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Autore: Ed1505    14/12/2003    21 recensioni
L'amicizia tra Ran, Miyu e Aya è davvero così infrangibile? E se un litigio la spezzasse, le tre sarebbero in grado di dimenticare?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SUPERFRIENDS…FOREVER?

 

“Brutti idioti! Avete osato sfidare la somma Ran Kotobuki! La pagherete!!”

Nel centro di Shibuya era in corso una delle solite risse. Che però ebbe ben presto termine, quando i tre ragazzi che avevano provocato Ran furono stesi dai suoi calci.

“E ricordatevi bene…Qui a Shibuya nessuno può sperare di farla franca dopo aver provocato la grane Ran Kotobuki, la Gal numero uno del Giappone!”

Detto questo si allontanò in direzione dei suoi amici, che la aspettavano poco distanti.

“Bentornata, Ran!”

“Non ti smentisci mai…Dovresti cercare di darti una calmata, Kotubuki.”

“Ma piantala, Otohata! Che ci posso fare se loro mi provocano? Ignorarli?”

“Tsk!”

“Ehi, Ran! Non ti sei fatta male, vero?”
“No, tutto bene. Però ora mi è venuta una gran fame. Ehi, Tatsukichi! Offrimi qualcosa!”

“Mi spiace, non ho ancora ricevuto la paga…”
“Buono a nulla!”

“Ci penso io, Ran-chan!”

“Grazie, Numero Due. Accetto molto volentieri!”

“E’ incredibile come Numero Due continui a farsi sfruttare da Ran, nonostante ormai lei stia con Tatsukichi da un pezzo…”
“Miyu ha ragione. Spero che anche lui riesca a trovarsi presto una ragazza…”
La giornata era trascorsa come al solito. Verso sera, Miyu, Aya e Ran si diressero alla stazione di polizia.

“Ehi, fratellone! Ciao!”

“Siete di nuovo qua? Ran, quante volte devo ripeterti che questa è una stazione di polizia e non un punto di ritrovo per voi tre?!”
“Ma Yamatuccio caro…La piccola Miyu voleva tanto incontrarti!”

“Lo so, Miyu…Ma non serve che porti sempre anche il seguito!”

“Ehi, stupido fratello! Vorresti forse che Miyu abbandonasse le sue amiche per stare da sola con te? Che razza di egoista!”

“Non ho detto questo. E poi smettila di chiamarmi stupido, Ran! Sono tuo fratello maggiore, mi devi portare rispetto!”

“Seee, seee…Sapete che vi dico? Io me ne vado. Miyu, se vuoi restare con lui fai pure. Aya, vieni.”
“Ah, Ran…”

Ran e Aya se ne andarono, lasciando Miyu insieme al suo Yamato.

“Che ti prende, Miyu? Hai litigato con Ran?”
“No, niente del genere. Però, ultimamente ci vediamo molto meno. Sai, tra il fatto che non siamo più in classe insieme, tra che devo studiare parecchio per mantenere stabile la mia media, non riesco ad uscire molto con lei. Anche perché quando ho qualche momento libero vengo sempre da te.”
“Dai, è naturale che due amiche non possano stare sempre e costantemente insieme! E poi scommetto che quella scema non se n’è nemmeno accorta.”

“A dire il vero, ultimamente è diventata piuttosto strana. Siccome anche Aya è sempre impegnata, ho sentito dire che va sempre in giro per Shibuya da sola.”

“Ma scusa, Ran non ha un ragazzo? E poi ci sono sempre anche Aso e Otohata, in giro.”

“Numero Due e Otohata sono molto impegnati con lo studio, perché la loro scuola è molto prestigiosa. E mi sembra che con Tatsukichi ci sia qualche problema, ultimamente. Inoltre, Ran non esce più nemmeno con Satsuki e Rie.”
“Se non sbaglio, loro sono sue amiche fin dai tempi delle elementari…”
“Già…”
“Non pensarci troppo. E poi, lo sai…Sono felice che tu ogni tanto venga qui da sola…”
I due si fissarono negli occhi, poi si baciarono, dimenticando il discorso.

Comunque, che Ran fosse cambiata era vero. E se n’erano accorte soprattutto Rie e Satsuki.

“Ehi, Ran!”
“Yo!”
“Oggi pomeriggio pensavamo di andare al karaoke. Che ne dici? Io, te e Rie, come ai vecchi tempi!”
“Ti ringrazio, Satsuki, ma ho da fare. Oggi pomeriggio ho promesso ad Aya di uscire con lei.”
“Oh, capisco. Beh, visto che ormai non si fa più quasi vedere qui in classe, salutala da parte nostra!”

“Ok, no pro!”

Ran era di buon umore, quel giorno. Era da un pezzo che Aya non le proponeva di uscire senza i ragazzi. Cominciava a sentire parecchio la mancanza delle sue due migliori amiche. Voleva bene anche a Satsuki e a Rie, ma con Aya e Miyu aveva instaurato un rapporto speciale. Quel pomeriggio si presentò davanti ad Hachiko tutta contenta.

“Ciao, Hachi! La tua padroncina oggi è felice! Sei felice anche tu, non è vero?!”
Ormai la gente di Shibuya non ci faceva nemmeno più caso, quando Ran parlava con la statua. Dopo circa 10 minuti che aspettava, cominciò a preoccuparsi.

“Cavolo. Non è proprio da Aya arrivare in ritardo ad un appuntamento. Non vorrei che le fosse successo qualcosa. Qui a Shibuya c’è molta gente che vorrebbe vendicarsi di me ed il mezzo più semplice sarebbe attaccare Aya o Miyu. Solo che, mentre Miyu sa difendersi, Aya è troppo debole. Forse è meglio se vado a cercarla…”
In quel momento le squillò il telefonino.

“Pronto, qui Ran Kotobuki! Eh? Aya! Finalmente! Che succede? Stai bene?”
“Sì, Ran. Scusa. Vedi, c’è stato un piccolo imprevisto…Prima mi ha telefonato Otohata, chiedendomi se potevo raggiungerlo dove lavora. Non vorrei fosse successo qualcosa, quindi ora sto andando da lui. Ti dispiace se io e te usciamo un’altra volta?”
Ran stette in silenzio. Non riusciva a rispondere. Preoccupata, Aya cercò di richiamare la sua attenzione.

“Ran…? Ci sei ancora?”
“Oh. Sì, certo. Scusa. Va bene, non preoccuparti. Sarà per un’altra volta.”
“Davvero? Scusami tanto, Ran! Era un pezzo che non uscivamo, ci tenevo, ma sai com’è con Otohata…”
“Sì, stai tranquilla. Preoccupati di lui, ora. Ci sentiamo.”
“Grazie. E scusa ancora!”

Ran riattaccò e rimase per qualche istante a fissare il telefono. Poi, tornando dello stesso umore dei giorni precedenti, si diresse a testa china verso la stazione, per tornare a casa.
Di giorno in giorno, l’umore di Ran peggiorava. Nel giro di sole due settimane, accadde altre tre volte che Aya o Miyu annullassero un appuntamento con lei all’ultimo istante, con la scusa che i loro ragazzi le avevano chiamate all’improvviso.

Così, un giorno, Ran non resse più. Durante la pausa pranzo, si recò sia in classe di Aya che in quella di Miyu e chiese loro di seguirla sul tetto. Entrambe le sue amiche si preoccuparono, perché Ran aveva uno sguardo molto cupo. Mentre la seguivano sul tetto, parlottavano tra loro.

“Ehi, hai visto che faccia che ha Ran?”
“Sì. E’ la stessa di quando qualcuno la infastidisce in un giorno in cui è di cattivo umore…Credi che sia successo qualcosa?”
“Boh…Spero che non sia perché l’altro giorno le ho dato buca…”
“Cosa? Miyu, anche tu?”

“Eh? Vuoi dire che anche tu le hai dato buca, Aya?”
“Sì. A dire il vero più di una volta…”

“Lo stesso vale per me…Il fatto è che Yamato si era liberato all’improvviso, chiedendomi di uscire con lui. Ho talmente poche occasioni di vederlo!”

“Già, anche Otohata mi ha chiamato all’ultimo momento per chiedermi di uscire. Dato che è molto raro che sia lui a prendere l’iniziativa, ho dovuto approfittarne…”
Nonostante le due tenessero un tono di voce molto basso, Ran sentiva ugualmente tutto, ed il suo nervosismo aumentava ad ogni passo. Quando furono arrivate sul tetto, nello stesso punto dove Aya aveva detto loro di non voler più essere loro amica, per colpa dei voti scolastici, Ran si voltò a fissare entrambe.

“Allora, Miyu, Aya. Ditemi un po’…Come va con i vostri ragazzi?”
Si accorsero subito che si stava forzando di mantenere un tono calmo, ma che stava per esplodere.

“B- bene, Ran. E tu, con Tatsukichi?”
“Oh, sì, direi abbastanza bene. Nella norma. Ma, mi pare che con Otohata e quell’idiota di mio fratello vi vada meglio. Mi sembra che vi vediate più spesso da soli…”

“Sì, effettivamente…Otohata è diventato più gentile, ultimamente…”
“Anche Yamato. A quanto pare, cerca di prendersi più giorni liberi possibile, per trascorrerli con me…”
“Oh, sì. Che bello, sono tanto felice per entrambe!”

“G- grazie, Ran. E’ bello sapere che sei felice per noi.”
Aya e Miyu si stavano davvero preoccupando. Il tono di Ran non presagiva assolutamente nulla di buono. Cercavano in tutti i modi di assecondarla e calmarla, ma non sembrava che ci stessero riuscendo.

“Ma certo che sono felice per voi! Insomma, Aya, Miyu…Voi due siete le mie più care amiche, in fondo…Non siamo forse SuperFriends, noi tre? Tre amiche legate dal cuore, che anche se non esprimono i loro sentimenti a parole, non si separeranno mai?”
“Certo. I nostri tre medaglioni uguali ne sono una prova, no?”
“Esatto! Quindi, anche se ormai non ci vediamo praticamente più, nonostante frequentiamo la stessa scuola, non è un problema! Vero?”
“Certo, Ran. Noi siamo sempre tue amiche, sei sempre molto importante per noi!”
“Sì…Dimmi, Miyu…Quando è stata l’ultima volta che io e te abbiamo passato una giornata insieme a Shibuya?”
“Ecco…sinceramente…”
“Che ti succede? Perché non mi rispondi?”
“Beh, veramente…ora non lo ricordo…”
“Non lo ricordi? Oh, fa niente! Te lo dico io. E’ stato quattro mesi fa, prima che finissimo la seconda, quando eravamo ancora in classe assieme. Aya…E tu? Te lo ricordi, quand’è stata l’ultima volta che eravamo io e te sole a Shibuya?”
“…”
“Come? Non ho sentito.”
“Mi pare…all’incirca lo stesso periodo…”
“No. Ti sbagli, è stato meno tempo fa. Se non sbaglio…tre mesi.”
Ran continuava a mantenere un rigido sorriso super falso sul viso, mentre Miyu ed Aya tenevano la testa bassa. L’avevano trascurata, era vero. Ma potevano rimediare, in fondo erano pur sempre le sue migliori amiche!

“Senti, Ran…Perché oggi non mandiamo tutte al diavolo lo studio ed i nostri ragazzi ed andiamo a Shibuya?!”

“Sì! Miyu ha ragione! Dimentichiamoci i libri, Otohata, Kotobuki e Tatsukichi e usciamo solo noi tre, come facevamo una volta!”
Sia Yamazaki che Hoshino si resero conto che parlavano come se si fosse trattato di eventi avvenuti secoli prima. Erano forse arrivate al punto di dimenticarsi la loro amica?
Ran, improvvisamente, cancellò dal suo volto quel falso sorriso, assumendo un’espressione dura che fece sussultare le altre due ragazze.

“Certo. Come no. Vi siete rese conto di avermi dimenticata per degli interi mesi e ora volete rimediare semplicemente proponendomi un’uscita, “come ai vecchi tempi”! Ma vi rendete conto che parlate come se fossimo tre ex amiche che non si vedono da anni e che vogliono – inutilmente – tentare di far riaffiorare l’amicizia di un tempo?!”

Non poterono rispondere a quell’accusa, perché fondata. Se n’erano rese conto anche loro.

“Insomma! Fino all’anno scorso noi tre eravamo inseparabili! Eravamo sempre insieme, anche se Aya non era più in classe con noi! Passavamo ogni istante libero insieme, qui a scuola, e ci trovavamo anche il pomeriggio! Anche i professori sapevano che dove c’era una, apparivano inevitabilmente le altre due! Eravamo tanto convinte della profondità della nostra amicizia, che ci siamo comprate tre medaglioni uguali, con scritto SuperFriends! Eppure, man mano che le relazioni con i vostri ragazzi sono progredite, avete dimenticato tutto! Possibile che per voi due l’amicizia tra noi non conti niente?!”
“Ran non è vero! Tu continui ad essere la nostra più cara amica! Solo, abbiamo avuto molti impegni diversi…”
“Ma fammi il piacere, Aya! I vostri impegni erano lo studio e i ragazzi! Insomma, posso anche capire che doveste entrambe darvi da fare con lo studio. Tu, Aya, l’anno prossimo dovrai entrare all’università, e se non ce la farai i tuoi ti diserederanno. E tu, Miyu, devi mantenere una buona media, altrimenti ti toglieranno la borsa di studio. Questo lo capisco perfettamente. E se solo non fossi così negata per lo studio, farei di tutto per aiutarvi in questo campo. Ma non posso. Tuttavia, non è questo ad occupare i vostri pensieri, e lo sapete bene. Il problema è che ormai Otohata e Yamato hanno assunto molta più importanza di me! Se avete un momento libero, la prima persona che chiamate è il vostro ragazzo. Ok. Questa è semplicemente una questione di carattere. Non pretendo certo che dimentichiate i vostri ragazzi per me. Però, sono certa che non sempre loro due siano disponibili. E ditemi…quando loro vi dicono che non possono uscire, voi che fate?”
“Ecco…”
“Appunto. Nulla. Ricominciate a studiare, oppure uscite da sole, non so. Ma sono sicura che non vi passa nemmeno per la mente di chiamare me, per uscire. E’ così?”
“…”
“…”

“Avanti. Per lo meno, visto che già lo so, dimostratevi oneste e ditemi la verità.”
“…Hai ragione…”
“…E’ così…”

“Ecco. Visto? Non era poi così difficile ammetterlo. Ed ora ditemi…Perché? Per quale motivo io sono completamente scomparsa dalle vostre menti? Cosa vi ha spinte a dimenticarvi della nostra amicizia?”
“…Non lo so…”
“…Non me n’ero nemmeno resa conto…”
“Oh, andiamo! Come puoi non essertene nemmeno resa conto, Aya? Tu non sei stupida, tutt’altro! Probabilmente, NON VOLEVI rendertene conto! Ti faceva più comodo così, no?”

“E va bene, Ran. Ammetto di non essermi comportata un granché bene, con te. Ma secondo me, tu sei fissata con questa storia dell’essere trascurata da tutti! L’hai detto tu stessa che è naturale che le cose cambino!”
“Esatto. Io sono convinta che vedersi di meno sia una conseguenza più che naturale per tre amiche che frequentano classi differenti e che hanno dei ragazzi a cui pensare. Ma non è certo naturale che queste tre amiche si dimentichino le une delle altre! Non è naturale che un’amicizia, un tempo così profonda, venga completamente cancellata dalle menti di due ragazze, in così breve tempo!”
“Non abbiamo cancellato la nostra amicizia, Ran!”
“FALSO! Aya, stai solo mentendo! Tu e Miyu, ormai, non sapete più cosa sia l’amicizia! Conoscete solo l’amore! Ma dovreste cercare di tenere bene a mente una cosa…L’amore può passare…ma l’amicizia…l’amicizia VERA…beh, quello è un sentimento che resta sempre scolpito nel cuore di chi lo prova…”

Aya era sempre più nervosa. Sapeva bene di essere dalla parte del torto, ma il sentirselo ripetere in quel modo la infastidiva. Inoltre, sentire Ran che usava tutte quelle frasi fatte e quei paroloni…Le sembrava di essere trattata come un’imbecille.

“Ran, comincio a chiedermi se tu non ti lamenti così tanto di noi solo perché sai che, una volta perse me e Miyu, ti sarà impossibile trovare altre amiche, con quel caratteraccio che ti ritrovi!”
Ran fissò Aya senza una parola, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. Anche Miyu fissò Hoshino, a bocca aperta. Aveva detto un’enorme sciocchezza, probabilmente a causa del nervosismo. E quella sciocchezza avrebbe sicuramente portato ad un immenso casino. Tentò di placare gli animi, parandosi tra le sue due amiche e mettendo le mani davanti.

“Sentite, forse siamo tutte troppo nervose per riuscire a parlarne con calma…E’ meglio se rimandiamo…”

Ma Aya e Ran non la sentirono nemmeno. Continuavano a fissarsi negli occhi, mentre l’aria attorno a loro si faceva sempre più carica di tensione. Ran chiuse gli occhi per un instante, e quando li riaprì assunse un’espressione superiore.

“Sai Aya, forse io ho davvero un caratteraccio, e forse mi sarà davvero impossibile trovare altre persone disposte ad essermi amiche…Ma almeno io non sono diventata una povera svampita che ha annullato completamente la sua personalità solo per stare dietro ai ragazzi…”
Di nuovo Miyu sudò freddo. Ormai erano giunte all’inevitabile. L’espressione di Aya divenne seriamente arrabbiata. Puntò il dito verso di Ran e si mise ad urlare.

“Sei assurda, Ran! Dici tutte queste cose, assumendo l’aria della povera vittima abbandonata dalle amiche, ma in realtà tu sei solo invidiosa!”

“Invidiosa?”
“Sì! Sei invidiosa, perché sia io che Miyu abbiamo trovato un ragazzo che ci ama davvero e che è in grado di offrirci una relazione come si deve, mentre tu frequenti un povero imbecille buono a nulla, che più che un ragazzo sembra una scimmia! Anzi, la tua scimmietta personale! In realtà tu sei assolutamente incapace di avere una storia seria con qualcuno! O, per lo meno, una relazione degna di questo nome!!”
Sempre impassibile, Ran rispose con tono di voce molto basso, senza distogliere gli occhi da quelli di Aya.

“A parte il fatto che tu non hai nessun diritto di criticare Tatsuki…ricordati comunque che almeno lui mi ama sul serio. Quando siamo insieme, e anche quando non lo siamo, pensa solo a me. Al contrario di un certo Otohata, che è più freddo di un iceberg e che non prende l’iniziativa con te nemmeno a pagarlo…E che anche quando siete assieme, pensa a tutt’altro che a te. Chissà, magari a qualche altra ragazza…”

SCIAFF!!!

Miyu fissò le due amiche, sconvolta. Ran aveva la testa voltata, una mano sulla guancia appena colpita. I capelli le coprivano gli occhi, quindi era impossibile vedere la sua espressione. Aya teneva ancora il braccio teso, dopo aver schiaffeggiato Ran. Gli occhi colmi di lacrime si voltò e corse verso la porta, urlando:

“MI CHIEDO COME DIAVOLO ABBIA FATTO A DIVENTARE AMICA DI UNA COME TE! ORA E’ DAVVERO FINITA, RAN!”

E, prima di sbattersi la porta alle spalle, gettò a terra il medaglione uguale a quello di Miyu e Ran. Le altre due rimasero immobili nelle loro posizioni. Ran continuava a non mostrare il viso, mentre Miyu fissava il medaglione gettato per terra, con sgomento. Poi alzò lo sguardo verso Ran, che aveva appena mormorato qualcosa.

“Ran…”

“Proprio lei…parla d’amicizia…Non sa nemmeno che significhi, quella parola…”
Nonostante fosse preoccupata per lei, Miyu assunse un’aria di rimprovero. Anche se, a dire il vero, era inutile, visto che Ran non la guardava.

“Non puoi darle tutti i torti, Ran. E non puoi nemmeno pretendere che noi lasciamo i nostri ragazzi solo perché tu ti senti sola e trascurata…”

Un altro mormorio provenne dal capo chino di Ran.

“Non ho sentito…”

“Ho detto che questo avrei dovuto aspettarmelo da te, Miyu. In fondo, è sempre stato così. Anche quando eravamo ancora amiche…”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire, che sono stufa marcia di non essere minimamente considerata!! Ammettilo, Miyu, a te non è mai importato nulla della nostra amicizia! Ti faceva comodo solo perché sono la sorella del tuo adorato Yamato! Così era più facile avvicinarti a casa nostra e stare appiccicata a lui in ogni momento!”
Ran si era voltata e fissava l’ex amica con sguardo furente. I suoi occhi erano pieni di lacrime.

“Sei sempre stata un’ingrata! L’unico tuo pensiero è Yamato, e non ti passa mai per la testa che al mondo possano esistere altre persone! Pensa un attimo ai tempi delle medie, quando cambiasti! Tu hai sempre detto a tutti che era solo merito di Yamato, che lui ti aveva dato fiducia nonostante tutto, e che ti aveva riportato sulla retta via! Ma se non sbaglio, c’era anche un’altra persona che ti aveva aiutata, no? Una persona che, seppur con metodi un po’ bruschi, ti aveva accettata per ciò che eri, ti aveva aiutata, ti aveva allungato una mano! Ma davanti a Yamato, spariva tutto il resto! Ho fatto a pugni con te, un tempo, ma non perché ce l’avevo con te! Solo perché sapevo che quello era l’unico modo per chiarirci! E dopo che il tuo Yamato ti ha riportata sulla retta via, non avresti avuto molti amici se quella stessa persona non ti avesse voluta come amica e non ti avesse aiutata ad inserirti nella classe! Hai idea di quante volte, a quei tempi, mi sia sentita dare della sciocca? Tutti mi dicevano che sicuramente la tua era tutta una tattica per fregarmi al momento più opportuno! E io, ogni volta, mi arrabbiavo, dicevo che erano menzogne, che tu eri mia amica e che mi fidavo di te! Io ho perso delle amicizie, per te! Ma tu non mi hai mai nemmeno ringraziata! Non una volta! Non ti è mai passato per la testa che se non fosse stato per me tu ora non saresti ciò che sei!!”

Anche lo sguardo di Miyu era mutato. Era diventato freddo e duro. Tutto ciò che il suo cervello era riuscito a registrare, era che Ran la considerava un’ingrata e che si riteneva l’unica persona ad averla aiutata. Le sembrava quasi che le stesse dicendo “senza di me non sei niente”. A volte l’ira impedisce di percepire con chiarezza ciò che viene detto…

“Non ti riconosco più, Ran. Non sei più la stessa…”

Poi si tolse la collana e il medaglione con la scritta SuperFriends, posandolo al fianco di quello di Aya. Dando le spalle a Ran, si diresse verso la porta e l’aprì. Si fermò un momento e disse:

“Forse, dopotutto…aveva ragione Aya…”

E scomparve anche lei, senza più una parola. Con le guance rigate dalle lacrime, Ran restò per delle ore sul tetto. Saltò tutte le lezioni successive, attendendo che le lacrime cessassero di scendere. Quando udì suonare la campana della fine delle lezioni, aveva finalmente smesso di piangere e le sue guance erano ormai asciutte. Si chinò a raccogliere i due medaglioni e, stringendoli forte in mano, fino a sanguinare, disse al vento:

“Queste erano le mie ultime lacrime per voi. Aya, Miyu. Addio.”
E, sfilandosi anche il suo, li ripose tutti e tre in tasca, per poi dirigersi con passo deciso all’interno della scuola.

 

Da quel giorno, Ran Kotobuki cambiò profondamente. Per i primi giorni, se ne parlò in tutta la scuola. Poi la notizia passò di moda e nessuno ne fece più parola. Soprattutto quando c’era Ran in giro, la gente evitava accuratamente qualsiasi commento. Era successo più di una volte che degli studenti venissero picchiati da lei per aver fatto commenti sulla rottura della sua amicizia con Aya e Miyu. Ma una cosa non poteva assolutamente rimanere inosservata. Era troppo evidente. Ran Kotobuki aveva perso il sorriso. Non rideva più, non faceva più arrabbiare il professore, non provocava più disastri all’interno della scuola. Arrivava al mattino presto e passava tutta la giornata in un angolo, senza rivolgere la parola a nessuno e impedendo a chiunque di avvicinarlesi. Poi se ne andava casa, sempre senza una parola. Rie e Satsuki, le sue due amiche di più vecchia data, avevano tentato di parlarle, ma lei aveva ignorato anche loro, giungendo persino a minacciare di picchiarle, se non l’avessero lasciata in pace. Anche fuori dalla scuola, era cambiata. Non era più molto facile vederla girare per Shibuya. Aveva cominciato a girare solo per i vicoli bui, in cerca di posti dove essere lasciata in pace. Il suo cuore continuava a non tollerare le ingiustizie, ma più di una volta la polizia era stata costretta ad intervenire, per evitare che facesse troppo male ai delinquenti che le capitavano sotto tiro. Più di una persona fu mandata all’ospedale in condizioni gravi e la sua fama cominciò a risentirne. Da Ran Kotobuki, la numero uno di Shibuya, era diventata Kotobuki, il pericolo numero uno di Shibuya. Subito dopo la rottura dell’amicizia con Aya e Miyu, aveva lasciato Tatsukichi, senza alcuna spiegazione. Sia lui che Yuya tentavano spesso di avvicinarla e di comportarsi da amici, ma lei li scacciava sempre. In un paio di occasioni giunse persino ad alzare le mani su di loro e, ad un certo punto, addirittura loro due smisero di starle dietro.

Insomma, Ran Kotobuki era rimasta completamente sola. O quasi. Una sola persona, nella sua vita, riusciva a farla tornare, anche se solo raramente, alla ragazza buona e vitale di un tempo. Mami Honda, un tempo sua più grande rivale, era ormai diventata la sua unica amica. A Ran capitava spesso di andarsene a Bukuro e lì, anche se solo per poco e di tanto in tanto, tornava ad essere quella di prima. Rideva, anche se non con la stessa vivacità di un tempo, scherzava, e faceva delle lunghe chiacchierate con Mami. La ragazza era l’unica a sapere davvero quanto in realtà Ran soffrisse per quella situazione. Sapeva che per lei, un tempo, l’amicizia di Aya e di Miyu era stata tutta la sua vita. E sapeva anche che era la stessa Ran a risentire di più di quel cambiamento. Non ne era felice, ma per lei era inevitabile. Solo in quel modo riusciva ad estraniarsi dal dolore.

Passarono diversi mesi, in quella situazione. Alla stazione di polizia di Shibuya, uno dei compiti principali era diventato “accertarsi che Ran Kotobuki non faccia male a nessuno”. Yamato non era per niente felice di quella situazione. Né sua sorella né Miyu avevano voluto spiegargli cos’era accaduto. Sapeva soltanto che non erano più amiche e che Ran era diventata un’altra persona. Questo gli dispiaceva molto e si sentiva in parte responsabile. Essendo suo fratello maggiore, avrebbe dovuto prestare più attenzione alla sua sorellina ed ai suoi problemi. Un paio di volte tentò anche di parlargliene, ma lei si limitò a rispondere: “non è a me che devi pensare, scemo!”.

Anche quel giorno, mentre se ne stava seduto alla stazione di polizia in attesa che accadesse qualcosa, pensava al problema di sua sorella.

Mentre Yamato si tormentava, alla stazione di Shibuya era appena arrivata Mami. Era da un po’ che Ran non si faceva più viva ed era preoccupata per lei. Mami sapeva che i luoghi preferiti di Ran erano i vicoli peggiori, quelli dove era più facile trovare dei delinquenti. E così cominciò a cercarla proprio in quei luoghi. Mentre si guardava attorno, intravide uno strano movimento che la mise in allerta. Si avvicinò lentamente, cercando di mantenersi sufficientemente nascosta, e vide chiaramente quattro o cinque uomini portare via di peso due ragazze. In un primo momento, pensò di chiamare subito la polizia ma poi, guardando meglio, si rese conto di conoscere le due ragazze. Erano Aya e Miyu. Invece di chiamare la polizia, corse più veloce che poteva verso l’altro posto dove avrebbe potuto trovare Ran. Ed infatti lei era lì, intenta a malmenare due scippatori. Quando la vide correrle incontro, Ran si stupì non poco.

“Mami! Che ci fai qui a Shibuya? Era da tempo che non venivi.”
“Non è il momento per le chiacchiere. Ascolta, Ran! Ho appena visto Aya e Miyu…”
“STOP! Di qualunque cosa si tratti, non voglio saperlo. Sai bene che non voglio nemmeno sentire nominare quelle due, Mami.”
“Ran, non è il momento di fare la testarda! Ascoltami…”
“Mami, quelle due ormai non sono più niente, per me! Per quanto mi riguarda potrebbero anche essere sul bordo di un precipizio ed io non muoverei un dito!”
“Sono state prese da cinque uomini che le stavano portando nel vicolo peggiore di Shibuya! Erano legate e nemmeno Miyu poteva fare nulla! Se non fai qualcosa, sai bene cosa accadrà!”
Ran si bloccò. Le mani le tremavano e aveva gli occhi sbarrati.

“Cinque uomini…nel vicolo peggiore…Mami, sono…”
“Temo di sì. Devono essere proprio quei cinque che ultimamente girano a Shibuya per adescare ragazze e poi le conducono in posti isolati per violentarle. Ran…non è uno scherzo…stanno rischiando grosso…”
“Chiama mio fratello!”

Fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre correva a tutta velocità verso il luogo indicatole da Mami.

Nel frattempo, Yamato stava ancora pensando a Ran, quando qualcuno entrò alla stazione.

“Ehi, Otohata. Qual buon vento ti porta qui?”
“Ciao, Kotobuki. Le ragazze non ci sono?”
“No. Perché?”
“Aya mi aveva detto che ci saremmo incontrati qui. Strano. Non è da lei essere in ritardo…”
“Magari si sono fermate a guardare qualche vetrina…saranno qui a momenti.”

“Già…Senti un po’, Kotobuki…posso farti una domanda? Dato che Aya e Miyu non ci sono, posso approfittarne…”
“Di che si tratta?”
“Di tua sorella.”
“Oh. Allora posso tranquillamente risponderti adesso. Non so nulla. Non vuole parlarmi. E nemmeno Miyu mi dice niente. Stavo pensando a lei anche adesso.”
“Immagino avrai notato anche tu che sia Aya che Miyu sono cambiate, da quando è scoppiato tutto quel casino.”
“Certo. Era impossibile non accorgersene. Ti confesso una cosa, Otohata. Sono davvero preoccupato per Ran. E’ cambiata così tanto…temo possa commettere qualche sciocchezza.”
“Che tipo di sciocchezza? Non mi pare il tipo da suicidarsi.”
“No, quello mai. Però non vorrei che si buttasse a capofitto in qualcosa più grande di lei, solo per cercare di non pensare a ciò che la tormenta. Può darsi che io mi sbagli, ma ho la terribile sensazione che presto potrebbe accaderle qualcosa di terribile…”

“…C’è solo da augurarsi che tu ti sbagli…”
“Già…”
Proprio in quel momento, una persona entrò di soppiatto alla stazione, cogliendo i due di sorpresa.

“Ehi, ma tu sei…”
“Honda!”

La ragazza ansimava a causa della corsa e ci mise un paio di secondi per riprendere fiato. Poi fissò l’agente di polizia con sguardo terribilmente preoccupato.

“Agente Kotobuki…la banda che violenta le ragazze a Shibuya…ha preso Aya e Miyu! Ran sta andando ad affrontarli da sola!”

In un cantiere in disuso, nella zona peggiore di Shibuya, i cinque uomini avevano stretto cerchio attorno ad Aya e Miyu.

“Ora noi ci divertiremo un sacco, ragazze…”
“Vedrete come sarete contente, dopo…”

Aya tremava di paura e piangeva, mentre Miyu, seppur terrorizzata, cercava di liberarsi dalla corda che la teneva prigioniera. Se fosse stata libera avrebbe potuto tentare di contrastarli. Accorgendosi dei suoi tentativi di liberarsi, uno degli uomini le tirò un pugno, che la fece cadere a terra. Aya urlò.

“Miyu!”
“Così non va, belle. Dovete starvene buone, altrimenti ci costringete a diventare cattivi…E voi non volete che noi diventiamo cattivi, vero?”
Mentre i cinque parlottavano tra di loro, Miyu riuscì a rialzarsi. Aya le si avvicinò.

“Stai bene?”
“Sì. Non mi ha fatto molto male. Si vede che vogliono tenerci in forma. Maledizione…se solo potessi fare qualcosa…!!”
Entrambe fissavano per terra, ormai disperate. Poi, con un filo di voce, Aya disse:

“Se…se Ran fosse con noi…”

A quelle parole Miyu sussultò. Se Ran fosse stata con loro, non sarebbe accaduto. Li avrebbe sistemati prima di farsi catturare. O sarebbe comunque giunta in loro aiuto non appena saputo del pericolo. Ma loro erano state così stupide da rinunciare alla sua amicizia…Entrambe stavano pensando a questo, quando i cinque si riavvicinarono a loro.

“Molto bene, signorine, abbiamo deciso…Per prima, toccherà a questa bella moretta dai lunghi capelli.” Afferrò Aya per un braccio, facendola indietreggiare fino ad un muro. Miyu cercò di fermarlo.

“No, lasciala stare!”

Un altro pugno rischiò di prenderla in pieno volto, ma lei riuscì a schivarlo in tempo. L’uomo che aveva afferrato Aya stava per metterle le mani addosso, quando nel cantiere esplose una voce.

“NON AZZARDARTI A TOCCARLA CON QUELLE LURIDE MANI!!!”
Tutti, Miyu ed Aya comprese, si voltarono verso l’ingresso del cantiere. Una figura stava avanzando, con passo lento ma deciso.

“Chiunque tu sia, sparisci immediatamente, se non vuoi grane!”
“No, amico. Quelli che devono sparire immediatamente, se non vogliono grane, siete voi!”
Man mano che si avvicinava, i suoi tratti diventavano sempre più distinguibili. In un soffio, Aya disse, quasi con timore:

“Ran…?”
Miyu ripeté il nome, con maggiore convinzione e gioia, rispetto all’amica.

“Ran!”

Senza una parola, Ran si precipitò verso l’uomo più vicino, e lo stese con un paio di pugni. Poi fissò gli altri quattro rimasti.

“Allora…? Restate a giocare con me oppure ve la squagliate all’istante?”
“Ragazzi, non datele retta. E’ forte, ma è sola contro quattro. E per di più è disarmata!”

I quattro estrassero dei coltelli a serramanico dalle tasche e le si avvicinarono ghignando divertiti.

“Adesso vediamo chi si diverte di più…ADDOSSO!!”
In tre le si scagliarono contro, mentre Aya distoglieva lo sguardo e Miyu urlava:

“Attenta!!”

Ma Ran scansò agilmente i tre coltelli, riuscendo a disarmare due uomini su tre. L’unico rimasto fermo, quello che stava mettendo le mani addosso ad Aya, osservava con espressione torva la scena. Aveva tutta l’aria di essere il capo di quei delinquenti, e Ran voleva sbrigarsela alla svelta con gli altri per trovarsi faccia a faccia con lui. E fu ciò che accadde pochi istanti dopo. Infatti quattro dei cinque delinquenti giacevano a terra privi di sensi. Ran si trovava di fronte al quinto, e lo fissava con aria di sfida. Lui, invece, era visibilmente seccato.

“Dannata ragazzina…Come hai osato fare questo? Non uscirai viva di qui, te lo assicuro.”
“Vedi di usare meno frasi da film, amico. Quello che la pagherà molto cara sei tu. Come hai osato fare questo a tutte quelle ragazze? Gli esseri come te meriterebbero solo di morire!”

Miyu, nel frattempo, era riuscita ad avvicinarsi ad Aya e in qualche modo si erano liberate delle corde. Ora fissavano la loro ex migliore amica con apprensione.

“Ran, stai attenta…”
In quel momento, i due ingaggiarono la lotta. Ran cercava di colpire l’uomo, ma lui sembrava molto più forte dei suoi compagni. Infatti schivava tutti gli attacchi della ragazza. Ad un certo punto, l’uomo scivolò, ritrovandosi inginocchiato a terra. Approfittando subito dell’occasione, Ran gli si scagliò contro, ma prima di essere colpito lui le gettò della terra negli occhi. Accecata, Ran prese a colpire alla cieca, riuscendo comunque a portare a segno i suoi colpi. Pochi secondi dopo, l’uomo cadde a terra, sconfitto. Aya e Miyu si abbracciarono, felici, e fecero per andare incontro a Ran. Ma la ragazza era voltata di spalle, con la testa china. Non si muoveva e Miyu e Aya si bloccarono. In fondo, non erano più amiche…

In quel momento udirono le voci di alcune persone che si avvicinavano di corsa. Immediatamente dopo, apparirono Yamato, Otohata e Mami, con sguardi preoccupatissimi. Vedendoli, Ran sorrise, amaramente. Voltò a malapena il viso in direzione delle due ragazze e sussurrò:

“Visto? Siete fortunate…Ora potete dire che i vostri ragazzi vi hanno salvate un’altra volt…”

Ma non riuscì a concludere la frase. Cadde pesantemente a terra, svenuta. Allarmate, Aya e Miyu corsero verso di lei, ma si bloccarono vedendo una chiazza rossa allargarsi sotto il corpo di Ran. Aya cacciò un urlo.

“AAAAAHHH!!!”

Miyu era sconvolta e si precipitò subito da Yamato, gettandoglisi tra le braccia.

“Miyu! State bene, non vi hanno fatto nulla?”

Ma Miyu non rispose. Lo fissò con espressione sconvolta, mentre le lacrime le correvano sulle guance. A fatica trovò la forza di dire:

“Ran…Ran è ferita! Presto, bisogna fare qualcosa! Quel bastardo deve averla accoltellata!!”

A quelle parole, Mami scattò in avanti, verso l’amica che giaceva in terra, svenuta. Ma ancor prima di arrivarle davanti, vide la chiazza di sangue. Il suo volto sbiancò e lei cadde sulle ginocchia, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Otohata fissava incredulo Ran, mentre stringeva forte il corpo di Aya, scosso dai singulti. Yamato era rimasto immobile. Le sue mani, poggiate ancora sulle spalle di Miyu, tremavano.

“Yamato! Presto!”
A quelle parole sembrò risvegliarsi. Scostò Miyu e si precipitò dalla sorella, inginocchiandosi al suo fianco. Delicatamente, la prese tra le braccia, voltandola per guardarla in faccia.

“Ran! Ran, mi senti?!”
Il volto dell’agente, già pallido e teso, sbiancò ulteriormente, quando vide la maglietta della sorella inzuppata di sangue.

“Oh, Santo Cielo! Miyu! Chiama subito un’ambulanza! E’ grave!”

Con le mani che tremavano incontrollatamente, Miyu afferrò il telefono ed effettuò la chiamata. Intanto Aya piangeva a dirotto, continuando a ripetere “è colpa mia”, tra le braccia del suo ragazzo. Rei la cullava, ma non riusciva a staccare gli occhi dal volto di Ran. Mami piangeva inginocchiata per terra, e Yamato stringeva il corpo della sorellina tra le braccia.

“Stai tranquilla, Ran. Andrà tutto bene. Te la caverai. Tu sei forte. Sì, sei sempre stata la più forte. Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Vedrai, Ran. Quando ti sarai ripresa, comincerò a comportarmi da vero fratello, te lo giuro. Qualunque problema dovessi avere, potrai parlarne con me. Ci sarò sempre. Non ti abbandonerò più a te stessa, come ho fatto finora…Forza, Ran. Resisti, ti prego.”

Miyu lo fissava. Un po’ era preoccupata per lui, perché non l’aveva mai visto così sconvolto. Ma la sua maggiore preoccupazione era Ran. Lei si era precipitata a salvarle, nonostante tutto ciò che era accaduto tra loro. Ed ora giaceva svenuta tra le braccia di Yamato, con il ventre trafitto da una pugnalata e la maglia inzuppata di sangue. Dopo che lei le aveva detto quelle cose orribili…

Pochi minuti dopo arrivò l’ambulanza, che portò Ran all’ospedale, in fretta e furia. Aveva perso molto sangue e gli infermieri dissero che la situazione era piuttosto grave. Mami salì sull’ambulanza con Ran, mentre gli altri quattro la seguivano sull’auto di pattuglia. I cinque delinquenti furono arrestati dai colleghi di Yamato.

Non appena giunti in ospedale, seppero che Ran era stata portata in sala operatoria d’urgenza. Yamato chiamò i suoi genitori che arrivarono circa mezz’ora più tardi.

“Yamato! Come sta Ran?”
“Non lo so. E’ ancora in sala operatoria ed i medici non hanno ancora detto nulla.”

“Ma cosa è successo? Perché Ran si trovava da sola contro quei delinquenti?!”
“E’ colpa mia.”

Tutti si voltarono verso Mami.

“Quando ho visto cosa stava accadendo, sarei dovuta andare immediatamente alla stazione di polizia, per avvertire gli agenti. Invece sono corsa da lei, pensando che forse questa situazione avrebbe aiutato Ran ad aprirsi nuovamente con Aya e Miyu. Avrei dovuto capire subito che quei tizi erano troppo pericolosi perché potesse affrontarli da sola!”

“No, Mami, non è colpa tua. Se non fosse stato per te, non saremmo arrivati in tempo. Tu ci hai avvertito del pericolo e ci hai condotto da loro. Non voglio che tu ti senta in colpa. Piuttosto, sono io il colpevole. Ran è mia sorella, ma non mi sono mai comportato veramente da fratello, nei suoi confronti. Sapevo che stava attraversando un momento orribile, da sola, senza amici. E invece di aiutarla, l’ho ignorata, come ho sempre fatto. Sono stato ingiusto. Mamma, papà, mi dispiace.”

“Andiamo, figliolo. Non essere assurdo. La colpa non è di nessuno. O, se preferisci, un po’ di tutti. Credo che ognuno di noi, che siamo qui ora, si senta almeno un po’ in colpa. Altrimenti non saremmo qui, giusto?”

Durante le ore in cui non si ebbero notizie di Ran, Aya e Miyu rimasero sempre sedute in silenzio. Entrambe riflettevano sugli avvenimenti di quel giorno, e anche sugli avvenimenti di molti mesi prima.

*Santo cielo…Come ho potuto essere così sciocca? Ran è sempre stata un’amica fantastica. Eppure io non ho esitato nemmeno un istante a darle addosso in quel modo. Ma chi mi credevo di essere? Forse Ran non sarà un genio a scuola, ma è di sicuro una persona cento volte migliore di me. Oh, Signore, ti prego…Salvala. Ti giuro che se tutto andrà bene andrò da lei e le chiederò scusa in ginocchio! Ma tu salvala! Non lasciare morire una persona straordinaria come Ran!*

Otohata guardava la sua ragazza, che teneva la testa china come se stesse pregando. Sapeva bene che starle vicino in quel momento era assolutamente inutile. Era giusto che lei, in quei momenti, pensasse solo a Ran. E che, quando tutto fosse finito, le tre grandi amiche tornassero tali.

Anche Yamato e Miyu restavano separati nel loro dolore. Lui era il fratello di Ran, nonostante non si fosse mai comportato realmente come tale. E lei era stata la sua migliore amica. Prima di rovinare tutto.

*Sono una perfetta idiota. Me ne rendo conto solo ora. Ran aveva perfettamente ragione. Qualunque cosa accadesse, io ho sempre dato tutto il merito a Yamato. Per avermi riportata sulla retta via…Per avermi aiutata quando quel pazzo di Yoshida si era fissato col voler essere il mio ragazzo…Per essermi stato vicino ogni volta che litigavo con mia madre e che la mia vita di un tempo riaffiorava. Ma ora mi rendo perfettamente conto che prima di lui, ad aiutarmi c’è sempre stata Ran. Ancor prima di Yamato, è stata Ran a porgermi la mano per farmi uscire dalla banda. Ed è stata lei a sfidare il coltello di Yoshida a mani nude, e a proteggermi da lui. Inoltre è sempre stata lei ad impedire che io mi cacciassi in qualche guaio legato alla mia vita di teppista. Si è sempre esposta in prima persona, pur di impedirmi di lasciarmi andare all’ira. Era sempre lei la prima ad abbracciarmi, quando avevo un problema. E poi chiamava Yamato, affinché fosse lui a consolarmi. E’ sempre stato così! Quando mi accadeva qualcosa, qualsiasi cosa, lei lo chiamava subito. Sapeva che lui aveva l’effetto di calmarmi e che io ero felice quando si preoccupava per me! Chissà quante volte ha sofferto, vedendomi ringraziare Yamato senza degnarla d’uno sguardo, dopo che lei mi aveva aiutata! Oh, no! Ran! Ti prego, cerca di venirne fuori! Devi resistere! Io devo chiederti scusa! Oh, Ran, se ti salverai, ti giuro che ricomincerò tutto da capo. E, questa volta, sarò una vera amica. Ma tu devi salvarti!*

La signora Kotobuki continuava a camminare avanti ed indietro, irrequieta. Si contorceva le mani per il nervosismo. Ad un certo punto il marito la fermò, posandole una mano sul braccio.

“Basta, cara. Continuando ad andare avanti e indietro non risolverai nulla. Ci stai solo facendo innervosire ancora di più.”
“Ma tesoro! Come faccio a stare ferma, in un momento come questo? Oh, ma cosa è accaduto alla nostra Ran? Prima è diventata un’altra persona, ed ora questo…”
“Io non credo che Ran sia cambiata poi tanto…”
La donna si voltò verso Miyu, che aveva appena parlato.

“Voglio dire…ciò che ha fatto oggi, è una cosa tipica della vecchia Ran. Lei farebbe di tutto per mantenere la giustizia a Shibuya…ed è ciò che è accaduto anche oggi.”

A quelle parole, Mami scattò in piedi, fissando con sguardo furente Miyu. Tutti gli sguardi erano ora rivolti a lei.

“Ma allora non hai capito proprio niente! Non ti credevo così stupida!”

“Ehi, Mami! Non esagerare…”

“E tu non credere di essere tanto migliore, agente Kotobuki! Insomma, sei suo fratello! E tu eri la sua migliore amica, Miyu! Possibile che non riusciate a capire i sentimenti di Ran? Se lei si è precipitata in quel luogo ed ha fatto a pugni con quegli uomini, non è certo per il suo desiderio di giustizia!!”

“Ma…”

“Svegliatevi! L’ha fatto per voi! Credevate forse che, sapendo che eravate in pericolo, se ne sarebbe rimasta con le mani in mano?! Voi dovreste sapere meglio di me come è fatta! Dovreste sapere che mette sempre gli amici prima di tutto! Anche della sua stessa vita!”

Tutti erano sconvolti da quelle parole.

“Per tutto questo tempo, nonostante ciò che voi le avevate detto, ha continuato a considerarvi le sue migliori amiche! Lei ormai non parlava più molto nemmeno con me…Ma le poche volte che lo faceva, diceva sempre com’era diverso vivere senza il sostegno delle persone a lei più care! Mi ha detto quanto la facesse soffrire il fatto di essere considerata solo una povera stupida da voi due…Di quanto stesse male al pensiero che la sua stessa famiglia non l’amava come avrebbe voluto! Tu, agente Kotobuki…Hai mai detto, in tutta la tua vita, una parola gentile all’indirizzo di tua sorella?!”
Miyu ed Aya avevano ricominciato a piangere, mentre Yamato fissava il pavimento, con espressione sgomenta, e la signora Kotobuki singhiozzava tra le braccia del marito, anch’egli sconvolto. Otohata, invece, fissava Mami, che sembrava sul punto di sentirsi male. Quando lei si allontanò per andare a bere qualcosa, lui la seguì. Di fronte al distributore di bibite, Mami gli gettò un’occhiataccia.

“Beh? Che vuoi? Se non ti dispiace, preferirei rimanere un po’ da sola.”
“Tu…pensavo fossi più forte, sai? A vederti un tempo, quando tu e Kotobuki litigavate sempre, non avrei mai immaginato che potessi scoppiare così…”
“Lasciami indovinare…scommetto che sei convinto che anche Ran sia forte e che non scoppierebbe mai come ho fatto io ora!”
“Beh, sì. E’ ciò che penso.”
“Come immaginavo…Voi proprio non riuscite a comprendere i suoi sentimenti, eh? L’avete sempre creduta una povera stupida, ma vi sbagliavate!”
“Tu invece sembri comprenderla molto bene…”
“Per forza. Io e lei ci somigliamo molto più di quanto crediate. Non ho mai avuto un’amica come Ran, prima d’ora.”
“E la tizia con cui giravi una volta? Quella che conosceva Yamazaki…”
“Chi, Harue? E’ una cara amica, ma non sempre riesce a capirmi. Al contrario di Ran…”
Per un po’ rimasero in silenzio. Poi Mami, rendendosi conto di essersi lasciata troppo andare, fece un gesto stizzito.

“Oh, insomma! Ma perché te ne stai qui? Non sei forse in ospedale solo per consolare la tua ragazza? Allora va da lei e lasciami in pace!”
“Credo ci sia un equivoco…Io non sono qui per consolare Aya. E comunque, visto che ti do tanto fastidio…tolgo il disturbo…”
Il giovane s’incamminò per il lungo corridoio, ma poco dopo Mami lo richiamò. Lui si bloccò dove si trovava, senza voltarsi.

“Se non sei venuto per consolare lei…allora che ci fai qui?”
Otohata riprese a camminare, come se non avesse sentito la domanda. Ma, prima di scomparire in un altro corridoio, disse, a voce sufficientemente alta perché Mami potesse sentirlo:

“Per un’amica che mi sta a cuore…”

In quel momento, Mami si ricredette leggermente sul conto di Rei. E cominciò a sospettare che in realtà non fosse mai stato del tutto sincero con Ran.

 

Circa mezz’ora più tardi, un dottore uscì dalla sala operatoria e si diresse verso di loro. Subito i signori Kotobuki si alzarono e gli andarono incontro.

“Dottore, ci dica…Come sta nostra figlia?”
“Fortunatamente, siamo riusciti a salvarla. Ormai è fuori pericolo. Il problema più grave era un’emorragia interna, che ci ha fatto seriamente preoccupare per la sua vita. Ma ormai è tutto a posto. Ci vorrà un po’ di tempo, prima che venga dimessa, ed anche dopo dovrà osservare un periodo di riposo. Ma se la caverà.”

“Oh, sia ringraziato il cielo!!”
L’atmosfera mutò e tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo.

“Possiamo vederla?”
“Tra breve dovrebbe risvegliarsi dall’anestesia. Vi farò avvertire quando sarà possibile incontrarla. Però, mi raccomando. Non fatela affaticare troppo.”

“Certo. Grazie mille, dottore. Davvero.”
“Di nulla. In fondo, è il mio lavoro.”

Per un’altra oretta attesero di essere chiamati. Nonostante fossero tutti visibilmente esausti, nessuno pensò neanche lontanamente di tornarsene a casa.

Finalmente un’infermiera si avvicinò a loro, annunciando che la paziente si stava risvegliando dall’anestesia.

“Non più di due persone per volta, per favore. Non dovete farla affaticare troppo.”
I signori Kotobuki furono i primi ad andare. Quando entrarono, Ran aveva gli occhi chiusi, ma li aprì udendo dei passi. Vide i suoi genitori e sorrise debolmente.

“Mamma…papà…”

La sua voce, resa roca dalla debolezza, fece scoppiare nuovamente a piangere sua madre, che corse di fianco al letto e la abbracciò, stando attenta a non farle male.

“Oh, tesoro! Non hai idea di quanto fossimo preoccupati per te! Temevamo…temevamo…”

Non riuscì a proseguire. I singulti le scuotevano il corpo, e il marito la spostò delicatamente, per impedire che, con un movimento inconscio, rischiasse di far male alla ragazza. Poi, mentre teneva la moglie per le spalle, fissò con dolcezza la figlia.

“Ran…Non hai idea di quanto io sia orgoglioso di te. Sei stata fantastica.”

Ran chiuse gli occhi, continuando a sorridere. Poi, con un filo di voce, disse:

“Ma no…non serve che ti sforzi, papà. So che tu, in realtà, non hai mai approvato il mio modo d’agire. E non posso darti torto. Sarebbe potuta andare molto peggio…Se mi avesse colpita prima, anche Aya e Miyu avrebbero fatto la stessa fine di tutte quelle ragazze…”
“Ma, grazie a te, non è accaduto. E quei delinquenti passeranno i loro prossimi anni chiusi in una cella. Se tu non li avessi bloccati, Yamato non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo.”

La ragazza non rispose. Era ancora molto debole e stanca, quindi i due genitori decisero di lasciarla riposare.

“Comunque, ne riparleremo quando sarai guarita. Ora pensa solo a riposarti. Noi andiamo, anche perché credo che ci sia un altro paio di persone che vuole salutarti…Ciao, figliola.”
E si chinò sulla figlia per darle un bacio sulla fronte. Lo stesso fece sua moglie, dopodiché si avviarono verso la porta. Ma Ran richiamò la loro attenzione, bloccandoli.

“Mamma…c’è anche Sayo, lì fuori?”
“No. Sayo non sa ancora nulla di ciò che è accaduto. Credo che ormai sia a casa.”

“Allora…per favore…dille una cosa da parte mia…”

Ran respirava affannosamente, faceva fatica a parlare. I suoi genitori si stavano preoccupando.

“Tesoro, forse è meglio se ti riposi…”

“No…Per favore…Dille…che le voglio bene…e che mi dispiace di non essermi comportata come una buona sorella…”

“Ma dai, tesoro…parli come se…se non dovessi più rivederla…!”

“Mamma…io sono stata…sono stata sul punto di…Ho capito quanto male mi sono comportata con tutti, in quest’ultimo periodo. Soprattutto con Sayo. Quindi voglio solo che lei sappia…che mi dispiace…”

“…D’accordo. Glielo dirò non appena arriveremo a casa.”
“Ti ringrazio…”

E se ne andarono. Quando raggiunsero gli altri, si alzarono tutti in piedi.

“Allora, come sta? Mamma, papà?”

“E’ molto debole…e stanca. Però…Aya, Miyu…Perché non andate un attimo da lei? Credo ne abbiate bisogno tutte e tre.”
“Ma non vogliamo farla affaticare…”
“Basta che voi siate brevi…Ve lo chiedo per favore…Ran ha bisogno di risollevarsi. E voi potete aiutarla…”

Rimasero in silenzio. Miyu non sembrava convinta, mentre Aya continuava a tenere la testa bassa. Poi, all’improvviso, la alzò.

“E va bene. Miyu, andiamo.”
Yamazaki la guardò, sorpresa. Poi, vedendo tutta quella decisione nei suoi occhi, annuì e la seguì. Quando entrarono nella stanza di Ran, entrambe avevano il cuore che scoppiava. La ragazza era distesa sul letto con gli occhi chiusi. Le due si guardarono e fecero per andarsene, convinte che stesse dormendo. Ma proprio in quel momento, lei aprì gli occhi e le vide. Negli istanti seguenti, un silenzio pesante più di mille parole attraversò la stanza d’ospedale. Ran le fissava e loro fissavano lei con occhi colmi di lacrime. Poi, Miyu fece un passo avanti, verso di lei.

“Ran…”
Non si mosse più e non disse altro. Ran si era voltata da un’altra parte, per non guardarle. Nonostante la debolezza, la sua voce fu gelida quando disse:

“Andatevene.”

Miyu e Aya si scambiarono un altro sguardo. Poi Hoshino provò a parlare.

“Ran…ti prego…”
“No…Sono io a pregarvi. Andatevene. Vi supplico. Io…non ce la faccio.”

“Ma Ran! Tu ci hai salvate! Lasciaci almeno…”
“Non voglio ringraziamenti. Non capite? Non l’ho fatto perché volevo che voi mi ringraziaste, o vi scusaste, o tornaste ad essere mie amiche. L’ho fatto solo ed esclusivamente perché non volevo che la vostra vita fosse rovinata per sempre. Se non addirittura stroncata…Ho fatto ciò che volevo e dovevo fare. Ma ora non c’è più niente da dire. Vi prego…Lasciatemi stare…”
“No, Ran…”
“Miyu, Aya…Se ancora mi volete almeno un po’ di bene…Se ancora mi considerate almeno un po’ vostra amica…Allora andatevene…”

A quelle parole, le due capirono che non potevano fare altrimenti. Se davvero le volevano ancora bene…Se ne andarono, chiudendosi la porta alle spalle dopo aver mormorato un lieve:

“Cerca di rimetterti in fretta…”

Quando la porta fu chiusa e Ran fu completamente sola, mormorò tra le lacrime:

“Per la seconda volta…Addio…”

 

Dopo quegli avvenimenti, Ran si rimise in fretta e, tre settimane più tardi, tornò a scuola. Per tutti i suoi compagni fu una grande sorpresa perché, dopo il ricovero, aveva riacquistato parte della sua allegria e del suo carattere. Non era più scontrosa, rideva e scherzava con tutti e aveva ricominciato ad uscire con Rie e Satsuki. Anche a casa la situazione era decisamente migliorata. Dopo aver sentito le parole che Ran aveva mandato a dirle tramite la madre, Sayo scoppiò a piangere e quando rivide la sorella le assicurò che era sempre stata convinta del suo affetto. Yamato aveva mutato di molto il suo atteggiamento. Non era mai andato a trovare Ran in ospedale, nonostante spesso accompagnasse i suoi genitori, restando ad attenderli fuori. La ragazza ne era molto dispiaciuta, ma scoprì la ragione di tutto il giorno stesso in cui tornò a casa. Suo fratello andò nella sua stanza e le fece un lungo discorso, circa il fatto di sentirsi in colpa per ciò che era accaduto ed anche per non essersi mai occupato di lei.

“Vedi, Ran…Io ho sempre pensato che tu non avessi alcun bisogno di me. Quando sei nata ero già piuttosto grandicello e non mi interessavo troppo alla mia sorellina. Poi, quando crescesti, assumesti un atteggiamento avverso nei miei confronti. Ora mi rendo conto che era la conseguenza naturale al mio ignorarti…Però non mi piacque, per questo io ho sempre mantenuto una certa distanza…E visto quanto sei forte, non mi sono mai preoccupato del fatto che, cacciandoti nei guai, avresti anche potuto farti male…Pensavo solo ai problemi che avresti potuto creare a me, mamma e papà. Sono sempre stato un’insensibile, soprattutto quando si trattava di te. E non hai idea di quanto me ne penta. Quando, quel giorno, ti ho vista stesa a terra in mezzo ad una pozza di sangue…ho capito quanto in realtà ti voglio bene. Sai, io non l’avrei mai creduto…ma penso che ora si sia sviluppato in me una specie di complesso della sorella minore! Comunque, voglio solo che tu sappia che mi dispiace di non essere stato più presente nella tua vita…e soprattutto di non essere stato un buon fratello. Ma da oggi in poi, cambierò. Te lo prometto. Non penserò più solo a Miyu ed alla polizia.”

“Ehi, BakAniki(*)! Hai finito di parlare? Cavolo, mi hai fatto venire il mal di testa! Vista la lunghezza del tuo discorso, sembrava quasi una delle prediche da poliziotto!”
“Ran! Insomma, io sto facendo un discorso serio!”
Ran si cancellò dal volto la solita espressione annoiata di quando parlava con suo fratello e gli sorrise dolcemente. Aveva ora lo stesso sorriso che rivolgeva alle sue più care amiche.

“Lo so. Ma sei lo stesso uno stupido. Insomma, io non ho mai pensato che tu fossi un cattivo fratello. Cioè, sapevo che il nostro non era proprio il tipico esempio di amore fraterno…Ma non ti ho mai dato nessuna colpa. Anzi. Ho sempre saputo che la colpa era mia. Per una strana ragione, non sono mai riuscita a comportarmi normalmente con te. Ero sempre antipatica e scontrosa. Quindi è naturale che tu non mi volessi poi questo gran bene.”
“No Ran! Io ti ho sempre voluto bene! Cavolo, sei mia sorella! Però non riuscivo a dimostrarlo, credo…”

“Va bene, dai. Ho capito. Lascia perdere. Non è da noi fare certi discorsi. Non voglio che tu ti senta in colpa o roba del genere, chiaro? Io sono felice di aver fatto ciò che ho fatto. E sono anche felice che tu sia mio fratello. E, cerca di imprimerti bene in quella zucca vuota ciò che sto per dirti…perché ti assicuro che sarà molto difficile che te lo ripeta…”
“Cioé?”
“Io ti voglio un mondo di bene, fratellone. E non hai idea di quanto ti ammiro. Sia come persona che come poliziotto.”

Solo silenzio seguì a quelle parole. Yamato fissava la sorella a bocca aperta, mentre lei chiuse gli occhi, distendendosi meglio sul letto.

“Bene. Ora è meglio se sparisci. Ho già detto troppo smancerie, rischia di venirmi la nausea. E poi questa dannata ferita si sta facendo sentire.”

Yamato si riscosse, fissandola preoccupato.

“Ti fa male? Vuoi che chiami in ospedale?”
“Ma no, scemo! E’ ovvio che mi faccia un po’ male, sono stata accoltellata! Solo sono stanca. Voglio riposare. Insomma, vuoi schiodarti da qui? Ti avverto, se diventi appiccicoso mi rimangio tutto ciò che ho detto finora!”

Yamato si alzò dalla sedia su cui era seduto, sorridendo. Aveva capito che Ran era molto imbarazzata e preferiva non vederselo troppo intorno. E aveva anche capito che era finalmente tornata quella di un tempo. Nonostante fosse consapevole dell’imbarazzo della sorella, decise di tentare un’ultima impresa. Si chinò verso di lei e le diede un bacio sulla fronte. Lei lo fissò, allibita. Lui, sempre sorridendo, si voltò e andò verso la porta. Ma si bloccò un attimo prima di solcarla.

“Ah, dimenticavo…Una cosa che avrei dovuto dirti da tanto tempo…Grazie per avermi sempre lasciato fare bella figura davanti a Miyu…”

E se ne andò. Ran fissava ancora la porta, ammutolita. Poi si tirò la coperta fin sopra agli occhi e, sorridendo imbarazzata, esclamò:

“Accidenti a te, BakAniki!”

Quindi, la sua vita ricominciò a scorrere normalmente, tra scuola, casa e Shibuya. E, sempre più spesso, Bukuro. Con Mami l’amicizia era sempre più profonda, mentre nell’amicizia con Miyu e Aya era la crepa che le separava ad essere sempre più profonda. Nonostante il ritorno della vecchia Ran, Hoshino e Yamazaki erano rimaste argomento tabù.

In questa situazione, passarono altri mesi, e si giunse infine al momento del diploma. Nonostante il suo scarso rendimento fosse rimasto immutato, Ran riuscì a cavarsela, con somma gioia del Nakasen, che organizzò una festicciola in suo onore, grato di non dover più essere suo insegnante. Con il ritorno del buon umore, a Ran era tornata anche la voglia di stressare il suo povero professore!

Il giorno della cerimonia della consegna dei diplomi, Ran era raggiante e fece addirittura più casino del solito, tanto che tre professori furono costretti a tenerla ferma per impedire che distruggesse tutto a causa del troppo entusiasmo. Terminata la cerimonia, per celebrare l’addio alla scuola, Ran decise di fare una corsa sfrenata per tutto l’edificio, non curandosi delle persone che investiva. A quel punto, il party privato del Nakasen per l’addio a Ran, divenne un party aperto a tutti gli insegnanti.

Mentre, con il diploma sottobraccio, Ran dava un ultimo, malinconico saluto a quella che era stata la sua scuola per tre anni, due persone intente a chiacchierare le andarono praticamente a sbattere contro. Quando Ran alzò lo sguardo rimase paralizzata. Ma non meno delle due persone. Si trattava di Aya e Miyu. Per qualche interminabile secondo, si fissarono a bocca aperta, incapaci di spiccicare parola. Poi Miyu fece per dire qualcosa, ma si bloccò ricordando quel giorno all’ospedale. Quindi chinò il capo e fece per andarsene con Aya. Ma, sorprendentemente, Ran sorrise. Non un sorriso dei soliti. Un sorriso strano, ma, sembrava, sincero. Le due si bloccarono all’istante, con il cuore a mille.

“Aya, Miyu…Congratulazioni per il diploma.”

Hoshino e Yamazaki la guardarono, poi si guardarono tra loro, ed infine posarono nuovamente lo sguardo su Kotobuki. I loro occhi si stavano riempiendo di lacrime.

“A…Anche a te, Ran! Ce l’hai fatta!”
“Sì, congratulazioni!”

“Eh eh…Vi ringrazio.”

Tese la mano e, a turno, strinse quella di entrambe. Poi, con un ultimo sorriso, si voltò.

“Beh, allora ciao. Ci vediamo, eh...”

E corse via, senza una parola di più. Quando fu scomparsa dalla loro vista, Miyu e Aya si abbracciarono, scoppiando a ridere e piangere contemporaneamente.

“Finalmente! Oh, Miyu, sono così felice! Sai, ero delusa perché questo giorno del diploma si stava rivelando deludente…Ma ora posso affermare con assoluta certezza che questo è il giorno più bello della mia vita!”

“Hai ragione, Aya! Forse, d’ora in avanti…potremo tornare amiche di Ran! Magari un po’ alla volta…ma ci riusciremo!”
Le due ragazze continuarono a festeggiare senza immaginare lontanamente quale decisione si nascondesse dietro al comportamento di Ran.

 

“Cosa hai detto, Miyu? Ran vi ha parlato?! Di sua spontanea volontà!?!”
“Esatto! Si è congratulata con Aya e la piccola Miyu per il diploma! E ci ha sorriso. Poi ci ha anche stretto la mano!”

“Incredibile. Però è strano, ieri non ha accennato a nulla, durante la cena. Anzi, ora che ci penso…ha avuto un comportamento piuttosto strano. E’ stata chiusa nella sua camera per quasi tutto il tempo ed ha proibito a me ed a Sayo di entrare.”

“Dai, Yamatuccio, non preoccuparti. La conosci, probabilmente starà preparando qualcosa di grandioso per festeggiare il diploma!”
“Sì, hai ragione tu, Miyu.”
Ma nonostante tutto, Yamato non riusciva a rilassarsi. Continuava a pensare allo strano comportamento non solo di Ran, ma anche dei loro genitori. Una crescente angoscia si stava espandendo in lui, e si trattenne dal dire altro a Miyu, per non far preoccupare eccessivamente anche lei. Però non riusciva a dimenticare lo strano saluto che quella mattina Ran gli aveva rivolto.

“Mi raccomando, aniki, svolgi al meglio il tuo lavoro! Ricorda sempre che tu sei un poliziotto della stazione di Shibuya! E prenditi cura anche della tua ragazza, oltre che di tutta la gente del quartiere!”
Aveva una strana espressione, mentre gli diceva quelle parole. Sorrideva, ma non era il suo solito sorriso allegro.

“Ehi, Yamato! Ci sei?”
“Eh? Ah, sì. Scusa, ero soprappensiero. Dicevi?”
“Uffa, ma cos’hai? E’ successo qualcosa?”
“No, nulla. Piuttosto, dimmi una cosa…che ore sono adesso?”
“Eh? Sono le 17.00. Oh, ecco gli altri! Ehi, Aya!”

“Ciao Miyu!”
“Ciao Otohata, ciao Numero Due, ciao Tatsukichi!”
“Miyu, sembri proprio su di giri, oggi!”
“Eh eh, la piccola Miyu è contenta! Volete sapere perché?”
“Certo!”
“Ebbene, l’altro giorno, dopo la cerimonia di consegna dei diplomi, Ran ha rivolto la parola alla sottoscritta e ad Aya!”
I tre ragazzi le fissarono, decisamente sorpresi. Aya e Miyu sorridevano raggianti. Rei si rivolse alla sua ragazza.

“Dici sul serio, Aya?”
“Sì. Si è congratulata per il diploma. E quando ci ha salutate, ci ha detto ‘ci vediamo’. Una cosa piuttosto incoraggiante, non credi?”
Ma Rei non era allegro e contento come Tatsukichi e Numero Due. Si avvicinò a Yamato, che udendo le parole di Aya si era preoccupato ancora di più.

“Cosa succede?”
“Non lo so. Ma questa cosa non mi convince. E poi, quel ‘ci vediamo’…Non è da Ran!”
“Dì la verità…Stai pensando anche tu a quello che penso io, non è vero?”
“Temo proprio di sì…e credo sia il caso di andare ad accertarcene immediatamente.”

“Ok. Ehi, ragazzi! Forza, si parte!”
Tutti guardarono Otohata con fare stupito.

“E per dove?”
“Andiamo subito a casa mia. Ho un orribile presentimento.”

I sei si precipitarono a casa Kotobuki con la macchina di Yamato. Tutta quella agitazione da parte sua e di Rei aveva innervosito anche gli altri, che ora non riuscivano a stare fermi sui sedili. Quando arrivarono a destinazione, scesero precipitosamente dall’auto, correndo dentro casa.

“Mamma! Papà! Ran! Sayo! C’è nessuno?”
Yamato corse in sala, ma non trovò nessuno. All’improvviso sentì la voce di Miyu.

“Sayo! Sayo che hai? Stai bene?”
Corse verso la voce, che veniva dalla cucina, e quando entrò trovò tutti che fissavano preoccupati la più piccola delle sorelle Kotobuki. Era in piedi, di fronte al tavolo. Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e in mano stringeva un foglio di carta. Yamato le si avvicinò.

“Sayo! Che hai?”
Siccome non rispondeva, prese a scuoterla per le spalle, senza rendersi conto che ci stava mettendo troppa forza.

“Sayo! Svegliati! Dov’è Ran?”
“Yamato, calmati! Così rischi di farle male! Ma che ti prende? Probabilmente Ran sarà in giro per Shibuya, o a Bukuro con Mami!”

A quel punto, Rei notò il foglio che Sayo continuava a stringere.

“Ehi, Kotobuki! Cos’è quello?”
Yamato seguì lo sguardo di Rei e lo vide. Strappò letteralmente il foglio dalla mano della sorella e lo lesse. Poi, imprecando, lo scagliò più lontano possibile.

“MERDA! QUELLA…PERFETTA…IDIOTA!!”

Poi abbracciò Sayo che, lentamente, si mise a piangere.

“Perché? Non ci vuole più bene? Non siamo forse i suoi fratelli? La sua famiglia? O le ho fatto qualcosa di male?”
“No, Sayo. Non è colpa tua. E’ quella scema che non ha capito niente di noi!”

Miyu e gli altri erano sconvolti. Con timore, Otohata andò a raccogliere il foglio e lo lesse. Poi lo buttò nella spazzatura. Gli altri lo guardavano in attesa. Lui li fissò, poi distolse lo sguardo.

“Ran è partita. Lì c’è scritto che ha deciso di andare via per un po’ di tempo. Aveva programmato da tempo questa specie di viaggio, con il consenso dei suoi. Non sa quando tornerà. Sicuramente non prima di un paio d’anni.”

Sayo pianse più forte, mentre negli occhi di Aya e Miyu spuntavano le prime lacrime. Yuya e Tatsukichi assunsero un’espressione depressa, mentre Otohata si ostinava a guardare fuori da una finestra. Yamato stringeva la sua sorellina più piccola e intanto lottava contro il desiderio di spaccare tutto. Proprio in quel momento, rientrarono i due genitori. Vedendo la scena, compresero subito che aria tirava.

“Ragazzi…”
Yamato si voltò verso di loro, furente. Senza lasciare andare Sayo, si mise ad urlare.

“Mamma, papà! Come avete potuto non dirci nulla?! Perché ce l’avete tenuto nascosto?”
“Tesoro, calmati. Noi avremmo voluto dirvelo, ma è stata Ran a chiederci di non farlo.”
“Perché?!”
“Perché…Beh…”
La donna era visibilmente a disagio. Inoltre era evidente che aveva pianto fino a pochi istanti prima. Così il marito giunse in suo aiuto.

“Cara…lascia fare a me. Yamato. Ran ci aveva espressamente chiesto di non far parola con nessuno di questo suo progetto. Questo perché era convinta che se l’aveste saputo anche solo tu e Sayo, automaticamente sarebbero venute a saperlo anche tutte le persone che sono qui dentro ora. E tutti voi avreste sicuramente insistito per venire a salutarla all’aeroporto, cosa che lei voleva assolutamente evitare. Inoltre non trovava nemmeno il coraggio di salutare di persona te e tua sorella.”
“Allora Ran è solo un’egoista! Non ha pensato minimamente a come ci saremmo sentiti?!”
“Ci ha pensato eccome. Però era convinta della sua decisione e non voleva rinunciarvi. Yamato, andiamo. Non sei più un bambino. Dovresti cercare di capire le ragioni di tua sorella e accettarle.”

“Capire le sue ragioni…accettarle…Papà, qui io non capisco un bel niente! L’unica cosa che capisco con chiarezza è che mia sorella è partita per un viaggio che non si sa quanto durerà, ma sarà minimo per due anni, e per di più senza degnarsi di salutarmi! E so che per una persona che le vuole bene, come me, Sayo e i ragazzi che sono qui, questo è terribile!”
“Ma credi che per me e tua madre sia stato facile? Circa due mesi fa è venuta da noi dicendoci che, una volta diplomata, aveva intenzione di andarsene dal Giappone e pregandoci di aiutarla a programmare tutto e di mantenere il segreto. Cosa dovevamo fare? Dirle di no? Non potevamo. Anche perché, dopo ciò che era accaduto, pensavamo che avesse tutte le ragioni per voler abbandonare questo Paese. E questo lo sai bene anche tu.”

Yamato non rispose. Sapeva che suo padre aveva ragione e sapeva anche con chiarezza che Ran aveva avuto i suoi buoni motivi per andarsene. Però…

“Però, papà…Almeno salutarci…avvertire qualcuno di noi…”
“Da quel che ha detto, ha mandato una lettera ad una sola persona. Un’amica di un altro quartiere.”
Intervenne Miyu.
“Probabilmente si tratterà di Mami.”
“Diceva che la lettera arriverà domani, in modo che nemmeno lei potesse cercare di fermarla. Insomma, sapete tutti com’è fatta Ran. Non avrebbe mai voluto partire davanti ad una marea di persone piangenti. Ha preferito che ci fossimo solo noi.”

I ragazzi rimasero per circa un quarto d’ora, poi decisero di tornarsene a casa. Tutti avevano solo voglia di starsene da soli a pensare.

“Miyu, vuoi fermarti qui a cena?”
“No, la ringrazio, signora. Vorrei tornare a casa.”

Yamato stava ancora consolando Sayo, ma si alzò dal divano per accompagnarla.

“Ah, se vuoi ti accompagno io, Miyu. Tanto sono di strada per andare in stazione.”
“Ti ringrazio, Tatsukichi. Accetto l’offerta. Yamato, tu resta qui. Credo che Sayo abbia bisogno di te e tu di lei. Io sono tranquilla.”
“D’accordo. Ci sentiamo più tardi. Grazie Kuroi. Mi fai davvero un favore.”
“Non preoccuparti. Tra amici…Arrivederci.”
Così tutti tornarono a casa con aria sconsolata. Tatsukichi accompagnò Miyu, mentre Yuya e Rei andarono con Aya. Anche se, a dire il vero, Otohata non fu per niente di compagnia. Restò zitto tutto il tempo, limitandosi solo a salutare Aya quando si separarono.

Ognuno tornò a casa propria, solo, per pensare a quella amica che aveva diviso con loro parte della sua esistenza e che per molto, molto tempo non avrebbero avuto occasione di rivedere.

 

Passarono cinque anni da quel giorno. Pian piano, seppur con fatica, la vita aveva ripreso a scorrere normalmente a Shibuya, anche per coloro che erano stati, in passato, molto legati a Ran Kotobuki.

Era una bella giornata di maggio quando, nel pieno centro di Shibuya, echeggiò un urlo:

“AAAAHHH!! Mi hanno rubato la borsetta!!”

Subito, un poliziotto che pattugliava la zona individuò il criminale e prese ad inseguirlo in mezzo alla folla. Nonostante i molti anni passati a pattugliare quelle strade e a correre dietro a criminali di ogni genere, non riusciva a stargli dietro e presto fu distanziato. Quando ormai stava perdendo la speranza di acciuffarlo, lo scippatore venne fermato da qualcuno che, con un calcio ben piazzato, lo atterrò e gli sfilò dalle mani la borsetta. Il poliziotto, sfinito a causa della corsa, si appoggiò sulle ginocchia per riprendere fiato. Poi spostò lo sguardo verso la persona che aveva catturato il delinquente.

“G- grazie mille…”

Si trattava di una giovane donna dai capelli castani, tagliati appena al di sotto delle spalle. Portava occhiali da sole scuri, un paio di jeans e una camicetta. Per qualche istante fissò il poliziotto come se lo stesse studiando, poi sorrise e, togliendosi gli occhiali da sole, disse:

“Accidenti, BakAniki! Ora capisco perché, dopo tutto questo tempo, sei ancora allo stesso livello di cinque anni fa! Se continui a lavorare così, la polizia giapponese non progredirà mai!”

Il poliziotto la fissò a bocca spalancata. Poi, con espressione incredula, esclamò:

“RAN!!”

Il delinquente fu preso in consegna da Yamato e portato alla stazione di polizia per essere interrogato. Intanto Ran provvide a restituire la borsetta. Poi raggiunse il fratello. Quando ebbe finito di interrogare il delinquente, Yamato staccò dal lavoro e si recò verso casa Kotobuki in compagnia della sorella.

“Allora, Ran. Certo che è stata una sorpresa! Cavolo, cinque anni ci sono voluti, prima che ti degnassi di tornare a casa!!”

“Su, non lamentarti. In questi cinque anni sono tornata a casa mia ogni sera. Solo che non era la stessa vostra!”
“Dai, stupida! Hai capito benissimo cosa intendevo!”
“Certo…Allora, fratellone! Ti sei fatto davvero un bell’uomo! Anche se ormai stai diventando vecchierello…”
“Come ti permetti?! Ti ricordo che ho solo 30 anni!”

“See, see…”

“Ma non sei cambiata proprio per nulla?”
“Oh sì. Non immagini nemmeno quanto!”
“Sarà…Dai, raccontami di te. Sono curioso!”
“Aspetta di essere arrivato a casa. Non ho voglia di raccontare la stessa storia troppe volte. Ascolterai assieme a mamma, papà e Sayo.”
“Sayo sarà felicissima di rivederti. Nonostante tu scrivessi così poco, lei controllava ogni giorno, ansiosamente, la posta. Invece, in cinque anni, ci saranno arrivate sì e no una quindicina di lettere!”
“Però ho fatto anche qualche telefonata! E poi non avevo nulla di particolare da dire…”
“Comunque, a parte questo…sei cresciuta, sorellina. Ormai sei una donna.”

“Beh, d’altronde non potevo mica restare una ragazzina per sempre!”
“E la tua mania delle GALS? E’ passata?”
“Diciamo che è sopita. Nel profondo del mio cuore sono ancora una gal convinta. Ma mi adeguo al mondo esterno.”

“A proposito, non ti ho nemmeno chiesto da dove arrivi!”

“Da Los Angeles, mio caro fratellino!”
“Alla faccia! Mica male! Dì la verità, te la sei spassata, in questi cinque anni.”
“Sì, eccome. Ma ho anche lavorato molto sodo. Quando sono partita da qua ero diretta in Europa. Ho girato quel continente per circa tre anni. Poi sono andata in America. Ed ora sono tornata qui in Giappone!”

“Che vita movimentata!”

“Sei tu che vivi una vita troppo monotona, secondo me. Cavolo, aniki, torno dopo cinque anni e ti ritrovo ancora a fare lo stesso identico lavoro!”
“Non credere…avrei potuto cambiare quando volevo. Ma non l’ho fatto perché mi piace pattugliare Shibuya. E poi…”
“E poi?”
“Beh, pattugliando Shibuya, ero sicuro che sarei stato il primo ad avvistarti, quando fossi tornata. Sapevo che avresti fatto un’improvvisata, proprio come quando sei partita. E infatti…”

“Infatti eccomi qua. Bravo fratellino, allora mi conosci davvero bene!”
“Certe cose non cambiano mai. Eccoci qua. Allora, Ran. Che effetto ti fa rivedere questa casa dopo cinque anni di lontananza?”
“E’ straordinario. Tu non hai idea dell’emozione che provo tornando qua dopo tutti questi anni e trovando ancora delle cose…e delle persone invariate. Sai, Yamato…L’Europa e l’America sono posti stupendi. Ho vissuto una vita fantastica, laggiù. Ma niente è mai stato così bello come tornare a casa. Sono felice…di essere qui. E sono felice che mi ci abbia portato tu.”

“Eh eh. Dai, entriamo. Voglio proprio vedere le facce di mamma e papà!”

Andarono fin davanti alla porta, poi suonarono. Ran si nascose leggermente dietro al fratello, affinché la sorpresa facesse più effetto. Entrambi ridacchiavano. Fu la signora Kotobuki ad aprire.

“Yamato! Che sorpresa, non ti aspettavamo! Ma come mai hai suonato? Non hai le tue chiavi?”
“Ehm, devo averle dimenticate a casa.”

“Beh, ma lì dietro c’è qualcun altro…è Miyu?”
“No. Sai, prima, a Shibuya, ho incontrato una persona, ed ho pensato che vi avrebbe fatto piacere vederla…”
Così dicendo si scostò quel tanto che bastò per far riconoscere la persona alla madre. La donna si portò entrambe le mani alla bocca, mentre gli occhi cominciavano a lacrimare.

“Oh, santo cielo…Ran…sei tu!”
Ran rise, poi abbracciò con trasporto la madre.

“Mamma! Mi sei mancata, lo sai?”
“Io ti sono mancata? Ma senti che disgraziata…Dopo che te ne sei andata per cinque anni!”
Anche Ran era visibilmente commossa e non riuscì a nascondere gli occhi lucidi. Yamato ne approfittò subito.

“Oh, guarda, guarda! Ma com’è possibile, la somma Ran che piange? Ma allora non sei davvero mia sorella!”
“Ma piantala idiota! E’ ovvio che sia felice di riabbracciare la mamma, no?”
“Eh eh!”
“Oh, Ran! Ma venite dentro, che ci facciamo ancora qua fuori? Dai…TESORO! CARO! Vieni, presto! Guarda chi è venuto a trovarci!”
Taizo Kotobuki si affacciò dalla porta del soggiorno, con in mano un giornale.

“Insomma, cara, cos’è tutto questo chiasso? Si può sapere che succ…ede…Oh mio Dio…!!”

L’uomo si era bloccato nella posizione in cui si trovava. Fissava la scena che gli si presentava davanti con sommo stupore. Ran sorrise ed avanzò di qualche passo.

“Ciao, papà. Ti trovo bene.”
“Ran?”
“In persona!”

“Ma…Ma che ci fai ancora lì?! Vieni subito qui a farti abbracciare!”

Taizo spalancò le braccia, accogliendo la figlia che gli gettò le sue al collo.

“Ah, figlia mia! Era ora che tornassi a casa!”

“Oh, insomma, dite tutti le stesse cose! E’ già la terza volta che sento rivolgermi questa frase in pochi minuti!”

Nonostante l’atteggiamento, era evidente che Ran Kotobuki era al colmo della gioia. Presto furono tutti e quattro seduti in soggiorno, davanti a quattro tazze di the.

“Dov’è Sayo?”
“Al lavoro. O quasi. Sai, sta cercando di diventare poliziotta.”

“Non avevo dubbi!”

“Comunque dovrebbe rientrare tra poco. Oh, sarà così felice di vederti!”
“Anch’io non vedo l’ora di incontrarla. Chissà come sarà cresciuta!”
“Molto. Comunque, veniamo a noi. Questo tuo ritorno in Giappone è definitivo o è solo una breve visita ai tuoi genitori?”
“E’ un ritorno definitivo. Ho chiesto il trasferimento qui a Tokyo, perché ho ritenuto che fosse arrivato per me il momento di rientrare.”

“Oh! E questa è una notizia splendida!”

“A proposito, volevo chiedervi se per caso posso tornare a occupare la mia stanza. Non ho ancora provveduto a cercarmi un appartamento e poi dopo aver vissuto sola per tutto questo tempo ho voglia di stare con la mia famiglia.”

“Certo che puoi tornare! Quella stanza è tua. Piuttosto, dicevi che hai chiesto il trasferimento…quindi hai un lavoro fisso.”
“Sì. Un lavoro fisso che mi piace talmente tanto che non ho voluto lasciarlo.”

“E di cosa si tratta?”
I suoi genitori e Yamato la guardavano, curiosi. Lei sorrideva divertita. Quando fu certa di avere la loro assoluta attenzione disse:

“Oh, non riuscite proprio ad immaginarlo? Bhe, vi mostro un indizio…”

Mise la mano nella tasca della camicetta e ne estrasse una specie di portafoglio. Lo aprì e mostrò il contenuto. Tutti e tre la fissarono a bocca aperta.

“M- ma Ran…quello…è…”
“Sì, fratellino. E’ proprio un distintivo della polizia. Avete davanti a voi il detective Kotobuki in persona!”

Taizo e la moglie guardarono Ran poi si fissarono a vicenda. Quindi diedero vita ad una scena che un tempo, in casa Kotobuki, era di routine. Si corsero incontro a braccia spalancate e piangendo di gioia, abbracciandosi.

“Tesoro!”

“Caro!”

“Finalmente nostra figlia ha capito!”

Ran e Yamato risero di gusto, assistendo a quella scena. Poi Yamato si rivolse a lei.

“Allora alla fine hai ceduto!”

“Ebbene sì. Già mentre ero in Europa ho iniziato a studiare per diventare poliziotta. Ecco, per essere del tutto sincera…quando sono partita da qua l’avevo già deciso. Però non ho voluto darvi subito questa soddisfazione!”

“Hai detto detective…Sei della squadra investigativa, quindi?”
“Esatto. Sapete, a Los Angeles ero parecchio conosciuta.”

“Allora sei tu quel detective che dovevano mandarci dall’America!”
“Ebbene sì, papà. Sei contento?”
“Certo che sì, tesoro! Ci hanno detto cose grandiose su di te! Però, se non sbaglio, prenderai servizio solo tra una settimana.”
“Sì. Volevo prima avere il tempo di sistemarmi e di passare un po’ di tempo con voi. Anche perché poi sarò piuttosto impegnata.”
“Qui bisogna proprio festeggiare, è incredibile! Tutti e tre i nostri figli sono poliziotti!”

“E’ un sogno che si avvera, caro!”

In quel momento udirono la porta dell’ingresso sbattere. Poi una voce urlare:

“Sono a casa!!”

Ran sorrise di pura gioia. Era Sayo. Guardò gli altri tre e fece segno di non dire nulla, poi andò a nascondersi dietro la porta. Pochi istanti dopo una ragazza poco più che ventenne entrò sorridendo.

“Ehi, fratellone! Che bello, sei venuto a trovarci!”

“Ciao Sayo. Tutto bene al lavoro?”
“Sì. Oh. Ma c’è un’altra tazza. C’è anche Miyu?”
In quel momento Ran uscì da dietro la porta dicendo:

“Eh no, mi dispiace…Purtroppo devi accontentarti di vedere me!”

Sayo si voltò e per poco non svenne. Restò immobile a fissare la donna che aveva davanti.

“Insomma, Sayo! Ormai sei grande, dovresti sapere che se tieni la bocca spalancata in quel modo finirai per mangiarti una mosca!!”

Due secondi dopo Ran e Sayo erano a terra. Sayo era saltata addosso alla sorella maggiore, facendola cadere. Ora si abbracciavano, contente.

“Aneki(**)! Sei tornata!”

“Eh eh, come sei cresciuta, piccola! Ho fatto fatica a riconoscerti, lo sai? Dov’è finito il tuo cappello?”
“E’ rimasto appeso al chiodo, come le tue scarpe con le zeppe, sorellina!”

“Dai, Sayo, lascia andare tua sorella!”

“No, mamma. Lasciala. Io sono contenta. Era da anni che sognavo il momento in cui vi avrei riabbracciati tutti.”

“Oh, sorellina…Mi sei mancata tanto!!”
Sayo scoppiò a piangere sulla sua spalla. Aveva sempre adorato la sua sorellona, e finalmente poteva rivederla.

Dopo un po’ Yamato se ne andò, tornando a casa sua. Prima di uscire, però, fece una cosa che non aveva ancora fatto. Prese tra le braccia Ran e la strinse forte. Poi la sollevò da terra e la fece roteare. Ran gli urlava di metterla giù, ma intanto rideva di gusto. Quando la fece tornare a terra, lei gli mollò un finto pugno, poi lo baciò sulla guancia. Lui fece altrettanto e disse:

“Bentornata, sorellina. Bentornata davvero.”
E se ne andò. Per tutta la famiglia fu grande festa quel giorno. E Sayo insistette affinché, per quella notte, Ran dormisse in camera sua con lei. Passarono la notte in bianco a chiacchierare e si addormentarono solo al mattino, distrutte ma tanto, tanto felici.

Il pomeriggio successivo, Ran si recò a Bukuro. Voleva rivedere colei che, nell’ultimo periodo trascorso in Giappone, era stata la sua più grande amica. Aveva saputo da Sayo che ora lavorava in una famosa boutique di abiti da donna. Si recò al negozio indicatole dalla sorella. Quando entrò, riconobbe subito lo stile aristocratico della famiglia dell’amica. Istintivamente si chiese se lei fosse davvero contenta di lavorare lì dentro. Poi non ci pensò più, perché aveva visto una donna dall’aspetto familiare impartire ordini ad altre due donne. Aspettò che fosse rimasta sola poi si avvicinò e, con voce volutamente alta, disse:

“Oh, insomma, questa boutique non è poi gran cosa! Non trovo nulla di mio gusto!”

La donna dai lunghi capelli si voltò con sguardo arrabbiato, per vedere chi osava dire certe cose. Ma si bloccò riconoscendo l’amica. Rimase per un attimo a fissarla, poi sorrise sarcasticamente, proprio come un tempo.

“Oh, ma è ovvio. Signora, mi spiace, ma qui non potrà mai trovare degli abiti adatti a lei. Se vuole un consiglio si rivolga ai negozi di Shibuya. Lì sono abituati a vestire le sciattone come lei. Qui a Bukuro, invece, ci sono solo donne di gran classe.”

“Immagino che assomiglino tutte a lei. Caspita dev’essere un incubo! Un intero esercito di Mami Honda che si aggira per la città. Spaventoso!”

Si sorrisero, poi Mami l’abbracciò.

“Disgraziata!! Ti sei decisa, finalmente, a farti rivedere! Ormai mi ero convinta che, arresati all’idea che ero, sono e sempre sarò migliore di te, non saresti mai più tornata!”

“No, tesoro! Ma sai, non volevo che, dopo essere stata battuta da me in tutto e per tutto, mi rivedessi troppo presto. Altrimenti ti saresti sotterrata per la vergogna!”

“Ah ah! Illusa! Oh, quanto mi è mancato tutto questo…Ti trovo davvero bene, Ran! Ne sono felice!”

“Ti ringrazio. Anch’io ti trovo bene. E, a proposito…complimenti per questa boutique. Non è proprio il mio genere, però ammetto che non è niente male.”

“Perché fai i complimenti a me? Io sono una semplice impiegata…”
Ran la guardò, con la faccia di chi la sa lunga.

“E va bene, mi arrendo. A te non posso proprio nascondere nulla, eh?”
“Mi spiace, cara. Ti conosco troppo bene!”
“Eh eh. Comunque, è come immagini. Appartiene alla mia famiglia.”
“E scommetto che sono loro a obbligarti a lavorarci, vero?”
“Indovinato anche questo. Non hai idea di quante odiose snob vengano qui dentro ogni giorno. Ti giuro che, se potessi, le strozzerei tutte!”

“Dai, su con la vita! Ora che sono tornata, ci penserò io a risollevarti un po’ da tutto questo!”
“Eh, sì, sono proprio felice che tu sia tornata, Ran!”

Chiacchierarono un altro po’, poi Ran se ne andò per lasciarla lavorare. Avrebbero cenato insieme l’indomani.

Terminata la visita a Bukuro, Ran tornò a Shibuya. Aveva voglia di farsi un bel giro per quello che, tanto tempo prima, era stato il suo regno. Camminava lentamente, per godersi appieno la sensazione che si provava in quel luogo. Fu felice di salutare nuovamente Hachi, dopo tanto tempo. La gente, non più abituata a simili atteggiamenti, la guardò stranita, e lei se ne andò ridacchiando. Ad un certo punto, mentre camminava, una persona andò a sbatterle contro. Grazie alla sua agilità riuscì a restare in equilibrio, ma all’altra persona andò peggio. Si ritrovò seduta a terra. Ran si chinò per aiutare, porgendo una mano.

“Mi scusi, ero con la testa fra le nuvole.”

“Si figuri, colpa mia. Stavo guardandomi intorno in cerca di un’amica e non l’ho vista.”

La persona caduta a terra era una donna con lunghi capelli neri. Appena questa alzò il capo, Ran si bloccò. Conosceva quel volto molto bene. Anche se, ormai, era da oltre cinque anni che non lo vedeva più.

La donna notò l’espressione sperduta di Ran e non capì. Poi, guardandola meglio in volto, rimase di sasso anche lei. Si fissarono, incapaci di muovere un solo muscolo. All’improvviso, la bruna si gettò in avanti, abbracciando Ran, che rimase immobile.

“Ran! Sei davvero tu!!”

Kotobuki non riusciva a muoversi. Era ancora paralizzata dallo stupore. Non avrebbe mai immaginato una reazione del genere da parte di Aya. La cara, vecchia e buona Aya…Quanto tempo era passato…più di cinque anni. Perché ancor prima della separazione fisica…tra loro c’era stata la separazione spirituale. Ma adesso, dopo più di cinque anni…cosa importava un inutile bisticcio, nato dal nulla? Non resistette. Al diavolo il rancore di un tempo. Quella era una delle sue migliori amiche. Sopraffatta dall’emozione, sentì gli occhi riempirlesi di lacrime, mentre ricambiava l’abbraccio. Fu quello a stupire, oltre ogni altra cosa Aya. Che però non si mosse. Era troppo bello riabbracciare in quel modo un’amica cara come Ran, amica che lei stessa aveva allontanato.

“Aya!”

“E’ fantastico, sei tornata, finalmente!”

In quel momento, dalla folla emerse un’altra donna.

“Aya, finalmente ti ho trovata! Ma…”

Guardò la scena, sorpresa. Ran alzò lo sguardo e così facendo incrociò quello della nuova arrivata. E si rese conto che si trattava di colei che era stata la sua migliore amica dalla seconda media fino alla seconda liceo.

Anche Miyu l’aveva riconosciuta subito. Non le ci volle molto per scoppiare in lacrime e raggiungere le altre due, unendosi all’abbraccio e sussurrando:

“Ran, Ran! E’ fantastico, Ran! Perdonami, perdonami!”
Per alcuni minuti rimasero abbracciate a piangere tutte e tre come bambine. Poi andarono a sedersi, bevendosi una bibita. Dopo che si furono sedute con calma, per un po’ nessuna parlò. L’emozione del momento era stata troppa e loro aveva semplicemente agito d’istinto. Ma ora bisognava colmare quasi sei anni di silenzio…e non era affatto facile. Dopo un po’, fu proprio Ran a cominciare.

“Ehm…allora…Vi trovo bene. Mi sembrate entrambe in perfetta forma.”

“Già…”
“Anche tu, Ran.”
“Eh già…”

Ancora silenzio. Terribile silenzio. Poi Ran sbottò.

“Oh, facciamola finita! Non ci vediamo da cinque anni, e ancor prima non ci parlavamo! Tagliamo la testa al toro! Ragazze…sono strafelice di rivedervi! Mi siete mancate.”

I volti di Miyu ed Aya si illuminarono.

“Ran, anche tu ci sei mancata.”

“Sì, non hai idea quanto!”

“Siamo state delle stupide. Non avremmo mai dovuto abbandonarti. Purtroppo tutto questo l’abbiamo capito troppo tardi…quando tu ormai eri andata troppo in là per riuscire a perdonarci…”
“Ti assicuro che, da quel maledetto giorno in cui litigammo, non è passata ora in cui io e Miyu non ci siamo pentite del nostro comportamento. Avremmo voluto chiederti scusa, ma tu, più che giustamente, non hai voluto ascoltarci…”
“Abbiamo rovinato con le nostre stesse mani la cosa più bella che la vita potesse darci. Una splendida amicizia con una persona straordinaria.”
“Dai, ora smettetela, per favore. Ormai è inutile parlarne. Sono passati molti anni e siamo tutte cambiate.”

 “Hai ragione. Però ci tenevamo ugualmente a chiederti scusa.”

“Ok. Ora che l’avete fatto, non parliamone più, vi va?”

“Affare fatto.”
“Perfetto! Ed ora ditemi un po’ di voi due, dai. Ieri ho visto tutta la mia famiglia, ma nessuno ha accennato a voi due.”

“Eh! Ora capisco! Ecco perché Yamato era così di buon umore, ieri! Non ha voluto dirmi nulla ed io ho iniziato a pensare che avesse un’amante!”

“Chi, quello scemo? Non sarebbe capace, si farebbe scoprire all’istante!”

“Forse hai ragione. Beh, allora comincio io. Come avrai capito, vivo con Yamato. Ed ho il piacere di annunciarti che ora, io e te, siamo ufficialmente cognate.”

“Vi siete sposati?!”
“Due anni fa.”

“Straordinario! Congratulazioni, anche se un bel po’ in ritardo! Peccato, però…sarebbe stato bello assistere al matrimonio.”
“Non preoccuparti. Yamato ha fatto fare delle riprese ultra dettagliate. E sai perché? Quando gliel’ho chiesto, lui ha risposto: ‘Sono sicuro che a Ran dispiacerà molto non esserci stata. Così, almeno, saprà tutto ciò che è accaduto!’.”

“Che fratello idiota!”

Ma sia Miyu che Aya videro chiaramente gli occhi di Ran inumidirsi per la commozione. Ridacchiarono, dopo essersi scambiate un fugace sguardo.

“E così siete sposati. Però! E tu, Aya? Pure tu e Otohata avete fatto il grande passo?”
“Oh, no. Tanto più che io e lui non stiamo più insieme da una vita, ormai.”
“COSA?! Sul serio?”
“Già.”
Aya era tranquilla, mentre diceva quelle cose. Ran immaginò che fossero ancora amici.

“Ma come mai? Insomma, tu eri completamente persa, mentre quel bacchettone sembrava, nonostante tutto, piuttosto preso da te.”

“Semplicemente ci siamo resi conto che non potevamo stare insieme. Insomma…io sono fondamentalmente una persona seria e stare con lui, che era ancora più serio di me…beh, ad un certo punto mi sono resa conto che i nostri appuntamenti erano una noia mortale! Eravamo male assortiti…o forse, eccessivamente bene assortiti. Comunque, è finita poco dopo la tua partenza.”
“Da così tanto? Non me l’aspettavo! Avrai sofferto…”
“Non troppo, te l’assicuro. E poi ora ho un nuovo ragazzo. Stiamo insieme da quattro anni e penso che la cosa andrà avanti ancora. Spero fino all’altare.”
“Ed è un ragazzo diverso da Otohata?”
“Oh, sì! Oserei quasi dire…il suo esatto opposto!”
Aya e Miyu si guardarono ed annuirono.

“L’opposto di Otohata? Insomma, una specie di Tatsukichi!”
Ran si stupì molto quando vide le due amiche scoppiare a ridere.

“Beh? Che succede?”
“Succede che non è una specie…è Tatsukichi!”
“COSA!?! Oh my God!
Unbelievable!”

“Ehi, che fai? Ti metti a parlare in inglese, ora? Ti ricordo che non siamo in America!”

“Sì, scusate. E’ che è stata una sorpresa così incredibile che mi è sfuggito. Ho qualche difficoltà a riabituarmi al giapponese…Incredibile…Aya e Tatsukichi! E dura da quattro anni!”
“Sai, quando io e Rei ci siamo lasciati lui mi è stato molto vicino. Anche perché, all’epoca, cercava anche lui un po’ di compagnia. Era ancora piuttosto giù…sai…”
“Sì. Per colpa mia.”

“Lui ti amava davvero. Ma poi, passando parecchio tempo insieme…insomma, abbiamo finito con l’innamorarci. E da allora sono davvero felice, come non lo sono mai stata!”

“Wow. Non c’è che dire, in cinque anni può davvero accadere di tutto! Ah. Comunque sono davvero felice di essere qui, con voi due, entrambe felici e soddisfatte. Mi sento davvero realizzata!”

“E tu?”
“Io? Se parlate di uomini, sono single esattamente come quando sono partita. Ovviamente in questi anni ho avuto le mie storielle, ma niente degno di nota. Tutte avventure. Per quanto riguarda l’appagamento da altri punti di vista…beh, sono felicissima del mio lavoro. Mi dà tantissime soddisfazioni.”
“Che lavoro?”
“Perché non provate ad indovinare?”
“Fammi pensare…Sei una manager!”

“Buuu. Sbagliato. Aya?”
“Secondo me…Stilista!”

“Buuu. Niente, non vi siete nemmeno avvicinate. E sì che pensavo avreste indovinato subito…ebbene, io sono…rullo di tamburi…una poliziotta!”

Aya e Miyu la guardarono stupite. Poi scoppiarono a ridere.

“Dai, non prenderci in giro, Ran!”
“Sul serio, che lavoro fai?”
“Ehi, guardate che è la verità! Guardate un po’ qua.”
E mostrò anche a loro il distintivo. Ne seguirono stupore ed incredulità. Quando riuscì a convincerle, Ran chiese:

“Non mi avete detto nulla di Numero Due. Che fine ha fatto?”
“Oh, lui è sempre il solito. Se la cava bene. Ora che ha trovato anche lui l’anima gemella, è felice.”
“Anima gemella?”
“Come non lo sapevi? E’ fidanzato con Mami Honda. Pare che lei sia quasi sul punto di presentarlo ai suoi.”
“Con Mami?!”
“Sì. E sono molto felici, insieme.”
“Quella maledetta! L’ho vista prima e non mi ha detto nulla! Oh, ma questa gliela faccio pagare, vedrete!”

“Ah ah, vedo che il rapporto tra voi due non è cambiato per nulla. Siete sempre amiche/nemiche!”

“Esatto. Ma in questo momento siamo molto più nemiche, te l’assicuro.”
Risero insieme, felici di essere tornate finalmente quelle di un tempo. Ad un certo punto, Miyu sospirò.

“Che hai, Miyu?”
“Nulla. Stavo pensando che sono felice che siamo di nuovo qui tutte e tre insieme. Però sarebbe bello avere ancora quei medaglioni. E un giorno, in futuro, riguardarli e pensare a questo momento, in cui siamo tornate ad essere davvero amiche.”

“Sì, hai ragione.”
Ran le fissò. Poi, sorridendo e chiudendo gli occhi, mise una mano in tasca. Quindi gettò qualcosa verso le due amiche. Entrambe presero al volo i due oggetti lanciati. Aprirono la mani e rimasero sbalordite nel vedere proprio i loro medaglioni con incisi i loro nomi e la scritta SuperFriends. Fissarono Ran, decisamente sbalordite.

“Beh, perché mi guardate? Credevate che li avessi buttati via? Sapevo che, prima o poi, questo giorno sarebbe arrivato. E’ stato in attesa di oggi, che li ho conservati.”

“Ran…”
“Ran…”
“Su, su. Niente discorsi sdolcinati. Negli ultimi due giorni ne ho fatti fin troppi!”

“Ok. Allora, SuperFriends?”
“Certo. SuperFriends.”

“Forever.”
E si strinsero la mano tutte e tre.

 

La settimana successiva, Ran prese servizio alla centrale di polizia di Shibuya, come detective. Fu ben felice di prendere servizio proprio nel quartiere in cui era, in un certo senso, cominciata la sua carriera. Quante volte, da ragazzina, aveva girato per quelle stesse strade e fatto arrestare delinquenti vari…Fin dai primi giorni, Ran capì che lei era nata proprio per fare la poliziotta a Shibuya. In fin del conti, suo padre aveva sempre avuto ragione, su di lei.

Un giorno, Ran era impegnata nella cattura di un ladro. Il criminale correva per Shibuya, con alle calcagna una squadra di sei poliziotti, capeggiati da Ran. Con uno scatto, Ran si portò al fianco del ladro e riuscì ad atterrarlo con una spallata. Poi si chinò su di lui per ammanettarlo. Era abituata ad essere fissata dalla gente mentre svolgeva il suo lavoro, quindi non fece caso agli occhi che sentiva puntati su di sé. Ma, mentre si rialzava, udì una voce che le suonava piuttosto familiare.

“Santo cielo…allora è vero che, al giorno d’oggi, chiunque può entrare in polizia! Mi chiedo dove andremo a finire!”
Una voce sarcastica per natura e un tantino fredda che in passato Ran aveva sentito molte altre volte. Si voltò sorridendo sarcasticamente e disse:

“Allora provaci anche tu. Così la polizia giapponese sprofonderà nel baratro più cupo.”

Si scambiarono un sorriso sarcastico, che per loro equivaleva ad un sorriso felice.

“E così sei tornata, detective.”

“Ebbene sì, signor Otohata. Quindi ora devi stare più attento, quando commetti qualche crimine. Altrimenti potrei arrestarti.”

“Ammetto che mi sarei aspettato di vederti tornare in tanti modi diversi, ma mai come poliziotta.”

“Non sempre accade ciò che ci sia aspetta mio caro…Beh, ora devo andare. Qui c’è qualcuno che muore dalla voglia di essere interrogato. Ci si vede, eh?”
“Sì…Ci si vede…”
E si separarono. Dopo aver interrogato a lungo il ladro, Ran provvide a scrivere il rapporto riguardante il caso e poté finalmente staccare. Il suo era decisamente un lavoro faticoso. Guardò l’ora. Sbuffò, rendendosi conto che sarebbe dovuto rientrare durante l’orario di punta. Il treno sarebbe stato pieno come un uovo.

*Ah, Ran…Hai proprio bisogno di una macchina! Un detective che si rispetti non può mica andare in giro a piedi! Va beh, dai. Andiamo ad affrontare il casino!*
Uscì dalla centrale con passo lento e le mani in tasca. Era quasi il tramonto. Alzando lo sguardo vide una moto parcheggiata davanti all’entrata dell’edificio e qualcuno appoggiatovi. Strizzò gli occhi, perché si trovava in controluce, e si rese conto che quella persona le era familiare. Fin troppo.

“Beh? Guarda che se ti costituisci, io perdo tutto il divertimento!”
“Oh, mi dispiace. Vuoi che mi metta a correre in giro per Shibuya?”

“No, va bene anche così. Allora? Che ci fai qui?”
“Ho staccato dal lavoro e passavo di qua. Ho pensato che anche tu avessi ormai finito, così ho dato un’occhiata se per caso uscivi.”

“Quale premura! Sbaglio o un tempo avresti fatto di tutto pur di trovarti in un luogo diverso da quello dov’ero io.”
“Infatti. Però sono passati degli anni e non so come sei diventata. Voglio accertarmi circa quanto distante devo rimanere da te per non incorrere in qualche guaio.”
“Beh, signor accertatore…Stando fermi in silenzio non scoprirai niente. Andiamo a fare una passeggiata, mentre indaghi?”
“Sei tu quella che indaga. Io mi limito ad accertare. E comunque, accetto l’offerta della passeggiata.”

“Non era un’offerta, ma solo una proposta. Comunque, andiamo. E, sentiamo, signor Rei Otohata, ex miglior liceale…che fai nella vita?”
Così i due passeggiarono, raccontandosi a vicenda ciò che era accaduto negli ultimi cinque anni. Il loro discorso mantenne per tutto il tempo un tono sarcastico, ma i due erano talmente immersi nella loro conversazione da non accorgersi che il sole era ormai tramontato e che si era già giunti alle nove di sera.

“Oh, cavolo. Guarda un po’, è già buio. Abbiamo fatto una bella chiacchierata, eh?”
“Già.”

“Strano, non mi sarei mai aspettata che tu potessi parlare tanto, sai? Credevo che al massimo fossi capace di rispondere a monosillabi.”

“Beh, dovevo pur accertarmi della tua pericolosità.”

“Ah, è vero. E a che conclusione sei giunto, dopo questo attento studio?”
“Mah, direi che…in linea di massima…posso anche permettermi di starti piuttosto vicino…”
“Oh, ma che sorpresa! Beh, certo…Il fatto che tu possa non vuol dire che lo farai…Oltre a poterlo fare, bisogna anche volerlo…”
“Sì, è vero. Giusto ragionamento, il tuo. Ma credo che, nel mio particolare caso, si rispettino entrambi le condizioni. Anche perché, altrimenti, mi sarei stufato molto prima di accertare…”

“I fatti stanno prendendo una piega imprevista…Signor Otohata, non ci starai mica provando, per caso?”
“Bisogna proprio dirtelo? Beh, sì, visto che nemmeno sei anni fa ci eri arrivata…”
Per la prima volta, da quando si erano rivisti, Otohata era riuscito a zittirla. Ran rimase a fissarlo e lui rise. Stranamente, era una risata vera, che nasceva dal cuore. Non le solite odiose risatine sarcastiche.

“Non è molto carino da parte tua ridere in questo modo sai?”
“Oh, ti chiedo scusa! Ma ti assicuro che la tua faccia di poco fa era davvero comica!”

“Comica un accidente! Mi spieghi come diavolo avrei potuto capirlo? Tu non facevi che trattarmi male e prendermi in giro, con le tue battutine!”

“Non tutti riescono ad essere espliciti come lo era Yuya…”
“E poi tu ti sei messo con Aya.”

“Visto e considerato che a farmici mettere insieme sei stata tu…”
“Oh. Beh, comunque, è colpa tua.”
Camminarono in silenzio per un po’. Erano entrambi tranquilli. In passato non era mai capitato che passassero tanto tempo da soli, quindi non avevano mai potuto constatare quanto armonia ci potesse essere tra loro. Quando erano ormai giunti alla moto, si fermarono a prendere un paio di lattine. A forza di parlare e camminare, era venuta ad entrambi una gran sete. Rei si appoggiò al muro, mentre sorseggiava la sua bibita. Ran invece si appoggiò ad un paletto posto di fronte a lui. Ad un certo punto Rei la fissò, poi disse:

“Allora? Questa Ran Kotobuki si mette solo con ragazzi come Tatsuki Kuroi o riuscirebbe anche a stare con un belloccio dal carattere difficile e dal sarcasmo e cinismo congeniti?”
Ran lo fissò per un po’. Ma non era stupita e non stava nemmeno cercando un modo gentile per rifiutare. Ci stava semplicemente pensando. Ci mise un po’. Poi disse:

“Mah, non saprei. Sinceramente non ho avuto molte storie degne di questo nome, finora. E, sicuramente, mai con un belloccio dal sarcasmo e dal cinismo congeniti, nonché totalmente odioso come te. Però, d’altronde…finché non si prova, non si può sapere, no? E, mio malgrado, mi vedo costretta ad ammettere che l’idea mi alletta più di quanto mi sarei mai immaginata. Chissà…forse è fin dai tempi delle superiori che, inconsciamente, ho un debole per i bellocci dal carattere impossibile…”

Sorrise di nuovo, anche questa volta con sarcasmo. Ma ben presto quel sorriso si trasformò in uno vero. Anche Otohata sorrise e, forse per la prima volta, senza sarcasmo anche lui. Si avvicinò piano a Ran, sempre sorridendole in quel modo e, quando le fu di fronte, la baciò. Quando si separarono le sorrise di nuovo e sussurrò:

“Che dici…sarà per via di quel detto secondo il quale gli opposti si attraggono?”
“Mah, credo di sì. Altrimenti, come spiegare quest’attrazione?”
“Già…”

Poi s’incamminarono nuovamente, fianco a fianco, verso la moto.

“Mi sa che il nostro sarà un rapporto burrascoso…” – disse lui, passandole una mano attorno alle spalle.

“Sì, forse…ma sicuramente molto, molto divertente…e incredibilmente soddisfacente…” – rispose lei, cingendo a sua volta la vita di lui.

 

THE END

 

NOTE

*    BakAniki:  Baka = stupido ;  Aniki = fratellone

**  Aneki = sorellona

 

  
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