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Autore: Lachesis    10/10/2010    6 recensioni
Non si trattava di un oggetto qualsiasi: per un mago era la passaporta per il mondo degli incantesimi, la possibilità di esprimere le proprie capacità, il mezzo per proteggere se stesso e gli altri.
[Settima classificata a pari merito nel contest "I miss you" di malandrina4ever e vincitrice del Premio Originalità]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Fanfiction partecipante al concorso “I miss you”, indetto da malandrina4ever

 

Settima classificata a pari merito e vincitrice del Premio Originalità.

 

 

 

 

 

 

DISARMATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Rubeus! Rubeus Hagrid! Che piacere rivederti!

Quercia, sedici pollici, piuttosto flessibile; non era così?»

 

“Harry Potter e La Pietra Filosofale”, Capitolo 5 - Pagina 83

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si era tutto risolto per il meglio, grazie ad Harry e Hermione.

Infatti, nonostante la pesante condanna a morte che gravava sul capo di Fierobecco, l’animale magico era stato salvato dai due ragazzi, inaspettatamente. Soltanto in seguito aveva scoperto lo zampino di Silente.

L’angoscia e il dispiacere che aveva provato, dentro di sé, al solo pensiero della perdita che avrebbe subito, erano stati devastanti. Essi inevitabilmente l’avevano portato soprattutto a riflettere: sulla sua impotenza, di fronte alla barbarie che sarebbe stata compiuta; sull’ingiustizia, un altro innumerevole esempio del fatto che i ricchi purosangue erano in grado di prevalere su un mezzogigante come lui; sulla malvagità, enorme flagello posseduto da alcuni uomini per raggiungere i loro scopi, senza badare al male che causano; e, soprattutto, sulla sua stessa impotenza, di fronte alla barbarie che sarebbe stata compiuta, qualcosa che l’avrebbe colpito al cuore, senza che lui avesse potuto fare altro che solo supplicare.

Inerme era l’aggettivo che meglio lo definiva.

Un sinonimo di 'indifeso', 'debole', 'sprovvisto'.

Sprovvisto, materialmente, di una bacchetta vera e propria, di quella bacchetta che gli era stata spezzata in seguito all’espulsione da Hogwarts parecchio tempo prima, privo della sua bacchetta.

Non si trattava di un oggetto qualsiasi: per un mago era la passaporta per il mondo degli incantesimi, la possibilità di esprimere le proprie capacità, il mezzo per proteggere se stesso e gli altri.

In un primo tempo, dopo la ‘spaccatura’ – come la chiamava lui –  aveva conservato i due pezzi in un bauletto in legno decorato, posto accanto al letto; ogni sera contemplava, pieno di rammarico, quei pochi anni in cui aveva potuto praticare magie.

Silente, l’allora professore di Trasfigurazione, gli era stato vicino, come del resto avrebbe fatto sempre. Era stato proprio lui, successivamente, a donargli uno strano ombrello a pois.

E non era strano che, di quel giorno particolare, si ricordasse principalmente il sorrisetto furbo sul volto dell’anziano.

«La ringrazio signor preside, ma non avrebbe dovuto! E poi, possiedo già parecchi ombrelli… Non che questo non mi piaccia, stia tranquillo, eh…»

«Diciamo che questo esemplare è particolare, Rubeus.»

Una volta tornato nella sua casetta, si era seduto sulla poltrona dinanzi al caminetto ad esaminarlo. Dopo averlo rigirato due o tre volte, aveva trovato una fessura, quasi invisibile, su uno di quei molteplici pallini che ricoprivano il tessuto dell’ombrello; all’interno vi era un bigliettino che era riuscito ad afferrare dopo qualche tentativo, a causa delle sue enormi mani da mezzogigante.

“Due rami di quercia per ripararti dalla ‘pioggia’ ” vi era scritto, con l’elegante calligrafia del docente suo amico. Ci aveva messo neanche un attimo per capire a cosa fosse riferito, così si era fiondato rapidamente nella sua camera, aveva aperto con foga il bauletto, prendendo poi quello che rimaneva della sua bacchetta. Tornato sempre speditamente nel salotto, aveva infilato i due resti nella piccola apertura. Aveva poi acciuffato l’oggetto e si era diretto nel ripostiglio tetro, confinante con la sua stanza da letto. Lì, agitato, lo aveva puntato verso l’alto e aveva sussurrato “Lumos”: una lieve luce era fuoriuscita dalla punta, rischiarando di poco l’ambiente buio.

Era stata quasi una rinascita.

Col passare del tempo, aveva ricominciato a padroneggiare la maggior parte degli incanti elementari; tuttavia, quando si era accorto di non poter eseguire le magie più articolate, l’euforia iniziale si era abbastanza diradata.

Sicuramente era meglio di niente, ma il problema era che si sentiva inutile quando vi erano scontri importanti, battaglie dove un “Expelliarmus” – per lo più debole – serviva pochissimo. La sua smisurata forza fisica poi non riusciva a compensare il vuoto lasciato da quella bacchetta integra, dall’unione di quei due pezzi.

E la condanna dell’ippogrifo l’aveva ancora ampiamente dimostrato.

Spesso il suo animo era preso dalla malinconia di muovere la mano destra secondo le direttive spiegate da Vitious. Quasi ogni sera, una volta ritiratosi, le ripeteva una a una, per non dimenticarle.

Gli mancava anche solo infilare le dita nella tasca destra e agguantare quei sedici pollici di quercia.

Era grato ad Albus Silente per tantissimi gesti che aveva fatto per lui, specialmente per non averlo cacciato dalla scuola dopo l’episodio di Aragorn e Tom Riddle, e per l’ombrello. Gli aveva permesso di tornare a possedere parte di quella ‘normalità’ che aveva avuto nei primi anni a Hogwarts, anche se non era stato abbastanza da colmare la sua tristezza.

Perché, la maggior parte delle volte, riusciva solo a sentirsi disarmato.

E ciò lo spezzava, ancora, continuamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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