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Autore: coccodrillo pelandrone    10/10/2010    3 recensioni
Questa storia ha partecipato (di sua spontanea volontà) al contest ''I miss you'' di malandrina4ever e si è classificata ottava. E' una cosa che mi ha sconvolto. In positivo, ovviamente :) è la prima volta che scrivo su Neville, anche se è un personaggio che mi ha sempre colpito...spero che vi piaccia^^
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questa storia ha raggiunto l’ottavo posto pari merito nel contest ‘’I miss you’’, con notevole sconvolgimento dell’autrice. Sotto la suddetta autrice ha ricopiato il giudizio di malandrina4ever, giudica del concorso. L’autrice è andata in brodo di giuggiole quando l’ha letto. Però l’autrice vorrebbe sapere anche il vostro parere; perché non accontentarla?^^

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I miss you (Neville Paciock - Stregatta dalla Luna.)

-Bene, ragazzi, sono contento di vedere quanto seriamente prendete in considerazione i vostri M.A.G.O. E’ stata una lezione interessante! Alla prossima, e mi raccomando, il tema sull’Incantesimo Aguamenti: formula, pronuncia, poteri e controindicazioni. Arrivederci!- concluse il professor Vitious soddisfatto.

Quasi tutti gli alunni, che avevano messo i libri in cartella un quarto d’ora prima, scattarono in piedi e corsero verso la Sala Grande, per prendere i posti per la cena; i pochi ritardatari, invece, ammassarono disordinatamente le loro cose nella borsa, dimenticando qualche matita o pezzo di pergamena sotto i banchi, e raggiunsero gli altri, scrollandosi di dosso la noia delle lezioni urlando e spingendosi.

Vitious scese cautamente dai libri che usava come piedistallo, si mise il libro sotto braccio e lasciò canticchiando l’aula, senza neanche accorgersi che un alunno era rimasto dentro.
Neville Paciock, infatti, come ogni volta aveva aspettato che il professore finisse di parlare prima di cominciare a sgomberare il banco, e ora era impegnato a riporre meticolosamente ogni cosa in borsa, attento a non rovinarla. Prima il quaderno, stando attento che non si piegasse, poi il libro, con tutte le pagine ben tese perché non facessero le orecchie, e infine l’astuccio, con la punta della piuma avvolta in un pezzo di carta assorbente perché non sporcasse nulla di inchiostro. Chiuse attentamente la borsa, se la mise a tracolla e si girò per uscire dall’aula, ma con la coda dell’occhio vide , adagiata nel centro esatto del banco, una grossa macchia di inchiostro nero. Neville la fissò stupefatto, sicuro che non ci fosse fino a un secondo prima.

Com’era possibile…? Se ne sarebbe sicuramente accorto se fosse caduta durante la lezione, o al massimo mentre riordinava il banco. Non era così sbadato. Comunque non sarebbe servito a nulla stare lì a rimuginarci sopra; la macchia c’era, e, almeno che non avesse voluto passare un guaio con Gazza, andava tolta.

Neville appoggiò la borsa su un altro banco, l’aprì, estrasse un fazzoletto di carta e cominciò a strofinarlo sulla goccia. La viscosa assorbì gran parte del liquido, ma sul legno chiaro del tavolo era rimasto ben visibile un largo alone nerastro. Neville prese un altro fazzoletto e strofinò con forza il banco, macchiandosi di nero le dita e una manica. Non gli passò neanche per la testa di usare la magia. Alla fine si arrese, sospirò un po’ preoccupato, si rimise la borsa in spalla e fece per uscire. Si girò per constatare quanto la macchia fosse visibile dalla cattedra, quando vide una cosa che gli fece emettere un gemito di disperazione.

Un’altra macchia, un po’ più piccola della prima ma comunque grande, imbrattava un angolo del banco dal quale aveva appena alzato la borsa.

Neville si diresse automaticamente verso la macchia, sperando che fosse solo un’allucinazione. Ma invece la macchia era proprio lì, sul banco di un’altra persona per di più. Neville la fissò senza espressione, chiedendosi e adesso cosa faccio? 

Rimase ad osservarla per un po’, notando come l’inchiostro si era disposto in una forma quasi perfettamente tonda. Era più viscoso dell’acqua o del succo di zucca, perché non si espandeva, ma rimaneva entro determinati confini, quasi fosse dentro un contenitore invisibile. Era spessa, e il sole disegnava sulla sua superficie una lacrima di luce. Era bella, effettivamente. E sembrava quasi guardarlo con superiorità. Neville si chiese se quello fosse l’ennesimo scherzo di Malfoy. Effettivamente c’era da aspettarselo; il sesto anno era cominciato da quasi una settimana e fino a quel momento non gli aveva giocato ancora nessun tiro. Neville si riscosse dai suoi pensieri e fece per prendere un altro fazzoletto dalla borsa, quando sentì un piccolo plic alla sua destra. Il ragazzo seguì con lo sguardo la traiettoria del suono e vide una piccola gocciolina di inchiostro vicino al suo piede sinistro. La guardò esterrefatto, con la bocca spalancata; poi si riscosse, si tolse la borsa di spalla e l’appoggiò su un fianco, sopra il suo banco.

Il fondo della borsa di pelle era completamente impregnato di inchiostro nero; Neville la spalancò e cominciò ad estrarne i libri, con un groppo di  ansia sopra il diaframma che quasi gli impediva di respirare bene. Esaminò i libri nuovi. La maggior parte di essi aveva le pagine incollate sul fondo; altri erano quasi illeggibili. Neville sentì il naso prudergli e le lacrime raccogliersi dietro gli occhi, pronte a uscire. Il ragazzo le ricacciò indietro, deciso a non versarne neanche una. Ma se pensava a cosa avrebbe detto sua nonna quando l’avesse scoperto, non riusciva a non tremare. Gli dispiaceva moltissimo; sapeva bene quanto era costato tutto il necessario per la scuola quell’anno, e sapeva anche quanto fosse difficile per una donna anziana con una pensione bassa crescere un  ragazzo.

Per ultimo tirò fuori l’astuccio, completamente rovinato; l’aprì con una certa difficoltà, perché la cerniera era bloccata da pezzi di inchiostro secco. La penna era inutilizzabile, con dei pezzi di carta assorbente incollati. E pensare che ce l’avevo avvolta per impedire che la penna sporcasse di inchiostro qualcos’altro…  Forse l’unica cosa recuperabile era la matita. E poi, proprio in fondo all’astuccio, trovò la boccetta d’inchiostro, vuota, e con il tappo crepato rivolto verso il basso.

Ora non riuscì più a trattenere il pianto. Si vergognava terribilmente delle sue lacrime diciassettenni, ma non poteva farci nulla. Era troppo. Era troppo. Aveva sperato che finalmente qualcosa sarebbe cambiato. Si era illuso che fosse bastato aiutare il celebre Harry Potter a salvare il mondo magico, l’estate scorsa, per allontanare per sempre la sfortuna, per cambiare, per non essere più il solito sfigato imbranato e timido. E invece no. Ogni volta, succedeva qualcosa di brutto. Per lui nessun giorno poteva concludersi tranquillamente. Non bene, semplicemente tranquillamente. Come tutti. Ma, a quanto sembrava, per lui era impossibile. Un professore, un brutto voto, Pix o un Serpeverde erano sempre pronti a rovinargli la giornata. Ma quella volta non era colpa loro. Questa volta, come moltissime altre, la colpa era solo sua. Era distratto, incapace, maldestro, sciocco, noioso. Non era simpatico, o intelligente. Non era neanche lontanamente interessante, una persona con cui valesse la pena di passare un po’ di tempo. Era semplicemente uno sfigato. Quella parola, con cui tutti lo chiamavano continuamente, gli si adattava alla perfezione. Ma aveva giurato a sé stesso che sarebbe cambiato. Che sarebbe stato normale, non brillante, magari; ma normale.

E invece, come sempre, aveva rovinato tutto. E non solo i suoi propositi. La borsa nuova, che la nonna gli aveva regalato per premiarlo del suo comportamento al Ministero lo scorso giugno. L’astuccio di pelle di drago, regalatogli da sua zia Enid per lo stesso motivo. La penna di cigno nero, che doveva essere costata davvero troppo. Come sempre tutto rovinato, rotto e ammaccato, sempre per colpa sua. Neville si asciugò una lacrima che gli era rotolata sulle  guancie umide, sporcandosi di nero la faccia con le mani macchiate di inchiostro; poi trafficò nella tasca interna della borsa, estraendone un galeone d’oro. Il galeone dell’Esercito di Silente. Neville lo studiò. Anche questo, come tutto il resto, era macchiato; una faccia era completamente nera, mentre l’altra era pulita per metà. Neville grattò con l’unghia l’inchiostro dal finto numero di serie, fermo come sempre sulla data dell’ultima riunione. Provò un piccolo moto di delusione quando si rese conto definitivamente che non ci sarebbero più stati incontri dell’ES. Aveva provato a suggerire l’idea di un’altra riunione a Harry, ma ovviamente non aveva capito. Si era limitato a fissarlo perplesso, ricordandogli che ora che la Umbridge se n’era tornata al Ministero non c’era più bisogno di esercitarsi di nascosto.

C’era da aspettarselo. Per lui, come per tutti gli altri, l’E.S. non era mai stato nulla di più di un modo per infrangere le regole, per sentirsi ribelle e anticonformista. Per nessuno di loro era stato un pretesto per farsi degli amici. Nessuno di loro si era sentito per la prima volta in gamba solo per essere stato il primo a riuscire a incassare uno Schiantesimo. Nessuno di loro aveva bisogno dell’E.S. per sentirsi accettato, normale. Forse Luna avrebbe capito come si sentiva adesso, ma non era esattamente una cosa bella. Dire di essere capito solo da Luna, beh, voleva dire essere come lei. Essere strano, come lei. Ma almeno, pensò con un attacco di tristezza indefinibile, lei è considerata. E’ la pazza della scuola. Moltissimi ragazzi dicono che è una grande. Mentre io non sono proprio nessuno. E in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere il galeone adagiato sul suo palmo riscaldarsi e ridiventare rosso. Per sapere che avrebbe avuto un’altra occasione per smettere di essere lo sfigato del gruppo, l’imbranato che chissà perché è finito a Grifondoro, che chissà come mai è entrato a Hogwarts. Che gli altri avrebbero cominciato a considerarlo come un amico. Con l’ennesima punta di tristezza si alzò dalla sedia sulla quale si era seduto senza neanche accorgersene e uscì dalla stanza a testa bassa, per nascondere le guance sporche e gli occhi arrossati. Il galeone rimase un pezzo di metallo, e lui rimase uno sfigato solo e nostalgico.
 
 
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Grammatica: 9.5/10
Stile: 8.5/10
Caratterizzazione: 15/15
Originalità: 10/10
Trama: 10/10
Attinenza al tema (ovvero la nostalgia): 14/15
Gradimento Personale: 4/5
Totale: 71/75

La grammatica va benissimo, l’unico appunto che ti faccio è che dovresti mettere quel ‘e adesso cosa faccio?’ tra due virgolette perché è un discorso diretto, oppure puoi mettere ‘chiedendosi che cosa fare’, come preferisci. Lo stile è abbastanza buono, solo che non è molto scorrevole: secondo me dovresti cercare di fare periodi un po’ meno lunghi, sostituendo qualche virgola con dei punti fermi (e sistemando le varie frasi poi, ovvio XD). A parte questo comunque la storia mi è piaciuta molto, l’ho trovata davvero originale. L’idea che hai scelto è sicuramente meno utilizzata di quella di Neville che pensa ai genitori, anzi penso di non aver mai letto una fic che parlasse di questo. La caratterizzazione di Neville mi è piaciuta molto, il suo essere insicuro anche dopo quello che è successo...mi è sembrato molto reale ed IC, brava^^
 
  
  
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