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Autore: samek    11/10/2010    5 recensioni
«The once and the future king – il re che è e che sarà» mormorò [Holmes] con fare assorto « Secondo la leggenda, Artù riposa sull'isola di Avalon, in attesa di tornare nel mondo quando questo ne sentirà nuovamente il bisogno» continuò ed il giovane Pendragon annuì, dando segno di conoscere quelle nozioni.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Libri, Telefilm
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Sherlock Holmes/Merlin;

Fandom: Merlin/Sherlock Holmes;

Pairing: Artù/Merlino, Holmes/Watson;

Rating: Pg;

Genere: Introspettivo, Romantico.

Warning: Crossover, Pre-Slash;

Beta: Narcissa63;

Summary: «The once and the future king – il re che è e che sarà» mormorò [Holmes] con fare assorto « Secondo la leggenda, Artù riposa sull'isola di Avalon, in attesa di tornare nel mondo quando questo ne sentirà nuovamente il bisogno» continuò ed il giovane Pendragon annuì, dando segno di conoscere quelle nozioni.

Note: Scritta per la Warning Table di holmes_ita, Prompt 02 – CrossOver.

Lo so, un crossover su Holmes e Merlin può sembrare una follia, ma concedetemi il beneficio del dubbio. L’ispirazione per questa storia proviene da questo bellissimo video, che a sua volta s’ispira al ciclo delle leggende arturiane. La domanda che mi sono posta è: Se Artù e Merlino non si fossero reincarnati nel presente, ma in età vittoriana, che sarebbe successo? Questa è la risposta che mi sono data.

 

 

Il mistero del ritorno del Re

The once and the future King

 

L'universo ci aiuta sempre a lottare per i nostri sogni,

per quanto sciocchi possano sembrare.

Perché sono nostri

e soltanto noi sappiamo quanto ci costa sognarli.*

 

Scegliere le avventure da rivelare al pubblico, per me, è sempre stato un arduo compito. Nei decenni di collaborazione con Sherlock Holmes ho registrato centinaia di casi di cui il mio amico e collega si è occupato, con o senza il mio aiuto. Non tutte le indagini sono state risolte, altre si sono rivelate tanto banali da non costituire un elemento d’interesse per il pubblico, ma quella che sto per esporre è un’eccezione. Infatti, pur nella sua semplicità, questo caso presenta un mistero che nemmeno il più grande investigatore del nostro secolo è riuscito a sbrogliare. Per raccontarvela, però, dovrò abbandonare per breve tempo la narrazione in prima persona, in favore della storia del nostro cliente, così come c’è stata presentata.

 

*°*°*°*°*

 

La vallata brulla era disseminata di cadaveri. Pianti, grida e gemiti di dolore permeavano l’aria che, solo poc’anzi, era satura del clangore delle spade, delle grida dei guerrieri e dei lampi della magia, mentre su tutto aleggiava l’effluvio ferroso del sangue. 

Un giovane uomo dai capelli corvini barcollava, facendosi strada tra i corpi dei druidi riversi su quelli dei cavalieri di Camelot, cercando di raggiungere il centro del campo di battaglia, dove una splendida donna era china sul corpo di un fanciullo e, poco distante, un ragazzo dai capelli biondi giaceva svenuto in una pozza di sangue. Fu su quest’ultimo che il Mago dai capelli neri si precipitò.

«No, no, no, no…» cantilenò angosciato, prendendolo tra le braccia «Sire… Artù, riesci a sentirmi? Svegliatevi… svegliati, svegliati!» inveì, scuotendo il corpo inanimato e passando sconclusionatamente da un tono formale ad uno ben più intimo.

«E’ tutta colpa tua» sibilò la fanciulla, con il volto rigato di lacrime.

«Non osare, Morgana» la ammonì lo Stregone, scuotendo il capo e rifiutandosi di piangere «tutto questo non sarebbe accaduto, se tu non ci avessi traditi. Guardati intorno! Tu ed il tuo piccolo Mordred avete innescato questa carneficina».

«Sai che non è vero, non siamo stati noi a dare inizio alla guerra, ma ormai non ha più importanza, nulla ha più importanza. Siamo rimasti solo noi due, Merlino, e siamo esausti, anche volendo non potremmo cambiare ciò che è accaduto» ribatté lei, portando lo sguardo sul ragazzino e pulendogli il volto intriso di sangue con un lembo della veste.

«Forse tu non puoi, ma io non rimarrò qui a lasciar morire il mio Re» sentenziò Merlino, dopo di che utilizzò l’ultima oncia di energia rimastagli per richiamare la magia e scomparire insieme al suo signore.

Ricomparve sulle rive di un lago e, sorreggendo il corpo esanime di Re Artù, s’inoltrò tra le acque. Fu allora che le porte di Avalon – visibili solo in punto di morte – si schiusero, e dei piccoli esseri alati si palesarono a gli occhi del Mago.

«Ci porti un dono, Emrys?» gli domandò uno di essi, fronteggiando l’umano.

«No, sono qui per tutt’altro motivo. Io invoco l’Antica Religione e vi propongo un patto» annunciò l’interpellato con voce decisa, ricacciando la disperazione ed imponendosi di non tentennare.

Il Re degli Scii rise sprezzante: «Un patto? E cosa ci offri in cambio?»

«La mia magia: il potere dell’ultimo Signore dei Draghi» proclamò Merlino e, dai sibili concitati che si levarono intorno a lui, capì che la trattativa sarebbe andata a buon fine.

 

*°*°*°*°*

 

Questo fu lo straordinario racconto che ci sottopose, in una nebbiosa sera di settembre, il signor Arthur Pendragon, primogenito e legittimo erede di Lord William Pendragon.

Sherlock Holmes ed io, seduti nel salotto del nostro appartamento in Baker Street, lo ascoltammo perplessi, senza interrompere il nostro interlocutore. Questi era un giovanotto atletico ed affascinante, senza grilli per la testa, benché possedesse quella certa arroganza tipica della sua età, che è sintomo del sentirsi in potere di fare qualunque cosa ed, al contempo, cela la lieve insicurezza di fondo di chi non si è ancora affermato nella vita.

L’avevamo conosciuto quel pomeriggio; il ragazzo era un ottimo pugile nella sua categoria e lui ed il mio collega si erano affrontati in un incontro agonistico. Una volta fuori dal ring, il signor Pendragon aveva pregato Holmes di dedicargli un po’ del suo tempo, così si erano accordati per incontrarsi nella nostra dimora qualche ora più tardi.

«E’ una storia molto affascinante, signor Pendragon,» esordì il mio coinquilino «ma questo suo sogno cos’ha a che fare con me?»

«Non è solamente una fantasticheria, signor Holmes. E’ da mesi ormai, da quando ho compiuto vent’anni, che continuo a ricordare – non solo durante il sonno, ma anche il giorno! – brandelli di quella storia… ed io so che è la mia storia. Merlino non era quello che si racconta nelle leggende arturiane, non era un vecchio saggio, era solo un ragazzo – il mio servo» cominciò a spiegare il nostro nuovo amico e confesso che, da medico, mi preoccupai seriamente per la sua sanità mentale.

«Ci sta dicendo che lei crede di essere Re Artù?» non potei fare a meno di domandargli e con incredulità mi voltai a guardare Holmes, ma la sua attenzione era rivolta al soffitto. Infatti, era stravaccato in poltrona nella solita postura languida ed apparentemente disinteressata, che assumeva quando ascoltava un cliente.

«Sia gentile, dottore, non crei altre fastidiose interruzioni. E lei, ragazzo mio, continui» ordinò, senza nemmeno dedicarci uno sguardo, congiungendo le punte delle proprie dita sottili.

«So che può sembrare una follia, io stesso temevo di essere impazzito. Qualunque cosa mi accade intorno mi riporta alla mente scene di quella vita. Ad esempio, quando ho osservato la governante ritirare alcuni vestiti, ho rivisto Merlino piegare i miei abiti, e la sera in cui ho accompagnato mia sorella ad un ballo, ho ricordato Morgana fare il suo ingresso nella sala dei banchetti al mio braccio, invece un altro giorno ho sentito un clangore di spade durante gli allenamenti di pugilato. Temevo fossero allucinazioni, dottor Watson, ma poi l’altro ieri mi sono letteralmente scontrato con Merlino. Ed era lui, vi do la mia parola d’onore – alla quale non ho mai mancato – vero quanto lo siamo noi in questa stanza. Lavorava come cameriere in una locanda e, con la sua solita goffaggine, mi era venuto addosso» le labbra del signor Pendragon si distesero in un sorriso carico d’affetto «era il suo viso, quello del mio Merlino, e sono rimasto tanto allibito da lasciarmelo sfuggire» poi quella stessa bocca si contorse in una smorfia «E’ per questo che sono qui, signor Holmes, per pregarla di aiutarmi, perché non so a chi altro rivolgermi. Questo non è un lavoro per Scotland Yard e, se ne parlassi, verrei preso per matto da chiunque, ma… farei qualunque cosa e darei qualunque cosa per ritrovarlo» concluse con una tale intensità da lasciarmi ancor più spiazzato di fronte a quell’assurda faccenda.

«Era molto affezionato a lui, non è vero?» mi ritrovai a chiedere e – con un certo orrore, lo confesso candidamente – mi resi conto che gli stavo dando credito.

Arthur Pendragon non disse nulla, ma il modo in cui chinò il capo e quello in cui le sue guance s’imporporarono fu una risposta più che esplicita. Mi accorsi che speravo davvero che Holmes accettasse il caso, io stesso desideravo fare il possibile per aiutarlo, quindi mi voltai all’indirizzo del mio collega, scoprendo che sui suoi occhi era sceso quel particolare velo che contraddistingueva i suoi momenti di riflessione.

«The once and the future king – il re che è e che sarà» mormorò con fare assorto «Secondo la leggenda, Artù riposa sull’isola di Avalon, in attesa di tornare nel mondo quando questo ne sentirà nuovamente il bisogno»* continuò ed il giovane Pendragon annuì, dando segno di conoscere quelle nozioni.

«Le leggende si basano sempre s’un fondo di verità,» ponderai «quale esso sia, non ci è dato saperlo, ma non tutto è invenzione».

Holmes assentì e poi si rivolse ad Arthur. «Ragazzo mio, credo che questa indagine si rivelerà piuttosto semplice, tuttavia è una situazione abbastanza bizzarra da avermi incuriosito e poi… » s’interruppe per rivolgermi un’occhiata divertita e quasi rassegnata «il mio caro dottore non mi perdonerebbe se non regalassimo un lieto fine a questa storia».

Lo guardai con rimprovero per quella battuta, ma dovetti voltarmi – simulando un’improvvisa attrazione per le fiamme nel camino – per nascondere le mie labbra che si erano incurvate di propria iniziativa. Pendragon, dal canto suo, faceva fatica a celare la gioia; il suo volto si aprì in uno dei più bei sorrisi che avessi mai visto, dopo di che cercò di ricomporsi e si alzò per stringere la mano a Holmes ed a me, ringraziandoci calorosamente.

«Bene, signor Pendragon, diamoci da fare» esclamò il mio amico, balzando in piedi e cominciando a fare su e giù «Dal poco che ci ha raccontato, e considerando che tutta questa storia sia reale, la sua vita attuale ha diverse similitudini con quella passata: il suo nome – tanto per cominciare – il suo stato sociale, la composizione del suo nucleo famigliare, la sua cultura e… il suo aspetto. Quindi, possiamo ragionevolmente supporre che anche per Merlino sia così. Dunque ho bisogno che lei mi racconti tutto ciò che ricorda del passato e la prego di non tralasciare nulla, anche i dettagli più infinitesimali potrebbero essere d’aiuto».

«D’accordo» il giovane annuì compito, schiarendosi la voce «Merlino era un ragazzo di umili origini, nato in un piccolo paesino di nome Ealdor. Quando lo conobbi non sapeva chi fosse suo padre e sua madre l’aveva mandato a Camelot perché temeva che i loro compaesani scoprissero che era un Mago – al tempo era molto pericoloso praticare la magia, mio padre l’aveva bandita. Ciononostante Unith, sua madre, aveva una persona fidata al castello, ovvero Gaius, il medico di corte. Questi accolse Merlino e fu per lui, al contempo, un mentore ed un padre » cominciò il giovanotto, lasciandoci notevolmente sbalorditi per la profusione di dettagli ed accenni storici. Sembrava impossibile che un ragazzo dall’aspetto così sobrio potesse inventarsi tutto quello. Poi continuò: «L’inizio tra Merlino e me fu piuttosto burrascoso: lo sbattei in cella per avermi sfidato pubblicamente, di fronte ai miei cavalieri. Ad onor del vero, io l’avevo provocato, ero piuttosto arrogante allora…» ammise con un sorrisino divertito «Comunque sia, Gaius riuscì a tirarlo fuori dopo qualche ora e Merlino partecipò ad un banchetto, durante il quale mi salvò la vita, e mio padre, per premiarlo, lo nominò mio servitore personale.

Inutile dire che nessuno dei due, in un primo momento, ne fu felice. Lui… era un vero disastro: indisponente, goffo, incapace in tutto – non lo sopportavo! Ma poi le cose cominciarono a cambiare, pian piano riuscì a conquistarsi la mia fiducia e non c’era nessuno – nessuno! – più leale di lui. Che si trattasse di coprirmi con mio padre per permettermi di corteggiare una fanciulla o di seguirmi in battaglia, lui mi sosteneva sempre, e tutto questo andava ben oltre i suoi doveri. In segreto mi salvò la vita tantissime volte, malgrado io non ne fossi assolutamente al corrente e, nonostante il fatto che continuassi a trattarlo con sufficienza – a volte addirittura con vero e proprio disprezzo – Merlino non si diede mai per vinto. Era caparbio al limite della testardaggine, in questo eravamo molto simili.

Battibeccavamo di continuo e, avrei preferito ingoiare un rospo piuttosto che ammetterlo, ma… a me piaceva il nostro rapporto. La sua incompetenza mi dava un motivo per rimproverarlo e sfogare su di lui la mia frustrazione, e anche se non era facile starmi accanto, credo lui mi capisse meglio di chiunque altro. Per lui non ero l’Erede al trono o il Re di Camelot, ma semplicemente un uomo ed era per questo che… mi stimava. E, per lo stesso motivo, io volevo solo lui al mio fianco» s’interruppe, chiudendo brevemente gli occhi per racimolare le idee.

Forse fu una sciocchezza, ma anche a causa delle mie esperienze, quel rapporto mi parve molto simile ad un matrimonio; un coniuge, infatti, conosce pregi e difetti del proprio consorte e lo ama e rispetta proprio per essi.

Pendragon fece un respiro profondo, poi riprese: «Immagino conosciate entrambi il ciclo arturiano. Uther, mio padre, si servì della magia per far sì che io venissi al mondo, ma l’equilibrio pretende una vita in cambio di un’altra e si prese quella di Ygraine, mia madre. Mio padre, pur di non incolpare sé stesso, abbatté la propria collera sulla Strega che l’aveva aiutato e sulla magia stessa, bandendo l’Antica Religione e condannando a morte chiunque la praticasse.

Da giovane io ero all’oscuro di tutto ciò, mi limitavo ad eseguire gli ordini, non sapevo che Merlino fosse un Mago, né che lo fosse Morgana, la protetta di mio padre, ufficialmente adottata da lui.

La mia sorellastra ci tradì e si schierò con i druidi, capeggiandoli insieme a Mordred, un fanciullo d’incredibile potere che lei amava come un figlio.

La guerra iniziò e mio padre morì in battaglia, io salii al trono e cambiai molte leggi: la magia tornò legale e Merlino, il quale nel frattempo si era rivelato per ciò che era e ci aveva protetto con tutte le proprie forze, divenne il mio braccio destro. Ma non bastava, per Mordred non era sufficiente e Morgana gli rimase accanto perché gli era troppo affezionata. L’ultima battaglia fu una carneficina, Mordred ed io ci affrontammo e ci ferimmo mortalmente a vicenda, mentre Merlino e Morgana duellavano a loro volta. La fine della storia fu il sogno che vi ho raccontato» concluse, ed un lungo silenzio scese nella stanza.

«Signor Pendragon,» esordì Holmes, quasi un quarto d’ora dopo «ha detto che il medico di corte era il mentore di Merlino, esatto? Quindi il Mago era anche il suo apprendista?»

«Sì, infatti quando Gaius divenne troppo vecchio per il proprio mestiere, fu Merlino a prendere il suo posto» confermò il nostro cliente.

«Ha provato a tornare nella locanda dove l’ha trovato qualche giorno fa?» gli domandò il mio collega.

«Sì, ma sfortunatamente lo hanno licenziato. Quando ho chiesto di lui, il proprietario del pub mi ha berciato contro: “Garzone? Quello non era un garzone, era un disastro fatto persona, una calamità! L’ho sbattuto fuori e non so niente di lui, quindi, se non ha da ordinare, non mi faccia perdere altro tempo”. Un uomo davvero amabile» ironizzò il ragazzo, calcando con sarcasmo sull’ultima parola e conquistandosi tutta la mia approvazione.

«Ha pubblicato un’inserzione sul giornale?» chiese allora Holmes.

«No, non ancora, a dire il vero» ammise Pendragon.

«Be’, allora ci servirà una sua descrizione» concluse il mio amico in tono pratico, cercando carta e penna.

«Oh, certo, lui è…» iniziò Arthur e mi colpì il fatto che chiuse gli occhi, come se volesse carpire l’immagine di Merlino dai propri ricordi, e si umettò le labbra prima di riprendere: «moro, ha i capelli corvini, un paio di grandi e buffe orecchie, due incredibili occhi blu, il mento prominente e gli zigomi squadrati. E’ alto quanto me, ma molto esile. La sua pelle è chiarissima, quasi eburnea, come la sua signor Holmes. E… e…»

«Penso che basti così» lo interruppe Holmes, mettendo il punto alla nota che aveva preso «Affiderò questa ad un corriere, dopo di che Watson ed io ci metteremo a lavoro. Signor Pendragon, penso sia tutto. Se avremo necessità di altre informazioni o avremo delle novità, la contatteremo» gli assicurò in quello che era un chiaro congedo.

Il giovanotto si alzò e, schiarendosi la voce, ci tese nuovamente la mano. «Io non so davvero come ringraziarvi, signori. Il solo fatto che voi mi abbiate dato ascolto mi sorprende e ho totale fiducia nelle vostre capacità. Per quanto riguarda l’onorario, indicatemi qualunque cifra».

«L’onorario è un prezzo fisso e, ad essere onesti, ragazzo mio, io lavoro per amore del mestiere, spesso senza alcun tornaconto finanziario. Il dottor Watson ed io siamo felici di occuparci del suo caso» gli garantì il mio coinquilino, accompagnandolo alla porta.

«Bene, Watson» aggiunse poco dopo «direi che ora possiamo cenare e rimandare ogni considerazione sulla faccenda a domattina, quando avremo la mente più lucida» concluse, suonando poi il campanello per chiamare la governante.

 

*°*°*°*°*

 

La mattina seguente, quando mi alzai, trovai Holmes già in piedi ed alle prese con la prima pipa della giornata.

«Buondì, dottore. La signora Hudson ha appena portato la colazione» mi salutò, ripiegando la sua copia del Times sul tavolo.

«Buongiorno a lei. La trovo di buonumore, ha già deciso come procedere con il caso?» domandai curioso, accomodandomi di fronte a lui.

«Tutto a suo tempo, Watson, tutto a suo tempo. Mangi abbondantemente, staremo fuori tutta la mattina» replicò il mio amico ed io non feci altre domande, finché non sentii suonare il campanello.

«Aspetta qualcuno?»

«Il nostro caro Wiggings» rispose Holmes, proprio nel momento in cui il ragazzino bussò alla porta ed entrò nel salotto.

«Salve signor Holmes, dottor Watson. Come posso aiutarvi?»

«Buongiorno, Wiggings. Ho bisogno che tu e gli altri Irregolari troviate una persona. Si tratta di un ragazzo di circa vent’anni, di umili origini – ecco qui una sua descrizione -. Uno scellino a testa per il lavoro ed un altro se lo porterete a buon fine» gli illustrò il mio collega, consegnandogli un biglietto ed una piccola sacca piena di monete.

«Faremo del nostro meglio, signor Holmes» gli assicurò lui, regalandoci un gran sorriso, prima d’inchinarsi con gratitudine e lasciare la stanza.

I giovani Irregolari di Baker Street erano gli occhi e le orecchie di Holmes nei bassifondi e più di una volta il loro aiuto si era rivelato indispensabile. Quei ragazzetti erano l’ideale per trovare qualcosa o qualcuno, arrivavano ovunque.

«Per quanto riguarda noi, vecchio mio, che ne dice di recarci a porgere un saluto al Rettore della facoltà di medicina?» propose il mio coinquilino.

«Mi pare un’ottima idea» concordai.

Così, dieci minuti dopo, salimmo in carrozza diretti verso la nostra meta.

Il Rettore Blackstone era un uomo robusto, dal profilo aquilino ed il temperamento burbero, ma in fondo gentile. Era stato mio professore e conservavo di lui un buon ricordo, quindi fui particolarmente lieto di rivederlo. Ci accolse con compostezza nel proprio studio e, dopo i consueti convenevoli, s’informò sul motivo della nostra visita.

«Stiamo cercando un ragazzo che corrisponde a questa descrizione» spiegai, porgendogli il giornale ed indicandogli l’annuncio che avevamo pubblicato.

Scrutò la pagina attraverso il monocolo, poi ci rivolse un cipiglio perplesso: «Come ben sa, Watson, la maggior parte degli studenti di medicina sono di alto ceto, sono pochissimi i ragazzi di umili origini e l’unico che corrisponde a questa descrizione è il pupillo del Professor Murrey. Posso sapere per quale motivo state indagando su di lui, signor Holmes?»

«Il nostro cliente ha sentito parlare di questo giovanotto ed è ansioso di conoscerlo» rispose elusivamente il mio amico «Potremo parlare con il ragazzo o con il Professor Murrey?» chiese poi.

«Siete fortunati, la lezione del Professor Murrey finirà tra cinque minuti» ci informò, dandoci poi indicazioni per raggiungere la sua classe.

Incontrammo William Murrey proprio mentre gli studenti abbandonavano l’aula e, dopo le presentazioni, gli spiegammo che il rettore ci aveva indirizzato da lui, in quanto egli riteneva conoscesse un ragazzo che corrispondeva alla descrizione di quello che stavamo cercando. Quindi, gli mostrammo il medesimo annuncio che avevamo sottoposto a Blackstone.

«Oh, ma certo, voi parlate di Emrys, il figlio della mia governante. E’ un bravo ragazzo, suo padre è deceduto quando era troppo piccolo per ricordarlo e sua madre è una gran lavoratrice, una pia donna che mi è stata accanto dalla scomparsa di mia moglie. Non ho avuto figli, pertanto mi sono affezionato a quel giovane come se fosse sangue del mio sangue. Per quale motivo lo cercate? Gli è accaduto qualcosa?» ci raccontò il professore, concludendo con apprensione.

«No, niente del genere, professore. Il nostro cliente è interessato a conoscere il suo pupillo, ci ha chiesto di trovare una persona che corrispondesse a quella descrizione. Le rivelerei il motivo di tale desiderio, ma spero comprenda che si tratta di una faccenda privata. Vorremo solo sapere dove trovare Emrys e concordare un appuntamento con lui» chiarì Holmes, con il tono rassicurante che sapeva adoperare nei momenti più opportuni.

Tranquillizzato, Murrey ci diede l’indirizzo della propria dimora e, una volta congedati da lui, ci dirigemmo al primo ufficio postale nelle vicinanze, per spedire un telegramma al – supposto – Mago Merlino.

*°*°*°*°*

 

«Buonasera signor Holmes, dottor Watson. Ho ricevuto il telegramma che mi invitava a presentarmi qui, stasera. Allora avete trovato Merlino? E’così?» ci interrogò quella stessa sera il giovane Pendragon, non appena varcò la soglia del nostro appartamento.

«Buonasera, signor Pendragon. Si accomodi, non resti lì in piedi e prenda una tazza di tea» replicò Holmes, invitandolo bonariamente a calmarsi ed accentuando l’attesa con il suo fare teatrale «Abbiamo trovato un ragazzo che corrisponde alla descrizione del suo amico, sarà qui tra qualche minuto» gli assicurò.

Tuttavia, dopo un quarto d’ora dall’appuntamento prefissato, il supposto Merlino non si era ancora presentato.

Nonostante ciò, mi sorpresi a constatare che Arthur sembrava nervoso, ma non preoccupato. «Merlino è sempre stato in ritardo» rivelò con un sorriso teso.

E difatti, qualche minuto dopo, finalmente il campanello trillò. Il nostro ospite bussò con discrezione alla porta ed il mio collega si apprestò ad accoglierlo.

Quello che entrò nella stanza era un ragazzo alto ed esile, dalla pelle chiarissima e due intensi occhi blu. Si tolse il berretto di feltro, rivelando una zazzera di capelli corvini e le orecchie più buffe che avessi mai visto. «Buonasera signore, ho ricevuto il suo telegramma che mi pregava di presentarmi qui… mezz’ora fa» esordì imbarazzato, probabilmente rendendosi conto solo allora del proprio ritardo. «Cosa… cosa posso fare per lei?» domandò dubbioso.

«C’è qualcuno che è ansioso di conoscerla» rispose Holmes e, con la coda dell’occhio, vidi il nostro cliente alzarsi e raggiungere a passi lenti ed increduli il nuovo arrivato.

Un’espressione smarrita e sgomenta si dipinse sul volto di quest’ultimo. «Artù?» mormorò, così piano che faticai a sentirlo, e l’interpellato sorrise, illuminando a giorno l’intera stanza.

«Vedo che il trascorrere dei secoli non ha cancellato le tue cattive abitudini, Merlino» ribatté il giovane Pendragon, marcando quel nome con una spavalderia che non gli avevamo mai sentito adoperare.

Per tutta risposta, le labbra dell’altro si arcuarono lentamente, sinché egli non si abbandonò ad una risata liberatoria. «Come… come mi avete trovato?» domandò, raggiungendolo in due falcate e sfiorando con esitazione le sue spalle, quasi temesse che potesse sparire in uno sbuffo di fumo.

«Non avevo cavalieri a cui ordinare di cercarti in lungo ed in largo, così mi sono rivolto ad un professionista» rispose il giovane Lord, afferrando le sue mani e attirandolo ancora più vicino a sé.

Sentii il braccio di Holmes scivolare nell’incavo del mio gomito, poi le sue labbra si accostarono al mio orecchio, quando mi voltai al suo indirizzo. «Concediamo loro un po’ d’intimità» mi sussurrò. Così ci chiudemmo la porta della sua camera alle spalle, lasciando soli i ragazzi. Poco prima che l’uscio si chiudesse, quando ormai restava uno spiraglio non più largo di un pollice, intravidi i due giovani strettamente abbracciati.

«Complimenti» sorrisi, congratulandomi con il mio amico.

«Nulla di complicato» si schermì, ma nei suoi occhi vidi una luce compiaciuta per la felice conclusione.

«Pensa che siano davvero loro, quelli delle leggende?» domandai, sedendomi sull’unica seggiola nella stanza, mentre Holmes si accendeva la pipa con un gesto fluido e familiare.

«Non saprei. Senz’altro è sorprendente che si siano riconosciuti al primo sguardo» replicò pensoso.

Concordai con un cenno del capo, ammirando segretamente la tenacia dell’affetto che li legava, il quale – era evidente – trascendeva le regole della scienza e perfino quelle della fede.

 

*°*°*°*°*

 

«Signor Holmes, questi sono per il suo disturbo» prima di congedarsi, l’erede dei Pendragon lasciò s’un tavolino un sacchetto tintinnante.

«Sire, aspettate» lo fermò l’altro giovane, posando una mano sul suo braccio, prima che imbucasse la porta.

«Merlino, non sono più un Re» lo rimproverò blandamente il nostro cliente.

«Le vecchie abitudini sono dure a morire» borbottò l’interpellato, poi si accostò a noi. «Non n’è rimasta molta, ma forse ho ancora abbastanza forza per un’ultima magia» sorrise mitemente, offrendoci i palmi «Potreste darmi la mano?»

Titubanti, ci scambiammo uno sguardo, prima di fare come il giovane ci chiedeva. Lui le strinse, sussurrò qualche parola indecifrabile e, con un sussulto, vidi chiaramente i suoi occhi blu incendiarsi d’oro. Un intenso calore s’inerpico dalla sua presa e riverberò lungo il mio corpo, durò solo un attimo, lasciandomi addosso una sensazione remota, come un sommesso e non bene identificato sfrigolio.

«Ci sono legami che nemmeno il tempo può spezzare, sono immortali. Se mai vi separerete, perdendovi per strada, il mio incantesimo darà un’indicazione al Destino, facendo sì che vi ricongiungiate» spiegò e, per un momento, le iridi incastonate in quel volto delicato e quasi infantile parvero antiche e sagge.

«L’ultimo incantesimo di Mago Merlino» mormorò Arthur Pendragon, posando una mano sulla sua spalla ed il suo amico annuì con fare solenne.

«Andiamo a casa, Emrys. Abbiamo molte cose di cui parlare» aggiunse il giovane aristocratico.

L’ultimo ricordo che ho di loro, è quello di due ragazzi che s’incamminavano per Baker Street spintonandosi giocosamente.

 

FINE.

 

*La frase d’introduzione è una citazione di Paulo Coelho.

 

 

 

   
 
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