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Autore: Unsub    03/10/2010    0 recensioni
Un inaspettato ritorno nella squadra. Qualcuno il cui passato riguarda ognuno di loro. A volte la memoria gioca brutti scherzi...
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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capitolo I Capitolo I: The hole in my mind

Si specchiò di nuovo. Non si poteva dire che assomigliasse ad un agente federale vestita in quel modo. Ma mettersi un tailleur le sembrava cosi pretenzioso… Il suo completo per il primo giorno di lavoro era al quanto stravagante visto il posto che avrebbe occupato. Ma almeno la faceva sentire a suo agio. Scarpe da ginnastica, jeans, una maglietta con le maniche lunghe e per finire una camicia sportiva verde militare con le maniche arrotolate lasciata sbottonata. Aveva deciso di legarsi i capelli in una coda, tenerli sciolti le sembrava troppo da ragazzina…
Sospirò rumorosamente e si mise a sedere sul bordo del letto. Nove anni… aveva perso nove anni di vita. Il suo psicologo l’aveva definita l’emotività di una diciassettenne nel corpo di una ventiseienne. Non aveva tutti i torti. L’ultimo ricordo coerente che aveva era il ritorno a casa dopo il funerale del padre. Aveva deciso di salire in soffitta per cominciare a mettere un po’ d’ordine. Doveva decidere cosa buttare e cosa tenere. Ricordava di aver tirato giù la scala della soffitta e poi il buio. Aveva altri ricordi frammentari di conversazioni con persone che non ricordava. La cosa che la turbava di più è che quelle conversazioni erano aperte a più interpretazioni.
Un brivido le percorse la spina dorsale. I pettegolezzi trovavano riscontro in quelle conversazioni, ma… e se il senso fosse stato un altro? Fuori dal loro contesto quelle frasi le sembravano cosi strane e senza senso. Non poteva credere di essere diventata quel tipo di persona.
Ora basta! Ora fai la brava, prendi un bel respiro e vai in ufficio! Non vorrai arrivare tardi il primo giorno di lavoro, vero?
Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Una parte di lei avrebbe voluto rimanere al sicuro nel suo vecchio appartamento, un’altra voce nella sua testa le diceva che doveva tornare all’unità, anche solo per sapere la verità su se stessa.
Avrebbe dovuto affrontarli quella mattina. Come avrebbero reagito? E cosa avrebbe detto Morgan? Si decise ad aprire la porta e se la richiuse con decisione alle spalle. Prendere il toro per le corna, ecco cosa doveva fare.
Se l’agente supervisore avesse deciso di rimandarla a casa non ritenendola idonea, beh pazienza… almeno ci aveva provato a tornare alla sua vecchia vita. Si diresse all’ascensore con passo sicuro.

Aveva posato le sue cose sopra la scrivania che le avevano indicato e poi si era avviata all’ufficio del capo sezione. Avrebbe voluto che la tortura dell’attesa finisse subito, ma non si sentiva pronta ad affrontarli. Era andata al funerale, ma alla fine non era riuscita ad andare da Hotchner per presentare le proprie condoglianze. La squadra era tutta intorno a lui e al suo bambino. Non voleva affrontarli li, tutti insieme. Era sciocco da parte sua, ma aveva la sensazione di dover affrontare un lupo famelico. La “potenza” del branco, sarebbe bastato che uno solo di loro l’attaccasse perché gli altri lo seguissero a ruota. Conosceva quel genere di meccanica sociale. Era un genio cresciuta troppo in fretta. Si era diplomata a soli 13 anni, quando era andata al college aveva pensato che i ragazzi più grandi avessero un altro modo di interagire. Si sbagliava, le dinamiche rimanevano invariate. Se il capo branco decideva di prenderla di mira, i suoi fedeli accoliti gli sarebbero andati dietro.
Cominciò a riflettere. Chi era il capo-branco del team? Sicuramente prima era Hotchner, ma ora il capo era Morgan. Anche se pensava che la situazione si sarebbe invertita di nuovo appena il loro vecchio capo avesse ripreso in mano le redini della propria vita.
Doveva affrontare Morgan per primo e possibilmente da solo. Non doveva mostrare il fianco, ne rendere vulnerabile la gola. Sentiva che non avrebbe fatto piacere a nessuno il suo ritorno. Di nuovo i pettegolezzi rimbombarono nella sua mente. Se c’era qualcosa di vero (e vista l’insistenza delle voci, qualcosa di vero doveva esserci) il team le sarebbe stato ostile.
Mentre bussava alla porta dell’ufficio, si chiese per l’ennesima volta perché desiderava tanto tornare a fare la profiler. Cosa c’era di cosi bello? Perché sentiva che era quella la sua strada?

Morgan si fiondò alla scrivania della segretaria del capo sezione. Era visibilmente alterato e chiese di vedere la Strauss con fare perentorio. La segretaria gli rispose con un sorriso.
-    La stavo giusto per chiamare, agente Morgan. La capo sezione l’ha convocata nel suo ufficio. Può entrare la sta aspettando.
Derek fu colto alla sprovvista. Di solito non era cosi facile essere ricevuti da quella strega. Ma poi pensò che probabilmente lei si era aspettata una qualche reazione visto che stava per sostituire Collins.
Bussò ed entrò senza attendere la risposta. La Strauss era seduta dietro la scrivania con gli occhiali in mano. Aveva una cartellina davanti a se e l’atteggiamento di chi si aspettava un’entrata del genere.
-    Buongiorno agente supervisore Morgan. La stavo aspettando. Si sieda prego – gli disse indicando una delle sedie di fronte a lei.
-    Quindi immagino che lei sappia perché sono venuto qui – rispose lui mettendosi a sedere.
-    Sono passati otto mesi dal caso Brunet. Le conseguenze sono state… beh le conosciamo bene entrambi e entrambi sappiamo che è stato un periodo difficile per la squadra.
-    Prima di sostituire Collins, non crede che ne dovrebbe parlare con me?
La Strauss lo guardò con stupore e poi un lampo di comprensione le passo negli occhi.
-    E’ questo che crede? Che io stia per sostituire Collins?
-    Sulla scrivania di sua nipote c’è una borsa da viaggio e una scatola per gli effetti personali. Immagino che siano del nuovo arrivato. Ora, se non vuole sostituirla perché dare al pivellino proprio quella scrivania? Noi sappiamo che c’è ancora speranza per Sarah.
-    Agente Morgan… per il futuro gradirei che lei la chiamasse per cognome. Il dottore ha detto chiaramente che non deve sforzare la memoria in nessun modo. Quindi esigo che tutta l’unità si comporti come se fosse una collega e nessuno si azzardi a riferire cose del passato, almeno finché la situazione non si sia stabilizzata. Mi riferisco specialmente al dr Reid.
-    Perché mi fa questo discorso?
La Strauss chiuse gli occhi e sorrise.
-    Crede veramente che io voglia sostituirla? Io sono la prima a sperare che ne esca il prima possibile – detto questo gettò la cartellina aperta sulla scrivania.
Derek vi posò gli occhi sopra svogliatamente. Poi capì. Quella era la cartellina dell’agente Sarah Collins.
-    Il dottore le ha dato il permesso di tornare al lavoro. Negli ultimi due mesi ha seguito un corso intensivo di profiling. Non è più un’esperta in comunicazione non verbale, ma forse questo renderà le cose più facili ad ognuno di voi.

Reid uscì trafelato dall’ufficio di Morgan. Il ragazzo di colore l’afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi.
-    Ascoltami! So cosa stai provando, ma è per il suo bene.
-    Devo fare finta di niente? – il dolore che trapelava dagli occhi di Spencer costrinse l’altro ad abbassare lo sguardo – E’ questo che mi state chiedendo? Lavorare fianco a fianco e fare finta che per me lei sia solo una collega?
Morgan trasse un respiro e poi lo afferrò per le spalle.
-    Reid, è per il suo bene! Sei stato tu a riferirci quello che ti aveva detto il dottore quattro mesi fa quando hai cercato di vederla l’ultima volta. Non deve sforzare la memoria e sapere di voi due potrebbe portarla a fare l’esatto contrario. Vorrebbe sapere, ma non è ancora pronta. Se la ami devi cercare di capire.
Spencer abbassò gli occhi. Era vero, non poteva essere egoista e cercare di forzare la sua memoria. Ma gli risultava inconcepibile fare finta di niente e non cercare di riavvicinarsi a lei.
-    Per una volta vedi il lato positivo, no?
-    E quale sarebbe?
-    Non dirle niente e cerca di riconquistarla. Hai la possibilità di rivivere tutto da capo. Si è innamorata di te una volta, cosa ti dice che non succederà di nuovo?
Spencer stava rimuginando su quelle parole quando sentì le mani di Morgan abbandonare le sue spalle. Alzò lo sguardo verso di lui con fare interrogativo. Derek stava guardando qualcosa alle sue spalle e aveva la mascella contratta. Lui capì e si girò di scatto.
Non era lei, non poteva essere lei! Aveva immaginato di rivederla bellissima come la ricordava stretta in uno dei suoi tailleur e invece si trovava davanti una ragazzina in jeans e scarpe da ginnastica. Quella pistola agganciata ai pantaloni le dava l’aria di essere una bambina che giocava all’agente federale. Il viso era struccato e ciuffi di capelli neri le pendevano intorno al volto.
No, quella non era decisamente la ragazza sofisticata che lui ricordava. Era cosi diversa. Anche se quella ragazza assomigliava molto alla “sua Sarah” non lo era.
-    Ora è meglio che tu vada dagli altri e riferisca il messaggio. Mi raccomando, conto su tutti voi.
Detto questo si avvicinò alla ragazza che rimaneva lì in corridoio imbambolata.
-    Agente Collins, prego si accomodi nel mio ufficio – cercò di usare il suo tono più professionale.
Lei annuì e lo precedette all’interno della stanza, aveva uno sguardo smarrito dipinto sul volto. Sembrava non rendersi bene conto di dove si trovava. Si mise a sedere composta e rigida su una delle sedie.
-    Allora, Collins – cominciò Derek mentre si accomodava – finalmente è tornata.
Lei lo guardò, non sapeva bene come rispondere. Poi si rese conto che non era una domanda.
Il contatto visivo! Non perdere il contatto visivo e non mostrare paura! Non provare a provocarlo e non dargli appigli. Cerca di essere decisa ma sottomessa.
Tutti buoni consigli che non era sicura di riuscire a seguire. Era letteralmente terrorizzata. Cosa le avrebbe detto? Come l’avrebbe trattata?
-    So che per lei è stato un brutto periodo. Ho letto le lettere degli insegnati dell’accademia. Ha superato egregiamente il corso intensivo. Certo, l’esperienza ha molta importanza nel nostro lavoro. Non si preoccupi, non ci aspettiamo che torni subito sul campo o che le sue cognizioni siano approfondite come prima del… dell’incidente – Morgan si sentiva su un territorio minato e non sapeva bene dove mettere i piedi.
-    Il medico dice che… la memoria potrebbe anche tornare, non sono sicuri. Però si è raccomandato di non farmi troppe illusioni. Tornare al lavoro potrebbe essere un primo passo. Se… se non mi reputa all’altezza, se non mi vuole nella sua squadra, io… capirò, non si preoccupi.
Morgan soffocò il desiderio di alzarsi e andarla ad abbracciare. Voleva consolare la sua amica, che sembrava cosi vulnerabile in quel momento, ma non poteva. Per il bene di Sarah doveva sembrare professionale e distaccato. Con il tempo i loro rapporti sarebbero potuti tornare alla normalità, ma ora aveva paura di fare un passo valso. Di rivelarle qualcosa del suo passato.
-    Le hanno già assegnato una scrivania. Per il momento vediamo come va e poi decideremo come procedere. Non voglio che si senta sotto pressione. Se ha bisogno di qualsiasi cosa la mia porta è sempre aperta, anche solo per parlare. Ora venga le… ripresenterò tutta la squadra. Non si preoccupi sono a conoscenza della sua amnesia.
-    Grazie, agente Morgan.
Sentirla usare quel tono cosi freddo e distaccato con lui faceva male al cuore. E lui era solo il suo migliore amico, come avrebbe reagito Reid? Che conseguenze ci sarebbero state per la squadra?

Continua…



   
 
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