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Autore: Asfe    01/10/2010    9 recensioni
Sì, lo ammetto, purtroppo ho scritto una... Sirius/Piton.
“Io no,” Afferma Piton, ma sa già che è inutile – lo è sempre stato, dalla prima volta che Sirius l’ha voluto.
“Sai quanto me ne frega,” Dice Sirius, ed è un po’ ovvia la cosa, a lui non gliene importa di ciò che sente il piccolo Mocciosus. È solo una cosa da usare e buttar via, come tutte le altre persone che ha semplicemente… voluto.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Sono un essere assolutamente immondo, ne sono consapevole. Una Sirius/Mocciosus è per me motivo di grande, profonda vergogna.
Questa coppia è pura FANTASCIENZA, e si basa solo sulle fantasie di qualche matto – sì, io sono una di quelli.
Sirius non farebbe mai sesso con Mocciosus né tantomeno quest’ultimo con lui. Ancor meno l’uno o l’altro si innamorerebbe del suo peggior nemico, ai tempi della scuola poi.
Insomma, ho rovinato il più bell’odio – che condivido, stando dalla parte dei Marauders fieramente – che ci sia nella Saga di Harry Potter.
La storia – senza senso, non deve avercelo e mai ce l’avrà – è nata oggi, a scuola, durante una tediosa ora di matematica.
Meds, da persona idiota, mi ha convinta a scriverla e costretta a postarla. Ergo prendetevela con lei.
James, ma soprattutto Sirius, che possiate un giorno perdonarmi.


Ancora una volta



“Molto bene, Mocciosus. Ancora una volta la tua mente acuta e penetrante si è applicata e sei giunto alla conclusione sbagliata.”
{Il Prigioniero di Azkaban, Sirius Black, Film}


Cielo grigio, nuvole grigie, pioggia grigia, terra grigia, perfino aria grigia. C’è grigio un po’ ovunque, riflette Sirius, il cattivo tempo si dirama anche sulle facce della gente che passa.
Perché ne passa. Anche sotto l’acqua scrosciante di una tempesta di Primavera inoltrata, fastidiosa e assolutamente inappropriata.
Alunni trovano il tempo e la voglia di correre al campo da Quidditch per recuperare gli occhiali smarriti – quella, in effetti, sarebbe un’azione più da James, ma lui non si separa mai da quelle lenti tonde e terribilmente trasandate che porta con così tanta disinvoltura –, un primino corre alla capanna di Hagrid, qualcun altro si sta dirigendo verso il castello.
In effetti non ci sono più così tante persone, dopo cinque minuti di disinteressata osservazione dalla torre di Grifondoro. Anzi, nessuna, se non si conta l’undicenne di prima che ha trovato riparo sotto la folta barba nera del guardiacaccia.
“Lunastorta,” replica con fare annoiato senza neanche guardarlo, “Cos’abbiamo domani per lezione?” Domanda infine.
Remus sgrana un po’ gli occhi – Sirius Black che chiede informazioni per una materia scolastica, ora poteva morire in pace – poi si ricompone con la solita espressione di bonaria severità, come il padre buono che sgrida il figlio per dovere.
“Storia della Magia ed Erbologia, Felpato,” gli risponde con aria leggermente cauta, come se si aspettasse di vedere allargare la bocca di Sirius in un ghigno malizioso e pericoloso, anticipazione di un’idea per un dispetto particolarmente eccitante e soprattutto plateale – e più facilmente punibile.
E così è, effettivamente. Anche se gli occhi dell’amico sono più spenti di quando deve attuare una bravata, non c’è così tanta voglia di fare e i tratti s’irrigidiscono un poco, diventando più tesi e asciutti sul suo viso.
Se domani hanno Erbologia e Storia della Magia, oggi i Serpeverde hanno Pozioni, o almeno così pare a Sirius.
“Felpato, domani sei già in punizione, dopodomani è la vigilia della Luna piena, indi per cui, per favore,” Dice Remus, avvicinandosi a lui, “Non combinare troppi casini, d’accordo?”.
Felpato gira il capo verso di lui – nota perfettamente il colorito esageratamente pallido, le guance incavate e l’aria stanca di Remus Lupin, e se ne dispiace pur continuando a sorridere insolente – poi parla lentamente, “Non combinerò troppi casini, Lunastorta. Soltanto qualcuno,” conclude strafottente.
Remus sospira solamente, un po’ irritato, e quindi Felpato parla di nuovo, “Dov’è James?”.
“Non qui,” Replica pungente Remus, sfogliando pigro una pagina del libro che sta leggendo.
Sirius fa roteare gli occhi e si morde il labbro inferiore per non ribattere, non ha tempo per inscenare litigi, “Digli che io… sono in giro”.
Remus annuisce appena, continuando a leggere, ma Sirius sente il suo sguardo dietro la schiena mentre se ne va. Uno sguardo fugace e sospettoso.

Sirius Black cammina con disinvoltura, come se il mondo gli appartenesse. Con quei tratti da nobiluomo atipici e belli, l’aspetto elegante e il passo leggero e agile.
Guarda a destra e a sinistra, mentre percorre i corridoi, perché deve vedere quel che c’è e se possibile peggiorarlo.
O migliorarlo, sogghigna a volte James mentre gli è a fianco, e Sirius crede che davvero in fondo dipenda dai punti di vista.
Quello di Lily Evans non è da prendere in considerazione, naturalmente. E neanche quello del corpo insegnanti, men che meno quello della McGrannitt.
Ci sono occasioni in cui Sirius – e forse, sicuramente anche James – pensa, in uno slancio di filosofia Marauderiana, che loro due si divertono sul serio. Non c’è esibizionismo o presunzione alla base delle loro buffonate, e neanche la ricerca di gloria che li illumini, quella viene da sé come qualcosa di spontaneo e naturale. Loro, semplicemente, fanno quello che gli pare e se quel che fanno li porta a ridere, tanto meglio.
C’è chi se la spassa correndo nudo per le strade di Londra e chi comportandosi da proprietari di Hogwarts. Avrebbero dovuto conoscerlo, prima o poi, quel babbano che aveva fatto la maratona sulla capitale finendo persino sui quotidiani magici, decise fra un pensiero e l’altro Sirius.
Con la stessa sicurezza che lo caratterizzava in ogni occasione, apre la porta dell’aula a cui intanto è giunto e con uno smagliante sorriso esordisce al professor Lumacorno, “Buongiorno, professore!”.
Quell’ora di Pozioni è per Tassorosso e Serpeverde, e così con immancabile arroganza Felpato ne approfitta per fare l’occhiolino ad un paio di ragazze carine in prima fila, per poi ritornare a volgere lo sguardo al docente.
“Insomma, Black,” Borbotta quello, non riuscendo a nascondere un’espressione benevola, “Cos’ha fatto stavolta?”.
Qualcuno ridacchia, ma più con ammirazione che con scherno. C’è chi tossisce, sarcastico, sicuramente Serpeverde.
“Assolutamente nulla, professore,” Inizia Sirius, corrucciando appena la fronte, “Per quale assurdo motivo pensate che io abbia avuto una cattiva condotta per arrivare qui?” Termina con tono fintamente – e ingannevolmente – offeso.
“Suvvia, suvvia,” Bofonchia Lumacorno, “Perché sei qui, Black?”.
“La professoressa Sinistra desidera il signor Piton subito nel suo ufficio, professore,” Dice pronto Sirius, prendendo un cappello immaginario dalla testa e inchinandosi come un uomo d’altri tempi.
“Tutte queste scene!” Sbotta divertito, e poi ordina a Piton di seguirlo, continuando inclinando il capo, “Tanto Rosier saprà finire la sua pozione eccellentemente anche da solo, non è così?”.
Sirius sghignazza ed esce dal sotterraneo, seguito dall’altro.
Qualche passo in silenzio, poi Piton lo aggredisce, “Che vuoi, Black?” Sputa con risentimento.
“Be’, prima di tutto modera i toni, Mocciosus; in secondo luogo, mi voglio divertire un po’, oggi,” Spiega tranquillamente, inspirando profondamente aria quando escono totalmente dai sotterranei come se lì sotto ossigeno non ce ne fosse.
“Io no,” Afferma Piton, ma sa già che è inutile – lo è sempre stato, dalla prima volta che Sirius l’ha voluto.
“Sai quanto me ne frega,” Dice Sirius, ed è un po’ ovvia la cosa, a lui non gliene importa di ciò che sente il piccolo Mocciosus. È solo una cosa da usare e buttar via, come tutte le altre persone che ha semplicemente… voluto. È questo che si ripete Severus Piton, ogni qualvolta lui annuncia di volerlo scopare. È questo che si ripete Severus Piton, ogni qualvolta che si ritrova a fissarlo.
Non si accorge che Sirius lo sta osservando con gli occhi leggermente assottigliati, le sopracciglia corrugate.
“Sei sempre stato un tipo da seghe mentali.”
È questa la frase che lo risveglia dalle sue – come le ha chiamate, Black? – seghe mentali.
“Già, e tu sei sempre stato un rompicoglioni, Black. D’altronde certe cose non cambiano mai,” Ribatte seccato.
Segue una pausa. Sirius prende un pacchetto di Gomme Bollenti, lo apre e ne scopre una fila di sigarette fatte evidentemente da solo – e figurarsi se in quel momento si metteva a masticare una gomma, considera Piton stizzito – poi se ne accende una e se la porta alla bocca.
“Vuoi?” Chiede dopo la prima boccata di fumo.
“Certo che no, Black, io odio il sapore di chi ha l’abitudine di inquinarsi i polmoni con le sigarette,” Esclama Piton, con una lontana eco di precoce soddisfazione per le immaginate labbra – carnose, bellissime labbra – di Sirius Black chiuse in un silenzio più lungo del precedente.
“Oh, Mocciosus, non credo tu abbia molti termini di paragone,” Risponde Sirius, lasciando Piton in balia di delusione sfumata da disprezzo – verso chi? Verso cosa? – e continuando imperterrito, “Tutt’al più non mi pare che io ti abbia mai baciato”.
E allora tocca a Piton rinchiudersi in sé stesso, perché ha ragione, fottutamente ragione, lui non l’ha mai baciato. Mai. Forse è capitato che abbia sfiorato le sue labbra in un insignificante attimo, ma nulla di più.
Perché?, si chiede involontariamente Piton.
Perché?
Non glielo domanda. Non gliel’ha mai domandato e non ha intenzione di farlo.
“Guarda, Black,” Comincia con un po’ di petulanza, “C’è dello sporco sul pavimento. Leccalo, è un’occupazione degna di te”.
“È un modo per dirmi indirettamente che so usare bene la lingua, Mocciosus?” Chiede angelicamente Sirius, facendo un sorriso sghembo.
Piton ringhia, frustato. Vorrebbe dirgli qualcosa, qualcosa che lo zittisca per più di qualche misero minuto.
“Andiamo,” Lo incita Sirius, che intanto ha spento il mozzicone per terra con la punta dello scarpa.
Piton annuisce e vanno. Per nessuno dei due ha importanza il dove, basta che sia un posto sicuro e indisturbato per almeno un’ora.

Piton zoppicherà, l’indomani – non si è ancora abituato del tutto al dolore. Qualcuno farà domande indiscrete se noteranno le due larghe gocce rosse sulle mutande color cenere, per cui le pulisce velocemente con un incantesimo.
Poi si allaccia i pantaloni e si ricompone. Riprende la forma ingobbita e spigolosa, l’espressione impassibile.
Dimentica i gemiti, gli ansiti e l’odore di sesso – sperma, sudore, fiato, eco di urla – che ancora aleggia lì intorno.
Sirius si sta abbottonando la camicia e si sta avvolgendo alla bell’e meglio la cravatta rossa ed oro intorno al collo. È di profilo e si possono notare le gote arrossate che gli donano un’aura fanciullesca, che sparisce immediatamente vedendo le iridi d’argento che nascondono un segreto. O molti segreti.
Piton crede con superbia di conoscerli tutti, più o meno. Non i dettagli, ma grossomodo sa di sapere la verità.
“Quando finirà?”
“Cosa?” Fa distrattamente Sirius.
“Quando finirà questa menzogna al mondo? Un Grifondoro dev’essere sincero, sbaglio?”
“Quale menzogna?” Si sorprende Sirius.
“La nostra relazione, noi,” Piton indica prima lui e poi sé stesso, come se dovesse spiegare il fatto ad un bambino, “Quello che facciamo”.
“Stai scherzando,” Dice Sirius a mezza voce, “Non è così?”.
Piton è preso in contropiede, “Cosa intendi?”, e per un momento – mai più l’avrebbe fatto in vita sua, si ripromise più tardi, mai più si sarebbe messo in una situazione simile – cede allo sbalordimento.
“Non c’è nessun noi, Mocciosus. Non c’è mai stato. Il nostro, il mio, si chiama sesso.”
Il respiro di entrambi fa un rumore secco.
“La tua mente acuta e penetrante si è applicata tanto, per giungere a questa conclusione sbagliata, Mocciosus?”
Gli occhi di Sirius dardeggiano su Piton un’ultima volta. Sono qualcosa di molto simile allo scioccati, increduli e adirati.
Piton non riesce ad aprir bocca. Lo osserva allontanarsi, semplicemente.
Il suo profumo – l’odore di qualcosa che non avrebbe mai più dimenticato, nonostante gli sforzi, nonostante qualunque cosa – se ne va con lui, sparendo.
   
 
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