Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Emmirey    01/10/2010    3 recensioni
Terza classificata al contest indetto da Bimba Sognatrice "L'attimo fuggente..."
Tutti umani. Alice e Jacob erano fidanzati al liceo, fino a quando lui se ne andò da Forks e fece perdere le sue tracce. Una festa tra ex compagni di liceo sistemerà le cose?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jacob Black
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Puzzle Banner




Festa.

Ecco la parola che più temeva Alice.

Odiava la folla di gente, la puzza di fumo che aleggiava nell’aria e la musica assordante che impediva di fare una conversazione con qualcuno senza urlare a squarcia gola per farsi sentire. Se poi si parlava di festa tra ex compagni di liceo, la cosa diventava spaventosa.

Mentre percorreva il vialetto che separava il cancello alla casa di Rosalie, sua ex compagna di liceo che aveva organizzato la suddetta festa, incominciò a sentirsi a disagio.

Si chiese perché aveva deciso di accettare quello stupido invito, ma non seppe trovare risposta. Ricordava di essere tornata a casa e di aver trovato l’invito, di averci riflettuto sopra per giorni se andare o no e alla fine, colpita da uno strano coraggio, aveva chiamato Rosalie per avvisarla che lei ci sarebbe stata alla festa. Ma il perché non lo sapeva.

Forse nessuno l’aveva ancora vista e sarebbe potuta fuggire da lì.

No, si impose. Hai accettato l’invito e ora non scapperai.

Bè, facile a dirlo.

Forse aveva esagerato con il vestito, incominciò a pensare. Lo sapeva che doveva scegliere quello nero e lungo, non questo blu che arrivava a metà coscia.

Inconsciamente, incominciò a rallentare, come per ritardare il momento degli incontri, ma troppo presto si trovò davanti al portone che la divideva dalla festa.

Prese un profondo respiro e suonò. Per qualche secondo stette lì ad aspettare, sperando che nessuno l’avesse sentita e perciò sarebbe tornata a casa, ma per sua sfortuna la porta si aprì rivelando una bellissima ragazza truccata in modo leggero, i capelli biondi mossi che coprivano le spalle e il corpo perfetto fasciato in un elegante vestito lungo bianco. Rosalie.

«Alice?» chiese sorpresa.

«In carne ed ossa» rispose lei facendo un sorriso tirato.

«Sei venuta!» Rosalie era così felice di vederla che si lanciò contro ad abbracciarla. Alice, presa alla sprovvista si irrigidì, ma poi rilassandosi ricambiò l’abbraccio.

«Sono contenta che tu sia qui» disse Rosalie, esprimendo tutta la sua felicità per la sua presenza.

Si allontanarono e Alice le sorrise: non era proprio cambiata la sua cara vecchia amica Rosalie. Sempre gentile con tutti. Se non la si conosceva si poteva pensare che fosse un po’ smorfiosa, ma era una grandissima amica. In quel preciso momento si chiese come mai non erano state in contatto in quei cinque anni di lontananza ma con un flash arrivò la risposta.

Distrutta. Ecco cosa era. Era una ragazza distrutta dal suo primo grande vero amore.

Perché? Perché se n’era andato? Perché era sparito senza dirle niente?

Era scomparso. Insieme a lui, tutta la sua famiglia. Aveva provato a chiamarlo, ma il telefono era sempre staccato. Perché? Perché era partito così senza nessun avvertimento?

Perché l’aveva lasciata lì in balia di tutti quegli sguardi pieni di pietà per lei?

Non poteva più stare in quella città. Tutti che la guardavano con occhi pieni di commiserazione. Non riusciva a sopportarlo. Tutto ciò che vedeva le ricordava lui, i loro momenti passati insieme.

In preda alla disperazione, un mese dopo il diploma fece le valige e prese il primo aereo per New York. Cambiò numero di cellulare e le uniche persone di Forks con cui era in contatto erano solamente i suoi genitori.

Scosse la testa. No, non doveva pensarci ora. Non doveva rovinarsi l’umore con degli stupidi ricordi.

Ovviamente non rimpiangeva le decisioni che aveva fatto in passato, anzi: a New York aveva studiato per diventare giornalista e ora lavorava perThe New York Times ed era felicissima così, perché il suo sogno si era realizzato. Ma pensare a quel periodo della sua vita, bruciava ancora. Come se avesse ancora una ferita aperta e non riuscisse a guarirla. Ogni tanto nella sua mente sbucava qualche ricordo scomodo e quella ferita, sul petto vicina al cuore, bruciava talmente tanto che si ritrovava a boccheggiare nei peggiori casi.

«Vieni», Rosalie la riportò sul pianeta Terra. «La festa è dall’altra parte».

Camminarono per un corridoio e parlarono di tutto ciò che era accaduto nei loro anni di lontananza. Alice si decise di dare il suo nuovo numero a Rosalie e lei, commossa, accettò molto volentieri l’idea di poterla sentire quando sarebbero state di nuovo lontane.

Arrivarono in un grande atrio e Alice incominciò a sentire la musica che rimbombava nel salone di fronte a loro. Rosalie aprì la porta e un’enorme stanza era di fronte a lei, con tutti i volti che aveva cercato di dimenticare. Fortunatamente, non la stavano guardando come l’ultima volta.

La musica non era molto alta e questo ad Alice andava più che bene.

Vide un tavolino pieno di Martini e decise di prenderne uno. Le serviva un po’ di alcool nel corpo per affrontare tutta la serata. Sorseggiò il suo drink e grazie al suo gusto famigliare si sentì subito a casa. Girò un po’ per la stanza, cercando di passare inosservata, ma ogni tanto c’era qualcuno che la riconosceva e si fermava a fare due chiacchiere. Nessuno toccava l’argomento. Nessuno parlava di quel periodo. Nessuno osava toccare l’argomento che scottava.

Dopo varie fermate da diverse persone iniziò a parlare con la storica coppia: Bella ed Edward. Quei due erano insieme ancora dal liceo ed era fantastico il loro rapporto. Si amavano e lo si capiva da come si guardavano, da come si muovevano in sincrono, da come parlavano e dal diamante sul suo anulare sinistro vicino alla fede. Ma la prova più grande era quel piccolo rigonfiamento nella pancia di Bella che entrambi già adoravano.

«Ci siamo sposati il 13 agosto dell’anno scorso» stava dicendo Bella. «E qualche mese dopo ho scoperto di essere incinta» ammise con occhi lucidi.

«A che mese sei di gravidanza?» chiese Alice interessata. Aveva sempre adorato Bella, ma aveva perso tutti i contatti anche con lei. Era contentissima che la sua amica aveva coronato il suo sogno d’amore. Quando erano ragazzine passavano le serate in compagnia ad immaginarsi il loro futuro e Bella aveva sempre immaginato ciò che ora aveva: sposata con Edward, con un figlio tutto loro. Un po’ la invidiava, si ritrovò ad ammettere a se stessa.

In quel momento arrivò uno dei camerieri che sussurrò qualcosa all’orecchio di Rosalie.

«Scusate» disse Rosalie, «È arrivato un ritardatario».

Detto questo si dileguò verso la porta da cui erano entrate circa un’ora prima.

Alice stette lì un po’ con gli altri, a parlare di tutto e di più. Quando Rosalie arrivò, aveva una faccia sconvolta.

«Rosalie?» chiese Alice. «Che succede?».

Rosalie la guardò con uno strano sguardo. «Niente!» disse sorridendo nervosamente.

Alice era confusa: chi era alla porta?

Rosalie scappò via con una scusa trascinandosi dietro Bella.

Alice confusa lasciò i ragazzi a parlare tra di loro e iniziò a girare per la grandissima sala.

La casa era davvero grande e bellissima. Internamente era molto elegante, con mobili in stile antico e affreschi in ogni stanza. Fuori c’era un’enorme parco perfettamente curato con piante qua e là e una grande piscina sul retro.

Vide che c’era una porta finestra, da dove sentiva entrare l’aria fresca e decise di uscire per prendere una boccata d’aria. Prima di uscire prese un altro Martini che bevette tutto in un sorso. Fuori c’era una luna stupenda, grande e bianca come la neve ed il cielo era meravigliosamente stellato. Alice ringraziò che per quella sera ci fossero poche nuvole e si perse a vedere quel meraviglioso cielo che a New York era difficile ammirare e non si accorse che qualcuno le si era avvicinato.

«Bellissima serata, vero?» disse una voce. Un brivido percorse Alice, un po’ per la sorpresa, un po’ perché quella voce le ricordava qualcosa.

«Già» rispose, distogliendo lo sguardo dal cielo e abbassandolo per vedere da chi proveniva la voce.

E le si gelarono le vene.

Le gambe diventarono molli.

La testa incominciò a girare.

La ferita nel petto si squarciò e cominciò a pulsare in modo talmente doloroso che si ritrovò ad annaspare in cerca d’aria.

Non riusciva a credere a ciò che vedeva. Il suo viso era nell’ombra, ma quei capelli e le spalle illuminati dalla luce che usciva dalla sala li avrebbe riconosciuti ovunque.

Sentendosi lo sguardo addosso, il ragazzo si voltò verso di lei e la vide, si bloccò e sgranò gli occhi. Rimasero immobili a guardarsi, non credendo di essere realmente uno di fronte all’altro dopo tanto tempo.

«Alice» sussurrò Jacob.

Il suo viso era mezzo illuminato dalla luce della luna, che in quel momento per entrambi era sparita, come tutto il resto: erano solo loro due, finalmente insieme.

Lui fece un passo verso di lei e alzò il braccio per accarezzarle la guancia destra che era rigata dalle lacrime di Alice che, incapace di trattenerle, le aveva lasciate scorrere.

«Ti ho trovato» sussurrò lui, fissandola intensamente negli occhi.

Ormai i singhiozzi di Alice la facevano tremare e lui l’abbracciò stretta, dove lei si lasciò andare in un pianto liberatorio. Finalmente si sentì a casa tra quelle braccia, immersa nel suo profumo di menta fresca e vento, mai dimenticato. Lei si aggrappò alla sua maglietta: non voleva lasciarlo più andare via, e lui, capendo ciò che lei stava pensando, disse: «Sapevo che ti avrei trovata qui, e ora non ti lascerò mai più». Alice allontanò il viso dal suo petto in modo da poter parlare, ma restando comunque abbracciata a lui e rispose, con voce roca dal pianto: «Non fare promesse. Non potrei sopportare un’altra delusione».

Gli occhi di lui si addolcirono e incominciò ad accarezzarle la schiena provocandole dei brividi.

«Non avevo scelta, tesoro» iniziò Jacob, mentre Alice si era sciolta al nomignolo che aveva usato. «L’ho fatto solo per proteggerti».

«Perché?» chiese lei.

Stava forse sognando? Quante volte aveva immaginato una situazione simile a quella, dove loro erano di nuovo uniti e sapere il perché di quel gesto avventato?

Forse troppe volte, ma finalmente ora poteva scoprire la verità.

Jacob chiuse gli occhi e sospirò. Quando li riaprì, guardò Alice e incominciò a parlare.

«La mattina dopo del diploma mi svegliai e vidi i miei genitori preparare valigie buttando dentro qualche vestito e cibo. Chiesi cosa stesse succedendo e mi risposero di prendere il minimo necessario in una valigia perché in dieci minuti saremmo partiti. Tornando in camera presi il cellulare per chiamarti, per avvisarti che sarei partito ma il tuo telefono era spento. Preparai la valigia come mi dissero loro e dopo neanche qualche minuto eravamo in macchina. Provai a richiamarti ma mio papà mi buttò il telefonino fuori dalla macchina in corsa, dicendo che se volevo che non ti succedesse niente, non avrei dovuto chiamarti per un po’. In poche parole dovevamo far perdere le nostre tracce».

Jacob si fermò, ed Alice ricordò i giorni dopo la sua scomparsa con una nuova prospettiva.

Non riusciva a capire il motivo di una fuga così veloce che gli chiese il motivo.

«Mio zio, fratello gemello di mio papà, era nei guai con la giustizia, con dei pezzi grossi ed era ricercato, ma avevano sbagliato ricerche e stavano venendo a prendere noi, convinti che fossimo le persone giuste».

«E poi?» lo incitò Alice.

«Catturarono mio zio – che ora è in un carcere isolato non si sa dove – qualche mese dopo la nostra partenza. In quell’arco di tempo eravamo continuamente in movimento per non farci rintracciare. Quando finalmente potei chiamarti, il tuo numero non era più attivo».

Lo sguardo di Jacob era talmente triste che Alice appoggiò una mano sulla sua guancia per consolarlo. «Sono stata per un mese a Forks dopo la tua partenza, ma non riuscivo più a sopportare gli sguardi compassionevoli dei nostri amici. Ogni cosa mi ricordava te e non riuscivo a sopportarlo. Così mi sono trasferita a New York cercando di cambiare vita e per..» Alice si bloccò, arrossendo.

«E per cosa?» chiese curioso Jacob.

«Bè» cominciò lei abbassando lo sguardo, «per dimenticarti».

Il corpo di Jacob si irrigidì. «E ci sei riuscita?» chiese con voce incolore.

Lei alzò lo sguardo per incontrare il suo e rispose in modo sincero: «No, non ci sono riuscita neanche per un minuto», ammise. «Continuavo a pensarti, a sognarti, a immaginare il tuo profumo, i tuoi occhi, il tuo corpo, la tua voce».

Lui sorrise, uno di quelli che gli illuminarono gli occhi ed Alice lo trovò ancora più bello.

Gli accarezzò i capelli e la rassicurò. «Non ho mai smesso di pensarti, mio piccolo dolce amore».

Lei sorrise, commossa al ricordo di quando lui la chiamava sempre così ai tempi del liceo.

Jacob cinse con entrambe le braccia la vita di Alice.

Finalmente insieme. Finalmente vicini. Unici.

«Sai, forse sapevo che ti avrei incontrato in questa festa» disse Alice.

«E come mai?» chiese Jacob curioso.

«Non so, ma avevo come la sensazione che stasera la mia vita sarebbe cambiata».

«Non è cambiata», corresse Jacob. «Hai solamente trovato l’ultimo pezzo del tuo puzzle».

E finalmente avvicinò le sue labbra a quelle di lei che tanto gli erano mancate.

3^ Classificata ‘Puzzle’ di ColeiCheAmaEdward
Originalità: 10
Un’AU veramente affascinante e originale, che mi ha tenuta inchiodata allo schermo del computer fino alla fine. Complimenti! ^^
Stile: 9.5
Quasi perfetto, se non fosse stato per qualche virgola fuori posto.
Lessico e grammatica: 8.5
Purtroppo ho notato che nella coniugazione dei verbi hai usato una ‘o’ di presente invece di una ‘ò’ di passato remoto. Ciò ti ha penalizzata insieme agli avverbi ‘qua’ e ‘la’, i quali vanno accentati per esprimere il concetto di vicino e lontano.
Sviluppo della trama: 6
Mannaggia alla memoria! =) come da contest i due personaggi avrebbero dovuto vivere un momento che non sarebbe più tornato, quindi Alice non avrebbe dovuto più vedere Jacob e viceversa. Purtroppo ho dovuto toglierti molti punti per questo ‘insignificante’ particolare.
Ubicazione dei personaggi nel contesto: 13
I personaggi ci sono e, come ho detto precedentemente, sono ben caratterizzati; ottima anche la stesura del luogo del terrazzo, nonostante avresti dovuto approfondirlo un po’ di più.
Gradimento personale: 4
Mi è molto piaciuto, non c’è che dire. Corretto lo stile e non ho trovato nessuna difficoltà nel leggerla. Brava!
51/60



Ciao a tutte! Eccomi qua che pubblico la mia ennesima One-shot :)
Ringrazio Bimba Sognatrice per il suo giudizio. Come mio primo constet a cui ho partecipato devo dire che sono molto soddisfatta :)
Spero piaccia anche a voi :)

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Emmirey