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Autore: ExsulMentis    30/09/2010    1 recensioni
Come sarebbe dovuto andare Twilight a mio parere, in soli due capitoli.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Si mordicchiava nervosamente le unghie, si guardava intorno spaesata ed in cerca del suo trolley. Bella Swan attendeva che anche il suo bagaglio venisse scaricato sul nastro insieme agli altri. L’aeroporto di Forks era famoso per i suoi errori in quanto alle consegne delle valigie, la percentuale degli smarrimenti era alta. Si sentì sollevata quando vide arrivare verso di lei un borsone blu, fornito di molte cerniere ma sgualcito ai lati. Lo afferrò decisa e si avviò, con passo svelto e sguardo basso, verso l’uscita. Suo padre era proprio lì, ad aspettare lei. Quando si videro si scambiarono un sorriso, ma imbarazzati non riuscirono ad abbracciarsi. In macchina, Charlie e Bella si scambiarono poche parole, come due perfetti sconosciuti parlarono del tempo e della scuola. Arrivati a casa i due si separarono. Lei si chiuse in camera a disfare le valigie e lui fece delle telefonate al dipartimento di polizia dove lavorava. La cena fu consumata in silenzio e in fretta, Charlie sarebbe dovuto tornare subito a lavoro, per uno straordinario. Inevitabilmente Bella si trovò sola nella nuova casa a Forks, la cittadina più piovosa dello stato di Washington, forse di tutti gli Stati Uniti d’America. Sistemò sulla sedia i vestiti che avrebbe dovuto indossare l’indomani mattina, li guardò un attimo, assorta nei suoi pensieri. Un turbinio di emozioni e sentimenti la tormentava. Odiava quella casa, odiava quel posto.. sarebbe voluta rimanere volentieri a Phoenix, in California, con sua madre; ma aveva anteposto la felicità di lei piuttosto che la sua, così si era ritrovata a dover affrontare una nuova cittadina buia, un nuovo primo giorno di scuola, con nuovi compagni e nuovi professori. Queste novità tutte assieme non le avrebbe rette per molto, odiava i cambiamenti e, soprattutto odiava Forks. Si addormentò a fatica, con l’incertezza dell’indomani, con la paura del suo futuro. La mattina seguente non ci fu nessun raggio di sole a svegliare Bella, fu il meccanico suono della sveglia digitale a rinsavirla dal sonno. Un’ora dopo era già nell’auto di Charlie, che tamburellava in modo frenetico le sue unghie sul finestrino appannato. “Nervosa per il primo giorno di scuola?” le chiese il padre. Lei rispose con un cenno impercettibile del capo accompagnato da un profondo sospiro. “Non fare così, vedrai che ti abituerai subito” continuò sconfortato dal suo silenzio, ma Bella continuò ad ignorarlo e a creare un sottofondo al viaggio. Arrivati nel parcheggio della scuola si salutarono appena; Bella scese dalla macchina e s’incamminò veloce attraverso il parco antistante l’entrata. Ebbe l’impressione di essere osservata e, quando alzò lo sguardo dai suoi piedi, si accorse di non aver avuto una sezione sbagliata. Gli occhi di tutto il corpo studentesco erano posati su di lei. Arrossì violentemente mentre la campanella la salvava dall’imbarazzante frangente. Fino al pranzo le lezioni si susseguirono senza intoppi. Fece amicizia con un gruppo di ragazzi che avevano il suo stesso orario scolastico più o meno. Jessica, Angela e Mike: per memorizzare i cognomi era ancora presto. Durante la mensa la invitarono al loro tavolo e Bella gioì intimamente di non dover passare il primo giorno di scuola seduta da sola durante il pranzo. Appoggiò le sue cose su una sedia, in modo che nessuno le potesse rubare il posto, e con il vassoio in mano andò a prendersi qualcosa da mangiare, anche se non aveva molta fame dopotutto. Si mise ordinatamente in fila e aspettò il suo turno. Guardò attentamente le pietanze esposte sotto le teche, per proteggerle dalla sporcizia e dai batteri, quando inciampò nei suoi stessi piedi e cadde addosso ad un ragazzo, che nella fila, la precedeva. Si alzò aiutandosi con le mani e sollevò lo sguardo verso il malcapitato: “scu… “ ma non riuscì a pronunciare la parola perché la sua bellezza l’abbagliò. Era alto e magro, aveva i capelli ramati, gli occhi color del miele e a fare da sfondo una pelle diafana. Non aveva mai visto un ragazzo così bello in vita sua. Si ritrovò a bocca aperta a fissarlo, mentre lui si rialzava e imprecando notava la camicia sporca. Poi d’un tratto si fermò, fu come se smise improvvisamente di respirare. I suoi muscoli si tesero e il petto immobile non dava segno di vita. Bella si fece coraggio. “Perdonami, sono un’imbranata totale… come posso farmi perdonare?” gli chiese intimorita dal suo atteggiamento. Lui alzò la testa di scatto, come un animale a caccia quando avvista la sua preda. La guardò intensamente attraverso le pupille ristrette; Bella fece qualche passo indietro spaventata, calpestando i piedi ad un altro malcapitato, ma non se ne accorse. Inaspettatamente poi il ragazzo alzò i tacchi e uscì dalla stanza. Così, senza dire niente. Bella rimase perplessa alla sua reazione, e attonita rimase a fissare le stoviglie rovesciate sul pavimento, come se quelle potessero darle una qualche risposta. D’un tratto si ricordò che stava facendo la fila e, voltandosi, si accorse di averla bloccata. Si ricompose ed aiutò le signore della mensa a pulire per terra; dopo dieci minuti tornò al tavolo dei suoi nuovi “amici”. “Bella, ma che è successo?” le chiese Jessica, finta preoccupata. “Non lo so; ho scontrato un ragazzo e dopo che gli ho chiesto scusa è scappato” rispose confusa lei. Tutti scoppiarono a ridere, come se Bella si fosse inventata tutto, ma non le interessava se le credevano o meno, aveva in testa solo quel ragazzo bellissimo e misterioso.
  
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