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Autore: Valaus    11/10/2010    17 recensioni
Ottobre ed Aprile non sono solo due mesi qualunque. Sono l'Inverno e la Primavera, il Freddo ed il Tepore, l'Oscurità e la Luce, la Notte ed il Giorno. Ottobre ed Aprile sono due opposti, due mondi a parte, incongiungibili.
Allo stesso modo sono Draco Malfoy ed Hermione Granger. L'uno Ottobre, l'altra Aprile. Due opposti che non dovrebbero mai incontrarsi. Destinati ad odiarsi, a fronteggiarsi. Semplicemente impossibili.
Ma per Draco Malfoy ed Hermione Granger, "impossibile" è solo una parola come tante.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Barbara, il suo regalo di compleanno in ritardo.
A Rea e Jup, le mie guerriere sailor preferite.
A Lil, che mi ha resa partecipe della sua luce.
Alla mia Donna Ross, che crede che non pensi più a lei.
Alla mia mogliaH, perchè è unica.
Alle FaceBookiane - poco - anonime, che illuminano ogni mia giornata.
A tutte voi, che avete atteso mesi e mesi per questo capitolo maledicendomi






8.


“Like Light and Dark
Worlds apart”






Suggestione.
Errore.
Far finta di niente.
Pietra sopra.
Come se nulla fosse.
Dio, che inutile guazzabuglio di cazzate.
Cazzate.
Caz-za-te.
Lo scandisco anche, sì.
Perché ho affermato che avrei fatto finta che nulla tra me e Lei fosse mai accaduto, quando sapevo benissimo che sarebbe stato completamente inutile?
Sono cretino.
Mi prendo in giro da solo.
Mento a me stesso.
Andiamo bene...
La realtà dei fatti, quella vera, è che quel bacio io non riesco a togliermelo dalla testa.
Ed è ridicolo, era un patetico bacetto a fior di labbra.
E la bocca mi sapeva di medicine, miseriaccia!
Non certo una di quelle esperienze inebrianti da imprimersi nella memoria vita natural durante.
E invece io, come il povero scemo che ho scoperto essere – o che, più probabilmente, sono diventato stando qui – mi riscopro a pensarci di continuo.
Di continuo, cazzo.
Costantemente.
Che dorma, mangi, guardi fuori dalla finestra, conti gli Ippogrifi per cercare di prendere sonno, faccia la doccia...
In qualunque istante, quel pensiero è lì, fisso, immobile, imperturbabile.
Dannazione.
E non riesco a togliermi questo fottuto sapore di ciliegia dalle labbra.
Mi sono lavato i denti migliaia di volte, ma niente.
Resta lì.
Mi basta muovere la lingua anche solo di poco, per parlare o per deglutire, e risento quel dolce gusto nella mia bocca.
E come faccio a non pensare a Lei, e al fatto che l’ho baciata – e che lo rifarei anche adesso, se potessi – , se continuo ad essere in balia di quella sensazione di ciliegia? E di quel ricordo?
Come faccio, se ogni volta che chiudo gli occhi mi sembra ancora di sentire la sua mano che mi accarezza la guancia?
Come faccio, se ogni volta che inspiro mi pare quasi di avvertire sulla mia pelle il suo respiro profumato?
Come faccio, se quando mi volto a guardare fuori dalla finestra non vedo il paesaggio ma il suo volto sorridente?
Come faccio, porcaccia di quella lurida fetida madre Maganò, se ogni volta che sono sotto la doccia rischio di collassare dall’eccitazione, perché l’acqua che scorre sul mio corpo mi fa pensare a lei in modi in cui non dovrei assolutissimamente fare?!
Merlino...
Non ci riesco.
Forse potrei chiederle di Obliviarmi.
Ma dovrei confessarle che non riesco a smettere di pensare a Lei. E allora sarebbe peggio.
Sarebbe come un cane che si morde la coda.
E poi, magari, potrebbe rimproverarmi per la mia lascivia, sottolineando come invece Lei sia “riuscita benissimo a eliminare quello spiacevole episodio dalla sua memoria, grazie al Cielo”.
Stupida Granger.
Stupida, stupidissima Granger.
...
Che poi, anche ammesso che invece non si pronunciasse in una simile invettiva ed acconsentisse al mio desiderio, chi mi assicura che l’Oblivion funzioni?
Insomma, non sarò un secchione come Lei, ma qualcosina dai tempi di Hogwarts lo ricordo. E mi pare che Vitious avesse sottolineato come anche il più potente degli incantesimi di memoria non può nulla di fronte a qualcosa fortemente collegabile al ricordo rimosso.
Se entrassi in contatto con qualche oggetto o chessò io che abbia a che fare con quel bacio, ecco fatto che ricorderei tutto immediatamente.
E miseriaccia, io ho Lei di fronte agli occhi tutti i santi giorni!
Più fortemente collegabile di così...
E mettiamo pure caso che invece l’incantesimo funzionasse e non ricordassi di averla baciata, cosa cambierebbe? Continuerei ad essere attratto da lei come una mosca dal miele, o quel fetido Guardacaccia dalle creature più strane e disgustose.
O Potter dalla sfiga.
O Weasley dalla sfiga ma senza “s” iniziale, stando a quello che mi ha raccontato la Granger...
...
Ecco.
Ecco.
La Granger.
Porca miseria, ma te ne rendi conto?
Non riesco a mettere in fila un pensiero compiuto senza che Lei, in un modo o nell’altro, riesca a farvi capolino.
E’ un’ossessione cazzo!
Il che conferma come, anche ammesso che non mi ricordassi del bacio, la situazione non cambierebbe e resterebbe comunque fottutamente grave!
Forse dovrei direttamente dimenticare tutti questi mesi trascorsi “insieme”.
Ma so già che anche questo sarebbe inutile.
Potrei anche cancellare i ricordi, ma non le sensazioni.
Quelle resterebbero. E ad un certo punto, tornerebbero prepotentemente a galla.
Probabilmente mi basterebbe incrociare di nuovo il suo sguardo per ricordare ogni singola cosa.
Ma questo è nulla.
C’è di peggio.
Non è tanto il fatto che cancellare il ricordo di questi ultimi quattro mesi sarebbe inutile.
No.
Dio mio, no.
La cosa più deprecabile è...
...
... è che io non voglio farlo.
Non voglio, cazzo.
Per nessun fottutissimo motivo sulla fottutissima faccia della fottutissima Terra!
Io non voglio dimenticare questi mesi.
Non voglio dimenticare ciò che c’è stato.
Non voglio dimenticare Lei.
Ed è più grave di quanto pensassi.
No.
Bugia.
E’ grave esattamente quanto pensavo.
Cazzo...



~ω~





Hermione Jean Granger aveva ventidue anni compiuti, un diploma conseguito col massimo dei voti ad Hogwarts ed una laurea con lode in Medicina Magica. Era una donna bell’e fatta.
Eppure, in quel momento, ad Hermione Jean Granger pareva di essere regredita allo stadio infantile.
Si sentiva una stupida, goffa e terribilmente ansiosa ragazzina di dodici anni alle prese coi primi contatti con l’altro sesso.
Le sembrava di rivivere tutte le orripilanti sensazioni avvertite e mai apertamente manifestate del giorno in cui aveva varcato per la primissima volta i cancelli di Hogwarts.
Ciò che provava in quel momento era terribilmente simile alle emozioni che l’avevano attanagliata quando a otto anni aveva disgraziatamente deciso di regalare un biglietto di San Valentino a quel suo compagno di scuola dagli occhi verdi ed il sorriso caldo.
O quando, smessa la maschera di algida perfettina, era stata beccata a piangere in un bagno da quelli che sarebbero poi diventati i suoi due migliori amici.
O quando per la prima volta aveva avvertito lo sguardo di un ragazzo su di sé, per di più quello del famoso cercatore Bulgaro Viktor Krum.
O quando, al braccio del suddetto giocatore di Quidditch, aveva fatto il suo ingresso al Ballo del Ceppo vestita ed agghindata come una bambolina, mentre tutta la scuola la fissava esterrefatta. O quando, durante la loro passeggiata notturna nel parco, aveva visto il volto del suo cavaliere avvicinarsi pericolosamente al proprio, ed aveva compreso che di lì a poco avrebbe ricevuto il suo primo bacio. O quando aveva visto per la prima volta il corpo nudo di un ragazzo. Il corpo di Ron, nello specifico.
O quando il suo corpo era stato visto per la prima volta senza vestiti da qualcuno che non fosse sua madre, la sua dottoressa o il proprio riflesso nello specchio.
In poche parole, Hermione Jean Granger si sentiva esattamente come un’acerba e timida adolescente di fronte alle proprie prime esperienze.
Completamente impacciata.
Tesa come una corda di violino, rigida come un baccalà, sudava freddo ed ostentava un’indifferenza che in realtà non provava affatto, mentre tentava di controllare la propria voce, col risultato che ne usciva un suono così austero e convulso da ricordare neppure troppo vagamente quello di un automa.
E la cosa peggiore era che, oltretutto, la parte più difficile doveva ancora venire.
Perché Hermione era tesa, rigida, sudava freddo e quant’altro. E si stava semplicemente limitando a camminare verso la camera di Draco Malfoy.
Al solo pensiero che di lì a poco sarebbe dovuta entrare, vederlo, salutarlo, parlargli, sembrava quasi paralizzarle la lingua. Non aveva idea di come riuscire ad affrontare quell’incontro.
Avevano deciso di comune accordo di ignorare totalmente l’episodio di qualche giorno prima, fingere che non fosse mai successo e proseguire con quel loro strano rapporto di “pseudo-amicizia” così come avevano fatto in precedenza.
Ma era arduo, se non impossibile.
Ogni volta che Hermione pensava a Draco, il ricordo di quel bacio l’assaliva, prepotente e travolgente.
Era quasi ironico, visto che tutto sommato non si era trattato di chissà quale appassionato tête-à-tête. Le labbra di entrambi erano più che serrate, e la bocca del ragazzo aveva uno strano retrogusto di medicinale che, ripensandoci, non era poi così tanto piacevole.
Certo, era assai preferibile al disgustoso aroma pungente di Viktor. E quello non dipendeva certo da pozioni ed antibiotici.
In ogni caso, si era trattato decisamente di un bacio da dimenticare, per entrambi. In più sensi, per giunta.
Eppure, Hermione non riusciva a rimuovere quel fatto dalla propria testa. Si riproponeva ogni singolo istante, qualsiasi cosa stesse facendo. Era lì, vivido, scolpito nella sua memoria.
E quando si riaffacciava, portava con sé tutte le contrastanti sensazioni che aveva scatenato in tempo reale.
Contrastanti perché, effettivamente, tale era stato anche il bacio.
Contrastante.
Scialbo, ma anche eccitante. Insulso, ma anche sconvolgente. Sgradito, ma anche piacevolissimo. Deplorevole, ma anche lodevole.
Brutto, un brutto bacetto a fior di labbra. Ma anche bello, incredibilmente bello. Perché le labbra in questione erano quelle di Draco Malfoy, le stesse su cui aveva fantasticato per mesi. E, sempre in nome di quella contraddizione in termini, le stesse che per anni avevano sputato insulti a non finire a suo danno.
Le custodi di quella voce strascicata che ai tempi di Hogwarts l’apostrofava con “Mezzosangue” ed altri epiteti ugualmente svilenti ed offensivi. La stessa voce che, più adulta, più profonda, più suadente, l’ammaliava con parole amichevoli e bonarie prese in giro.
Quello tra Hermione Jean Granger e Draco Lucius Malfoy era stato un bacio del tutto contrastante.
Un bacio che teoricamente era quasi un crimine, ma di cui in pratica nessuno dei due era pentito. Un bacio da cancellare dalla memoria, ma che non ne voleva sapere di scomparire nell’oblio. Un bacio che avrebbe fatto rizzare i peli al povero Salazaar e prendere un colpo al prode Godric, ma per cui il vecchio Silente avrebbe fatto salti di gioia e festeggiato a suon di gelatine al limone . Un bacio da non ripetere, sebbene il desiderio segreto di entrambi fosse proprio di darvi un seguito.
Un bacio morboso, incomprensibile, inquietante, inopportuno, indiscreto, erroneo.
Sbagliato, sbagliatissimo. Ma anche terribilmente giusto.
Un brivido salì lungo la schiena di Hermione, costringendola ad arrestare il suo passo affrettato. Si bloccò nel bel mezzo del corridoio, serrando gli occhi e trattenendo il fiato.
Si chiese quando il ricordo delle labbra di Malfoy e del suo respiro che le sfiorava la pelle avrebbe smesso di farle quell’effetto.
E si chiese cosa ne sarebbe stato di lei, se mai quel bacio fosse stato ripetuto e migliorato.
Era in completa balia di Malfoy e delle sensazioni che lui le provocava. E lo sapeva già da un po’, ma solo ora si rendeva conto degli effetti devastanti che quel Mangiamorte poteva avere su di lei.
Come era arrivata a quel punto? Quando la ex-Caposcuola rigida ed integerrima aveva perso la retta via e si era lasciata traviare da due iridi grigie?
Dischiuse lentamente gli occhi, rilasciando l’aria in un lungo, lento sospiro. Scrollò il capo, tentando di riassumere la sua solita compostezza.
Sarebbe passato. Era solo il primo giorno, il fatidico “giorno dopo”. Pian pianino sarebbe riuscita a lasciarsi quel bacio e tutto ciò che comportava alle spalle.
Sarebbe passato, si disse, riprendendo a camminare verso la stanza di Malfoy.
Ma non diede neppure un minimo di credito a quelle parole.


< Ciao.>
La voce di Hermione fece quasi sussultare Draco, che fissava assorto il paesaggio fuori dalla finestra della sua camera.
Aveva trascorso le ultime ore ad osservare quei prati in fiore senza effettivamente vederli. Tutto ciò su cui la sua mente riusciva a focalizzarsi era il viso della ex-Grifondoro.
Più cercava di non pensare a lei, e più si ritrovava a fantasticare su un secondo bacio, o persino qualcosa di più.
Gli era penetrata dentro, come un virus. L’aveva contaminato. Ed ora, infetto e febbricitante, era completamente soggiogato dalla forza che lei esercitava su di lui.
A volte stentava a credere che la fanciulla per cui sembrava aver totalmente perso il senno fosse la stessa che si divertiva a schernire ed insultare nei corridoi di Hogwarts.
Ma le cose erano cambiate da allora. In primis, loro stessi.
Draco non era più lo spocchioso ed arrogante figlio di papà che si aggirava per il castello spadroneggiando a destra e a manca. E lei non era più la ragazzina sciatta coi lunghi capelli crespi che si trincerava dietro volumi polverosi e nozioni apprese a menadito.
Eppure, continuavano ad essere diversi, divergenti, inconciliabili.
Ma forse, era proprio questo particolare che l’attraeva in maniera irresistibile.
Lei era esattamente tutto ciò che lui invece non era, e viceversa.
Si completavano. Lei rappresentava la personificazione di tutte le sue mancanze, di tutto ciò che di contrario a lui ci fosse al mondo.
E, oltretutto, era una personificazione estremamente affascinante. Il che, sommato a quanto sopra, minava impressionantemente il suo autocontrollo.
Si voltò verso di lei, con un’espressione criptica dipinta in volto, e la salutò con un blando cenno del capo.
Hermione non avrebbe saputo dire cosa stesse provando in quel momento, ma ciò che percepiva con estrema chiarezza era un forte, fortissimo senso di disagio. Sembrava permeare tutta la stanza.
Ora comprendeva cosa significasse l’espressione “tensione che si taglia col coltello”. Era quasi palpabile, come un gigantesco muro di gomma invisibile che si frapponeva tra la porta ed il letto.
Non si sarebbe stupita se, avanzando verso il centro della camera, fosse stata respinta e sbalzata all’indietro.
< Che stavi facendo?> gli chiese, prima di darsi mentalmente della stupida.
Era da solo, rinchiuso in una stanza quasi disadorna, con un’unica finestra e nessuna possibilità di svago. Cosa diamine credi che stesse facendo, pettinando le bambole?!
Draco scrollò le spalle, senza battere ciglio.
< Ammazzavo il tempo.> rispose semplicemente.
A dire il vero, pensavo a te e a quanto mi piacerebbe sigillare quella fottuta porta, costringerti a rimanere qui con me ventiquattr’ore su ventiquattro e soffocarti a furia di baci.
Hermione si guardò intorno, come se stesse cercando una via di fuga.
< Ah.> replicò atona.
Il Mangiamorte abbassò lo sguardo, puntandolo sul lenzuolo bianco su cui sedeva. Di solito lui era un tipo sveglio, arguto, uno con la battuta pronta, che sapeva sempre cosa dire.
Eppure, quel giorno, trovare le parole era persino più arduo che considerare l’idea di stringere la mano ad Harry Potter in persona.
Avvertiva la sgradevole sensazione che, se avesse deciso di aprire bocca, avrebbe detto una stupidaggine. Un’uscita infelice che avrebbe ulteriormente affossato quel minimo di dignità che gli restava, che gli avrebbe fatto desiderare di essere immediatamente risucchiato da un buco nero e spedito nelle profondità più sperdute della galassia.
Perciò, pienamente consapevole del fatto che quando non si ha nulla da dire, la cosa migliore è tacere, decise di propendere per quella linea di pensiero.
Nemmeno immaginava che il suo silenzio gravasse sulla ragazza più di una tonnellata di cemento armato.
Hermione combatteva contro la pressante tentazione di girare sui tacchi ed uscire dalla stanza senza emettere un ulteriore fiato.
Solitamente, bramava la presenza e la compagnia di Draco. Ma, in quel momento, non riusciva nemmeno a guardarlo. E questo perché ogni volta che posava il proprio sguardo sulla sua figura, squarci di quel ricordo tornavano ad ossessionarla, come un flashback.
Dopo alcuni istanti di imbarazzante silenzio, durante il quale la loro unica interazione era consistita in un colpo di tosse da parte di lui ed uno schiarimento di voce da parte di lei, la Guaritrice si decise a riprendere parola.
< Ho parecchio lavoro da sbrigare, adesso. Casomai... sì insomma, ripasso più tardi.>
Il ragazzo sollevò lo sguardo, incrociando quello di Hermione. Le sue labbra si sollevarono leggermente, in una smorfia che di un sorriso vero e proprio non aveva assolutamente nulla.
< Certo.>
Lei ricambiò con la stessa espressione tirata. Indietreggiò di un passo, cercando a tentoni la maniglia. Quando avvertì la propria mano destra sfiorare il pomello lucido, quasi tirò un sospiro di sollievo.
Spalancò la porta senza nemmeno voltarsi, rivolse un’ultima occhiata al Mangiamorte ed uscì rapidamente dalla stanza.
Non arrestò il proprio passo, continuando a camminare per mettere quanta più distanza possibile tra lei e quel demonio biondo.
Una volta raggiunto il proprio ufficio, si passò una mano tra i capelli, sbuffando.
Così non va.


< Cosa esattamente “non va”?>
Hermione storse il naso. Chiunque avesse dichiarato che i ragazzi non riuscivano a fare più cose contemporaneamente, non aveva mai avuto a che fare con Ronald Weasley.
Come lui potesse ascoltare i suoi sfoghi, consigliarla, tirare calci e pugni al sacco appeso di fronte a sé ed ammiccare a qualunque ragazza passasse davanti alla porta della palestra, il tutto al medesimo tempo, era e restava per lei un mistero.
< Ron, pensi di riuscire a conversare con me come un qualunque essere civile che si rispetti, o devi continuare a parlarmi mentre flirti con ogni appartenente al genere femminile che rientri nel tuo campo visivo?> chiosò Hermione, stizzita.
Il più giovane dei ragazzi Weasley interruppe il suo allenamento, arrestando con il braccio destro il dondolio del sacco da boxe. Si voltò a fissarla con una smorfia divertita.
< Non è vero che flirto con ogni appartenente al genere femminile. Con te non lo sto facendo.>
Hermione alzò gli occhi al cielo, con un sorrisetto divertito.
< Io non faccio testo, Ronald. Tu non mi consideri una preda.>
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
< Preda?> chiese ridacchiando.
< Non venirmi a dire che non ti senti un cacciatore perché non ti credo.> sottolineò lei, rivolgendogli un’occhiata ironica.
Ron alzò le mani in segno di resa, continuando a ridere.
< Ma il fatto che non desideri appendere la tua bella testolina riccia nel mio salotto dei trofei non significa che tu non faccia testo, Mione!> aggiunse.
< Invece è così. Tu non riesci a pensare a me come ad una donna in senso lato. Non più.> si corresse, notando l’espressione eloquente dell’amico < Ormai mi consideri più come una sorel...>
Si bloccò di colpo, insultandosi mentalmente. Vide Ron trattenere il fiato e stringere le mani a pugno. L’ombra delle vene sui dorsi rivelava il suo forte stato di tensione.
Si diede della stupida. Possibile che non riuscisse mai a tenere a freno quella sua linguaccia maledetta?
Un conto era pensarle certe cose. Il loro legame era non esplicitamente definito in tali termini. Entrambi erano ben consapevoli di avere un rapporto molto intimo e familiare, come tra fratelli.
Ma un altro conto era dirlo. C’era un tacito accordo tra loro: mai pronunciare quella parola.
Stupida.
Sussultò quando Ron le si sedette accanto, distogliendola dal suo processo di autoflagellazione mentale. Si voltò a fissarlo, mentre lui scioglieva lentamente le bende con cui si era fasciato le mani, lo sguardo puntato sul pavimento ad evitare quello della ragazza.
Gli si fece più vicina, posando il capo sulla sua spalla.
< Scusami.> sussurrò.
Ron sospirò, abbozzando un sorrisetto.
< Non hai nulla di cui scusarti. E lo sai.>
Le bende scivolarono sul pavimento, circondate da un silenzio tetro, dal retrogusto amaro. Il giovane osservò con espressione assente le nocche escoriate delle proprie mani.
Quelle superficiali ferite erano la prova tangibile che non importava quanti pugni tirasse, quanta forza ci mettesse, quanta adrenalina lasciasse scorrere nel suo corpo. Niente riusciva a cancellare quel dolore sordo dal profondo della sua anima.
Era capace di resistere a botte, incantesimi e torture. Ma bastava un’unica, semplice parola per stenderlo al tappeto.
Serrò gli occhi e si passò una mano sul viso, espirando dal naso.
< Che cosa esattamente “non va”?>
Ripeté la stessa domanda di pochi minuti prima, tentando di cambiare rapidamente argomento.
Certi scheletri era meglio lasciarli ben nascosti nell’armadio.
Hermione colse la sua implicita richiesta di riportare la conversazione al punto precedente, e non ebbe nulla da obiettare. Dopotutto, era per quel motivo che aveva espresso il desiderio di parlare con lui.
Sospirò gravemente, risollevando la testa dalla spalla dell’amico.
< Tutto, Ron. Voglio dire, non funziona. Io ci provo a far finta che non sia successo nulla, ma ogni volta che me lo ritrovo davanti... dannazione, non riesco a comportarmi normalmente. Prima sono passata da lui, sembravo un robot. E anche lui non è messo meglio di me. La tensione si tagliava a fette. Questa sorta di “compromesso” fa acqua da tutti le parti.>
Il ragazzo l’ascoltò in silenzio, desiderando come mai prima di allora una sigaretta accesa tra le labbra.
< Beh, per quanto io odi fare il guastafeste...>
Se uno sguardo avesse avuto il potere di uccidere, l’occhiataccia che Hermione scoccò a Ron l’avrebbe fulminato all’istante.
< Ok ok, effettivamente forse un po’ mi piace.> puntualizzò, ridacchiando < Comunque, avevo ragione io.>
La Guaritrice alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
< Da quanto tempo aspettavi di avere l’occasione per pronunciare questa frase?>
< Neanche te lo immagini.> replicò lui, ghignando.
Hermione accavallò le gambe. Non ne aveva il minimo dubbio, con tutta probabilità l’amico attendeva da anni il fatidico e glorioso momento in cui lei, finalmente, avesse compiuto un passo falso. Non tanto perché desiderasse ardentemente che anche lei, per una volta in vita sua, compisse un errore, o perché coltivasse la non tanto segreta brama di ridere dei suoi sbagli.
Ma, oggettivamente, agognava il suo momento di rivalsa. Quel magico, meraviglioso istante in cui Ronald Bilius Weasley, un uomo chiamato “errore madornale”, avrebbe infine avuto ragione sulla So-tutto-io più infallibile sulla faccia della Terra.
Puntò il gomito sulla coscia destra e posò placidamente la guancia sulla mano, sorreggendosi il capo.
< Avanti, sono tutta orecchie. Avevi ragione tu, il proposito di fingere che non mi abbia mai baciato è un grosso buco nell’acqua. Illuminami, Weasley. Quale geniale soluzione alternativa proponi?>
L’Auror si lasciò andare stancamente all’indietro, poggiandosi allo schienale della panca su cui entrambi sedevano. Allargò le braccia, distendendole lungo i bordi, ed allungò le gambe in avanti, stirando i muscoli affaticati.
< Sai, lo trovo piuttosto ironico.>
< Che io chieda aiuto a te?>
Annuì.
< Anche. Ma mi riferivo più che altro a Malfoy.>
Hermione, perplessa, aggrottò le sopracciglia.
< Lo trovi ironico?>
< Non lui, la vostra situazione. Insomma, tu che sei in difficoltà perché sei attratta da lui e viceversa.>
La giovane si rabbuiò.
< Il tuo senso dell’ironia avrebbe bisogno di una revisione. Non ci trovo nulla di divertente, Ronald.>
Lui inclinò il capo verso destra, incrociando lo sguardo dell’amica.
< Non ho detto che sia divertente. Ho detto che è ironico.>
Lei sbuffò.
< C’è differenza?>
< Ce n’è molta. E’ ironico perché voi due vi detestavate. Tu rappresentavi quanto di più odioso ci fosse per Malfoy al mondo, e lui... beh, lui è uno che quasi ami odiare*, è una vera Serpe in tutto e per tutto.>
Hermione sospirò pesantemente.
< Lo so. Ma più che ironico lo definirei deprimente.>
< Addirittura?> fece Ron, sarcastico.
< Era come il fumo negli occhi per me. L’emblema dell’essere deprecabile, una persona con cui non avrei voluto avere a che fare neppure per tutti i galeoni custoditi alla Gringott. Non che lo odiassi, sia chiaro. L’odio è... insomma... diverso. Però non ero una sua ammiratrice, ecco.>
Il ragazzo scosse lentamente il capo, ridacchiando.
< “L’odio è diverso”. Ma sentila! Sei troppo pura e buona tu per nutrire un simile sentimento, eh?>
< Affatto.> controbatté lei < Odio Voldemort con tutta me stessa. Lui e tutti i suoi dannati Mangiamorte, e tutto il male che hanno fatto e continuano a fare. Ma Malfoy era solo un bulletto, un ragazzino pieno di boria con idee malsane ereditate dal padre. Lo detestavo, ma non aveva commesso nulla di così deplorevole da meritarsi il mio odio.>
Ron sospirò, contraendo le labbra in una smorfia.
< Non per puntualizzare Hermione, ma adesso lui rientra nella schiera dei “dannati Mangiamorte”. Anzi, ne è grossomodo a capo.>
La giovane sciolse l’incrocio delle proprie gambe, curvando la schiena come se un grosso peso vi gravasse sopra e prendendosi la testa tra le mani.
< Lo so dannazione, lo so! Perciò tutta questa faccenda è deprimente! Ai tempi di Hogwarts era da detestare, ed io lo detestavo. Adesso è da odiare, e io...>
< C’è chi dice che il confine tra odio ed amore sia piuttosto labile e sottile.> fece Ron, incapace di trattenere una nota di disappunto nella sua voce.
Lei quasi sussultò. Sollevò il capo, cercando lo sguardo dell’amico e fissandolo con tanto d’occhi.
< Chi ha mai parlato di amore?> domandò, quasi scandalizzata.
Il ragazzo si limitò a scrollare le spalle. Si trattenne dall’aggiungere alcunché.
Di certo Hermione non aveva mai esplicitamente parlato d’amore. Anzi, forse mai l’avrebbe fatto. Ma Ron ne percepiva decisamente la puzza. E non era rassicurante.
La sentì emettere un lungo, profondo sospiro.
< Com’è successo, Ron? Come ho fatto a ridurmi in questo stato? Per Malfoy, accidenti! Con tutti gli uomini che ci sono al mondo, sono andata ad invischiarmi con il peggiore in assoluto.>
< Non chiedermi come sia successo. Io trovo ancora inconcepibile il fatto che tu ti sia fatta baciare da lui senza poi cruciarlo.> ammise lui.
Hermione si alzò in piedi, camminando lentamente verso il sacco da boxe al centro della stanza. Lo raggiunse e vi posò sopra la mano destra, sfiorando la stoffa con la punta delle dita.
< La verità è che non riesco a stargli lontana.> riprese, dando le spalle all’amico < E se provo a farlo, lo ritrovo in ogni mio pensiero. E’ come un’ossessione. Sono attratta da lui come mai mi è accaduto in vita mia. E voglio dire, non è la prima volta che mi piace qualcuno. Ma non è mai stato così... intenso, ecco. E non è solo una questione fisica, non sono solo affascinata dal suo aspetto esteriore. Ogni cosa di lui mi attrae. Persino quelle che anni fa detestavo.>
Sospirò nuovamente, piegando il capo.
< Non ho mai provato nulla di così forte, Ron. Mai sono stata così irresistibilmente attratta da un uomo. E’ come se mi avesse soggiogata, come se fossi sotto effetto di un incantesimo. E più cerco di metterci una pietra sopra, di tirarmi fuori da questa faccenda, più ci resto invischiata. Diamine.>
Il bisogno di nicotina del ragazzo si faceva sempre più impellente.
Si schiarì la voce con un finto colpo di tosse.
< Ex fidanzato nei paraggi, nel caso non te ne fossi accorta.> sentenziò, sarcastico.
Hermione alzò gli occhi al soffitto, senza riuscire a reprimere un sorrisetto.
< Evitiamo di addentrarci in questo discorso, ti prego. Sai meglio di me come stavano le cose tra noi.>
< Certo che lo so, ma questo non significa che mi faccia piacere vedermi surclassato da un Malfoy qualunque.> borbottò il ragazzo, aggrottando le sopracciglia.
Orgoglio virile, pensò Hermione. Talmente potente da suscitare persino gelosie ingiustificate.
< Sai, forse hai ragione a dire che è ironico.> riprese lei < E’ come se tutto il male che gli ho augurato in questi anni mi si fosse ritorto contro, ed avesse deciso di infliggermi un supplizio esemplare. Sospetto quasi che sia una qualche forma di punizione divina.>
Ron ridacchiò.
< Beh, innanzitutto dubito che tu sia seriamente capace di augurare del male a qualcuno. L’aver tentato di cancellare a suon di schiaffi quell’irritante ghigno dalla sua faccia non conta, in questo senso. E poi, con tutta la gente che ci sarebbe da punire per cose serie, ti pare che perderebbero tempo con te ed il tuo astio giovanile per Malfoy? Oltre al fatto, ovviamente, che sarebbe una punizione anche per lui, se ci pensi.>
La ragazza sospirò pesantemente, posando la fronte contro il sacco da boxe.
< Ho perso letteralmente la testa.> sentenziò, lugubre.
L’Auror annuì tra sé e sé.
< Credo che sia proprio questo il punto.>
Hermione risollevò il capo e si voltò verso il proprio migliore amico, con un’espressione talmente perplessa che il ragazzo classificò immediatamente come perfetta immagine da aggiungere alla voce “punto interrogativo” sul dizionario.
< La testa.> aggiunse, come se avesse appena affermato la cosa più ovvia del mondo.
La fanciulla annaspò. Non sapeva onestamente dove Ron volesse andare a parare, né se quello che le aveva appena rivolto andasse preso come un insulto.
Probabilmente anche lui si rese conto di essersi espresso in maniera piuttosto enigmatica, perché ricambio lo sguardo di Hermione con un’espressione dubbiosa, poi scoppiò a ridere.
< Insomma, quello che intendevo dire> esordì poi < è che il problema fondamentale è proprio legato alla tua testa.>
La bocca di lei si piegò lentamente in una smorfia minacciosa.
Se osa mettere in dubbio le mie facoltà mentali, giuro che lo Schianto.
< Non sono una ragazza,> per fortuna, considerò lui < quindi non ho bene idea dell’effetto che quello lì possa esercitare su una femmina, anche se sospetto che sia vagamente simile a quello che sortisco io, ma in misura assai ridotta.>
Hermione roteò gli occhi, rifiutandosi di commentare quell’affermazione. Ormai la modestia aveva smesso di essere una caratteristica di Ron.
O meglio, non la era mai stata. Anni ed anni di vicinanza con Harry “il mondo è nelle mie mani” Potter avevano contribuito a far passare in secondo piano il velato autocompiacimento che permeava ogni fibra di quell’essere Rosso e lentigginoso.
Ma dopo che il suo fisico era stato sapientemente e faticosamente scolpito e la chioma vermiglia trasformata in un corto taglio assai più virile, le donne avevano cominciato a manifestare lievi preferenze per l’insospettabile Weasley rispetto al tormentato Potter, il cui fascino da eroe maledetto aveva iniziato a perdere lentamente ed inspiegabilmente – ma neppure tanto, a detta di chi aveva avuto la sfortuna di trascorrere del tempo in sua compagnia, ascoltandolo blaterare di Quidditch e lamentarsi della sua malasorte – colpi.
Ciò aveva permesso al viscerale amor proprio del giovane di raggiungere livelli quasi inumani, trasformandolo in un metro e novanta di muscoli, macismo e boria. E se le prime due componenti di quest’agglomerato avevano, tempo addietro, compiaciuto i sensi della Guaritrice, la terza le provocava un’esasperazione quasi pruriginosa.
< Ad ogni modo, > proseguì < dubito seriamente che sia stato il suo aspetto fisico ciò che ti abbia conquistata maggiormente. Non che sia un particolare da sottovalutare, sai meglio di me che anche l’occhio vuole la sua parte. Ma ti conosco fin troppo bene per confermare che non sei quel tipo di ragazza superficiale e ninfomane che si trasforma in una svenevole ochetta di fronte ad un bel viso ed un bel corpo. Soprattutto se questi appartengono ad un Mangiamorte come lui.>
< Ti ringrazio Ron, ma non capisco dove vuoi arrivare.>
< Voglio arrivare a dire che è la testa il problema perché è esattamente che Malfoy ti è entrato.>
Hermione parve comprendere il senso delle parole dell’amico.
< Prima ancora di conquistarti fisicamente, lui ha ottenuto la tua attenzione dal punto di vista mentale. Ti ha sedotta coi suoi modi, con le sue parole, col suo stupido carattere che, mi duole dirtelo, per certi versi è tremendamente simile al tuo. Ed è per questo che sei così attratta da lui. Non sei semplicemente intrigata dal suo bell’aspetto. Tu sei invaghita di lui, in tutto e per tutto.>
La giovane sgranò gli occhi, puntando il proprio sguardo vacuo sui piedi di Ron.
< Invaghita...> mormorò sottovoce.
< Invaghita.> confermò l’Auror.
Rimase qualche istante in quella posizione, statica, come incantata. Poi si coprì il volto con le mani, emettendo un gemito isterico, vagamente simile ad un ringhio.
Si lasciò scivolare a terra, sedendosi sul pavimento lucido della palestra.
< E’ peggio di quanto pensassi.> mugolò.
Il ragazzo piegò il capo verso la spalla destra, fissandola con un’espressione tenera.
< Perciò concordi con me?>
Hermione annuì, il volto ancora celato dalle mani.
< Come non potrei? Hai ragione su tutta la linea.> sospirò pesantemente, facendo scorrere le mani verso l’alto e ravvivandosi i capelli all’indietro. < Sono nella merda.> sentenziò poi, funerea.
Ron scosse lentamente il capo.
< Fatico ancora a comprendere cosa tu abbia trovato in lui. Voglio dire, stiamo parlando di Draco Malfoy. Lo straordinario furetto rimbalzante!>
Lei gli scoccò un’occhiata perforante.
< Certo, un furetto rimbalzante che se potesse usare la bacchetta ti friggerebbe come un quarto di bue su una brace.>
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
< Andiamo bene, ora lo difendi pure.>
< Non lo sto difendendo, Ron. Sto solo sottolineando che è ridicolo il tuo appigliarti al suo passato. Lui non è più quella persona, e dovresti esserne consapevole.>
L’Auror annuì, serio.
< Lo so, Hermione. Ma concorderai con me che comunque quella parte è sempre viva in lui. Si è, diciamo... evoluto, rispetto a ciò che era a quei tempi. Ma non si può cancellare il proprio passato. E sarà anche cambiato, ma certi aspetti di quel ragazzino sono ancora vivi nell’uomo di oggi.>
La fanciulla fece una smorfia.
< In pratica è come dire che trovi ipocrita che io detestassi il suo lui adolescente e adesso sia invaghita del suo lui adulto?>
Ron scosse il capo in segno di diniego.
< No. In pratica è come dire che non devi mai dimenticarti chi è stato. Per quanto fascino possa esercitare su di te adesso, in passato ha attirato solo il tuo disappunto. E forse aggrapparsi a questo ricordo potrebbe essere un buon metodo per far scemare questa assurda attrazione.>
< Credi che non ci abbia già provato? Ho passato settimane a ripetermi “è Malfoy, Hermione. Quello che ti chiamava Mezzosangue, ti prendeva in giro e ti sminuiva. E’ la stessa odiosa persona che ti ha portato sull’orlo delle lacrime quasi tutti i giorni per sette anni”. Ma non è servito a granché.>
Si strinse le ginocchia contro il petto, circondandole con le braccia, e vi posò stancamente il mento. Si sentiva spossata da quella conversazione, estenuata dalle sensazioni che anche solo nominare il Mangiamorte le provocavano, spaesata e confusa dal non riuscire a contrastare i demoni che le affollavano la mente.
Forse per la prima volta in vita sua, sentiva di essere realmente debole. Aveva scoperto il fianco, permettendo che lui s’insinuasse nei suoi pensieri e, più lentamente, nel suo cuore.
Aveva permesso che si espandesse a macchia d’olio dentro di lei, impregnandola completamente.
E adesso, per quanto tentasse di lavare via ogni sua traccia, non riusciva a cancellarne l’alone.
Sporca.
Era decisamente sporca.
Sporcata da un sentimento puro nutrito per una persona corrotta.
Sporca lei e sporco ciò che provava.
Sembrava non esserci modo di ripulirsi l’anima e la coscienza.
La cosa che più pesava ad Hermione era proprio questa: non riuscire a trovare una soluzione.
Lei sempre così logica e razionale, lei che sapeva sempre come uscire anche dalle situazioni più spinose, lei a cui tutti si rivolgevano per un aiuto, soccombeva adesso di fronte ad una banalità come una cotta per un ragazzo.
Era bastato quel piccolo, insignificante, maledetto sentimento per mandare in crisi decenni di integrità ed etica, valori su cui aveva fondato una vita intera e convinzioni che aveva scioccamente creduto l’avrebbero accompagnata fin nella tomba.
L’intero universo di Hermione Jean Granger era stato minacciato dalla comparsa della costellazione di Draco, ed ora rischiava di dissolversi, inghiottito da un enorme buco nero.
< Ron, cosa devo fare?> chiese, quasi in un sussurro, senza alzare gli occhi verso di lui.
Nel momento in cui avvertì la nota di disperazione che permeava quella richiesta, il ragazzo si rese effettivamente conto della gravità della situazione.
Hermione, da che la conosceva, aveva sempre avuto tutto sotto controllo. Era la logica del gruppo, quella che riusciva costantemente a trovare il bandolo della matassa e a sbrogliarlo. Aveva tirato lui, Harry e tutti gli altri fuori dai guai più e più volte.
Non era infallibile. Era umana come tutti, anche lei commetteva i suoi errori ed era costretta a rimediarvi.
Ma difficilmente – se non mai – necessitava dell’aiuto di qualcuno. Hermione Granger risolveva le magagne di Hermione Granger da sola.
La sostanziale insicurezza che si celava dietro la sua facciata da so-tutto-io la spingeva spesso e volentieri a cercare conforto in lui ed Harry. Si confidava, esponeva i suoi problemi, piangeva sulle loro spalle e si sfogava con loro. Paradossalmente, Ron sospettava che lei usasse le spiegazioni che rivolgeva loro su cosa la turbasse per razionalizzare il tutto ed identificare la strategia migliore per agire.
Hermione era indipendente, una donna tutto sommato forte ed autonoma, che non aveva bisogno di appoggiarsi a nessuno per reggersi in piedi. Combatteva da sola le proprie battaglie, e le vinceva tutte.
Una sola volta, in undici anni di amicizia, lei aveva esplicitamente richiesto il loro aiuto.
Dopo la morte dei suoi genitori, Hermione sembrava aver completamente smarrito il lume della ragione. Era quasi impazzita dal dolore, forse più per la consapevolezza di aver condotto lei sua madre e suo padre sul baratro del proprio assassinio che per la perdita in sé.
Tutto il suo sangue freddo era andato a farsi benedire, lasciandola sperduta e devastata. Era stata derubata del suo essere, di ciò che la rendeva universalmente nota come Hermione Granger.
Era rimasta solo una giovane donna con un grosso, gigantesco buco all’altezza del petto ed il vuoto più totale dentro.
Era crollata come un muro colpito violentemente da una demolitrice. Rapidamente ed inesorabilmente, ogni parte di lei si era sfracellata al suolo, spezzandosi in mille frammenti impossibili da ricongiungere.
Ed era stata incapace di riemergere da quel baratro con le proprie forze.
Aveva urlato, pianto, preso a calci e pugni qualunque cosa, distrutto oggetti per il gusto di vederli rompersi come aveva fatto lei, ferito se stessa nella speranza che quel sacrificio di sangue fosse servito a redimerla. Era letteralmente impazzita.
Poi, quando si era resa conto che le sue escandescenze non l’avevano portata a nulla se non ad intensificare il dolore che la soffocava, si era appigliata a Ron ed Harry.
Aveva invocato il loro aiuto con grida strazianti, versando le ultime lacrime che le erano rimaste.
Li aveva pregati e supplicati di aiutarla a rimettersi in piedi, perché le sue gambe non riuscivano a sostenerla da sole.
E i due ragazzi avevano risposto al suo appello, pronti a dimostrare il loro amore per la giovane nel suo momento di massimo bisogno. Le avevano restituito tutto ciò che lei aveva dato loro in oltre un decennio di amicizia.
Lentamente, col loro supporto, Hermione era finalmente riuscita a riemergere dalle tenebre e tornare alla luce.
Adesso, la sua migliore amica invocava nuovamente il suo aiuto.
Certo, le due circostanze non erano minimamente paragonabili. Ma se era giunta a chiedere l’intervento di Ron, significava che era veramente arrivata al capolinea.
Considerò che, con tutta probabilità, il peso di quella situazione e, più nello specifico, di quel sentimento contrastante si era infine accentuato, gravando su di lei con la forza di un macigno e minacciando di schiacciarla, riducendola in poltiglia.
Hermione accusava il colpo. Aveva contrastato quella forza opprimente a lungo, combattendo in solitario. Ma alla fine, sconfitta, aveva gettato le armi e dichiarato la resa.
Ed aveva invocato l’intervento della cavalleria.
Ron Weasley annuì tra sé e sé. Si alzò lentamente dalla panca, raggiungendo l’amica e sedendosi sul pavimento al suo fianco. Le passò le braccia intorno alle spalle, attirandola a sé e stringendola in un abbraccio caloroso.
Il Cavaliere Rosso avrebbe soccorso la sua Damigella in difficoltà.


~ω~





Che razza di situazione.
Se un paio di anni fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata invischiata in un simile guazzabuglio sentimentale, mi sarei fatta delle grasse risate.
Il romanticismo non ha mai fatto per me, lo ammetto.
Sono sempre stata una ragazza pratica, più concentrata su altri aspetti della vita rispetto alla sfera amorosa.
Non che io sia chissà quale divergenza dalla norma, chiariamoci.
Ho avuto anch’io le mie cotte, le mie sbandate, le mie avventure. Come qualunque femmina sulla faccia della Terra.
Ma personalmente, nella mia scala dei valori e delle priorità, l’amore ha sempre avuto una posizione piuttosto bassa.
Ho sempre dato molta più rilevanza all’amicizia, agli affetti familiari, all’ammirazione per personaggi degni di rispetto a cui ispirarsi.
Come tutte le ragazze, anch’io sognavo e sogno tuttora di convolare a nozze con l’uomo dei miei sogni, avere dei figli, mettere su famiglia e passare il resto della mia esistenza al fianco della persona che ho scelto.
Ma non è un pensiero così fisso ed opprimente, ecco.
Ho sempre provato una sorta di repulsione per le relazioni e le faccende amorose, decisamente non fanno per me.
Ci sono decine, centinaia di argomenti che mi interessano maggiormente.
Io ero quella che preferiva avere tutti “Eccellente”, piuttosto che decine di maschi ai propri piedi. Io ero quella che puntava ad acquisire nozioni magiche e conoscenze, piuttosto che guadagnarsi la reputazione di femme fatale. Io cercavo amici, non ragazzi.
Mi interessava studiare coi maschi di Hogwarts, non uscirci assieme.
Preferivo un abbraccio caloroso ad una pomiciata.
Preferivo i complimenti di un professore per le mie capacità piuttosto che gli apprezzamenti di un mio compagno per il mio fisico.
E questo, sia chiaro, non è il classico discorso della “volpe che non arriva all’uva”**.
Il mio disinteresse quasi totale nei confronti di ragazzi, amore e tutte queste faccende non era una risposta orgogliosa al fatto che in realtà nessuno mi guardasse o volesse uscire con me.
Anche perché mentirei.
Forse non ero la più bella di Hogwarts, anzi sicuramente non la ero.
Ma ho avuto anch’io i miei corteggiatori, ho avuto i miei appuntamenti, i miei “ragazzi”, i miei baci e le mie esperienze.
Però...
Diamine, erano situazioni che mi capitavano, in cui spesso mi ritrovavo coinvolta mio malgrado!
Non andavo a procacciarmi fidanzati e corteggiatori come Lavanda e Calì.
Avevo principi assai differenti, io.
E pensavo che le cose sarebbero andate avanti così per tutta la vita.
Ero fermamente persuasa di non essere poi tanto portata per l’amore. Dopotutto, credo di non aver mai seriamente amato nessuno.
Neppure Ron.
Ne ero convinta, a suo tempo.
Ero sicura di essere innamorata di lui, ero certa che ciò che ci univa fosse vero amore.
O forse, ero certa di volerci credere.
In effetti, se analizzo la nostra relazione col senno di poi, non ho mai seriamente dimostrato di amarlo, nel senso romantico del termine.
Né l’ho mai pensato davvero.
E questo indipendentemente dal fatto che si trattava di Ron, indipendentemente dal fatto che è uno dei miei migliori amici e che quindi ciò che provo per lui è molto, molto più amichevole.
Ed indipendentemente dal fatto che la nostra liaison era all’ottantacinque percento frutto delle pressioni e delle aspettative degli altri, Harry in primis. Il restante quindici percento era semplicemente amore fraterno frainteso.
Indipendentemente da tutto ciò, io sapevo di non amarlo. Perché non avevo idea di cosa significasse, di cosa veramente fosse l’amore.
E, voglio dire, è automatico: se non sai cos’è, significa che non l’hai mai provato.
Io non ero innamorata di Ron, non ero mai stata innamorata prima, non la sono stata dopo ed ero piuttosto convinta che non la sarei stata ancora per lungo tempo.
Forse mai. Forse avrei sposato un ragazzo adorabile e perfetto senza effettivamente amarlo, semplicemente volendogli bene.
Forse avrei conosciuto il vero amore solo quando avrei stretto tra le braccia mio figlio. E in quel caso, comunque, si sarebbe trattato di un amore di tutt’altro genere.
Insomma, avevo queste solide certezze nella mia mente, come basi fondanti della mia esistenza.
E poi...
Poi arriva quello stramaledetto biondino da strapazzo – o forse sarebbe più corretto dire ritorna – e tutto va a rotoli.
Mi scopro diversa, imparo a rapportarmi con un’Hermione differente da quella che sono stata in ventidue anni.
E per quanto non mi piaccia e non riesca ad accettarla, non sono in grado di eliminare questa Hermione.
Diamine...
Che razza di situazione!
...
Un momento.
Fermi tutti.
Ragioniamo.
Ricomponiamoci e riprendiamo a pensare in maniera lucida.
Non posso averlo fatto...
Ho seriamente parlato di... di “amore”?
Per quale dannato motivo ho fatto tutto questo ragionamento sull’amore, e alla fine c’ho infilato Malfoy?
Che accidenti c’entra Malfoy?!
Oh santi numi, sto impazzendo!
E’ l’unica spiegazione plausibile, sto davvero, davvero, DAVVERO impazzendo.
Che senso ha parlare di amore e tirare in ballo quello lì?
Io non lo amo, stiamo scherzando?!
Io non provo un accidenti per Lui!
Mi piace, sono attratta da Lui, sono – fanculo – sono invaghita di Lui, ma non sono innamorata!
Né lo sarò mai!
Non diciamo assurdità per piacere!
Hermione, ti scongiuro, torna in te!
Non devi fare simili discorsi nemmeno nella tua testa! E se poi ti sfuggisse qualcosa di compromettente?
Lo sai che quando sei agitata straparli, non vorrai mica dare voce a queste baggianate per errore?
Questa è tutta colpa di Ron.
Sì, è colpa sua.
E’ stato lui a rifilarmi quella scemata sul confine tra odio e amore.
E’ sempre lui che mi mette in testa strani tarli, quel maledetto Weasley!
Amore...
Tse, che cavolata!
Una barzelletta, ecco sì, una barzelletta.
Io innamorata di Malfoy.
Io che mi sto innamorando di Draco Malfoy.
Io che nutro un qualche tipo di sentimento vagamente simile all’amore per il Mangiamorte Draco Lucius Malfoy.
La barzelletta del secolo.
Ridicola, esilarante, comicità allo stato puro.
Da morire dalle risate!
...
...
E allora...
Perché non sto ridendo?



~ω~





Hermione Granger aveva lo sguardo più intelligente che Draco Malfoy avesse mai visto.
Negli anni passati non si era mai soffermato ad osservare i suoi occhi. Le volte in cui l’aveva fissata, era più concentrarlo ad esprimerle tutto il suo disprezzo e a riempirla di offese ed insulti.
La guardava.
Anzi, a malapena la vedeva.
Ma, da quando era iniziata quella sorta di prigionia, aveva iniziato ad osservarla sul serio.
A scrutarla.
A studiarla.
Ed aveva dovuto riconoscere che le iridi della Guaritrice risplendevano di una luce rara.
I suoi occhi erano pieni di vita, di passione, di ingegno. Occhi che carpivano ogni minima informazione si proponeva loro, coglievano ogni più piccola sfumatura, vedevano molto più in là di quanto facessero gli altri.
Occhi che penetravano la sua coltre di ghiaccio ed indifferenza, riuscendo ad entrare in contatto con quella parte di sé che Draco celava al mondo.
Occhi che testimoniavano la presenza di un’anima brillante e di una mente in perenne dinamismo.
Doveva ammetterlo, aveva visto occhi esteticamente più belli dei suoi.
Il marrone era un colore banale ed ordinario, comune a centinaia di persone.
Lui aveva incontrato donne con occhi verdi come smeraldi, blu come il mare aperto, azzurro chiaro come il cielo in una giornata di sole, neri come l’ebano, dorati come spighe di grano. Occhi grigi come i suoi, occhi verde chiaro che sembravano cambiare colore a seconda della luce, persino occhi viola.
Ma mai nessuno sguardo aveva mostrato l’intensità delle iridi castane di Hermione Jean Granger.
I suoi occhi erano unici al mondo, erano vivi, erano attenti, risplendevano di luce propria.
Erano quasi ipnotici.
Draco era ampiamente consapevole che quegli occhi non si limitavano a guardarlo passivamente.
Quegli occhi lo scrutavano ed analizzavano.
Era perennemente sotto osservazione, quando lo sguardo di Hermione era puntato su di lui.
Ma, stranamente, la cosa non lo disturbava.
Non si sentiva in soggezione, né infastidito.
Anzi, quando lei non c’era, ne sentiva l’angosciosa mancanza.
Bramava i suoi sguardi.
Anelava i suoi occhi su di sé.
Desiderava che lei lo studiasse.
Voleva rispecchiarsi in quelle iridi marroni.
Erano impresse a fuoco nella sua memoria, ed ogni volta che si perdeva a fissare il vuoto quell’immagine si proponeva prepotentemente.
Hermione Granger era obiettivamente una strega affascinante. Da ragazzina sciatta ed acerba si era trasformata in una donna bella ed elegante.
Era una bellezza piacevole, non aggressiva, non stravolgente. Una di quelle che non ti colpiscono al primo impatto, ma si insinuano nei tuoi pensieri lentamente e maliziosamente.
Sinuosa, delicata, aggraziata, discreta.
Così diversa dalle donne con cui era solito intrattenersi.
Diversa da loro, e forse per questo migliore.
Era una fanciulla assolutamente nella norma.
Una bella ragazza, ma bella come tante altre.
Era ciò che si celava dietro quel grazioso corpicino a renderla davvero speciale.
E forse per questo il suo sguardo risplendeva di una luce unica. Forse per questo i suoi occhi erano ciò che più di qualunque altra cosa avevano conquistato e fatto capitolare Draco Malfoy.
Perché gli occhi sono lo specchio dell’anima.
E dietro i begli occhi di Hermione Granger, occhi belli di una bellezza canonica e tradizionale, si rifletteva un’anima straordinaria, fuori dal comune.
Un’anima sublime, affascinante, eccezionale.
Un’anima in grado di far perdere la testa ad un uomo.
Un’anima capace di soggiogare completamente persino Draco Lucius Malfoy.


Hermione era pienamente consapevole della validità dei consigli di Ron.
Sapeva che il suo amico le aveva suggerito la cosa migliore, era assolutamente certa che fosse la soluzione ideale al suo problema.
Eppure, mentre s’incamminava verso la stanza di Malfoy, aveva iniziato a tentennare.
Non aveva cambiato idea, ma non era più così sicura.
Più che altro, temeva la reazione del ragazzo.
Il che era piuttosto assurdo.
Lei non temeva che lui si infuriasse per quella decisione, che si opponesse o che la tacciasse di codardia per aver optato per la via più semplice.
No, non era questo ciò che la spaventava.
Hermione aveva paura di trovare un Draco ben disposto di fronte alla sua scelta, del tutto concorde, sollevato. Era terrorizzata al pensiero che lui si congratulasse con lei per la bella pensata, che si chiedesse come avesse potuto non arrivarci prima lui stesso o che addirittura confessasse di essere giunto alla stessa conclusione.
Era ridicolo.
Lei doveva sperare che lui accettasse così di buon grado.
Perché nutriva quell’inconcepibile timore?
Forse perché non è ciò che realmente vuoi, e ti spaventa l’idea che per lui non sia altrettanto.
Forse perché ti auguri che Malfoy tenga a te al punto da non essere disposto a rinunciare a ciò che avete.
Forse perché in realtà ciò che desideri è che lui t’implori di non uscire dalla sua vita.

Scosse ripetutamente la testa, scacciando quei pensieri e zittendo la fastidiosa, petulante vocina che dalle prime ore del mattino continuava a ripeterle quelle tre frasi.
Aveva bisogno di riassumere il pieno controllo di sé ed esibire il suo cipiglio più professionale.
Non doveva permettere che Draco percepisse il suo stato d’animo di fronte alla comunicazione che stava per fargli, né che intuisse la vera motivazione che stava alla base di tutto ciò.
Raggiunta la porta della sua stanza, prese un respiro profondo, si sistemò meglio il camice e varcò infine la soglia.
Appena entrata, individuò immediatamente il ragazzo.
Sedeva per terra, dando le spalle all’ingresso. Notò che stava armeggiando con qualcosa contro la parete di fronte a lui.
Per un istante, Hermione si domandò se non stesse tentando di scavare un tunnel per evadere, come ogni classico carcerato dei film babbani.
Ridacchiò sotto i baffi, rendendosi conto che era alquanto improbabile che il nobile rampollo purosangue Malfoy optasse per un piano di fuga così rozzo ed inelegante.
< Hai deciso di dedicarti all’arte rupestre, furetto?> domandò, ironica.
Lui voltò leggermente il capo verso destra, così da poterla guardare senza interrompere il suo lavoro o cambiare posizione.
Esibì uno dei suoi soliti ghigni sarcastici, prima di rispondere.
< Qualcosa del genere.>
Incuriosita, Hermione si avvicinò, dimenticandosi momentaneamente del motivo per cui si trovava lì e della tensione che aleggiava negli ultimi giorni tra loro.
Si fermò in piedi accanto a lui, osservando stupefatta lo spettacolo che si presentava di fronte a lei.
Sul muro si distinguevano decine e decine di segni, incisi – realizzò osservando il coltello che Draco stringeva tra le mani – con l’ausilio delle posate che venivano consegnate al ragazzo per permettergli di consumare i suoi pasti giornalieri.
La mente allenata e reattiva della Guaritrice notò immediatamente, senza bisogno di soffermarsi più di tanto a contare i vari solchi, che erano suddivisi in piccoli gruppi da sette, e che ogni gruppo completo era barrato da una riga, come a volerli cancellare.
Non le ci volle molto a comprendere la natura di quelle incisioni.
< Una sorta di calendario personale.> commentò lui, a conferma dei sospetti della ragazza.
< Hai tenuto il conto dei giorni trascorsi qui?> chiese lei.
Draco annuì.
< Giorni, settimane e mesi. E’ l’unico modo che ho per avvertire il trascorrere del tempo.>
Hermione osservò impressionata la grande quantità di segni. Ad occhio e croce, dovevano essere passati più di quattro mesi.
Non si era mai resa effettivamente conto di quanto a lungo quella sorta di tira-e-molla emotivo tra lei e Malfoy stesse andando avanti.
Più di quattro mesi.
Incredibile.
< Solo tu potevi riuscire ad usare quello > dichiarò, ammiccando al coltello che il Mangiamorte ancora impugnava < per incidere sul muro. E’ talmente scadente che non taglierebbe neppure il burro.>
Lui abbassò lo sguardo sull’oggetto in questione, fissandolo con una strana ed indecifrabile espressione in volto.
< Non bisognerebbe mai sottovalutare questo genere di utensili. Per quanto scadente sia, è pur sempre un coltello. Magari ci mette più tempo di uno bello affilato, ma alla fine pure questo affetta.>
Hermione avvertì un brivido correrle lungo la schiena. Si appuntò mentalmente di incantare la lama dei coltelli che gli venivano consegnati, d’ora in poi.
Aveva la preoccupante sensazione che quella frase nascondesse un macabro significato sottinteso.
< Malfoy.> esordì poi, decisa ad abbandonare senza alcuna remora quell’inquietante argomento di conversazione < Ci sono delle... novità di cui devo metterti al corrente.>
Non era certa che novità fosse esattamente il termine giusto per riferirsi a ciò che stava per comunicargli. Trovava che la definizione “naturali conseguenze del tuo sconsiderato gesto e della mia ancor più sconsiderata infatuazione per te” fosse assai più calzante.
Draco, ancora seduto sul pavimento, alzò lo sguardo, fissandola dal basso con un’espressione moderatamente curiosa.
< Sono tutto orecchie.>
Hermione valutò che quella posizione era assolutamente sleale nei suoi confronti. Da lì, avrebbe potuto tranquillamente notare il tremore delle sue gambe – perché lo sapeva già, le sue gambe avrebbero tremato.
Si voltò verso la propria destra e, fingendosi particolarmente interessata al panorama mostrato dalla finestra, ne approfittò per muovere qualche passo, allontanandosi da lui.
Si congratulò mentalmente con se stessa per l’ottima idea.
Ottima? Diciamo pure geniale!
In quel modo non solo aveva posto una certa distanza tra lei e Malfoy, distanza che le avrebbe permesso di rendere meno evidente il proprio futuro – e certo – tremore e di arginare in qualche modo gli effetti devastanti che un’esposizione troppo ravvicinata al ragazzo le provocavano, ma aveva inconsapevolmente trovato un valido espediente che gli nascondesse la vista del proprio volto.
Sarebbe stato assai più semplice mantenere un tono di voce freddo e neutro, se non si fosse dovuta preoccupare anche di mascherare le proprie espressioni facciali.
La prima cosa giusta che faceva da settimane. Un record.
Aveva quasi dimenticato l’appagante ed inebriante sensazione che si prova quando la consapevolezza di aver appena compiuto una mossa vincente si diffonde in tutto il corpo.
< Come ben sai, l’Ordine ha deciso di alloggiarti in questa stanza per tutta la tua prigionia, indipendentemente dalle tue condizioni fisiche. Questo è uno dei luoghi più sicuri di tutta la Base, solo chi è autorizzato può avervi accesso e, particolare da non trascurare, la magia che pervade queste pareti ti inibisce l’uso dei poteri.>
Draco corrugò le labbra in una silenziosa smorfia disgustata. Non riusciva a decidersi se lo infastidisse di più l’idea di essere un prigioniero – che per quanto ben impressa nella sua mente, faceva sempre un certo effetto se rievocata ad alta voce – , il riferimento alla sua momentanea mancanza di poteri magici o che la sua permanenza in quella nauseante stanza bianca venisse definita “alloggio”.
< O meglio,> proseguì la giovane < inizialmente il tuo internamento era dovuto alla necessità di prestarti cure approfondite e ripetute. Il che poi spiega anche il motivo per cui io sia l’unica, eccezion fatta per gli Auror scelti, ad avere il permesso di visitarti. Ma ormai ti sei rimesso perfettamente, e la tua presenza qui è meramente una forma di isolamento restrittivo. Perciò, dato che sei guarito, non hai più bisogno di terapie mediche.>
Si schiarì la voce, sperando ardentemente che non la tradisse proprio in quel momento.
< E, di conseguenza, non hai neanche più bisogno di me.>
Il ragazzo la fissò in silenzio. Oltre a dissentire fortemente su quell’ultima affermazione, cominciava ad avere un lieve sentore di dove volesse andare a parare la Granger con quel discorso.
E non gli piaceva.
Non gli piaceva affatto.
< Si sta combattendo una guerra, là fuori. Il che significa che sono oberata d’impegni. Ogni giorno vengono portati nel mio reparto decine e decine di feriti, tutti più o meno gravi. E come se non bastasse tutto questo, ci sono anche le malattie, gli incidenti, le gravidanze... Insomma, ho moltissimi pazienti a cui dedicarmi, e non posso concedermi ulteriori distrazioni.>
Marcò deliberatamente quell’ultima parola, riflettendo su quanto veritiera fosse.
Malfoy per lei era una distrazione. E non solo nel senso che pensare a lui la distoglieva dal suo lavoro, o che spesso si perdeva a fissare il vuoto fantasticando su di lui, o che dimenticava le cose più elementari e quotidiane – quelle che mai prima di allora aveva dimenticato, come schedare ogni singolo paziente di cui si occupava o pranzare con Ron alla mensa della Base – perché la sua mente era in perenne balia della vasta gamma d’immagini di quel demonio biondo che affioravano costantemente dai suoi ricordi.
Era anche peggio.
Malfoy la distraeva dall’essere Hermione Granger.
E non era una cosa che era disposta a permettersi. Non più.
Il fatto che fosse voltata di spalle fu una fortuna per i suoi provati nervi.
Altrimenti avrebbe notato lo sguardo omicida, le mani violentemente serrate a pugno e la totale rigidità del corpo del ragazzo.
In tensione come una tigre pronta ad attaccare.
Ed in quel momento, lei aveva le sembianze di una sfacciata ed appetitosa preda.
< Che significa?> chiese, con un mal celato ringhio nella voce.
La Guaritrice sobbalzò nell’avvertire quel tono ostile. Una parte di lei ne era lievemente intimorita.
Ma l’altra parte ne era quasi sollevata.
Sollevata nel sentirlo irritarsi per ciò che gli stava dicendo. Dunque, non avrebbe accettato di buon grado quella decisione.
Come lei temeva.
Come lei sperava.

< So che la permanenza qui non è il massimo del divertimento per te. > proseguì < So che passi tutto il giorno rinchiuso in questa stanza a fissare il soffitto, senza nulla da fare. E per quanto in molti > Harry e Ron, più che altro < ritengano che sia la minore delle punizioni che ti meriti e che la solitudine della prigionia dovrebbe servirti per ripensare a tutto il male che hai commesso e a pentirtene, io non ho intenzione di lasciarti qui da solo a morire di noia ed apatia. Incaricherò qualcuno, probabilmente un’infermiera, di venire a tenerti compagnia almeno una volta al giorno per un paio d’ore. E poi suppongo che gli Auror cominceranno a presentarsi qui per interrogarti e convincerti a costituirti.>
L’aria era talmente densa di elettricità, in quel momento, che non sarebbe stato poi così inverosimile veder scaturire delle scintille dal nulla.
< Granger.> questa volta, il ringhio nella voce del ragazzo era forte e chiaro < Ti ho chiesto cosa significa.>
Hermione si morse il labbro inferiore con tanta violenza che ben presto percepì il sapore metallico del sangue scivolarle sulla lingua.
In un improvviso sprazzo di coraggio, si ritrovò a voltarsi verso Draco. Comprese immediatamente di aver commesso un grosso errore.
Era un fascio di nervi. Lo sguardo carico di rabbia, la mascella in tensione, tutto in lui rendeva evidente quanto la conversazione lo stesse alterando.
Non era facile dirgli quelle cose. Ma vedere quegli occhi annebbiati dalla furia puntati su di sé rendeva il tutto ancora più arduo.
Per un attimo, ebbe l’irresistibile tentazione di voltarsi una seconda volta e tornare a dargli le spalle. Ma si rese immediatamente conto che sarebbe stato un comportamento vile ed infantile.
Era sempre stata abituata ad affrontare di petto i suoi problemi e le sue sfide.
Non avrebbe fatto un’eccezione per Draco Malfoy.
Per lui, ne aveva già fatte fin troppe.
< Significa che io non metterò più piede in questa stanza, Malfoy. A meno che tu non sia in punto di morte. E dato che dubito fortemente che si verifichi una circostanza simile, non mi vedrai più.>
Il silenzio che seguì le sue parole fu per la Guaritrice addirittura peggiore delle grida e degli insulti che si aspettava di ricevere.
Nulla nello sguardo o nella postura di lui parve mutare. Rimase imperturbabile nella sua dimostrazione d’ira e di astio.
Continuava a fissarla insistentemente con la stessa espressione furibonda, ed Hermione sentiva il proprio corpo andare a fuoco per l’intensità con cui quegli occhi grigi la puntavano, quasi come se stesse cercando di ucciderla semplicemente guardandola.
L’atmosfera nella stanza si era fatta incredibilmente pesante. Era quasi irrespirabile, sembrava soffocarla.
Sentiva il bisogno di spezzare quella coltre oscura che l’avvolgeva, avvertiva la necessità impellente di uscire da lì.
Doveva assolutamente andarsene, doveva riempirsi i polmoni di aria fresca.
Stava ancora riflettendo sul da farsi, quando finalmente Draco si decise a parlare.
Incredibilmente, il suo tono risultò neutro, incolore, pacato. In totale contrasto con ciò che esprimeva col linguaggio del corpo.
< Sei una codarda.>
Hermione rimase interdetta. Si sarebbe aspettata qualunque epiteto, ma non di certo quello.
Che poi fosse il più fedele alla realtà dei fatti fu una considerazione che riservò ad un remoto angolo della sua coscienza.
< Come?> domandò, con lo stesso tono di chi non ha udito bene un’affermazione e chiede di ripeterla.
L’espressione di Draco mutò di colpo. Si esibì in un qualcosa che probabilmente avrebbe voluto essere un ghigno, ma che a lei ricordava molto di più un cane feroce che mostra i denti con fare minaccioso.
< Mi hai sentito benissimo, Mezzosangue. Sei una codarda.>
La giovane si raggelò. Non fu tanto il tono rabbioso con cui si era rivolto a lei, o con quanta forza avesse ripetuto quell’accusa a colpirla.
Fu quel Mezzosangue. L’aveva marcato con enfasi, tingendolo quasi di una punta di disprezzo, pronunciandolo con quel tono strascicato che era solito adottare ai tempi di Hogwarts, mentre in sottofondo l’accompagnava l’eco dell’ennesimo ringhio.
Non l’aveva più chiamata così.
Sei la mia Guaritrice, dopotutto ti meriti un minimo di rispetto da parte mia, le aveva detto.
Era evidente che quel rispetto così faticosamente guadagnato l’aveva appena perso.
Draco si sollevò lentamente da terra, senza distogliere per un solo istante lo sguardo da quello di Hermione. Adesso sembrava decisamente una belva feroce pronta ad attaccare.
< Non pensare di potermi prendere per il culo coi tuoi giochetti, io non sono Potter o Weasley. So benissimo cosa c’è dietro. E lascia che te lo dica, mi deludi davvero.>
< Tu non...> tentò di obiettare lei.
< Non ho finito!> la zittì malamente lui < Credevo che a voi Grifoni il coraggio non mancasse, ma evidentemente mi sbagliavo. Sei una vigliacca, Granger. Una vigliacca che non ha le palle di affrontare i suoi problemi. Le cose si sono fatte troppo difficili per te, quindi tu pensi bene di svignartela, vero?>
La Guaritrice scosse energicamente la testa. Lui aveva ragione, perfettamente ragione.
Ma non aveva la benché minima intenzione di ammetterlo.
L’orgoglio e l’istinto di sopravvivenza le suggerivano di continuare ad aggrapparsi a quelle scuse che, se ne rendeva conto da sola, erano effettivamente piuttosto labili.
< Ti ho detto come stanno le cose, Malfoy. Non posso più permettermi di sprecare con te tempo utile per i miei pazienti.>
Draco scoppiò a ridere. La sua era una risata amara, carica di scherno, che fece rabbrividire la ragazza.
< Peccato che io non creda ad una sola parola. Sei davvero convinta di potermela fare così? So perfettamente che tu stai cercando la via di fuga più facile ad una situazione che non riesci a reggere. Anziché dire apertamente che non riesci a far finta di niente con me, preferisci trincerarti dietro questa ridicola storia. Ribadisco, Granger, sei una codarda. Una grossa, gigantesca codarda!>
Stizzita, Hermione corrugò le labbra in una smorfia irata. Raddrizzò spalle e mento nella sua vecchia posa superba dei tempi di scuola.
< Sei libero di credere quello che ti pare, la situazione non cambia. Ed io non ho intenzione di restare qui a farmi insultare da uno come te.>
Senza dargli tempo di rispondere ulteriormente, si voltò e si diresse a passo spedito verso la porta.
Aveva fantasticato più volte sull’epilogo del suo “rapporto” con il Mangiamorte, e si era quasi sempre immaginata qualcosa di molto simile. Era certa che le cose non sarebbero finite con un “buttiamoci il passato alle spalle e rimaniamo amici”: dopotutto, loro amici non li erano mai stati.
Dunque, sapeva a cosa andava incontro. Sapeva cosa aspettarsi, e lui era stato ampiamente all’altezza del suo ruolo.
Non aveva previsto, però, che quell’ultima lite l’avrebbe ferita così profondamente. Lo sentiva vividamente, quel dolore sordo e lancinante in mezzo al petto. Era qualcosa che andava oltre le lacrime che minacciavano di sfuggire al suo controllo, oltre il senso di vuoto all’altezza dello stomaco, oltre ai tremiti di rabbia e frustrazione che ancora scuotevano il suo corpo.
Era un dolore che mai, prima di allora, aveva avvertito. Un dolore che sapeva di fine, di conclusione, di morte.
Ed effettivamente, qualcosa in quella stanza era morto. Morto prima ancora di nascere.
Un noi.


Tuttavia, l’immaginazione di Hermione non aveva messo in preventivo ciò che accadde prima che riuscisse a raggiungere la porta della stanza.
Lei aveva sempre amato apprendere cose nuove. Era avida di conoscenza, affamata quasi. E non perdeva occasione di arricchire il suo già ben nutrito bagaglio culturale.
Anche quel giorno, Hermione imparò qualcosa. Nello specifico, imparò qualcosa su Draco Malfoy.
Ancor più nello specifico, ottenne le conferme che le mancavano per ritenere tre caratteristiche del ragazzo che le erano state riferite da terzi – direttamente ed indirettamente – veritiere.
Draco Malfoy era fottutamente veloce.
Aveva compiuto a malapena due, forse tre passi, quando avvertì la presenza del ragazzo alle sue spalle. L’aveva raggiunta dal fondo della stanza in un battibaleno.
Draco Malfoy non si lasciava sfuggire nessuno.
Le afferrò il polso con forza, impedendole di proseguire oltre. Poi la costrinse a voltarsi verso di lui e l’attirò a sé, afferrandole il braccio destro con la mano libera, per bloccare sul nascere ogni eventuale tentativo di fuga.
Hermione non ebbe neppure il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Draco Malfoy baciava divinamente.
Sebbene in entrambi i casi fosse stata colta di sorpresa, le fu evidente fin dal primo istante che non c’era il benché minimo paragone col bacio di qualche giorno prima.
Si ritrovò a ringraziare il fatto che lui la tenesse saldamente per le braccia, perché altrimenti era certa che le gambe non l’avrebbero retta.
Questa volta, non c’era nulla di impacciato in Draco, nulla di fugace, nulla di casto. La stava baciando con un’intensità, un possesso ed una sensualità tale che la ragazza non riuscì a non cedere.
Forse qualche meandro della sua lucidità – ormai perduta – le stava gridando a squarciagola di lottare, di respingerlo, di rifiutare quel bacio imposto con la forza.
Forse. Ma le sue orecchie e la sua anima erano del tutto insensibili a quelle urla.
Erano trascorsi solo pochi secondi quando chiuse gli occhi e rilassò il corpo, abbandonandosi a lui e concedendogli l’accesso alla propria bocca.
Draco non si fece attendere, lasciando scivolare la propria lingua tra le labbra dischiuse della giovane e portandola ad intrecciarsi con la sua.
Quando avvertì il bacio farsi ancora più profondo, ad Hermione sfuggì un gemito, soffocato dalla bocca del ragazzo avviluppata alla propria in un incastro perfetto.
Quello bastò ad elettrizzarlo ulteriormente. Lasciò la presa sulle sue braccia e l’afferrò saldamente per i fianchi. Lei, finalmente libera di muoversi, ne approfittò per cingergli il petto nudo e posargli le mani sulla schiena.
Draco la spinse con delicatezza contro il muro, continuando ad esplorare ogni centimetro della sua bocca e rendendo il contatto tra i loro corpi più ravvicinato e più insopportabilmente eccitante per entrambi.
Hermione si sentiva letteralmente ardere. Le labbra di Malfoy avevano appiccato un incendio dentro e fuori di lei, sulla sua pelle e nella sua anima. E le fiamme non accennavano a diminuire. Al contrario, ogni secondo trascorso, ogni movimento di lui, ogni respiro che le accarezzava il viso, ogni contatto con il suo corpo, ogni cosa le alimentava sempre più.
Mai aveva avvertito una simile passione infuocarle i sensi. Forse perché mai nessuno l’aveva baciata così impetuosamente e con una simile, disperata venerazione.
E, questa volta, non c’era nessuno strano retrogusto, nessun sapore di pozioni ed antibiotici.
C’era solo il sapore agrodolce delle labbra di Draco, così assuefacente, così obnubilante.
Sapeva di essersi appena cacciata in un guaio di proporzioni epiche. Perché era consapevole che lui era come una droga: ora che ne aveva avuto un assaggio, non sarebbe più riuscita a farne a meno.
Senza potersi minimamente opporre si sarebbe riscoperta del tutto dipendente, assoggettata, soggiogata. Molto più di quanto non lo fosse già.
Era certa che il bacio di qualche giorno prima non avesse reso affatto giustizia alle doti amatorie del ragazzo. Adesso ne aveva la certezza assoluta.
Avrebbe potuto non smettere mai. Ne voleva ancora, ancora ed ancora.
E voleva ancora.
Voleva Lui.
Lo desiderava disperatamente, ogni fibra del suo essere le gridava a gran voce il bisogno impellente che aveva di Lui.
Voleva morire tra quelle braccia, voleva perdersi su quelle labbra, voleva abbandonarsi a quel corpo e concedere a Draco libero accesso ad ogni parte di lei.
E, ora più che mai, sapeva che stargli lontano non sarebbe servito a lenire quella necessità. Avrebbe potuto allontanarsi da lui, ma l’esigenza che ne aveva l’avrebbe seguita persino in capo al mondo.


Quando, infine, Draco interruppe il contatto tra le loro labbra, Hermione non poté evitare di sentirsi come un bambino a cui avevano appena sottratto da sotto il naso il suo lecca-lecca preferito.
Entrambi avevano il fiatone, segno che si erano spinti al limite delle loro capacità respiratorie pur di prolungare il più a lungo possibile quel bacio.
La ragazza era completamente frastornata. Non aveva mai vissuto un simile momento, mai provato nulla di vagamente paragonabile.
L’aveva sconvolta psicologicamente e fisicamente.
Ancora una volta, si ritrovò a ringraziare la salda presa di Draco sui suoi fianchi, oltre al sostegno del muro alle sue spalle. Sapeva che se lui l’avesse lasciata andare in quel preciso istante, sarebbe scivolata rovinosamente a terra. Le sue gambe erano totalmente prive di forza, come se baciandola lui le avesse risucchiato ogni energia.
La fissava ancora con la stessa espressione intensa che aveva poco prima, quando avevano discusso, sebbene la rabbia fosse in parte annebbiata dalla brama che ancora lampeggiava nei suoi occhi.
Non appena ebbe recuperato abbastanza fiato, riprese a parlare.
< Non voglio nessuna fottuta infermiera, Granger. Non voglio nessun fottuto Auror, nessun fottuto contentino, nessuna fottuta compagnia. Io voglio te.>
Hermione era completamente spossata, ancora preda del turbinio di emozioni in cui lui l’aveva trascinata e che non accennava a scemare minimamente.
Quell’ultima affermazione fu l’ennesima tanica di benzina gettata su un fuoco già vivido.
L’urgenza con cui la pronunciò, l’improvvisa nota roca nella sua voce, il significato – poco – sottinteso che non si curò di mascherare furono tre colpi bassi alla sua già provata lucidità.
Non aveva dimenticato i pensieri libidinosi a cui la sua mente si era lasciata andare mentre Draco la baciava. Ed avvertiva forte e chiaro come lui nutrisse lo stesso divorante desiderio per lei.
Erano due micce accese in una polveriera. Rischiavano di esplodere da un momento all’altro.
< Non erano questi gli accordi.> fece lei, tentando di riassumere un minimo di controllo.
Draco fece una smorfia.
< Fanculo agli accordi.> dichiarò, risoluto.
Hermione sentiva di dover fare qualcosa. Non poteva arrendersi così, per quanto tentata fosse. La posta in gioco era davvero troppo alta ed il rischio troppo grosso perché potesse concedersi di essere debole.
Sciolse l’abbraccio con cui ancora era aggrappata a lui, portandogli le mani sul petto e tendendo leggermente le braccia, nel tentativo di porre una distanza – seppur minima – di sicurezza tra loro.
Sentì lo stomaco reagire contraendosi dolorosamente.
Perché quel dannato furetto doveva continuamente aggirarsi a petto nudo?
Adesso non solo doveva sforzarsi di riassumere la sua solita compostezza e dimostrarsi stoica nel perseguire la strada che aveva scelto, ma doveva pure lottare contro l’impulso delle sue dita di accarezzarlo.
< Avevi ragione.> esordì < Sono una codarda.>
Draco l’ascoltò in silenzio, impassibile. Sapeva di essere nel giusto, quell’ammissione era solo una conferma non necessaria.
In compenso, le calde mani della Granger sul suo petto lo stavano facendo fremere da capo a piedi.
< Sto optando per la via di fuga più facile, me la sto svignando. Hai ragione. Ed io sono la prima ad essere delusa da questo mio comportamento, perché non è da me. Io non sono fatta così, io non scappo di fronte ai problemi, li affronto e li supero. Ma...> sospirò, serrando gli occhi < Ma stavolta non ci riesco. Non riesco a far finta di niente, non riesco a dimenticare quello che è successo. E adesso mi sarà del tutto impossibile farlo.> puntualizzò, alludendo al bacio che si erano appena scambiati.
< Ci ho provato con tutta me stessa.> proseguì < Ma è più forte di me, Malfoy. Non ci riesco. Non ci riesco davvero.>
Riaprì gli occhi di scatto, non appena avvertì le mani del ragazzo sciogliere la presa sui suoi fianchi per tornare a cingerle i polsi.
Li scostò dal proprio petto, tirandola delicatamente per costringerla ad allontanarsi dal muro ed accostarsi maggiormente a lui.
Le portò le mani nuovamente dietro la propria schiena e solo allora le lasciò i polsi, per poi cingerle le spalle con le proprie braccia.
Hermione, incredula, si ritrovò premuta contro il suo torace.
La stava abbracciando.
< Allora non farlo.> le sussurrò, sfiorandole la tempia con la guancia ed inspirando a pieni polmoni il profumo di lavanda dei suoi capelli.
Lei rabbrividì vistosamente. Era consapevole che anche lui se n’era accorto – sarebbe stato impossibile non farlo – , ma per la prima volta non se ne curò.
Appoggiò la fronte al suo petto, chiudendo gli occhi per cercare di riordinarsi le idee. Prese un profondo respiro, con il quale assieme all’aria anche l’odore muschiato della pelle di Malfoy penetrò nelle sue narici.
< Tu dovresti davvero fare pace col cervello.> gli disse < Non è normale per una persona contraddirsi così.>
Draco ridacchiò.
< Credevo che ormai ti fosse chiaro che io non sono uno qualunque.>
< Purtroppo l’ho inteso perfettamente.> ribatté lei, sarcastica.
Sollevò il capo, incontrando lo sguardo del ragazzo.
< Non puoi decidere che dovremmo fare finta di nulla, perché è la soluzione migliore per entrambi, e poi chiedere a me di non farlo.>
Lui sospirò, annuendo.
< Lo so. Ma...>
Tentennò, cercando le parole giuste. Non trovandole, decise di troncare il discorso sul nascere.
Hermione, però, non era dello stesso parere.
Fece scivolare le proprie mani sui fianchi del ragazzo e, facendo forza con le braccia, allentò la presa, ponendo di nuovo una certa distanza tra loro.
< Ma?> lo invitò a proseguire.
Le braccia di Draco cingevano ancora le sue spalle. Sciolse la presa, lasciandole ricadere lungo i fianchi. Lei lo imitò, senza però distogliere lo sguardo.
Lui sollevò la mano destra, portandola sulla guancia della ragazza.
< E’... complicato. Non so definirlo nemmeno io. Una parte di me vorrebbe fingere che non ci sia nulla tra di noi, l’altra non ci riesce. E allo stesso modo una parte di me vorrebbe che tu facessi finta di nulla e m’ignorassi, l’altra si rifiuta di permettertelo.>
Il cuore di Hermione mancò un battito quando lo sentì riferirsi esplicitamente a “ciò che c’era tra di loro”. Tra di noi.
Si era enormemente sbagliata. Non solo quel giorno non era morto alcunché, ma per giunta quel noi di cui aveva pianto la precoce dipartita era già nato e consolidato.
Inutile prendersi in giro. Lei e Draco erano effettivamente un noi.
Forse lo erano da prima ancora di quel fugace bacio.
Sicuramente, dopo le effusioni di quel pomeriggio lo erano ancora di più.
Accennò un lieve sorriso.
< Allora vedi che avevo ragione a dire che devi fare pace col cervello? Forse dovresti riordinarti le idee.>
Lui la fissò intensamente.
< Forse entrambi dovremmo.>
Hermione deglutì. Le opzioni erano due: o Malfoy era un Legillimens fenomenale, o – molto più verosimilmente – era diventata talmente patetica e prevedibile che le sue emozioni le si leggevano in faccia.
< Sì, entrambi dovremmo.> confermò, decidendo che era inutile trincerarsi dietro false scuse.
Draco scostò la mano dalla sua guancia con estrema lentezza, assicurandosi di sfiorarla il più languidamente possibile.
< Riflettici su, stanotte.> le disse < Io farò altrettanto. E domani decideremo insieme sul da farsi. Ma non mi va che tu prenda simili iniziative per conto tuo, chiaro?>
Lei non riuscì a trattenere una smorfia di fronte a quella sorta di rimprovero. Ma convenne che stabilire insieme come comportarsi era probabilmente la cosa migliore.
Per qualche istante ebbe persino l’illusione che forse sarebbero riusciti a trovare una soluzione alternativa.
Ma quando lui la richiamò mentre stava per varcare la porta e la salutò, rinnovandole l’appuntamento al giorno seguente, con quel suo sguardo in grado di farle tremare le gambe e vacillare ogni sua certezza, si rese conto che era effettivamente solo un’illusione.
Si avviò per il corridoio camminando a testa bassa, con passo stanco.
Non poteva fare altrimenti, doveva necessariamente stare alla larga da lui. Sapeva già che sarebbe stato terribilmente difficile e che avrebbe dovuto fare appello ad ogni minima parte del proprio autocontrollo. Così come sapeva che le si prospettavano davanti mesi terribili, in cui la mancanza di Draco sarebbe stata per lei come una costante crisi d’astinenza. Mesi interminabili, mesi infernali.
Ma nessuna alternativa era possibile. Perché rimanergli accanto sarebbe stato anche peggio.
Non ne sarebbe più uscita, non avrebbe più avuto scampo.
Avrebbe finito col commettere un’immane sciocchezza, più grave di quelle in cui già era caduta.
Non poteva permetterlo.
La sua soluzione era l’unica plausibile.
Non aveva bisogno di rifletterci su. Il giorno dopo si sarebbe presentata in quella stanza ribadendo con rinnovato vigore il suo punto di vista.
Doveva solo tentare di convincere anche lui della validità di quella proposta.
Sospirò, passandosi una mano sul volto.
Convincere un borioso ed ostinato testardo come Malfoy di un’idea della quale, in fondo, nemmeno lei stessa era ampiamente persuasa.
Perché era così, per quanto si sforzasse di ripetersi che “era la cosa migliore, era la cosa migliore, era l’unica cosa da fare”, in cuor suo era consapevole di non prestare completamente fede alle sue stesse parole.
Non era la soluzione più efficace. Non era neppure una soluzione.
Ma, per una volta, Hermione Granger non era in grado di inventarsi nulla di più adatto.
Il problema Draco Malfoy, per lei, era irrisolvibile. L’unico modo per porvi fine era semplicemente gettare le armi e rinunciare.
Una cosa che mai aveva fatto prima di allora.
Arrendersi.
Ma come indurre un irriducibile come lui a fare altrettanto?
Sperava con tutto il suo cuore di sbagliarsi, ma aveva la netta sensazione che quella seguente sarebbe stata la mattinata più difficile della propria vita.

















* "E' uno che ami odiare" è una citazione presa impropriamente in prestito dai Simpson. In quel caso, Homer la diceva riferendosi a suo figlio Bart - e come dargli torto? xD
** Mi auguro che tutti conosciate la favola di Esopo "La volpe e l'uva", nella quale la volpe, non riuscendo a raggiungere un grappolo d'uva troppo in alto, rinuncia esclamando "tanto è troppo acerba!".
La morale della storia è che "è facile disprezzare ciò che non si può ottenere", e proprio per questo viene spesso usata come metafora, quando qualcuno cela dietro finto disappunto la frustrazione di non riuscire a raggiungere od ottenere qualcosa.






Avevate perso le speranze?!
E invece, rieccomi qui xD
Ammetto che è passato un pò - PARECCHIO - tempo dall'ultimo aggiornamento, ed onestamente non ho giustificazioni >.<
Ma vi posso assicurare che per quanto possa metterci a postare i capitoli - anche se spero di non ritardare più così tanto O.O - , questa fict non sarà mai abbandonata del tutto. Ci tengo davvero davvero troppo per lasciarla incompiuta.
Per quanto riguarda questo capitolo, devo confessare che la mia idea iniziale era del tutto differente. Posso dire che Hermione e Draco mi sono letteralmente sfuggiti di mano e... sì insomma, si sono lasciati andare xD
Quel bacio era previsto tra due o tre capitoli ma, alla fin fine, gli ormoni dei nostri due hanno preso il sopravvento xD


Non rispondo singolarmente a tutte le recensioni perchè altrimenti rischio di non riuscire a pubblicare entro domani, e credo che abbiate atteso fin troppo ^^
Ad ogni modo, ci tengo a ringraziarvi ad una per una, perchè siete il mio motore costante e perchè è grazie a tutte le vostre meravigliose e fin troppo generose parole che non ho ancora appeso word al chiodo =P
Dunque, grazie a Paula, Morgana, valeciliegia, ross_ana, Lil Romantic Girl, robertaro, seven, sgasga (tranquilla caVa, anche Astoria ha il suo perchè xD), barbarak (eeeehm, diciamo che un pacchettino di kleenex a portata di mano non guasterà ^^), somochu, garakame, SummerRain, MaBra, PaytonSawyer, Whitney (piaciuto il regalo tesoro? <3), Chiaki, weareevil e _lile_.
Grazie, davvero grazie grazie grazie a tutte <3
E ovviamente grazie anche a chi si limita semplicemente a leggere senza recensire.
Onestamente non credo che questo capitolo sia stato all'altezza di una così prolungata aspettativa, ma spero che a voi sia piaciuto e che possa bastare per farmi perdonare dell'immane ritardo.


Per concludere, vorrei approfittarne per invitarvi, se lo desideraste, ad aggiungermi su Facebook con la mia pagina autore.
A prescindere dal fatto che vi pubblico spesso piccoli spoiler ed anteprime su O&A e su altre mie fict, se avete voglia di contattarmi per domande, chiarimenti o per minacciarmi di percosse in caso di mancato aggiornamento, potete utilizzare quel piccolo spazio.
Detto ciò, vi saluto e vi rinnovo per l'ennesima volta le mie scuse ed i miei più sentiti ringraziamenti.
Vi adoro tutti tutti tutti <3
Alla prossima!!




   
 
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