Nel cammino

Quanto lungo è ancora il mio cammino

quando inquieto mi risveglio nel mattino,

nell'assopito inganno di un altro giorno

tra la follia malata di troppa gente intorno.

Memoriali stanchi di parole d'ascoltare

banalmente ricordando, è un triste tramandare.

Le genti mie, che sfuggo ad ogni incontro

e di sguardi ne evito lo scontro,

porgendo assente quel saluto,

ne amore, ne perdono dono a loro aiuto.

Volontà pur sia fatta del creatore,

benchè rinnego il primo uomo e il primo errore.

Se dal ciel la mano scese

e in tre dal corpo in su di nuovo ascese,

chi fu lui che in santa terra giustizziato

del sangue suo e fede, son da Roma ricattato.

E se beltà in beltà inseguo andando,

solo libertà cara sto cercando,

poiché schiavo legato di catene,

prigioniero sono del pensier comune che mi tiene.

E se voce gridiamo in su elevando

oh persa gioventù che stiamo diventando,

merce e scambio d'ingurie vendute

noi che siamo speranze ormai congiunte.

L'avvenir che grave ci han donato

il meritar e il giusto sia pagato,

a chi meglio voglia stare

sottraendo al ben comune il benestare.

Chi ancora avrebbe da ridire,

creduto non sarà da chi non vuol sentire:

ormai già queste son le sorti

d'umane e dei risorti