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Autore: Doky_Domy    04/10/2010    1 recensioni
Ecco a voi la versione giusta. Nell'altra non c'erano per sbaglio alcuni dialoghi.
Enjoy :D
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accarezzava Blue con le dita. Come se stesse cercando di farle capire tutto il suo amore per lei dato che era l’unica cosa che gli era rimasta del suo passato. L’ultimo regalo di suo padre. Aveva ricevuto quella chitarra quando era un bambino. Nonostante ora fosse un uomo non se n’era mai separato e tutte le sere la portava sul palco, come se usare un’altra chitarra lo facesse sentire in colpa. Certo lui teneva molto anche a Frankenstein, ma Blue significava qualcos’altro. La considerava un essere vivente, l’amava come si ama un figlio, la proteggeva come si protegge un bene inestimabile. Simboleggiava due cose estremamente importanti per lui : il padre e la musica. La musica in realtà conteneva tutta la sua anima. Forse non si rendeva conto di quanto fosse meraviglioso. Nacque tutto quando naufragò. Stava naufragando nelle acque del dolore, della fottuta rabbia, della ribellione, quando decise di costruire una zattera per cercare di mettersi in salvo. La costruì a colpi di chitarra, parole e note cantate da quella voce singolare. Salì a bordo. Guardò le acque in cui stava affogando e non gli sembrarono più una condanna, ma una forza. La sua nuova forza. La forza che poteva dimostrare suonando. La forza che diventò la sua umiltà e il tutt’uno con il mezzo più creativo per emozionarsi ed emozionare. La musica. Billie era nato per suonare, per cantare, per divertire, per far andare fuori di testa la gente, per far si che nel loro cuore ci fosse un piccolo spazio anche per lui. Mi guardò con quegli occhi indecifrabili, ma di un verde tanto chiaro che quelle cifre non avevano più tanto di indecifrabile. Chi riusciva a capire la sua musica e il suo dolore, capiva anche lui. << Credi che anche lei prima o poi mi lascerà? >> mi chiese tentando di nascondere il tono di vera tristezza nella sua voce. << E come fa a lasciarti una chitarra? >> Risposi cercando di farlo sorridere. Funzionò, ma il suo sorriso era colmo di malinconia. << Tutto può succedere. >> Disse. << Giusto. Ma nessuno ti lascerebbe volontariamente. >> Dissi la verità, ma mi accorsi che non era la cosa adatta in quel momento. << Io non ho di certo sbattuto fuori di casa Adrienne. >> Quella frase era pungente, certo. Ma conteneva sempre quella malinconia che mi straziava. << Lo so … scusa. >> << Tu non devi scusarti di niente. Dovrei essere io a chiederti scusa per annoiarti con i miei problemi. >> Che cosa? Lui scusarsi con me? Era pazzo! Beh, questa non era una novità … comunque, volevo aiutarlo e non mi annoiava per niente. << Cosa? Ma non dirlo neanche per scherzo. Sei la mia rockstar preferita, lo sai. >> Scherzai. Finalmente rise. << Come se questa fosse una scusa per subirti i miei piagnistei. >> Ribatté. << E’ l’unica che ho per dimostrarti la mia gratitudine. >> Mi guardò negli occhi e come succedeva ogni volta, arrossii. << Gratitudine? Cos’ho fatto? Sei tu che mi hai portato in ospedale quando mi hai trovato bronzo e privo di sensi. >> Lo trovai così fuori da un locale e chiamai l’ambulanza. Poi ci ritrovammo a parlare come se ci conoscessimo da sempre. Per me era sempre stato così. Ora mi chiedeva cos’avesse fatto per me. Assurdo. << Cos’hai fatto? Billie, cazzo … >> << Non dire parolacce. >> Mi interruppe. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Faceva spesso il finto adulto. << Ma piantala, che non sai dire una frase senza inserircene una! >> Lo incalzai. << Hai ragione, cazzo. >> << Ecco. E poi hai il vizio di interrompere le persone mentre parlano. >> Finsi di sgridarlo. << Scusa, scusa. Dicevi? >> Disse con le mani alzate, come a darmela vinta. Risi e poi trovai il coraggio di parlare. Volevo dirglielo da una vita e ora ne avevo l’occasione. << Che tu mi hai sempre dato tutto. Mi hai sempre consolata, commossa, divertita, mi hai insegnato dei valori, mi hai fatto sempre compagnia. Sempre. Parlo della tua musica e di te come persona. Ho sempre avuto la convinzione di conoscerti e la malinconia di non poterti avere nella mia vita. >> In realtà c’erano tantissime altre cose … ma volevo darmi un contegno. Non potevo dirgli che la sua musica era una delle mie ragioni di vita, che quando i suoi occhi brillavano il mio cuore diventava della consistenza del miele, che piangevo come una disperata ogni volta che cantava Last Night On Earth. Non potevo. Rimase in silenzio fissando il suolo. Finalmente alzò lo sguardo. << Grazie … davvero. >> Rimasi sconvolta dal suo sguardo. Era quello di un bambino. Erano quelli di chi provava gratitudine, ma che aveva il timore di mostrarla appieno. Erano quelli di un naufrago. Stava di nuovo naufragando. Quel pensiero mi fece rabbrividire visibilmente. No, non poteva succedere. Non un‘altra volta. Lui non doveva naufragare, ancora. Non potevo accettarlo. Sentii una fitta di dolore allo stomaco. Automaticamente misi una mano dove il dolore era più forte e come facevo di solito mi piegai. Prima che me ne potessi accorgere mi scese una lacrima. << Cazzo. >> dissi tra me e me asciugandomela subito. Troppo tardi, lui l’aveva vista. Si avvicinò e mi strinse. Il dolore colpiva ancora di più. Pensai che quello che provava lui fosse mille volte più forte e volevo aiutarlo in qualche modo. << Non permettere che il dolore ti metta sottosopra. Devi iniziare già da subito a sfogarlo anche se ti fa morire, anche se ti senti un relitto, anche se ogni piccola cosa te lo ricorda, anche se non vuoi. Se ne andrà via prima. Non devi più soffrire, Billie. >> dissi tra un singhiozzo e l’altro. << E’ inevitabile. >> Aveva ragione. L’amore l’aveva lasciato. La donna che amava l’aveva abbandonato. La madre dei suoi due figli l’aveva abbandonato. Un terzo della sua ragione di vita non poteva più essere tale. La colpa era della musica. Ma Billie ovviamente la dava a se stesso. << Si, ma è anche inevitabile che prima o poi passi. >> I singhiozzi non mi aiutavano. << Lo so … >> << Devi sfogarti di continuo e alla fine non avrai più voglia di pensarci. Troverai persino il lato positivo. Io lo so. >> << Hai sofferto molte volte, vero? >> Chiese, cauto. << Niente di paragonabile a quello che hai passato tu. >> Dissi tirando su col naso, << Il dolore è dolore. Quando stai male, stai male e basta. Non importa la causa. >> Mi stringeva ancora tra le sue braccia. << Hai ragione, cazzo. >> Dissi imitando il suo tono di prima. Rise e io mi tirai su prima di abituarmi al calore del suo corpo. << Me l’aspettavo. C’era qualcosa che non andava. Quando sono tornato dall’ultimo tour niente era più come prima. >> Disse. Io annuì. << La cosa importante sono i miei figli. Lei mi ha tradito.Non con un uomo ma con la menzogna. Non posso perdonarla. >> Continuò. << Ma nonostante tutto non sei arrabbiato e la ami ancora. E’ normale. >> Dissi. << Non riesco ad essere arrabbiato con lei. L’ho amata troppo. Ma il dolore del tradimento è più forte dell’amore che provo. >> Temeva di aver detto qualcosa di incomprensibile. Ma non per me. << So cosa vuoi dire. >> Lo rassicurai. Respirò come per farsi forza e si alzò. << Qual è la canzone che ascolti quando sei triste ma hai voglia di sentirti piena di forza, di rabbia, di adrenalina? >> Mi chiese. << St. Jimmy. E’ un’autentica medicina. E’ come se la tua voce penetrasse dentro di me e avvolgesse tutte le mie ossa ricoprendole di una speciale sostanza energetica. Mi fa sentire così … ‘’Oh, cazzo’’. Sai bene quello che voglio dire. >> Dissi automaticamente. Sorridendo afferrò Blue e infilò l’input nell’amplificatore. I primi accordi frenetici di St. Jimmy mi penetrarono. Rabbrividì e gli sorrisi. St. Jimmy is coming down across the allaway. Out on the boulevard like a zip gun on parade. Iniziammo a cantare in contemporanea. Non smettemmo di guardarci un attimo scambiandoci lo stesso sguardo soddisfatto e determinato. Adrenalina pura. Chitarra ancora più incazzata. La sua voce ancora più piena di sentimento. I suoi occhi profondi nei miei. L’universo in una stanza. Il mio universo infinito. Avevo la sensazione che non potesse mai finire l’universo in cui vivevo. Ora ero morta, avevo saltato il purgatorio ed ero entrata direttamente in paradiso. Pensai che se fossi morta davvero in quel preciso istante, sarebbe stata una bella morte. Finì la canzone e urlammo l’ultima frase. And don’t where it out! Ultimo violento colpo di chitarra che Billie fece morire con il suono delle dita che strisciavano sulle corde. << Fantastico! >> Lo abbracciai e lui rise. << Mi sento meglio. >> Disse. Ovviamente mi sentii meglio anche io. Ero così masochista. Così dipendente da lui. Non si può dipendere da una persona. Rende estremamente felice, ma certe volte infligge colpi violenti allo stomaco. Le emozioni che prova lei sono la causa delle tue, le sue risate, il suo dolore, la sua rabbia. Finisci per illuderti di conoscerla, quando lei non sa nemmeno che esisti. Oppure si, ma si è già dimenticata di te e questo lo sai e ti senti morire per un attimo prima che la traccia ormai quasi sparita della sua felicità non diventi ancora visibile nella tua mente. Ti rintani a casa. Una casa fatta di suoni, di parole, di storia, di significati, di voci. E tutto vortica dentro di te. Lui dice che la tua casa è dove si trova il tuo cuore. Il tuo cuore appartiene alla musica. Loro per te sono musica. Quella è la tua casa e sai che non sbaglierai più strada. L’hai percorsa troppe volte. E ora ero li abbracciata a quella persona. A lui. Sapevo che il distacco mi avrebbe uccisa. Ma non ci davo molta importanza. Ringraziavo per quello che mi era successo. Per quello che lui mi aveva dato e per quello che mi avrebbe ancora dato attraverso la musica. << Sono felice. >> Dissi. Lui sorrise ancora infliggendomi solo alcuni dei violenti colpi allo stomaco che continuò a infliggermi ancora per molto. Finì per addormentarsi sul divano. Io decisi di andarmene per rendere tutto più facile. Ma gli lasciai una lettera che gli scrissi anni fa dove spiegavo in modo dettagliato cosa significava per me lui e quanto amassi la sua musica. Sentivo che un giorno gliel‘avrei data. Aggiunsi alcune modifiche e la mia mail, controvoglia. Nonostante mi facesse male averlo vicino, volevo fargli sapere che se aveva bisogno io c’ero. Non riuscii a pentirmi di avergli permesso di regalarmi queste emozioni nonostante sapessi di già che dopo avrebbe fatto dannatamente male. Il dolore non sta in quello che fai, ma nelle tue rinunce.
  
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