uno strano bisogno di avere accanto quell'uomo sconosciuto: anche se lui è la sua morte, la sua dannazione eterna, lei ne ha bisogno.
Perciò non si allontanò; perciò rimase ferma lì, immobile come fosse pietrificata.
Era come se dipendesse da lui.
“Non avere paura di me. Non ti farò del male”
“Non ne ho” ed era vero: anche se sapeva cosa la attendeva, non lo temeva perchè sarebbe stata con lui. Quasi accettò il suo destino, pur di averlo accanto ancora e ancora, per l'eternità.
Lui le tese una mano e lei la strinse, come se fosse un'ancora a cui aggrapparsi.
La pelle di lui era calda a contatto con quella di lei, gelida.
Sul suo viso devastantemente bello non c'era gioia, ma una sconfinata tristezza e, forse, voglia di proteggerla.
Si alzò, senza mollare la presa, come se cercasse di attingere la forza di compiere quel passo in fondo inevitabile da lui.
Lui la guardò, con amarezza, con rassegnazione: sembrava volerle chiedere scusa, dirle che non era colpa sua.
Che doveva andare così.
Ino sorrise, nonostante la paura, nonostante il terrore per l'ignoto che la attende: sapeva che era vero, che lui stava facendo solo il suo lavoro.
Sentì che, se avesse potuto, lui l'avrebbe salvata.
Ma non poteva, era questo il punto: poteva solo spingerla verso la dannazione eterna.
Lui annuì e si incamminarono verso un grande arco di pietra, mano nella mano.
Si fermarono quando oramai si intravedevano, tra le tenebre, gradini di pietra che scendevano per chissà quanti metri, verso le viscere della terra.
“Dimmi il tuo nome”
“Ino, io sono Ino”
“Io sono Naruto, Ino. Andiamo, ora.”
Ino non sussultò, non tremò, non gridò, non cercò di scappare. Sospirando, chiuse gli occhi e accettò ciò che sarebbe stato.
Il suo destino, la dannazione.
Scomparvero, inghiottiti dalle ombre oltre le quali si trovava qualcosa che nessun vivo avrebbe mai potuto descrivere.
In lontananza, un urlo squarciò il silenzio di quei luoghi, mentre un'altra anima scendeva verso l'Inferno.
La Speranza crollò il capo davanti alla Dannazione, vinta.


 

 

Fine

 

 

 

 

Note dell’autore: Questa storia è stata un parto: ci ho lavorato per giorni e ha subito varie modifiche, prima di arrivare ad essere ciò che è ora.
Credo che l'interpretazione che ho dato al concetto di “incantevole e pericoloso” necessiti di una spiegazione: le due parole non sono citate nella storia, ma dal modo in cui Ino vede Naruto, così bello prima e poi pericoloso, penso che traspaia l'idea.
Ino non ne ha paura, ma ciò nonostante lui è effettivamente pericoloso, in quanto consiste nella sua dannazione eterna.
Il loro, poi, è un rapporto un po' complicato: non lo si può catalogare come amore, anche se forse potrebbe diventarlo, a suo modo.
Non è paura, perchè in fondo Ino non ne ha.
E' forse attrazione e, più che altro, dipendenza. Forse addirittura suggestione e incanto.
Nonostante le revisioni, ancora non mi convince, ma dopotutto non sono mai perfettamente certa di aver fatto un buon lavoro, indi per cui invio lo stesso, nella speranza di sbagliarmi.

Questa poesia, che poi in realtà è solo una parte di essa, è tratta dal libro “I fiori del Male” di Bauderlaire. La poesia si intitola “Splean”, ossia Milza poiché per gli antichi nella milza aveva sede la malinconia.
In realtà questa storia non parlerà di malinconia, ma di qualcosa di molto più “duro a morire”, ma nonostante ciò ho trovato la poesia perfetta allo scopo.

 

 

 

 

 

 

 

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