Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: sushiprecotto_chan    28/09/2010    2 recensioni
[Neji/Lee] Erano passati esattamente due settimane, tre giorni ed otto ore da quando Neji se n’era reso conto – ed era persino riuscito ad ammetterlo a se stesso. Lui voleva fare l’amore con Lee.
Lee, il suo ragazzo, con cui stava da almeno tre mesi, ovviamente di questo non riusciva minimamente a rendersi conto.

Neji e Lee alle prese con la loro prima volta; ovvero: come Neji Hyuuga sudò sette camicie per portarsi a letto il suo ragazzo ed alla fine ce la fece.
[Partecipante al contest "Like a Virgin - Touched for the very first time".] [Partecipante al One Hundred Prompt.]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'About Lee's Pairings'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: sushiprecotto_chan.
Titolo: Per la prima volta.

Fandom: Naruto.

Personaggi/Pair: Neji Hyuuga, Rock Lee, Neji/Lee.

Genere: Introspettivo, Sentimentale, Commedia.

Avvertenze: Shounen-ai, Yaoi, One-shot, OOC (;_; *sentite l'angst nell'ammettere l'esistenza di questo avvertimento*).

Beta: No. Neppure il solito santo paTre perché di fargli leggere questo argomento mi vergognavo. ;_;

Rating: Arancione.

Capitoli: 1 di 1.

Introduzione/Riassunto: Erano passati esattamente due settimane, tre giorni ed otto ore da quando Neji se n’era reso conto – ed era persino riuscito ad ammetterlo a se stesso. Lui voleva fare l’amore con Lee.

Lee, il suo ragazzo, con cui stava da almeno tre mesi, ovviamente di questo non riusciva minimamente a rendersi conto.


Neji e Lee alle prese con la loro prima volta; ovvero: come Neji Hyuuga sudò sette camicie per portarsi a letto il suo ragazzo ed alla fine ce la fece.

Note: partecipa al OHPP con il prompt “emozioni”.

NdA (caldamente consigliate!): Era da un po’ di tempo che non decidevo di partecipare ad un contest. <3 BTW, è una Neji/Lee, e fin dalla sua nascita non l’ho mai pensata come una fiction maliziosa o altro – sebbene dal bando del contest fosse necessario descrivere l’atto della prima volta tra i due personaggi –, anzi. È semplice, un poco ironica/fluff/romantica perché tutti e tre i generi sono cosa buona e giusta – e perché l’ultimo era impossibile da non infilare vista la necessità (e se non fosse stato per la necessità non so se l’avrei fatto <3) di accontentare Neji e tutto ciò che ne deriva.

Dicendola sinceramente: ho solo sedici anni, sono pudica e in questi ultimi tempi non mi è facile parlare di certe cose. XD Però mi sono divertita a scrivere questa fiction, indi per cui spero che piaccia anche a voi.

Bon; buona lettura. (:

Urteriori: In fondo.


Image and video hosting by TinyPicImage and video hosting by TinyPic


a _Sumiko_


Per la prima volta.



Erano passati esattamente due settimane, tre giorni ed otto ore da quando Neji se n’era reso conto – ed era persino riuscito ad ammetterlo a se stesso. Lui voleva fare l’amore con Lee.

Lee, il suo ragazzo, con cui stava da almeno tre mesi, ovviamente di questo non riusciva minimamente a rendersi conto.

La prima volta che aveva compreso di desiderarlo in quel senso si trovavano fuori Konoha con la squadra, di ritorno da una missione non troppo impegnativa ma lontana da casa, e quindi costretti a dormire in una stessa stanza in una locanda. Ovviamente, accanto ai loro futon c’era quello di Gai-sensei.

Nei giorni precedenti Neji si era ritrovato spesso ad osservare il compagno in ciò che faceva; erano passati solo tre giorni e già l’aveva scrutato mentre si allenava, mentre lottava – e le gocce di sudore gli scendevano dalla fronte fino a giù, per tutta la schiena –, mentre erano insieme alle terme – quello forse era stato il momento più imbarazzante – ed anche semplicemente mentre mangiava, non importa se fosse colazione, pranzo o cena.

Considerati quindi questi elementi – avvenuti appena tre giorni addietro –, quella sera Neji nel suo futon non fece altro che pensare, oltre ovviamente ad evitare di considerare troppo il russare indiscriminato del maestro Gai o del tepore che sembrava inalare in ogni dove il corpo scandalosamente caldo e addormentato di Lee – il quale ovviamente continuava a muoversi nel letto come un forsennato, ma questo forse tra le tre azioni era il male minore. Aveva riflettuto, ed un paio di giorni dopo era riuscito ad arrivare alla conclusione: avrebbe voluto fare l’amore con Lee. Ammetterlo a sé stesso fu alla fine un passo talmente semplice che persino Neji se ne stupì – sebbene si fosse giurato che nulla l’avrebbe più colto di sorpresa dopo che aveva capito fino in fondo di essere innamorato di Lee ed infine che questo lo ricambiasse.

Così, ad una settimana e un giorno da quando se n’era reso conto, Neji Hyuuga aveva deciso di agire. Il primo tentativo era stato quello riguardante il giorno in cui lui e Lee avrebbero compiuto due mesi come coppia formata. Per quella giornata quindi Neji aveva preparato un programma preciso destinato a lui e (in parte; di certo con lui aveva fatto finta che l’ultima parte non esistesse affatto) al suo ragazzo. Questo comprendeva che, alla mattina, Neji e Lee facessero la strada per il campo d’allenamento insieme e che poi, dopo l’allenamento con la squadra, andassero insieme da qualche parte (magari a quella fiera nel paese vicino che poteva piacere a Lee, anche per via dei fuochi d’artificio) e dopo a mangiare in quel locale di buona qualità ma a basso prezzo dove si cucinano sempre e solo piatti cinesi (e dove Lee probabilmente avrebbe ordinato del riso alla cantonese e dei ravioli al vapore) ed infine Neji avrebbe accompagnato a casa Lee. A quel punto, – forse? – il compagno l’avrebbe invitato a dormire da lui, e Hyuuga sarebbe stato libero di agire. In un qualche modo ce l’avrebbe fatta – anzi, no, di sicuro ce l’avrebbe fatta, Lee avrebbe capito subito le sue intenzioni e tutto sarebbe filato liscio come l’olio.

… E lo sarebbe stato se solo quello stesso giorno non fosse arrivato. All’inizio tutto sembrò procedere come previsto (e programmato): alla mattina fecero tranquillamente la strada insieme, e Lee gli fece gli auguri, l’allenamento procedette senza incidenti e nel pomeriggio si decise di andare a visitare il paese vicino. Ci furono imprevisti ed alcuni cambiamenti di programma: al villaggio Lee insisté per fare insieme a Neji tutte le bancarelle che comportassero una sfida – in pratica, ogni banco esistente nella fiera – e poi si buttò su una bancarella di riso al curry, il che fu un problema quando i due dovettero decidere se e come mangiare a cena. Persero i fuochi d’artificio, che riuscirono a vedere solo male e da troppo lontano nella strada per tornare a Konoha; Lee al ristorante cinese ordinò solo quattro ravioli al vapore. E tuttavia tutto sembrava essere andato per il meglio, ed entrambi si erano piuttosto divertiti, a discapito di alcune paranoie che Neji aveva avuto mentre compilava il programma. … E di certo la felicità di Neji sarebbe stata piena se solo anche l’ultimo elemento fosse andato come doveva essere. Ma Lee, davanti alla porta di casa, si limitò solo a dargli un breve bacio a fior di labbra, per poi arrossire subito dopo. Lo ringraziò per la giornata, si mostrò entusiasta del fatto che proprio lui avesse pensato a qualcosa di così piacevole per loro due e poi, fatto un saluto e farfugliato qualcosa su quanto lui stesso fosse rimasto esausto da quel divertimento – cosa che non accadeva tanto spesso, aveva precisato, e Neji fra sé e sé aveva risposto che lo sapeva perfettamente – gli aveva semplicemente chiuso la porta in faccia – per la precisione la porta principale, Lee viveva in un condominio –, senza neanche dargli il tempo di dire qualcosa o accennare ad una plausibile(?) frase ricca di chissà quali sottointesi. Così, fin dal primo tentativo Neji era finito a percorrere la via di casa con il corpo e la mente pressoché impietriti e l’espressione di chi pensava di aver già visto tutto e che invece non ha ancora vissuto niente.

Il secondo tentativo andò leggermente meglio.

Era un giorno come gli altri – di solito le festività, anche se piccole e personali, non portano a nulla di buono, aveva deciso Hyuuga – e Neji, dopo aver sopportato una piena giornata di allenamento stremante ma soprattutto continue scene delle gocce di sudore di Lee che scivolavano sul suo corpo con un ritmo allucinante e persino una fermata insieme a Lee, Gai, Kiba ed altri alle terme – e il relativo autocontrollo e finta noncuranza che aveva dovuto adottare per via degli altri –, era andato con Lee a cenare all’Ichikaru in un’ora tarda e buia. Stremato dalla giornata che aveva dovuto sostenere, si era limitato a mangiare in silenzio ed a mantenere una postura quantomeno diritta. Poi aveva detto, pensando ad alta voce e non desiderando altro che un letto caldo (e magari evitare di dover ricorrere alle dure leggi di Villa Hyuuga, per una notte): «Senti, Lee, non è che per caso posso venire a dormire da te stanotte?».

Era stato solo un momento di debolezza, ma di fatto era accaduto ciò che Neji aspettava da settimane. Perché era accaduto.

Lee gli aveva fatto un sorriso a trentadue denti e poi aveva annuito, assicurandogli che per lui non c’era alcun problema. Era stato in quel momento che Neji si era accorto di quello che aveva appena detto – e di cosa il suo ragazzo gli avesse appena risposto –, ma ormai era tardi, nel bene e nel male. Ed appena ebbero entrambi finito le loro porzioni, Lee lo portò a braccetto verso casa sua, allegro come una quaglia.

«Sembri veramente esausto!» gli aveva detto, sorridendogli e indirizzandolo verso le scale, mentre la – una volta “dannata” – porta d’ingresso si chiudeva alle sue spalle. «Però non ti preoccupare; ci penserò io!» E poi aveva aperto il portone vero e proprio.

Neji era stato a casa di Lee più volte, durante gli anni passati ad essere – con Tenten – una squadra. Tenten ci veniva spesso, anche per controllare che Lee badasse abbastanza a se stesso e che non mangiasse quel che capitava nel frigo. La verità era che con questo metodo Lee si era migliorato molto nel corso degli anni; se la prima volta che l’aveva visto l’appartamento stava quasi per cadere a pezzi e c’erano strumenti d’allenamento, studio o semplicemente riguardanti il vestiario sparsi ovunque, ora era abbastanza ordinato, anche se conservava un piacevole senso di personale. Di tanto in tanto con il team si riunivano in qualche casa – spesso quella di Tenten o di Lee, visto che quella di Neji era troppo austera (per non parlare delle regole rigide e la possibilità di incontrare in un corridoio o nell’altro Hiashi-sama) e quella di Gai-sensei troppo poco curata –, quindi Neji conosceva già molto bene il posto. Forse non era così pulito, ordinato e munito di ottimi biscotti (cucinati dalla madre o di tanto in tanto dalla sorella di Tenten, ovviamente) come l’appartamento che Tenten condivideva con i suoi genitori e che in passato aveva diviso anche con la sua sorella maggiore, e tuttavia ogni volta che vi entrava gli sembrava un luogo piacevole e salubre. La presenza della personalità di Lee si avvertiva in ogni angolo, ma questa aveva il potere di abbracciare, invece che soffocare.

«Ti va di bere qualcosa? Un po’ d’acqua?» fece Lee, togliendosi il giubbotto da chuunin e poi il coprifronte che teneva in vita.

«Sì, un po’ d’acqua credo che vada più che bene.» rispose pacato. La verità è che non era certo né di cosa ci stava facendo lì né di cosa sarebbe successo poi. Lee come aveva interpretato la sua richiesta di venire a dormire da lui? Cosa si aspettava?

Neji osservò il suo ragazzo, sperando che questi non lo notasse. Sembrava sereno, ma anche felice… Quasi entusiasta. Entusiasta perché Neji gli aveva chiesto di fermarsi da lui…? Forse sì – dopotutto Lee negli anni aveva dimostrato di poter essere entusiasta per qualsiasi cosa –, ma la cosa di certo non era troppo chiara. E quindi che cosa frullava nella sua mente…?

Lee si girò verso di lui, continuando a sorridere.

«Come spazzolino ti posso prestare il mio! A te sta bene?»

Neji alzò la testa. «Sì, certo… Però non ti preoccupare: posso sempre passare a lavarmi i denti a casa domani.»

Bevve un poco di quell’acqua che il compagno gli aveva portato.

«Non è necessario che mi presti il tuo, davvero.»

L’espressione di Lee si fece appena più torva. «Ma non va bene così! Devi lavarti i denti prima di andare dormire, se no non va bene!»

L’altro ebbe l’impulso di toccarsi le tempie, ma ancor prima che potesse dire una parola Lee proruppe con un «Aspetta.» e sparì in direzione del bagno.

Un attimo dopo era davanti a lui con due asciugamani puliti ed uno spazzolino d’un terrificante verde scintillante.

Così quella sera Neji si era ritrovato ad essere spinto in bagno a forza dal suo ragazzo, mentre questi “gli preparava il letto”, sempre più convinto che stare con Lee stesse diventando un’esperienza sempre più assurda.

Ed eppure c’era qualcosa in Lee che Neji sembrava anelare, nella parte più intima del suo spirito. Qualcosa che sentiva mancargli, lo stesso motivo per cui, dalla fine del torneo dei chuunin, aveva sentito il bisogno di avvicinarsi sempre di più a quei legami che si era negato – il clan, il team – e poi direttamente a Lee. Qualcosa che gli mancava…

Osservò lo spazzolino, pulito e tuttavia palesemente usato, il suo colore atroce – giusto il suo compagno poteva mai comprarlo di una tinta del genere.

Tutto, in Lee, trasmetteva una – alle volte piccola, altre più consistente – emozione, ogni cosa mostrava il segno del passaggio della personalità che la possedeva, ogni oggetto o particolare dell’espressioni di Lee creava messaggi e reazioni. Nulla era lasciato all’indifferenza o all’apatia – e tanto meno alla freddezza.

Era tutto così… caldo; vero, traboccante d’emozioni, personale. Tutte cose che Neji non era mai stato dall’infanzia in poi o di cui comunque si era privato, e che, recuperata la verità – di come fosse morto suo padre, di come realmente la pensasse del clan – e con questa anche la speranza, aveva desiderato rientrarne in possesso.

Lee… Lee era l’apoteosi e la sintesi di tutto ciò che Neji aveva desiderato e desiderava avere – ciò di cui lui sentiva aver bisogno.

Arrossì appena, rimettendo lo spazzolino al suo posto e risciacquandosi la bocca. Doveva concentrarsi sul presente.

Quando si chiuse la porta del bagno alle spalle, si accorse che vi era una luce che arrivava dal salotto, una piccola stanza attaccata alla cucina e quindi alla sala da pranzo. Si avvicinò piano, perché il silenzio che aleggiava in casa gli suggeriva che probabilmente Lee se n’era andato a letto da un pezzo, poi il suo sguardo cadde sul divano.

Questo era famoso per essere di una morbidezza inaudita, e insieme a Tenten e Lee vi ci sedeva spesso, durante le riunioni della squadra oppure dopo i pranzi fatti a casa di Lee. Questa volta però non trovò solo la larga copertura bianca del sofà ad aspettarlo, ma anche un copriletto, un lenzuolo e un cuscino già accomodati a mo’ di letto e una coperta leggera che Lee gli aveva messo nei piedi.

Neji si sedette sopra quello che sarebbe stato il suo giaciglio per quella notte, poi sospirò. Come aveva fatto anche solo a pensare – o sperare, dipende dai punti di vista – che quel incosciente di Lee avesse frainteso qualcosa nella sua intenzione di andare a dormire da lui? Dannazione, era stato lui l’incosciente.

Mentre era preso da questi pensieri, un lampo verde si materializzò davanti ai suoi occhi, e lui si ritrovò sbilanciato all’indietro, appoggiato allo schienale della poltrona.

«Lee?!» fece, con l’espressione di chi ha appena perso un anno di vita. Il suo ragazzo ricambiò lo sguardo, un tantino confuso. «Sì, che c’è?»

Neji lo osservò per un attimo, boccheggiando poi borbottò qualcosa come “meglio lasciare perdere” e Lee si rivolse nuovamente a lui.

«Sono venuto per controllare che tutto fosse a posto.» disse. «Quindi… è tutto a posto?»

“No che non è tutto a posto!” si rispose Neji, ma dopo fece: «Sì, se solo tu di tanto in tanto non decidessi di mirare a farmi prendere un infarto. Comunque… direi di sì.»

«Oh, bene!» Lee gli sorrise, con tutta l’aria di chi ha sentito solo l’ultima parte della precedente frase. «Allora ti mostro le ultime cose, poi giuro che ti lascerò dormire.» E così fece. Gli disse dove poter trovare nuovamente il bagno e in che punti della casa doveva fare attenzione per non sbattere contro a qualcosa se girava per casa di notte, poi lo informò che se aveva bisogno di bere qualcosa durante la notte nel frigo si trovava dell’ottimo latte fresco; infine, detto questo, si dileguò nella sua stanza – e fu lì che Neji decise che il nomignolo di “dannata porta” doveva necessariamente passare dalla porta d’ingresso alla porta della camera da letto di Lee.

Per ore Neji si ritrovò a pensare insonne a come fare per risolvere quella situazione.

Per un po’ aveva deciso di lasciare passare il tempo svestendosi e infilandosi il pigiama che gli aveva lasciato Lee prima di andare via, poi provò a restarsene sotto le coperte per un po’ e cercare di addormentarsi, ma a quanto pare sia il suo corpo che la sua mente non volevano affatto lasciarlo in pace.

Ogni minuto che passava gli ricordava che quella probabilmente era un’occasione d’oro e che lui la stava sprecando in modo inutile – avesse almeno potuto terminare la giornata parlando con Lee, riuscendo magari a dirglielo…!

Si mise la coperta all’altezza dell’attaccatura dei capelli, coprendosi completamente. Aveva bisogno di pensare – perché senza pensare, come sarebbe mai riuscito ad agire, e soprattutto ad agire bene?

La verità era che credeva che quel suo bisogno di unirsi a Lee facendo l’amore fosse di fatto dovuto al volersi ancor più avvicinare a quella fonte che era Lee stesso. Qualcosa d’irrazionale… di completamente irrazionale, ma di cui lui sentiva comunque di aver bisogno.

Cercò di distogliere la sua mente dal sentimento che provava per Lee – almeno parzialmente –, per un minuto. Ragionando a mente fredda, lui lo voleva perché… perché desiderava comunicargli ogni singola cosa di lui, del suo essere. Aveva pensato che dichiarare i suoi sentimenti a lui gli sarebbe bastato, fatto quello si era sentito veramente in pace nel sapere che anche Lee provava le stesse cose ed ora… ora capiva di aver bisogno di qualcosa ancora, di un passo successivo. Un semplice passo in più per raggiungere l’anima di Lee.

Neji piegò di scatto le coperte, appoggiandole sotto le sue braccia. Aveva bisogno d’aria – perché non poteva far altro che sentire il suo viso in fiamme. Quelle coperte… le tastò. Il lenzuolo era un po’ ruvido, come se non fosse stato stirato dopo il lavaggio, e la coperta morbida e calda. Sebbene non fosse assonnato, il suo tepore si era già fatto spazio tra le coperte, ed era lì, presente e piacevole. Chissà come sarebbe stato condividerlo con quello di Lee pienamente, non solo per la durata di un abbraccio ma per molto, molto di più. Chissà come…

Qui Neji si fermò, rendendosi conto dei pensieri che la sua mente stava attraversando e che pensare e basta non sarebbe servito a nulla.

Passò quindi a ragionamenti più pratici: cosa poteva fare lui ora per servirsi di quella buona situazione riuscendo però a non spaventare Lee con i suoi propositi ed a rendere l’atmosfera piacevole e idonea a ciò che voleva fare? Rifletté.

Una probabilità di certo era quella di prendere al volo l’occasione e basta; di entrare nella camera del suo ragazzo e silenziosamente mettersi sopra di lui. Poi Lee – accortosi dello spostamento del materasso – si sarebbe svegliato, avrebbe visto il suo viso come prima cosa, capito le sue intenzioni… e, dopo qualche minuto, magari si sarebbe verificato quanto Neji pianificava. Avrebbe dato al suo compagno il tempo di capire e di rispondere, accettare… dopo però sarebbe successo, ed entrambi ne sarebbero usciti completamente soddisfatti ed ancora più vicini l’uno all’altro, sì.

Neji si sentì tremare appena quando si alzò a sedere sul divano. Poteva… poteva davvero farlo? Ripensò a Lee. Una parte di lui si sentiva quasi colpevole d’aver pianificato – pensandoci e ripensandoci – tutto quello senza che l’altro avesse voce in capitolo. Dopotutto era talmente ingenuo – a volte persino troppo, come si poteva ben notare da quell’occasione –, specie se la questione riguardava persone a cui teneva oppure a cui si era affezionato! Eppure persino una parte di quell’innocente incoscienza, tra gli altri caratteri di Lee, aveva fatto il suo gioco nell’attirare Neji. E quindi, ora…

Neji si costrinse ad allontanare dalla sua mente pensieri di quel genere. Sarebbe andato tutto bene – Lee avrebbe capito subito tutto, avrebbero fatto l’amore, gli sarebbe piaciuto. Non poteva andare altrimenti (Neji sudò freddo ripensando a queste parole).

Si alzò, andò nel lavandino della cucina e bevve un bicchiere d’acqua, giusto per essere sicuro che la voce e la saliva non gli mancasse quando avrebbe dovuto dire a voce quello che doveva a Lee – o forse non sarebbe servito, anche se a questa (meravigliosa) ipotesi ci credeva veramente poco.

Percorse il corridoio, fermandosi giusto a metà. Ce l’avrebbe fatta, ora sarebbe andato. Già si vedeva mentre apriva la porta, scivolava nella penombra e poi arrivava al letto, tremando appena ma per solo un secondo, e poi…

«Neji?»

Si girò, sentendo la voce di Lee.

«S-sì?» farfugliò, al buio.

Finalmente il suo ragazzo si mostrò. «Ah, Neji-kun, neppure tu riesci a dormire? Io mi sono svegliato circa venti minuti fa e poi mi sono alzato perché proprio non riuscivo a prendere sonno!»

«O-Oh.» fece Neji, sentendo tutti i suoi piani andare (ancora una volta) in frantumi. «M-Ma davvero? Anch’io…»

Lee sorrise. «Stavo andando in cucina per bere una tisana. Ne vuoi anche tu? C’è anche del latte caldo se proprio non ti va la vaniglia.» Cominciò a dirigersi verso la cucina, mentre Neji lo seguiva.

«No, grazie, mi va bene una tisana…»

«Allora preparo l’acqua anche per te. Sono sicuro che ti piacerà, è buonissima! Me l’ha portata Kakashi-sensei dalla sua ultima missione.»

Neji inarcò un sopracciglio. «E come mai Kakashi-sensei porta le tisane a te

«L’ha barattato per fare uno scherzo a Gai-sensei, credo.» rispose Lee. «Mi ha detto che in cambio non dovevo presentarmi il giorno dopo al campo d’allenamento. Sai, quella giornata in cui non c’eri perché eri malato e a casa? Ah, comunque ha dato un pacchetto simile anche a Tenten perché gli facesse lo stesso favore. È successo solo una volta.»

«Mmh.» farfugliò Neji, vagamente perplesso.

Parlarono a lungo, aiutati dal rumore del fornello che scaldava l’acqua e poi dal calore che sfumava dalle tazze ormai pronte. Parlarono del più e del meno, in modo semplice, ed alla fine di quella seduta Neji proprio non se la sentì di continuare a sforzarsi per porre fine all’attesa e mettere fine a ciò su cui aveva tanto rimuginato in quei giorni.

Risentì di nuovo la pace, e con questa una buona dose di stanchezza. Era piacevole parlare con Lee… ed avere momenti del genere.

Si separarono dopo circa un’ora e venti, poi andarono entrambi a dormire nei rispettivi letti. E così finì anche il secondo tentativo.

Per attuare il terzo Neji non ci mise poi molto. Appena due giorni dopo, più deciso che mai, finita la breve missione a loro assegnata quel giorno come team (li avevano accompagnati anche Tenten e Shikamaru, poi però alla fine della missione si erano dileguati, chi per un motivo e chi per un altro), Neji passò all’azione.

S’impose di rimanere fermo e retto per tutta la durata della sera, poi si avvicinò a Lee e cominciò a parlargli, mentre pian piano si dirigevano verso casa.

Stavano proprio discutendo – per quanto con uno Hyuuga si possa “discutere”, ma questi sono dettagli – di alcuni buoni piatti presenti all’Ichikaru quando Neji disse, a Lee: «Ora che ci penso non ho mai assaggiato un piatto cucinato da te… Ti andrebbe se…?»

Lee rispose pressoché immediatamente. «Oh, certo! Un giorno ti cucino qualcosa di sicuro! Del buon bento* magari!»

«No,» fece l’altro, abbastanza deciso. «Intendo… Oggi. Ti andrebbe di fare da mangiare per me, oggi

Lee arrossì, fermandosi un attimo. Erano appena arrivati davanti a casa sua. «M-Ma certo. Allora… entra pure.» disse, sorridendo e facendogli strada.

Neji lo seguì, con le guance leggermente imporporate e la camminata diritta. Ritrovarsi di nuovo in quel salottino e poi nella cucina lo straniò un poco, ma poi si risolse a prendere la situazione come un motivo in più per andare avanti in ciò su cui aveva tanto pensato: questa volta il tutto si sarebbe risolto per il meglio, e se anche non fossero finiti a strusciarsi l’uno contro l’altro come aveva programmato, beh, almeno glielo avrebbe detto, e con questo l’avrebbe fatta finita una volta per tutte. Dopotutto non poteva essere un desiderio tanto strano, il suo…

Lee prese quanto poté dal frigo, poi lo mise sulla tavola.

«Allora.» fece, sorridendo ed arrossendo lievemente. «Il bento è okay per te?»

L’altro annuì, ed insieme si aiutarono a vicenda a tagliare le verdure. C’era un’atmosfera quasi domestica, mentre facevano quelle semplici cose, ma sembrava che persino Lee avesse capito che quella serata sarebbe fermata in altro modo, o che comunque Neji aveva in mente qualcosa, perché arrossì quasi più del solito mentre preparava la cena.
Una mezzora più tardi si ritrovarono sul tavolo, a mangiare in un piacevole silenzio. Lee sorrideva, un po’ teso per vedere come sarebbe stata la reazione dell’altro, e l’espressione di Neji appariva quasi la stessa, sebbene stesse sorridendo e fosse teso per ben altri motivi.

«Mi piace.» disse dopo un po’, sempre sorridendo. «Non ti facevo tanto bravo.»

Il sorriso di Lee si allargò. «Vero, vero? Mi fa piacere che il bento sia riuscito bene! Anche se ci ho messo un po’ per impararlo dalla ricetta della madre di Tenten. Era un po’ confusa.»

Neji si gustò un’altra cucchiaiata, senza che i lati della sua bocca si mossero facendogli perdere quell’aria serena che aveva acquisito in quella mezzora passata con il compagno. Trovava terribilmente rilassante quell’atmosfera che si era creata, e che di tanto in tanto faceva così presto a crearsi, se si era da soli e in un posto tranquillo con Lee. Era il motivo per cui sorrideva: l’atmosfera e la bontà del bento – quasi gli sembrava impossibile che in cucina Lee fosse riuscito a preparare qualcosa di buono, di solito con lui tutto era imprevedibile e strano.

Finito di cenare quasi perse quell’aria serena, rendendosi conto che era tardi e che ora probabilmente Lee si aspettava che lui se ne tornasse dritto a casa.

Sentiva il cuore battergli nelle tempie, e il corpo farsi sempre più caldo man mano che passava il tempo. Ma non poteva aspettare.

Aiutò Lee a sparecchiare, cercando di ritrovare nella memoria le parole giuste che – chissà quanti secoli addietro – tempo prima tra i suoi pensieri era stato così sicuro d’aver trovato. Dopo cena guadagnò tempo chiedendo di poter bere un tè, poi fu costretto ad agire.

Si trovava davanti a Lee, seduto allo stesso tavolo di legno di poco prima, e cercava in tutti i modi di guardare il più – ed, allo stesso tempo, il meno – possibile il suo ragazzo, che stava bevendo il suo tè in piena tranquillità, la mano sinistra che – finito il compito di accompagnare la tazza alla bocca del suo proprietario – stava leggermente appoggiata al tavolo.

Finito di bere, Lee lo guardò. «C’è qualcosa che non va, Neji?»

Il detentore del byakugan deglutì. «No. Ovvero, sì… C’è…» qui deglutì ancora, maledicendosi mentalmente. «C’è qualcosa di cui vorrei parlare con te. Vedi, oggi non ti ho chiesto di cucinare per me solo per sentire la tua cucina. Cioè…» Arrossì ancora, anche se sempre nei minimi livelli in cui è dato arrossire a uno Hyuuga. Le parole uscivano in modo difficile, troppo lento. «È logico ch’io volessi mangiare qualcosa cucinato da te perché volevo provare e mi sembrava qualcosa di bello da fare con te, ma la verità è che… vorrei dormire qui.»

Lee, che prima era arrossito tanto, nel sentire quei discorsi venire dalla bocca di Neji e immaginando a cosa mai potessero portare, lo guardò, con un’espressione vagamente stupita.

«Vuoi dormire qui? Beh, se proprio vuoi non c’è problema, davvero. Ci sono ancora le coperte che…»

A Neji sembrò che il calore che sentiva riempire il suo viso potesse farlo scoppiare.

«N… No! Non intendevo in quel senso!»

Lee gli riservò un’altra occhiata, questa volta stranita. «No?»

Neji sospirò appena, allentando la tensione che ormai lo opprimeva, poi disse, più calmo: «No. Quello che intendo dire è che…»

Prese la mano sinistra di Lee, catturandola tra le sue e accarezzandola appena.

«Vorrei… vorrei dormire qui da te. Con te.»

L’intero corpo di Lee sembrò rabbrividire, mentre pian piano prendeva coscienza.

«Con me?»

Neji annuì.

Il viso di Lee sarebbe parso incredibilmente buffo, in quel momento, se solo la situazione non fosse stata seria. Arrossì completamente, toccandosi con la mano libera la guancia destra.

«V-Va bene.» fece, dopo un po’. «Per me va bene fare… quello che vuoi fare.» E aggiunse la mano rimanente alle altre, con un gesto goffo ma che voleva essere delicato e tranquillizzante.

Neji sorrise, ancora un po’ scosso da quanto era successo. Sentiva che la sua stessa anima ne rimaneva toccata, usando il suo corpo come barattino – ed eppure i movimenti erano così difficili da portare a termine, all’inizio.

«Grazie.» disse, e si alzò, portando verso di se Lee. Cominciò a baciarlo sulle guance, tempestandogli – piano – il viso, passando lentamente alla bocca.

«Stanza…» farfugliò Lee, il respiro lievemente affannato, allo stesso ritmo del suo.

«Cosa?»

Lee si ripeté, fermandogli una mano che stava vagando sul suo viso. «Preferirei… andare in camera mia.» Era incredibilmente arrossito, ma sorrideva, in modo tranquillizzante, quasi timido.

Neji annuì, facendosi portare tramite quella stessa mano che prima il suo ragazzo gli aveva fermato verso la camera da letto, sentendo sempre di più il suo corpo come un elemento a parte. Si sentiva come in trance, lontano da lì ed eppure presente a ciò che stava accadendo – un’altra prova delle piacevoli e strane emozioni che Lee gli faceva collezionare facendolo stare semplicemente accanto a lui.

Quando chiusero la porta della stanza di entro di loro, Neji sentì per un attimo una piccola parte di lui urlare vittoria (l’ultima “dannata” porta era stata finalmente battuta), ma poi si ritrovò catapultato sul letto e proprio sopra di Lee, e ogni pensiero perse coerenza.

Si chinò su di lui, baciandogli cautamente il collo e l’attaccatura del collo che si trova proprio al di sotto dell’orecchio. Sentì Lee gemere silenziosamente sotto di lui, mentre piano cominciava a scendere giù per la via della gola ed entrargli poco a poco sotto i vestiti con i suoi baci. Per un attimo si fermò, ansimando appena.

«Per te… per te quindi va bene, Lee?» cercò di guardarlo negli occhi, e le pupille nere del suo compagno lo raggiunsero, lentamente.

«P-» borbottò, confuso. «Pensi che mi farei fare questo, se non mi andasse? Ne-»

Neji gli bloccò l’uso della voce frenando la bocca del compagno con la sua, mentre questo piano si lasciava andare.

Lee si alzò appena sul materasso, per aiutare Neji nell’impresa di slacciargli la tuta, poi cominciò anche lui a spogliare il compagno, occupando il tempo ad accarezzarlo ed a baciare la pelle nuda che trovava.

Ad ogni movimento Neji sentiva il suo corpo tremare appena, seguito a ruota dalla sua anima, che gemeva dolcemente ad ogni tocco dato o sentito.

Quando si ritrovò davanti a Lee, entrambi nudi e straniti dalla propria stessa nudità, si fermò un attimo per osservarlo, facendolo infine scivolare sotto di lui, bloccandogli dolcemente i polsi. Era così… strano vederlo nudo lì, davanti a lui, in procinto di fare ciò che avevano deciso insieme di provare. Aveva già visto la sua nudità alle terme, così come Lee aveva già visto la sua, ma non era mai accaduto che si trovassero in una situazione del genere, era… la prima volta.

Continuò ad accarezzare il corpo di Lee passo per passo, soffermandosi questa volta sul petto, baciandogli e leccando gentilmente ogni punto della pelle umida e tesa. Il corpo di Lee era accogliente e caldo, come e più di quanto avesse previsto. Il suo tepore… Neji sentì il proprio corpo andare a fuoco, in maniera molto più acuta e emotiva di ogni volta che aveva provato una sensazione simile.

Lee aveva un fisico allenato, scolpito dai duri allenamenti, le ferite e le cicatrici – avevano solo diciannove anni, ed eppure come ninja si erano già conquistati sul campo di battaglia delle cicatrici. Era… Bello, morbido, malleabile al tocco. Reale, e questo Neji lo sentì sempre di più man mano che il tempo passava e le carezze aumentavano.

Poi sentì l’eccitazione sua e quella di Lee farsi sempre più presenti, e non resistette più.

«Temo… Temo che ti farò un po’ male, Lee…»

La bestia verde sentiva il respiro caldo di Neji sul collo, la nuca premuta sul suo collo.
«Non… importa, veramente.» sussurrò lui. Mille emozioni diverse attanagliavano tutto il suo essere. Ora voleva solo… voleva solo… sentirsi tutt’uno con Neji, annullarsi in lui.
Vi è qualcosa di strano e di delicato nel tocco di chi sa ancora ciò che significa il pudore e la cura. Qualcosa di goffo, forse, un movimento dai ritmi irregolari, e che eppure emana una dolcezza che (forse) mai più si ripeterà.

Mentre toccava Neji, e mentre veniva toccato, Lee questo lo avvertì chiaramente.

Erano solo loro due, loro due e null’altro. Il resto non esisteva, veniva reso nullo dalla delicatezza delle carezze che Lee faceva a Neji sulla schiena, dell’inesperto e quasi acerbo modo in cui Neji stringeva le labbra sulla pelle di Lee, succhiandogliela appena.

Quando Neji entrò dentro a Lee, tutte le emozioni diventarono una cosa sola, il respiro unico, sebbene irregolare, trasudante sorpresa ma anche dolore.

Dopo poco Lee strinse l’altro a sé, regolarizzando il suo respiro.

Continuarono ancora per un quarto d’ora, amandosi, guardandosi, respirando l’uno sul corpo dell’altro.

Alla fine di tutto si sdraiarono in contemporanea sul letto, stremati, e Neji si premurò di coprire il corpo suo e di Lee con la coperta che si trovava sotto di loro, prima di crollare sul petto di Lee.

La bestia verde della foglia lasciò passare più tempo di quello del suo ragazzo per addormentarsi. Accarezzava i capelli di Neji, dolorante in alcuni punti del suo corpo ma felice. Aveva sempre pensato al suo corpo come qualcosa simile ad una boccia di vetro, chiusa e piena d’acqua. Quando Neji l’aveva violato… aveva sentito che qualche cosa si era rotto, in quella specie di contenitore. Che qualcosa si fosse rotto, e che Neji avesse assaporato completamente l’acqua contenuta in quel recipiente. Sentirsi un tutt’uno con lui… era stato doloroso, ma piacevole, bello.

«È stato strano, vero Neji?» disse al compagno, che ovviamente non poteva sentirlo.

Era stato strano, anche perché quello che più gli rimase nel corso degli anni di quel ricordo fu il modo in cui Neji aveva avuto problemi a slacciargli la tuta, o il fatto che entrambi fossero stati così inesperti nella loro prima volta persino nel dirsi ciò che avevano intenzione di fare, ma era inutile pensare che non fosse stato uno dei passi più belli della loro relazione.

Era stato un modo per raggiungersi. E quando, il giorno dopo, arrossendo si lavarono, rivestirono ed andarono nella stessa cucina della sera prima a fare colazione, una nuova consapevolezza si fece largo tra loro due, tramutandosi in un’occhiata d’intesa.

Gli occhi di Lee, neri come pozzi, nei quali era tanto bello vagare dentro, il tocco di Neji, i suoi capelli che sfioravano ogni volta la pelle di Lee, creando giochi e solletico su ogni punto che toccavano, la bocca socchiusa di quest’ultimo che tanto si rassomigliava ad una goccia d’acqua e vetro, e che quando la si toccava sembrava sempre nuova e sempre vergine, la fronte ampia di Neji, così piacevole e facile da baciare… tutti elementi reali, che avevano visto, toccato, baciato. Fare l’amore per la prima volta era stato qualcosa di loro, di condiviso ed unico – anche proprio perché la prima volta –, che li aveva fatti avvicinare di più, conoscere di più.

Neji sorrise, piegandosi sul tavolo e raggiungendo la bocca di Lee, che subito lo accolse con un bacio – e, anche dopo quello che era successo, con delle guance leggermente arrossite.

Un nuovo passo. Un passo in più per raggiungere la persona che amava, che desiderava proteggere e stringere a sé.

Un nuovo passo – e, come sempre, (specie se in queste esperienze c’entrava Lee) la prima volta.


*bento: è un pasto da asporto, tradizionalmente composto da riso bianco, pesce o carne e verdure in salamoia o cotte. I contenitori possono essere di materiali e forme varie, dal legno laccato tradizionale al polistirolo usa e getta. I "bento" si possono trovare un po' ovunque, dai ristoranti ai supermercati, dalle stazioni ferroviarie ai convenience store, ma è ancora molto diffuso il "bento" fatto in casa. (Preso da “Wikipedia”.)



Urteriori Note: Che dire? Questa fanfiction si è classificata ottava (su nove partecipanti) al contest "Like a Virgin... Touched for the very first time" indetto da Poumpuompourin su EFP Forum. Non nascondo che la cosa mi sia dispiaciuta, visto che questa è la prima Neji/Lee che faccio partecipare ad un contest e visto che un po' ci tenevo. Ma pazienza. Spero che comunque sia riuscita a piacervi. :)

Chiedo scusa poi per l'OOC, spero almeno che possa risultare lieve. ;_;

Comunque sia non posso fare a meno di fare i miei complimenti a NoorDaimon, Kiki-senpai e a Rota-san, insieme alle loro due fiction, classificate in ordine sesta, terza e prima. *_* Brave, brave, brave! E ringrazio la giudiciA, per il suo giudizio. <3

Infine, la fiction la dedico a _Sumiko_, che non sa quanto mi fa piacere con i suoi commenti. Con la speranza che le possa piacere. <33

Bon; a seguire troverete il banner del OHPP. :) Alla prossima!


Prompt: Emozioni.
The One Hundred Prompt Project
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: sushiprecotto_chan