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Autore: Mash    07/10/2010    1 recensioni
Noia. Questo prova il Presidente del comitato disciplinare in questo giorno, in cui improvvisamente sono scomparsi Tsuna, Gokudera e Reborn. Mentre cerca un modo per contattare il bambino incontra sulla sua strada Yamamoto e allora inizia un discorso con lui.
[Premio "Miglior colpo di scena" del contest "L'immagine di una coppia" indetto da Amy8923 e Fairy Tail14]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoya Hibari, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“È possibile morire di noia? Niente di quello che sto facendo mi procura piacere. Ho bisogno di trovare qualcuno che riesca a farmi divertire.”
Il cielo era ricoperto di nuvole grigie che preannunciavano l’arrivo di una pioggia. Non una tempesta violenta, piuttosto una pioggerella primaverile, di quelle che si vedono spesso in Giappone e di quelle che portano un po’ di fresco in città.
La scuola si stagliava imponente in quell’atmosfera, circondata da un alone grigiastro, ma i membri del club di baseball, nonostante il tempo grigio continuavano ad allenarsi. Il ragazzo aprì gli occhi e si affacciò con lo sguardo di sotto vedendo il battitore che felice agitava la mazza in aria facendogli un cenno di saluto. Distolse subito lo sguardo da lui senza ricambiare la cortesia e sospirò scocciato. Quel volto sorridente gli metteva il nervoso. E quell’atteggiamento così entusiasta gli faceva venire il voltastomaco.
Hibari prese i fogli sopra la scrivania e gli gettò un’occhiata, niente d’interessante, la rete con il campo da tennis era da riparare a quanto pareva. Avrebbe mandato i soldi del fondo scolastico a quel club al più presto possibile, così che avrebbero potuto risolvere il problema senza dargli altro disturbo.
Si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò gettando un’altra occhiata al campo sottostante. Quel ragazzo, Yamamoto sembrava concentrato a colpire l’ennesima palla che un suo compagno stava per lanciargli. Molto spesso si sedeva su quella sedia e si metteva a guardare il club di baseball, e molto spesso il suo sguardo finiva su quel ragazzo sempre allegro, che stranamente lo faceva distrarre.
Quel giorno però era diverso, il tempo non gli permetteva di vedere bene il campo e il ragazzo dai capelli scuri.
“Mi sto annoiando…” pensò il ragazzo alzandosi e uscendo dalla stanza del consiglio studentesco. “Dovrei trovare qualcosa che riesca a farmi eccitare… ”
Scese le due rampe di scale e si ritrovò in cortile, passando accanto al ragazzo che stava parlando con due suoi compagni di squadra. Non fu degnato nemmeno di uno sguardo dall’altro che era coinvolto in un’accesa discussione con i membri del suo club. Pensò che se avesse potuto incontrarsi con quel bambino di nome Reborn, avrebbe potuto fare qualcosa di divertente, così, senza nemmeno pensarci chiamò quel ragazzo con il sorriso insopportabile.
-Yamamoto Takeshi. Voglio parlarti seguimi. -nessun per favore, nessuna cortesia nelle sue parole, che anzi, sembravano tanto un ordine. Yamamoto alzò le spalle salutò i due con cui stava parlando e seguì Hibari sorridente per la fine degli allenamenti.
-Che cosa devi dirmi?- domandò quando l’altro si fu fermato davanti alla vetrata che dava sul giardino scolastico.
Hibari si girò verso di lui e gli puntò contro uno dei suoi tomfa.
-Vorrei sapere, dove si trova quel bambino. Tu dovresti saperlo, no? Oggi né lui, né i tuoi amici si sono visti a scuola. -disse arrivando direttamente al sodo del suo discorso. Niente giri di parole, niente richieste gentili. Voleva solo sapere, dove fosse quel bambino.
-Non ne ho idea. -rispose franco il ragazzo con un sorriso allegro dipinto sul volto.
Hibari abbassò l’arma che fu però presa a mezz’aria da Yamamoto.
-Perché t’interessa tanto Reborn?- domandò come studiando l’arma dell’altro ragazzo ora che la teneva in mano. Era pesante, e sembrava poter fare parecchio male.
-Non mi pare che questo possa interessarti. –disse l’altro tirando uno strattone all’arma e facendogli staccare le mani da lì sopra. Detestava che qualcuno si azzardasse a toccare lui e le sue cose senza permesso, ma, odiava ancora di più quelli che gli toccavano le sue armi.
Yamamoto lo guardò in volto, costatando che il ragazzo era parecchio più basso di lui, e nonostante fosse così temibile, e mettesse paura a molti in quella scuola, era effettivamente molto carino. Lo aveva colpito sin dalla prima volta che si erano visti. Colpito nel vero senso della parola… Sì ricordava ancora il loro primo incontro, era stato praticamente sconfitto dai suoi attacchi in meno di cinque minuti. Colpito da un calcio… Sorrise solo nel ripensarci. Quella volta, l’altro non lo aveva degnato nemmeno di una parola gentile, e quando si era abbassato verso di lui, lo aveva guardato sprezzante e aveva mormorato un “sei debole” che gli aveva veramente dato fastidio. Forse era soprattutto per quello che l’altro gli aveva detto quel giorno che si era così impegnato nel diventare più forte; almeno, in un primo momento.
Da quel giorno ormai erano passati parecchi mesi, e l’anno scolastico era quasi giunto al termine. Chissà se Hibari quell’anno si sarebbe diplomato. Lui faceva il secondo anno, ma non sapeva minimamente l’età di quel ragazzo, sapendo però che era più grande di lui.
-Beh, già che ci siamo incontrati per caso, potremmo anche parlare di qualcosa non credi?- domandò Yamamoto sorridente.
Hibari lo guardò per un istante, si girò su se stesso e incominciò a camminare senza dire una sola parola al ragazzo.
-Eh…Ehy!- urlò Yamamoto iniziando a seguirlo non rassegnandosi a parlare di qualcosa con lui. Perché poi tutto quest’accanimento verso quel ragazzo proprio non lo sapeva, ma, era come se fosse un suo compito guardare oltre quella scorza che lo ricopriva interamente.
Mentre lo seguiva, rimase stranamente in silenzio, aspettando che si fermasse da qualche parte per poi intavolare con lui un discorso, ripensando agli altri momenti in cui aveva avuto modo di parlare con lui. Non molti in effetti… Dopo la faccenda degli anelli dei Vongola era successo un guaio dopo l’altro, e lui non aveva più avuto modo di parlare da solo con Hibari. Ripensandoci meglio lui e Hibari erano stati soli una o forse due volte al massimo.
Era strano che pur facendo parte dello stesso gruppo, clan, fazione, o quello che era, loro due non riuscissero a parlarsi molto spesso. L’altro sembrava sempre stare sulle sue, come se volesse evitare di parlare con gli altri. Come una nuvola silenziosa nel cielo azzurro. Lo guardò da dietro, costatando per l’ennesima volta la sua piccola costituzione, e fissandosi sui corti capelli che emanavano fino a lui uno strano odore di pulito e di… Non sapeva dire che altro odore fosse quello che sentiva, forse… Mandorla? No, non riusciva proprio a identificare quell’odore.
Hibari si diresse sul tetto della scuola con ancora Yamamoto alle costole, che cercava in tutti i modi di intavolare con lui un discorso che avesse la partecipazione di entrambi.
-Non hai proprio intenzione di parlare con me?- domandò il ragazzo per l’ennesima volta, con un bel sorriso in volto. Hibari non rispose, ma, ormai tutta la sua pazienza era andata a farsi benedire a causa di tutta l’insistenza dell’altro.
Un tonfa scattò nuovamente in direzione del mento di Yamamoto, che alzò le mani cercando in qualche modo di calmare l’altro ragazzo.
-Eh…Ehi…- disse per la seconda volta, rimanendo in quella posizione, fissando il suo sguardo in quello irritato dell’altro.
-Mi hai stufato. Lasciami da solo. -disse Hibari. Dicendo solo queste parole, abbassò l’arma e continuò la strada verso il tetto.
Yamamoto si appoggiò al muro dietro di lui cercando di riprendere fiato. Quell’espressione fredda, e quello sguardo che lasciava trasparire tutto il suo intento omicida… Hibari era così… Non avrebbe saputo definirlo. Sebbene sapesse che anche l’altro fosse un essere umano come gli altri, certe volte Yamamoto lo dimenticava, e vedeva il ragazzo più simile a una macchina da guerra, o forse, a un eroe solitario che si addossava tutto per proteggere il mondo, o, in quel caso la sua adorata Nanimori. Quel giorno in cui era venuto a salvarlo, durante la prova degli anelli, fino a quando l’altro non si era appoggiato sofferente al muro, aveva veramente creduto fosse un essere invincibile. Da quel momento, guardando l’altro con quell’aria stravolta e il respiro affannato, aveva realizzato che Hibari era veramente un essere umano. Un essere umano che, nonostante il caratteraccio, era anche veramente carino.
Forse quando se l’era ritrovato davanti, non gli erano passate subito in testa quelle cose, ma, tornato tutto alla normalità, ci aveva sempre pensato, e ancora ci rifletteva, nonostante fossero trascorse già parecchie settimane. E quel giorno, in cui Tsuna, il bambino e Gokudera non si erano fatti vedere per tutta la giornata, si era deciso grazie al loro incontro, di parlare con il Guardiano della Nuvola, anche se al diretto interessato la cosa non era piaciuta molto.
Si riscosse dai suoi pensieri cinque minuti dopo, accorgendosi di aver camminato fino ad arrivare alla stanza in cui Hibari trascorreva di solito molto del suo tempo, la stanza da cui lo osservava allenarsi a baseball. Lo vedeva praticamente osservarlo ogni giorno in cui compiva i suoi allenamenti.
Aprì la porta e fu colpito immediatamente dalla vista che si poteva godere da lì sopra. Le nuvole cariche di pioggia si erano diradate e leggere nuvole contornavano il paesaggio. Il cielo, infatti, era dardeggiante, dipinto dai colori del tramonto e sotto di esso, una distesa di alberi di ciliegio facevano la loro bella figura carichi di boccioli. Yamamoto cadde, abbagliato da un simile panorama, sulla sedia girevole su cui era solito sostare Hibari, e assaporò l’odore dell’altro. Quello stano odore gli faceva perdere a dir poco la testa, in quel momento avrebbe voluto solo abbracciare il ragazzo e perdersi in quell’odore indefinito di mandorle.
Si alzò di scatto dalla sedia, lo sguardo così deciso che sembrava fosse stato colpito da un proiettile dell’ultimo desiderio, uscì dalla stanza e prese a correre lungo i corridoi della scuola, cercando di arrivare il più velocemente possibile sul tetto per trovare il ragazzo. Non ci mise molto tempo, ma quando aprì la porta che portava sul tetto, il respiro era affannoso e piccole goccioline di sudore gli imperlavano la fronte. Guardò la figura di Hibari e gli scappò inevitabilmente un sorriso. L’altro sembrava addormentato, seduto a terra con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta sembrava ancora più carino del solito.
Yamamoto scrollando le spalle si sedette accanto a lui, guardandolo dormire e assaporando quegli attimi assieme al ragazzo.
-Credo proprio di essermi preso una cotta per te. -bofonchiò arrossendo per quello che aveva appena detto. Per tutta risposta la testa dell’altro cadde sulla sua spalla e Hibari, muovendosi nel sonno, si sistemò contro di lui cercando una posizione comoda in cui riposare.
Come diamine erano finiti in quella situazione così dannatamente imbarazzante? Con le guance leggermente imporporate Yamamoto fissava il volto del ragazzo a pochi centimetri di distanza dal suo. I capelli dell’altro sfioravano il suo collo e gli procuravano un leggero solletico a ogni suo movimento. Fissò il volto di Hibari profondamente addormentato, i capelli scuri davanti agli occhi, le lunghe ciglia e la mano sinistra appoggiata sul proprio petto lo facevano letteralmente impazzire. Alzò gli occhi al cielo per evitare di pensarci e vide l’uccellino che di solito si portava dietro il ragazzo, svolazzare felicemente sopra di loro pigolando. Quello infine si appoggiò sulla testa di Hibari addormentato e iniziò a chiamare a gran voce il nome del ragazzo.
-Kyoya! Kyoya!-
Yamamoto, preoccupato che potesse svegliare l’altro, si portò un dito sulle labbra facendogli segno di stare zitto. L’uccellino lo guardò stranito, ma rimase comunque in silenzio. L’altro sospirò felice che Hibari non si fosse svegliato; sapeva perfettamente che se l’altro veniva disturbato nel sonno diventava un tantino irascibile. Sorrise tra se per quel pensiero e si fissò nuovamente sul ragazzo addormentato. Il volatile sembrava aver capito la situazione e rimaneva silenzioso fissando le mosse dei due ragazzi. Nel frattempo Yamamoto, quasi senza accorgersene si era lentamente avvicinato al volto del ragazzo, abbassandosi verso di lui, ed era ormai a pochi centimetri dalle sue labbra quando si fermò improvvisamente pensando a quello che stava per fare. Dare un bacio a Hibari avrebbe significato una successiva morte? E poi, stava bene fare una cosa del genere a una persona addormentata? Non sapeva come comportarsi in quella dannata situazione.
Una mano dietro la sua testa poggiata sui suoi capelli lo spinse giù verso quelle labbra che gli facevano così gola e sorpreso per quello che era successo non poté evitare di rimanere come imbambolato guardando negli occhi l’altro ragazzo che manteneva un’espressione seria anche in quel momento. Si staccarono da quel contatto pochi istanti dopo, Yamamoto con un’espressione a dir poco sconvolta e Hibari con uno sguardo tranquillo e rilassato, anche se forse poteva leggersi dentro quegli occhi anche un po’ di malizia.
-Ma… Tu…- Yamamoto non sapeva che cosa dire al ragazzo davanti a lui, che si era spostato dal suo corpo e che stava per rimettersi lentamente in piedi.
Il piccolo uccellino invece iniziò a canticchiare la canzoncina scolastica che tanto piaceva al suo padrone posandosi sulla sua spalla:- Non mi piacciono le persone indecise.- fu questo tutto quello che l’altro disse dopo essersi alzato e sistemato la divisa scolastica.
-Hibari ma sei stato sveglio per tutto questo tempo?- domandò il ragazzo allibito per quello che era appena successo una volta ritrovata la voce.
La risposta di Hibari però non arrivò alle orecchie dell’altro.
PUFF
Un fumo bianco avvolse Yamamoto, che cambiò improvvisamente aspetto, lasciando al suo posto una versione di dieci anni più vecchia.
-Eh? Ma, dove mi trovo? Ero con Gokudera e Sawada… Invece qui sono su… Un tetto di una scuola?- guardò il ragazzo di dieci anni più giovane che era davanti a lui e sorrise:- Capisco. Adesso l’altro me stesso è dieci anni avanti nel futuro eh? Comunque…- si guardò intorno-In che momento siamo?- domandò forse rivolto più a se stesso che al ragazzo lì davanti.
Con il volatile che ancora canticchiava la canzoncina, Hibari guardò il nuovo arrivato leggermente sorpreso per quello che era avvenuto, ma immaginando in parte quello che era successo.
-Stavo per dirti che anche una foglia che cade riesce a svegliare il mio riposo.- disse l’altro girandosi verso la porta per tornarsene nella sua stanza.


Fan Fiction per il contest "L'immagine di una coppia"
Note Autore:
Difficile. Posso dire soprattutto questo per il momento su questa mia fan fiction, non ho avuto idee per tre mesi e tra ieri e oggi ho montato su questa storia. So che non è perfetta, e forse non sono riuscita a tenere IC dei personaggi, però, finita ammetto che mi piace. L’immagine per quanto complicata da riportare in una storia, alla fine sono riuscita ad inserirla, e la fine, beh, la fine mi fa a dir poco morire dalle risate, pensando alla mia castronaggine nel giocare quel brutto tiro. Beh, non so cos’altro dire, spero che vi posso piacere almeno un po’. La descrizione delle emozioni cambia, all’inizio mi sono molto fissata su Hibari, verso la fine invece sono passata a Yamamoto, cercando di dare a entrambi una voce interiore che spiegasse più o meno quello che provavano. Il titolo è stato quello più difficile… Non sapevo che titolo dare! Poi vedendo che ho parlato un sacco dell’odore dei capelli di Hibari che non è definito… E’ uscito quello… Però, non mi convince poi tanto.

Spero veramente che possa piacere anche a chi passa per la mia pagina per caso! Un saluto a tutti voi che siete arrivati sin qui e vi prego, ditemi cosa ne pensate ^^
  
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