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Autore: LL Production    10/10/2010    12 recensioni
Ciao a tutti! *LoveChild si sente un po' Willwoosh O.o* Siamo LilyBlack e LoveChild riunite sotto un unico stendardo: la "LL Production". Le nostre menti traviate e malefiche hanno ideato questa nuova, originale (?) raccolta! Poichè ci piace molto la coppia Pansy/Testa Rossa abbiamo deciso di scrivere sei storie per ciascuna su ognuno dei pairing, per un totale di dodici. Così vi saranno due Bill/Pansy, due Charlie/Pansy, ecc... Buona lettura! :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Pansy Parkinson
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Personaggi: Pansy Parkinson, Charlie Weasley
Pairing: Pansy/Charlie
Genere: Romantico
Contesto: dopo la guerra/ Pace
Ambientazione: Romania
Rating: verde
Avvertimenti: /
Introduzione: Pansy Parkinson lascia la Gran Bretagna e si trasferisce in Romania, dove finisce a fare l'apprendista di Charlie Weasley.



 

Ασπάκων

 
 
Pansy Parkinson aveva fatto il baule e se n’era andata.
 
Forse non era questa la definizione che avrebbe usato lei. No, Pansy avrebbe detto, con aria sostenuta, che l’avevano costretta ad andarsene. Rifiutata dalla società, dalla famiglia, da Draco Malfoy. Certo nessuno le aveva detto a chiare lettere di togliersi di torno ma era stato come se una serie di folate ventose e scortesi l’avessero sospinta verso il portone principale di Parkinson Manor.
 
Pansy Parkinson aveva fatto il baule e se n’era andata. La bacchetta stretta nella sinistra, perché lei usava la mano del diavolo come le aveva fatto gentilmente notare qualcuno, il suo diploma di Hogwarts nella destra, il baule e la gabbia con il suo gufo che la seguivano fluttuanti.
 
Non che si fosse allontanata così, senza sapere dove andare, perché un tipo come Pansy doveva sapere con esattezza dove andare, soltanto non si era preoccupata del tragitto.
Effettivamente lei non lo faceva mai, preoccuparsi del tragitto, lasciava che scegliessero i suoi piedi e il caso il percorso giusto da seguire.
Pansy era “una temibile ed interessante contraddizione” come una volta le aveva fatto notare il suo ormai ex fidanzato. Aveva la tendenza a rimanere con i piedi ben saldi a terra nonostante la sua mente e la sua fantasia si profondessero in coreografici voli pindarici.
 
Qualche giorno prima di andarsene aveva dato uno sguardo attento al suo diploma: M.A.G.O. in Cura delle Creature Magiche, Astronomia, Incantesimi e Divinazione, G.U.F.O. in Pozioni, Trasfigurazione, Storia della Magia e Difesa contro le Arti Oscure.
Dopo un’attenta valutazione si era detta che, dopotutto, dover andare via non poteva essere così male dato che le avrebbe permesso di lavorare con i suoi adorati Unicorni senza dover dare spiegazioni di sorta a chicchessia.
 
Era andata all’ufficio di collocamento e aveva chiesto informazioni per un lavoro che avesse a che fare con le creature magiche, rigorosamente fuori dalla Gran Bretagna. Le avevano gentilmente risposto che il miglior posto dove potesse trovare lavoro in quel settore era in Romania.
Senza fare una piega si era informata sul clima, era andata a procurarsi l’occorrente per il trasferimento e se ne era tornata a casa.
A cena, mentre passava il burro a suo fratello Patrick, aveva comunicato piatta che avrebbe tolto le tende la mattina successiva, che sarebbe andata in Romania e che potevano stare tranquilli perché non sarebbe tornata tanto presto, probabilmente, anzi, non sarebbe tornata affatto. Sua madre aveva commentato serafica che non potevano darle più di cento galeoni, Pansy aveva ribattuto che non le serviva neppure uno zellino. Suo padre non aveva battuto ciglio, suo fratello le aveva detto testualmente “stammi bene”.
 
La mattina successiva si era svegliata alle prime luci dell’alba era uscita di casa armata di tutto punto e si era diretta al Ministero, dove un vecchio mago le aveva indicato il camino con cui avrebbe raggiunto la sua meta.
Dieci minuti dopo era atterrata di botto sul pavimento fuligginoso di una baita nel bel mezzo di un villaggio magico perso sui monti rumeni.
 
 

***

 
Charles Weasley, per gli amici Charlie, si godeva la ritrovata tranquillità, sopraggiunta dopo la fine della guerra, in Romania. Aveva ripreso con rinnovato vigore la sua attività di ricercatore e tornava alla Tana solo in occasione delle varie feste che si ripetevano durante l’anno e che, a suo dire, stavano cominciando ad aumentare in maniera inquietante.
Nonostante avesse ormai ventisette anni e sua madre gli chiedesse se aveva intenzione o meno di farsi una famiglia come ogni mago come si deve, Charlie s’interessava al sesso femminile soltanto quando si trattava di distinguere un animale maschio da una femmina. Per lui non faceva alcuna differenza se al bancone dell’osteria lo servisse il padrone, Horia, o sua figlia ventenne, Tulipa, non aveva cognizione dell’altro sesso perché non gli importava un granché delle donne: Charlie dispensava le stesse pacche amichevoli sulle spalle senza curarsi del sesso dell’essere che aveva di fronte.
Le ragazze del paese avevano ormai da tempo rinunciato a farsi notare da lui.
 
Quando gli era arrivata la lettera dall’ufficio di collocamento inglese che gli comunicava l’arrivo di un nuovo apprendista era stato inizialmente entusiasta, poi rileggendola aveva notato una minuscola postilla che lo informava che il suddetto apprendista era interessato soprattutto agli unicorni e Charlie si era profuso in una serie di imprecazioni.
Unicorni? Cosa cavolo avevano gli unicorni da essere più interessanti dei draghi? Nessun dubbio sul fatto che fossero creature meravigliose, ma i draghi… Ah i draghi erano così belli e maestosi… Si perse nelle sue elucubrazioni, finché un secondo gufo non lo raggiunse: l’apprendista doveva vivere con lui perché in quel momento gli alloggi del villaggio erano sovraffollati e, inoltre, sarebbe stato più agevole per entrambi visto che avrebbe anche dovuto fare da interprete finché il nuovo arrivato non avesse imparato la lingua. Charlie si disse che non poteva andare così male.
 
Erano passati due giorni da quando aveva ricevuto la lettera e ancora non aveva ricevuto notizie, né dal Ministero, né dall’apprendista. Si era alzato presto, si era fatto la doccia, sbarbato a fondo e aveva preparato la colazione. Stava seduto comodamente in poltrona a leggere il giornale quando qualcosa era atterrato con mal grazia sul pavimento davanti al camino in una nuvola fuligginosa. Charlie era scattato in piedi allarmato, non era proprio il caso che la canna fumaria s’intasasse di neve proprio quella mattina. Con stupore scoprì che la canna fumaria non c’entrava nulla con l’evento inaspettato e che quel qualcosa era un essere umano. Charlie rimise in piedi il nuovo arrivato dandogli qualche pacca sulla schiena per aiutarlo a liberarsi i polmoni dalla fuliggine.
-Ciao! Tu devi essere il nuovo apprendista!
-Coff- Pansy tossì un’ultima volta poi alzò lo sguardo stravolto sul ragazzo e dopo essersi pulita la mano dalla fuliggine la tese verso il ragazzo –Piacere, Pansy Parkinson.
-Charlie Weasley.- rispose lui ricambiando la stretta.
Pansy lo guardò incredula e mormorò uno sconvolto “Oh, Merlino!”.
Mentre Charlie le mostrava la casa, le indicava la camera e le spiegava in cosa consisteva il loro lavoro, lei lo osservava con occhio critico.
Per essere un Weasley era piuttosto strano: era alto, certo, ma non quanto i fratelli, massiccio e muscoloso, aveva il volto talmente coperto di lentiggini da poter sembrare abbronzato; portava i capelli lunghi stretti in una coda di cavallo e qualcosa di selvaggio trasudava dalla sua espressione e in generale dalla sua persona. Nonostante queste basilari differenze rispetto ai suoi familiari portava anche lui il marchio di fabbrica Weasley: capelli sfacciatamente rossi e occhi blu.
Lui, dal canto suo, aveva fatto una veloce analisi della ragazza: femmina di essere umano, altezza un metro e sessantasei, corporatura media, pelle bianca, capelli lunghi e neri, occhi neri.
Dopo di ché aveva cominciato a farle da cicerone senza badare più di tanto al suo aspetto fisico e Pansy se n’era accorta. Era il tipo di ragazza abituata ad essere guardata con ammirazione, interesse, disprezzo, ma tutti la guardavano sempre e comunque e il suo orgoglio femminile non gradì affatto l’offesa inconsapevole che Charlie Weasley le aveva arrecato.
 

***

 
Pansy si abituò abbastanza velocemente alla sua nuova vita. Amante del freddo i meno cinque gradi non la spaventavano, anzi ne era abbastanza soddisfatta, il villaggio era di circa milleduecento anime e tutti si facevano, più o meno, i fatti loro. Una manna dal cielo, insomma.
Bisognava ammettere che i primi giorni, però, erano stati abbastanza difficili: non era stato facile convincere le ragazze del villaggio che Charlie ignorava anche lei. E proprio a proposito di quella piccola questione Pansy aveva deciso di prendere provvedimenti, non aveva la minima intenzione di farla passare liscia a quell’impertinente ragazzo dai capelli rossi!
 
Erano passate due settimane dal suo arrivo e le aveva provate tutte: girava per casa in shorts e canotta nonostante rischiasse di congelare, assumeva pose sensuali, pendeva dalle sue labbra, scuoteva i capelli e gli faceva gli occhi dolci. Niente. Charlie Weasley era gentile, si preoccupava che non prendesse freddo, ma era totalmente disinteressato a ciò che lei tentava di servirgli ad ogni buona occasione su un piatto d’argento.
Addirittura una sera, mentre erano all’osteria con gli altri colleghi, Tulipa, la figlia del padrone, l’aveva chiamata in disparte e le aveva parlato chiaramente:-Ti voglio dare un consiglio, perché buona parte delle ragazze del villaggio ci è passata prima di te: rinunciaci! Charles Weasley è totalmente disinteressato al sesso femminile e probabilmente al sesso in generale.
Pansy, che non mollava la preda finché non otteneva ciò che voleva, s’intestardì ancora di più.
 
Mentre, da subdola serpe qual’era, si arrovellava per trovare un modo per farlo cadere una notizia le scombussolò i piani.
Era una mattina insolitamente soleggiata ed erano intenti a fare colazione, Pansy rimuginava e lui leggeva il giornale come al solito, ad un tratto le aveva comunicato:-Io torno in Gran Bretagna per una settimana, perché mio fratello George si sposa, quindi sarai sotto la supervisione di Cassian.
A Pansy stava per andare di traverso il cozonac. Ciprian Cassian era un bellissimo trentenne rumeno, grande come un armadio che tentava di sedurla in tutti i modi, perché lui l’aveva guardata bene si ritrovò a pensare, e che con ogni probabilità l’avrebbe costretta a sigillare porte e finestre una volta tornata a casa dopo il turno di lavoro se non voleva trovarselo fra i piedi.
In quel momento si ritrovò a pensare che, almeno, la cecità di Charlie aveva il suo lato positivo: potevi tranquillamente esporre tutta la carne che volevi al vento, senza doverti preoccupare che ti saltasse addosso.
-Che hai?- le chiese sospettoso. Ecco un difetto: della sessualità non si accorgeva, ma sapeva cogliere gli stati d’animo con una sensibilità quasi inopportuna.
-Niente.- disse piatta continuando a fare colazione imperterrita –Buon viaggio.
-Vuoi per caso tornare anche tu e fare una capatina dai tuoi?
Pansy alzò la testa di scatto e scandì le parole con irritazione:-Per farmi rimettere piede in Gran Bretagna mi ci dovranno trascinare per forza.
-Bene. Riguardati, allora.- disse lui facendo spallucce.
-Sì, sì.- rispose lei liquidando la questione scuotendo la mano come per scacciare un insetto fastidioso.
Dal canto suo lui fece il giro del tavolo le scompigliò i capelli, come si scompiglia il pelo di un cane fedele e andò in salotto per usare la Metropolvere.
Pansy ci mise un po’ per carburare la cosa poi si alzò di scatto dalla sedia e si precipitò anche lei nell’altra stanza gridando:-Li avevo appena lavati, idiota!
Ma Charlie Weasley era già andato via.
 

***

 
La settimana trascorse lenta e opprimente, Pansy si accorse di quanto Charlie le riempisse le giornate, di come la tenesse lontana dallo stato di solitudine in cui era sprofondata appena lui se n’era andato. La presenza di Weasley era tranquillizzante, era come avere di nuovo un fratello maggiore.
Era riuscita a tenere Ciprian a distanza di sicurezza senza sforzi di sorta e sarebbe stata una settimana totalmente tranquilla se quell’idiota dell’apprendista di Cassian non avesse combinato quel gran casino. Nonostante non si capacitasse ancora del come la mattina di venerdì era uscita di casa con i capelli raccolti nella solita coda di cavallo ed era ritornata con un nuovo caschetto fiammante.
 
Già fiammante era la parola giusta. Nessuno si capacitava del come ma Philip Morlet era riuscito a far irritare talmente un Ungaro Spinato che per tutta risposta il drago aveva sputato fuoco con il preciso intento di farli fuori tutti. Philip era in ospedale gravemente ustionato e chiunque fosse nei dintorni era dovuto correre al pronto soccorso. Per sua sfortuna Pansy dava le spalle al drago e quando l’increscioso incidente si era verificato oltre a bruciarsi superficialmente il novanta per cento della schiena i suoi capelli, fatti crescere con pazienza, avevano preso fuoco.  Invece di perdere tempo si era catapultata nel lago vicino all’area di addestramento. Il risultato di quella disastrosa giornata era stato una lunga chioma sacrificata, la schiena semidistrutta, la febbre a quaranta a causa del bagno ristoratore nell’acqua gelata e una settimana di congedo retribuito.
Furiosa, Pansy era rientrata a casa, aveva ingoiato tutta d’un sorso la disgustosa medicina che le avevano dato in ospedale per curare la bruciatura, aveva indossato una maglietta di cotone intrisa di pozione curativa, sempre gentilmente fornita dall’ospedale, aveva starnutito e se ne era andata a dormire giurando vendetta.
 
La mattina successiva il medimago era passato a visitarla e l’aveva tranquillizzata: la febbre era notevolmente calata, purtroppo per quanto riguardava la schiena ci sarebbe voluto come minimo un mese.
Sconfortata si era rimessa sotto le coperte e si era addormentata. Verso le sette di sera il trambusto proveniente dal salotto l’aveva svegliata, Charlie doveva essere tornato.
Una dose, eccessiva, di buon umore la spinse fin nel salotto dove il ragazzo si stava riprendendo dal viaggio. Immediatamente Pansy adocchiò qualcosa di strano nei capelli di lui:-Cosa diavolo hai fatto a quei capelli?- chiese sbigottita, a quanto pareva quella settimana era diventato in voga cambiare pettinatura.
Charlie si voltò di scatto e la guardò con astio:-Tu!
-Ho i capelli più corti ma sono esattamente la stessa persona di quando sei partito.- disse sarcastica lei.
-Sai che quando sono tornato a casa mi hanno chiesto chi fosse il mio nuovo apprendista e quando ho detto che eri tu, me ne hanno dette delle belle!
-Davvero interessante, non mi stupisce, tra me e i tuoi fratelli non correva buon sangue quando eravamo a scuola. E di grazia cosa ti avrebbero detto?
-Tu sei quella che voleva consegnare Harry a Voldemort.- disse lui con disgusto malcelato nella voce.
Le guance di Pansy si imporporarono per la vergogna e la frustrazione, anche in Romania le veniva rinfacciato quell’episodio. Nonostante sapesse di star sbagliando rispose con quanta più calma e faccia tosta riuscì a raccogliere:-Dissi quello che ritenevo giusto!
-E sacrificare Harry ti pareva giusto? Che codarda!
-Non permetterti di parlare di cose che non capisci! Sono un animale qualsiasi difendo la mia pelle prima di tutto! Alla fine si è sacrificato lo stesso, quindi perché farmi pesare quello che ho detto? E soprattutto non puoi definirla codardia: ho affermato quello che molti pensavano ma nessuno aveva il coraggio di dire!
-Ti dovresti vergognare anche soltanto di aver pensato una cosa del genere! E poi capisco benissimo, probabilmente se mio fratello si fosse comportato da codardo come hai fatto tu adesso sarebbe ancora vivo!- al ricordo del fratello la voce di Charlie si era leggermente incrinata, ma tale era la rabbia nei confronti di Pansy che nessuno dei due ci fece caso.
-Perché dovrei vergognarmi? Lo pensavo allora e in fondo lo penso ancora adesso! Era la vostra guerra non la mia!
-Era una guerra per rendere le vite di tutti noi migliori!
Pansy lo guardò infuriata e il tono che per anni aveva usato a scuola le riaffiorò prepotente sulle labbra, quando parlò la sua voce uscì in un sibilo:-Una vita migliore? Per chi? Credi di essere il solo ad aver perso qualcuno? Io ci ho rimesso ben più di quanto voi possiate immaginare! Ho perso il rispetto, la mia famiglia e l’uomo che amo. Se fossero morti probabilmente avrei perso meno.
-Il rispetto e l’affetto si guadagnano, è colpa tua se non ne sei degna.
Gli occhi di Pansy diventarono leggermente lucidi:-Questo lo so bene, ma tu non hai nessun diritto di giudicarmi, nessuno di voi ha il diritto di stabilire il mio grado di dignità.
Voltò le spalle al ragazzo e tornò in camera sua sbattendo la porta. Inaspettatamente Charlie la seguì nella camera e l’afferrò per una spalla:-Non è finita questa discussione!
Pansy urlò dal dolore e lui istintivamente ritrasse la mano.
-C-che ti prende?- chiese attonito.
-Ho un’ustione, idiota!- urlò lei con quanto fiato aveva in gola mentre le lacrime di dolore le rigavano il viso.
Come se fosse tornato in sé, Charlie disse con voce pacata:-Fammi vedere.
-Sono andata all’ospedale, grazie lo stesso.- rispose lei acida.
-Non fare la bambina e fammi controllare.
-Ho detto di no! Cosa diavolo te ne importa? Me lo merito anche, ti pare?- disse Pansy con voce acuta e isterica.
Charlie ispirò a fondo per non prenderla a schiaffi:-Ti chiedo scusa per averti attaccato, forse avrei dovuto intavolare la discussione diversamente. Ora, per piacere, vuoi farmi controllare l’ustione?
-Va bene…- mormorò Pansy scorbutica –Però voltati un attimo.
Charlie ubbidì e quando Pansy si fu tolta la maglietta e l’ebbe poggiata a coprire il petto gli consentì di girarsi.
-Come diavolo ti sei ridotta così?
Pansy sbuffò:-Lunga storia…
-Se segui le mie istruzioni entro due settimane sarai come nuova.
-Ma se il medimago ha detto che ci vorrà minimo un mese!
-Sì ma se permetti io ne so qualcosa in più sulle bruciature di drago.- disse lui cominciando a spazientirsi.
Pansy lo osservò con occhio critico:-E va bene.- acconsentì.
-Rivestiti, altrimenti prendi freddo.- disse Charlie continuando a guardarla.
-Lo farei, ma mi stai guardando, idiota.- questa volta però non c’era acredine nella sua voce.
Lui fece spallucce:-Beh, una femmina nuda, che sarà mai!
Le guance di Pansy si fecero color amaranto:-Io sono una donna, non una femmina. Non stai osservando un animale nel suo habitat naturale!
-Non ne sono totalmente convinto…
-Hey!
-A proposito, cos’è questa puzza di gallina bruciata?- chiese Charlie con voce angelica mentre usciva dalla camera.
-Crepa!- gli urlò dietro Pansy, ma l’unica risposta che ricevette fu una risata cristallina che fece fare un’impertinente capriola al suo cuore.
 

***

 
Pansy Parkinson non era nota per essere quella che si definisce tradizionalmente una persona sentimentale. Era romantica, con discrezione, ma non sentimentale.
Aveva una personalità forte e dirompente e molti l’avevano definita poco gentilmente la figlia del diavolo.
Non era di quelle ragazze smielate che sedevano ore ed ore in contemplazione del vuoto, sospiranti, intente a sognare i ragazzi del loro cuore. Pansy, a dire il vero, dimostrava il suo affetto con inaudita violenza, soprattutto verbale. Se lo ricordava bene Draco Malfoy che la prima volta che le aveva detto che gli piaceva aveva ricevuto come risposta un raffinatissimo “Per le mutande di Merlino, non mi starai mica prendendo per il culo?!”.
Non lo faceva apposta, Pansy, le veniva naturale: era istintiva quando si trattava dei suoi sentimenti e vedeva l’amore come una lotta all’ultimo sangue, solitamente quello delle sue rivali.
Allo stesso modo affrontava le questioni d’onore. E Charlie Weasley era una questione d’onore. Aveva continuato imperterrita a tentare di sedurlo e lui, altrettanto imperterrito, l’aveva ignorata.
Era diventato talmente irritante che Pansy aveva addirittura pensato di sopprimerlo durante la notte.
L’apoteosi c’era stata una sera in cui presa da totale sconforto si era presentata in camera sua in reggiseno e slip. Quando lui non aveva fatto una piega, esasperata gli aveva urlato “Weasley, cazzo, non sarai gay, per caso?” lui le aveva risposto telegrafico “No.”, lei aveva ribattuto “Ma una ragazza in vita tua l’hai mai avuta?” e lui pacato “Certo, più di una. E se te lo stai chiedendo- aveva aggiunto impertinente –con loro ho avuto un’intensa attività sessuale”. Pansy se n’era andata sbattendo la porta e imprecando come la peggiore avventrice del buon vecchio pub “Testa di Porco”, cominciava a sospettare, in effetti, che Charlie Weasley trovasse divertente quella situazione e la stesse amabilmente prendendo per i fondelli.
 

***

 
Era un pomeriggio particolarmente tempestoso di aprile, la pioggia infuriava contro le finestre e il cielo si dava talmente da fare che un concerto delle Sorelle Stravagarie, a confronto, si sarebbe potuto definire pacifico, Pansy era intenta a torturare del rosmarino con la bacchetta.
Il quindici aprile era il giorno del suo compleanno e per quella sera aveva deciso di preparare una cena per lei e per Charlie, ripromettendosi, fra l’altro, di conquistarlo poiché oltre al bisogno di rivalsa, dovuto al fatto che lui continuasse imperterrito ad ignorarla e tal volta a punzecchiarla, si era aggiunto qualcosa di nuovo.
Pansy Parkinson aveva cominciato a provare qualcosa di più che irritazione e dispetto per il ragazzo, a quelle sensazioni, sempre e comunque presenti nel cuore della ex serpeverde, si era aggiunta una strana e duratura morsa allo stomaco, occasionalmente accompagnata dai rocamboleschi capitomboli in cui si esibiva il suo cuore.
Lungi da lei mentire a sé stessa, si era riconciliata con l’idea di avere una cotta adolescenziale per Charlie Weasley. Se poi bisognava essere pignoli, Pansy tendeva a glissare sul fatto che non si trattava affatto di una cotta, ma come aveva detto una volta a Daphne Greengrass, che Voldemort trascinasse lei e quell’abominio di sua sorella con sé, “l’importante è dare al tuo cuore e alla tua mente mezze verità, se i sentimenti prendono il sopravvento possono accadere cose molto spiacevoli”.
Le sue elucubrazioni si interruppero e il suo umore subì un leggero calo quando si accorse che mancava poco al ritorno di Charlie e la crema gialla per i bignè non era ancora pronta, ma per fortuna riuscì a terminare i dolci in tempo utile.
A dimostrazione della sua proverbiale violenza sentimentale, quando Charlie entrò lercio e stanco dalla porta di casa gli urlò di correre a farsi una doccia perché puzzava come una capra, stava insozzando la casa e soprattutto di darsi una mossa perché altrimenti la cena si sarebbe freddata.
Quando il giovane le fece pacatamente notare che era impossibile che sapesse che puzzava come una capra perché si trovava in un’altra stanza, che la casa era sua e poteva fare quello che gli pareva, Pansy rispose seraficamente che aveva ragione ma la cena l’aveva preparata lei e quindi, se non voleva rimettersi nella tempesta per andare a mangiare all’osteria, gli conveniva fare come voleva lei. Senza preoccuparsi di imprecare sotto voce Charlie si avviò verso il bagno, invocando con epiteti irripetibili i nomi di buona parte della stirpe magica.
Quella di imprecare era, come notò allegramente fra sé e sé Pansy, un’abitudine che avevano in comune.
Stava terminando di tagliare l’arrosto quando il rumore dell’acqua che scrosciava nella doccia la distrasse, il pensiero di Charlie Weasley nudo a pochi metri da lei la colpì inaspettatamente tanto che il coltello le scivolò di mano e si ferì leggermente l’indice.
Agendo come suo solito d’impulso si precipitò in bagno, senza neanche pensare che poteva tranquillamente usare il comodo lavandino della cucina, o sarebbe meglio dire che fece finta d’ignorare la presenza del suddetto lavandino. Mentre si sciacquava la ferita tentando di sembrare totalmente tranquilla, un Charlie totalmente grondante d’acqua le chiese di passargli l’asciugamano perché doveva uscire dalla doccia. Facendo un enorme sforzo per non voltarsi, gli passò l’asciugamano e passò a concentrarsi, sconfortata, sulla ricerca di una garza.
-Che hai combinato stavolta?- le chiese con aria saccente.
Pansy si girò mettendogli l’indice sanguinante sotto il naso:-Mi sono tagliata l’indice. Io uso sempre l’indice! Mi serve! E’ il mio dito migliore!
Charlie rise:-Il dito del giudizio, eh?
-Già…- disse Pansy inghiottendo a vuoto, e l’acqua continuava a cadere dai capelli di Charlie, a scivolare lungo il suo corpo, a rotolare… ad un tratto non resistette più prese un altro asciugamano e glielo buttò intesta cominciando a strofinargli forte i capelli e mormorando –Stai bagnando tutto il pavimento, idiota.
E poi ad un tratto successe qualcosa di strano: la testa di Charlie rispuntò da sotto l’asciugamani, i polsi di Pansy finirono intrappolati fra le mani del ragazzo che li allontanò e poi lui la baciò.
Charles Weasley baciò Pansy Parkinson, il coraggioso domatore di draghi baciò la codarda amante degli unicorni.
La baciò appassionatamente e a lungo, tanto che ad un tratto dovette sorreggerla perché le gambe non la reggevano più in piedi, e a Pansy le gambe reggevano sempre.
Quando si staccarono un sussurro che pareva uno squittio uscì dalle labbra della ragazza:-Morgana…
-No, sono Charlie.- disse lui lasciandola nel bel mezzo del bagno e andandosi a vestire.
-Crepa!- urlò lei con una strana, nuova, nota impressa nella voce.
-Non ancora, ho molto da fare con te prima di crepare.- sorrise provocatorio alla ragazza che lo osservava sbigottita rivestirsi dallo stipite della porta. Le si avvicinò nuovamente e Pansy si fece piccola piccola davanti a lui, che con estrema naturalezza la abbracciò stringendola per la vita e le disse sornione –Hai presente il motto di Hogwarts?
-Draco dormiens nunquam titillandus?- chiese dubbiosa.
-Esatto. Mi hai svegliato, Pansy.- le stampò un altro bacio a fior di labbra e si avviò in cucina –Beh, che si mangia di buono stasera?  
Scioccata Pansy lo seguì senza spiccicare parola, un barlume di lucidità le disse che, per una volta in vita sua, agire d’istinto non era stato affatto controproducente.
 

***

 
L’ospedale del paese era sempre stato il posto più tranquillo che si potesse sperare, almeno finché ad un’incinta Pansy Parkinson non si ruppero le acque.
Dalla sala parto si sentivano urla abominevoli, tanto che molti si preoccuparono delle sofferenze della povera donna. Quando il suo fidanzato, Charles Weasley arrivò in ospedale totalmente rilassato e con il volto disteso in un sorriso trepidante d’attesa fu tacciato da molti di crudeltà, ma non se ne curò. Gli altri non sentivano altro che urla indistinte, ma lui sapeva benissimo che non si trattava di urla ma di pure e semplici imprecazioni.
Un’infermiera entrò ad avvisare Pansy dell’arrivo di Charlie e le chiese, gentilmente, se voleva che lui entrasse ad assisterla. La risposta, rivolta più a Charlie che alla povera ragazza fu:-Per le mutande di Merlino, Weasley, quando esco di qui ti ammazzo! Tre! Sono tre! Dannato tu, i tuoi geni e il giorno in cui ho lasciato che allungassi le tue zampacce su di me!
Da dietro la porta semi chiusa Charlie disse con voce pacata:-Mi pare che tu scoppi di salute, tesoro.
-Crepa dannato pel di carota!
-Non vorrai mica che i nostri bambini crescano orfani?
-Lo saranno ugualmente, perché, lo giuro sui sette pezzi dell’anima Voldemort, quando sarò fuori di qui ti maledirò e ti farò a brandelli!
Il ragazzo si andò a sedere, ridacchiando, su una delle poltroncine nella sala d’attesa attigua. Circa mezz’ora dopo la stessa infermiera, con aria notevolmente sconvolta, gli si avvicinò titubante:-Uhm… la signora ha partorito, sono tre gemelli: due maschi e una femmina. Ehm, vuole entrare?
-Certo e non si preoccupi, urla molto ma non è pericolosa.- disse lui gioviale.
-Se lo dice lei.- la ragazza si allontanò scuotendo la testa e compatendo i poveri figli di quella coppia folle.
Charlie bussò delicatamente alla porta della stanza ed entrò.
-Tornatene da dove sei venuto, essere abbietto.
Ignorando la sua donna si avvicinò alle tre culle disposte una accanto all’altra nella camera.
S’incantò a guardare i suoi figli e il petto si riempì d’orgoglio.
Si accostò a Pansy schioccandole un bacio sulla tempia e si beccò un pugno sul petto.
-Che dolore!- disse con il suo solito tono impertinente.
-Aspetta…- ringhiò lei –Aspetta che mi ridiano la bacchetta e ti farò vedere di cosa sono capace!
-Ma come, amore mio, sei già stufa? E io che volevo almeno dieci figli…
Pansy lo afferrò per il bavero e lo avvicinò ad un millimetro dalla sua faccia:-Certo! Però la prossima volta partorisci tu!
Charlie ne approfittò subdolamente e la baciò:-Ti amo.- le sussurrò dolce.
-Io no.- rispose lei facendo la sostenuta.
-Bugiarda.- sorrise lui stampandole un altro bacio sulla guancia. –Come li chiamiamo?
Pansy sospirò, ci aveva pensato a lungo:-I gemelli vorrei chiamarli Gideon e Fabian, come i tuoi zii, so quanto gli eri affezionato.- gli occhi di Charlie si fecero leggermente lucidi e strinse forte al petto la donna, amava quell’essere abominevole -Mi stai soffocando, idiota! Per la bambina decidi tu…
-Ifigenia Pansy Weasley.
-E’ un nome orribile.
-Stai zitta, Pansy.
Erano, in assoluto, la coppia più felice che camminasse sulla terra, di questo entrambi erano sicuri.
 


Fine

 
 




Note:
Buonsalve miei prodi che siete arrivati fin quaggiù!
Comincio col dire che è per me un onore aprire questa raccolta! :D
E' stato divertente scrivere questa storia dall'inizio alla fine e spero che sia stato altrettanto divertente leggere per voi!
Vorrei dare soltanto una veloce spiegazione riguardo il titolo "Ασπάκων" è una parola da me creata ed è l'incrocio fra le parole aspis e drakon, che in greco significano rispettivamente aspide e drago. Mi piaceva l'idea di mischiare la natura serpentesca di Pansy all'amore per i draghi di Charlie.
Tanto per allungare il brodo... per immaginare le scene ho usato Angel e Cordelia, del telefilm Angel, lo so che non c'entrano una cippa ma almeno siete avvisati del mio livello di follia! u.u 
Ringrazio chiunque abbia letto e vi ricordo che i commenti sono sempre ben accetti! ^^
Love ya all!
Kisses,
 Yaya (aKa LoveChild) 
   
 
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