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Autore: Ginnever    08/10/2010    3 recensioni
Luna Lovegood, una ragazza, un perchè. Una One-Shot un po' triste su di lei.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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.My Hearth.



















Consultai l’agenda per controllare gli impegni, ma quello che vidi, come sempre, fu desolante.

Vuota.

Guardai Hermione e, con la mia solita espressione sognante, le risposi che sì, quella sera potevamo vederci perché non avevo nulla da fare.

“Perfetto! Allora facciamo dal portone della Sala Grande alle 9. Puntuale, mi raccomando!”
Mi fece l’occhiolino.

Annuii con occhi assenti.
Ma lei non li notò, tanto era abituata a vederli.


Tornai in Dormitorio, il passo lento, gli occhi a terra.
Ero triste, molto triste.
Nonostante tutto però, ero decisa a cercare di vedere il meglio delle cose, delle persone, dei ragazzi, degli animali. Di tutti.

Sorrisi a questo pensiero che Andrea tantissimo tempo prima mi aveva insegnato.

“Luna, devi sempre ridere alla vita. Vedi, come faccio io.”
E aveva sorriso. Che bel sorriso aveva!

Era biondo e riccioluto, gli occhi azzurri color del mare e i dentini perfetti.
Aveva le lentiggini sul naso e trasmetteva una dolcezza infinita.

“Sai, io non potrò vederti ancora per molto, però se vuoi dico qualcosa a tua madre per te.”

Gli avevo sorriso. Io ero innamorata persa di lui, Andrea Peckins.

Dei suoi occhi, dei suoi capelli, delle sue lentiggini.
Quando mi fece quella domanda non seppi cosa rispondere.

“Non saprei cosa dire a una sconosciuta.”

Andrea mi prese la mano e la posò sul mio cuore.
“Ascolta il tuo cuore, lui saprà consigliarti.”





E aveva ragione. Mi ascoltai e capii cosa volevo dire a mia madre morta.

Mi fermai in mezzo a un corridoio vuoto e mi misi la mano sul cuore.
Batteva forte, all’impazzata. Sentivo che era la mia mamma che mi parlava.

Mi diceva di stare tranquilla, che Hermione era una brava ragazza, che vedeva del buono in me.

Sorrisi di nuovo, gli occhi nel vuoto.

Anch’io avevo avuto questa impressione, ma sentirlo dire da un altro era un’altra cosa.

Ripresi a camminare, in silenzio, quando un pianto rotto attirò la mia attenzione.



Proveniva da una stanza vicina chiusa a chiave. Accostai l’orecchio alla porta e il pianto si fece più forte.
Poi una voce.

“E ti conviene stare zitta, cagna da quattro soldi.”
Capii immediatamente che non era furbo stare lì dietro, così mi nascosi dietro una colonna e aspettai.

Un ragazzo alto e biondo uscì dalla stanza e si allontanò in direzione dei sotterranei.

Attesi ancora qualche istante prima di avvicinarmi alla porta ora aperta.

Entrai lentamente e con cautela.
Vidi una ragazza, la schiena appoggiata al muro, le ginocchia al petto, il viso insanguinato e le guancie rigate dalle lacrime.

Preoccupata e spaventata, mi avvicinai a lei.

“Oh mio Dio, stai bene?”, le chiesi.

La mora alzò gli occhi su di me terrorizzata dalla mia presenza.

“Co-cosa vuoi?”

Mi fermai all’istante.
“Solo aiutarti, non preoccuparti.”
 
Dopo qualche secondo di terribile silenzio, in cui notai che mi squadrò dalla testa ai piedi, la ragazza raccolse la bacchetta da terra e me la puntò lentamente contro.

“Tu sei la Lovegood. Non hai visto niente, capito?”

Non capii. Avevo visto eccome, perché non voleva che denunciassi quel porco e che l’aiutassi?

“Io…”
“Hai capito, pazzoide?!”

Aveva gli occhi iniettati dello stesso sangue che aveva sul volto, la bacchetta fissa all’altezza del mio cuore.

Il mio cuore che batteva all’impazzata.
“Lei è cattiva, Luna, scappa! Vattene via!”

“Io… me ne vado.”, sussurrai.

Mia madre mi aveva detto di scappare, non potevo non ascoltarla. Era l’unica persona che si preoccupava per me, non potevo ignorarla.

“Cosa hai detto?!”

Non ripetei ciò che avevo già sussurrato.

Mi voltai e cominciai a correre, correre, correre.

E non mi fermai mai più, nonostante non riuscii ad uscire da quella stanza.

Improvvisamente non pensavo più a quella ragazza, al suo sangue, alla sua cattiveria, alla sua rabbia nei miei confronti. Pensavo solo… a me.

A quanto ero leggera. A quanto ero pura. A quanto ero felice.


Non potei dispiacermi mai per aver fatto aspettare Hermione presso l’entrata della Sala Grande per un’ora.

Da quella sera, sarei stata impegnata per sempre.







AUTRICE*

Una one-shot triste, ma che rispecchia una realtà che purtroppo accade.
Luna mi ha sempre incuriosito, ho sempre pensato che non fosse pazza, che ci fosse un motivo perché si comportasse così. Io ho trovato questo.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

Gin
   
 
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