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Autore: LaRagazzaDelleMargherite    03/10/2010    4 recensioni
Severus si trova davanti al suo più grande desiderio, il suo più grande dolore: lo Specchio delle Brame e il suo riflesso.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Più contesti
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Love's erised.
Erised stra ehru oyt ube cafru oyt on wohsi.

Erano trascorsi esattamente undici anni da quel 31 ottobre. E quell’anno, alla Scuola di Magia e Stregoneria, era arrivato un ragazzino smilzo e magrolino, con folti capelli neri come l’inchiostro e due brillanti occhi verdi.
Aveva avuto tutta l’estate per prepararsi a quel giorno. Si era chiesto più volte come sarebbe stato, avrebbe provato rabbia? Dolore? Simpatia, forse? Ammise di aver fantasticato un po’ troppo. Quel Potter era tale e quale a suo padre, arrogante e presuntuoso perché aveva scoperto chi era davvero.
Era come vedere il suo peccato mortale camminargli davanti agli occhi. Vederlo era un tormento.
Eppure…non riusciva a fare a meno di guardarlo, ogni tanto, quando lui non gli prestava attenzione. Lo guardava di sottecchi, cercando il suo sguardo. Cercando lei. Perché lei era lì, era ancora in quegli occhi che gli aveva donato, in quella vita che gli aveva donato, per due volte. E a volte riusciva a vederla, in battito di ciglia, in un guizzo o in un bagliore.
Si sentiva quasi meglio in quegli istanti.
Quella sera, la notte di Halloween, così lontana ma così vicina da quella della terribile notte, Severus Piton stava seguendo il professor Raptor. Camminava veloce e lui gli stava dietro, aspettando che compisse la mossa sbagliata. Il nevrotico insegnante si fermò di scatto e si voltò. Ma non poteva vederlo, il suo incanto di Disillusione era solido. Si udirono altri passi e Raptor aprì velocemente una porta e si nascose. Il custode, il signor Gazza, apparve con il suo gatto in fondo al corridoio. Lo percorse del tutto, fermandosi ad ascoltare, poi se ne andò. Poco dopo Raptus uscì dalla stanza in fretta e si diresse dalla parte opposta rispetto a quella dei passi che si udivano allontanarsi. Fu allora che lo vide. Mentre la porta si chiudeva alle spalle del professore, Severus vide un bagliore, come una luce riflessa su una superficie. Si voltò per inseguire l’uomo ma quella luce aveva qualcosa di attrattivo. Decise di seguire l’istinto, tanto quel viscido non avrebbe combinato altro per quella notte, non con il custode da quel lato del castello.
Aprì piano la porta, senza farla cigolare, e se la richiuse alle spalle. La stanza era lunga e spoglia, se non per qualche scrivania, un armadio e un altissimo specchio coperto in parte da un telo bianco. La luce, ne era certo, proveniva da lì. Si avvicinò cautamente, togliendosi l’incantesimo di dosso.
Tese la mano, chiedendosi se era veramente quello che pensava fosse, un oggetto di grandissimo valore e magia, che era nel castello da molto tempo ma che lui non aveva mai visto. Silente era stato sempre molto cauto nel rivelare particolari di quello specchio. Afferrò la stoffa e la lasciò cadere in terra. La cornice era dorata ed elaborata finemente. In cima si poteva leggere una scritta:

Erouc li am otlov li ottelfir non

Severus lesse quella frase, cercando nella sua mente a che lingua potesse appartenere. Poi capì.
“Non rifletto il volto ma il cuore,” sussurrò nel silenzio.
Aveva paura. Non voleva posare gli occhi su quella superficie, ma era più forte di lui, perché sapeva cosa ci avrebbe visto. O meglio chi. Conosceva i poteri dello Specchio delle Brame quasi più di chiunque altro.
Si guardò. All’inizio non vide che la sua stessa immagine riflessa, il naso a punta, i capelli neri, li occhi profondi come pozzi. Poi, al suo fianco, apparve una figura, una donna dai capelli rossi e gli occhi verdi, che gli sorrideva e gli posava una mano sulla spalla.
Severus cadde in ginocchio. Non poté controllarsi, cominciò a tremare e a emettere gemiti strazianti, come un animale ferito. Le lacrime caddero senza che nulla potesse fermarle, i suoi occhi fissi in quelli dolci di Lily Evans che si rifletteva in quello specchio, più viva che morta nella sua mente. Lei gli accarezzava i capelli e lui riuscì a sentirla per un breve istante, sentì il suo tocco delicato, il suo bacio posato sulla guancia e la sua voce che gli diceva che era il suo migliore amico, che era l’unico che aveva avuto il suo cuore. Sev posò le dita sulla dura superficie, cercando di afferrarla, di riportarla lì, nel mondo con lui.
“Mi dispiace, Lily. Mi dispiace così tanto,” disse gemendo.
Non c’era nulla al mondo che potesse riparare il danno che aveva fatto. Solo una cosa poteva riscattarlo, fare in modo che lei non fosse morta invano, ma non gli avrebbe comunque riportato lei, non avrebbe mai curato il suo rimorso. Era una lacerazione, la ferita di un incantesimo tanto forte da non poter essere guarita. Harry Potter portava una cicatrice sulla fronte, e lui, come ricordo di quella notte, portava un baratro sanguinante in mezzo al cuore, che stillava sangue ad ogni pulsazione. Avrebbe voluto restare lì per sempre, con lei accanto. Si addormentò, sfinito e svuotato, dopo una notte di dolore.
Undici anni dopo, il tempo, medicina di ogni male, non aveva guarito niente.

Il sole filtrava dalla finestra riflettendosi sulla superficie dorata dello specchio e illuminando un uomo, il cui cuore morto pulsava dolore ad ogni battito. Lentamente la porta della stanza si aprì e un uomo alto osservò la scena da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. I suoi profondi occhi azzurri erano tristi, erano inutili. Essere il più potente mago del mondo non serviva in questo caso. Non avrebbe potuto aggiustare quell’uomo come un vetro rotto. Non poteva farlo. Ma poteva evitargli il dolore continuo, forse. Si avvicinò allo specchio e subito sua sorella Ariana lo salutò con gioia, accanto alla madre sorridente. Silente sorrise. Doveva trasferire lo specchio, lo sapeva. Lily Evans era apparsa parecchie volte in quella settimana, causando più danni e nostalgia che felicità. Il giovane Harry era stato lì, l’aveva vista, e lui si era ripromesso di nascondere quell’oggetto tanto doloroso. Ma Severus l’aveva trovato prima che lui ne avesse il tempo. Basta dolore, si disse. Senza svegliare il mago steso a terra, raccolse il telo bianco e lo posò sullo specchio. Guardò l’uomo e capì cosa avrebbe dovuto fare dei desideri riflessi, e cosa dell’immortalità che qualcuno stava disperatamente cercando. Si allontanò pensando al suo piano, uscì e chiuse la porta.

A quello che gli parve pomeriggio inoltrato, Severus aprì gli occhi. Si alzò di scatto guardandosi intorno. Il telo era nuovamente sullo specchio. All’inizio non seppe cosa pensare. Poi comprese chi era stato lì. E non provò vergogna, ma gratitudine. Tornato nella sua stanza si preparò per la cena e uscì. Lungo il corridoio incontro la professoressa McGranitt, che gli domandò come stesse la sua febbre improvvisa. Lui la fissò per un secondo.
“Molto meglio, grazie Minerva,” rispose.
Entrato nella Sala Grande si diresse al suo posto. E incrociò lo sguardo dell’uomo che lo teneva nel cucchiaino, che cercava disperatamente di non farlo cadere. Lo guardò profondamente e lo ringraziò con lo sguardo.
Lui annuì e sorrise.  Severus, guardando nuovamente di sottecchi Harry Potter, capì che forse avrebbe potuto farcela.

Perché Lily non fosse morta invano.

I will stay forever here until that one day comes
Praying time will bring you near, I'll wait for your love.
-One day, Trading Yesterday-

   
 
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