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Autore: Akane    12/10/2010    6 recensioni
- Io non sono come te, Peter, lo vuoi capire? Non so cosa va o cosa non va, non so ragionare con la tua testa, solo tu riesci a farlo con la mia e a trovarmi sempre… e capirmi sempre… ma io con te non ci riesco mai… e finisco per fare quelle che tu chiami cazzate. Nel cercare di fare come te, quella dannata cosa giusta che tu riesci sempre a trovare, io sbaglio e non so cosa farci… tu fai sempre tutto da solo, mi chiedi aiuto per i casi che ti fanno comodo ma le cose importanti te le tieni per te. Quando cerco di soddisfarti e quindi di capirti trovo dei muri, io devo indovinare cosa vorresti ma sono diverso da te e sbaglio. Ti deludo. Non riesco ad essere te. Lo vorrei ma… -
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Evoluzione'
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TITOLO: Incomprensioni
AUTORE: Akane
SERIE: Withe Collar (espando il mio dominio!)
GENERE: sentimentale, un po’ malinconica, direi…
TIPO: slash, one shot
RATING: verde
PAIRING: Neil e Peter
AMBIENTAZIONE: dopo la fine della prima stagione… dopo che Neil ha superato la morte di Kate e si è rimesso nella sua nuova vita.
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma dei loro autori che hanno fatto un gran bel lavoro!
NOTE: da un po’ mi dicevo che prima o poi avrei scritto qualcosa su questi due, solo che non riuscivo a trovare la chiave giusta, poiché già nella serie regolare fanno praticamente tutto loro! Poi lo spunto mi è venuto guardando una puntata in replica della prima stagione, durante la quale Neil e Peter hanno un litigio causato indirettamente da Kate. Allora vedendo entrambi così arrabbiati mi è venuta una di quelle idee che vengono a me… e se litigano ancora questa volta più seriamente? Bè, poi ho semplicemente scritto senza sapere dove sarei andata a parare. Il risultato è questa mia prima fic su di loro. Diciamo che, per ora, è una slash a senso unico, ma più di così non dico altrimenti rovino la sorpresa. Ma non mi fermo certo qua! Ne arriveranno altre. Spero che vi piaccia. Buona lettura. Baci Akane

INCOMPRENSIONI

/Don’t let me down - Skin/
- NEIL, TI HO MAI DATO MOTIVO DI DUBITARE DI ME?! FINO A PROVA CONTRARIA SEI TU QUELLO CHE ME NE HA DATO! -
Tanto vero quanto amaro.
Quando Neil sentì Peter urlargli in faccia quelle parole, capì dal dolore che ne scaturì che aveva ragione e che anche se stava biasimando Peter per qualcosa che gli aveva tenuto nascosto -a sua detta per il proprio bene- in realtà quello da biasimare davvero era sé stesso.
Ma non solo.
Gli bruciava che avesse ragione, oh se gli bruciava.
Gli bruciava da metti!
Ecco perché preferì non ragionare nemmeno lui e partire allo stesso modo… cioè non proprio come un toro, ma qualcosa di simile. Più elegante comunque.
- SI, BEH, NON PREOCCUPARTI, NON TE NE DARO’ PIU’! -
Però era vero che finiva sempre per fare qualcosa di terribilmente stupido e lo faceva sempre sapendo perfettamente che Peter ci avrebbe impiegato un secondo a capirlo. E che poi ci sarebbe rimasto male.
Ci rimaneva sempre male.
Vide i suoi occhi castani lampeggiare comprendendo il significato di quell’ultima sparata e rifiutandosi al tempo stesso di crederci.
E per difendersi dal male che Neil gli aveva fatto, l’altro attaccò brusco con un grugnito che non pensava affatto:
- MAGARI! - Di cui poi se ne sarebbe amaramente pentito!
Non glielo avrebbe fatto ripetere, Neil prese e si girò sparendo in un batter d’occhio, senza gridare più nulla, senza esitare, senza guardarlo un’ultima volta.
Peter lo guardò allontanarsi con una tale velocità da farlo rimanere di sasso. Anzi, più che veloce era stato abile, non si era messo a correre, lui era semplicemente sparito dopo il passaggio di un furgone.
L’uomo più grande rimase lì imbestialito a fissare il marciapiede vuoto, fumante di rabbia, con il sangue che lo montava a mille e la testa intenta nell’esplodergli e farlo impazzire più di quanto quel ragazzo non facesse!
Non era possibile che lo accusasse ancora di tenergli nascoste cose preziose sulla morte di Kate ed era ancora meno possibile che questo fosse per lui un problema!
Indagare sulla morte di Kate era un suo dovere ed era ovvio che non coinvolgeva Neil, glielo aveva già spiegato. Cosa c’era ora di nuovo se continuava le sue indagini?
E poi possibile mai che quello diventasse ancora idiota quando si nominava Kate? Aveva ancora così tanto potere su di lui pur se morta?
Crederlo era insopportabile eppure lui non era tipo da ignorare la realtà, non ci riusciva proprio.
La voglia di inseguirlo per picchiarlo era grande… per un motivo simile non poteva rivoltarsi contro in quel modo, non ne aveva il diritto, dannazione!
Scuotendo la testa fece poi un gesto con le mani per lasciarlo perdere e mandarlo a quel paese, quindi si voltò dall’altra parte e salì in macchina. Tanto l’indomani gli sarebbe passata, gli passava sempre.

Quando il giorno dopo non lo vide in ufficio, pensò istintivamente ad un suo stupido capriccio e la rabbia tornò prepotente. Non era proprio il caso che si comportasse come un bambino!
Lui era tanto buono e caro, ma decisamente c’erano limiti che non si potevano passare, Neil li conosceva ormai bene e talvolta li calpestava di proposito.
Voleva metterlo alla prova?
Chiamò l’addetto ai controlli e chiese dove fosse il segnale di Neil e quando gli risposero che era a casa, sbuffò riattaccando bruscamente il telefono.
Soppesò l’idea istintiva trattenuta a stento di telefonargli e dirgli di tutto, poi però preferì farsela sbollire di nuovo e dargli una delle sue famose occasioni per fare da solo la cosa giusta. Sapeva che ci arrivava, dopo un po’… solo che il più delle volte doveva essere lui ad indicargli la via, a suon di calci!
Quel tipo l’avrebbe fatto invecchiare prima del tempo!
No, decisamente non era il suo baby sitter, solo il suo supervisore. Doveva controllare che non facesse sciocchezze, che non si tagliasse la cavigliera e non scappasse, che non continuasse le sue truffe… il suo compito finiva lì.
Certo era stato assegnato all’FBI, anzi, per la precisione alla sua squadra, doveva fare il consulente e non presentandosi a lavoro senza nemmeno avvertire, creava già un motivo di richiamo. In una situazione normale sarebbe andato da lui, ma lì di normale non c’era nulla.
Doveva crescere da solo, per una volta. Provarci per lo meno.
Decise di dargli l’occasione di farlo fino alla sera, se per la fine della giornata lavorativa avrebbe continuato su quel piano, sarebbe andato a dirgliene di nuovo quattro.
Se non voleva crescere, l’avrebbe costretto in un modo o nell’altro.
Aveva ragione lui, quella volta, e non transigeva minimamente!

E la sera era poi giunta…
La porta del suo appartamento non subì un ottimo trattamento, fu spalancata senza il minimo bussare.
Fece un gran botto sia quando si aprì senza preavviso, sia quando si richiuse dietro l’uomo che come un caccia entrò nell’abitazione altrui.
Quando non lo vide come al solito intento a studiarsi qualcosa o a fare qualunque altra cosa facesse normalmente, non si fermò ma proseguì come un carro armato per il resto dell’ampia sala, superando la camera e giungendo in bagno. Quando spalancò anche quella porta, il calore dell’acqua calda lo investì, quindi tuonò iroso:
- NEIL! - Non gli servì annunciarsi!
Il ragazzo sobbalzò all’interno del box e aprendo le ante smerigliate sbucò nudo e bagnato, fissò Peter come fosse impazzito e pensò bene anche di dirglielo:
- Peter, ma ti ha dato di volta il cervello? -
L’uomo allora gli si mise davanti ignorando il suo stato inadatto ad un dibattito, e puntandolo col dito cominciò più infuriato della sera prima.
- TI HO DATO TUTTO IL GIORNO DI TEMPO, PER RINSAVIRE! SI PUO’ SAPERE COS’HAI IN QUELLA TESTACCIA DURA? - Non poteva certo dire fosse vuota poiché in effetti non lo era. Gli doleva ammetterlo ma era piuttosto intelligente.
- Non puoi venire qui ad urlare insulti! Datti una calmata! - Cercava di non urlare, detestava farlo ed il più delle volte riusciva a mantenere un certo contegno di cui era grato a sé stesso.
Però questo peggiorò la situazione:
- INSULTI SONO ‘PEZZO DI MERDA‘, COSA CHE TI MERITERESTI, MA HO SOLO ESPOSTO UN FATTO: ‘TESTACCIA DURA’ E’ QUELLO CHE EFFETTIVAMENTE SEI! - La sua ironia anche in quello stato non era buon segno e Neil lo sapeva, ma era convinto di essere dalla parte della ragione, quella volta. Come tutte le altre in effetti.
Aprì meglio l’anta rimanendo sotto il getto caldo dell’acqua che lo bagnava come fosse nella pioggia, ignorando ciò ed anche il proprio aspetto lindo come mamma lo aveva fatto, continuò la propria presa di posizione, stentando sempre più a controllarsi. Eppure già il fatto che rimanesse in quelle condizioni davanti a lui era sintomo che non ci riusciva poi tanto bene…
- Cosa c’è, Peter? -
- COSA C’E’? E HAI IL CORAGGIO DI CHIEDERLO? TI SEMBRA CHE PUOI FARE QUELLO CHE TI PARE? - Peter era sempre più inferocito e questo gli faceva andare il sangue al cervello, dopo quello che gli aveva detto la sera prima…
- Sei stato tu a dirmi di togliermi di mezzo, no? -
L’uomo più grande strinse gli occhi e aggrottò ulteriormente la fronte:
- Cosa ti ho detto io? - Chiese abbassando il tono, credendo di aver capito male.
- Che ti ho dato motivo di dubitare di me, quindi ti ho detto che non te ne avrei più dato e tu, mio caro, eri ben d’accordo! -
Peter dovette fermarsi dal mangiarselo, non si sbollì, anzi, si montò ulteriormente, e mentre pensava alle parole che si erano detti la sera prima capì finalmente il senso di quella frase di Neil.
Si avvicinò ancora, ora gli spruzzi dell’acqua gli arrivavano anche addosso ma sembrava non accorgersene.
- E QUESTO È IL TUO MODO PER NON FARMI PIÙ DUBITARE DI TE? -
Esplose di nuovo Peter senza più la minima cognizione di sé e di ciò che lo circondava, tanto meno dell’acqua che gli arrivava parzialmente addosso.
- STARTI LONTANO E’ L’UNICO MODO CHE CONOSCO! - E non ce l’aveva più fatta. Aveva urlato anche lui. Lo detestava ma era peggio lo stato d’animo attuale. Perché non capiva?
Per lui era insostenibile l’idea di deludere ancora Peter, di essere un peso per lui, un fastidio… si era illuso di essere suo compagno ma nello scoprire che gli nascondeva cose importanti come l’indagine di Kate -e non era per il fatto che fosse KATE ma perché per Peter era talmente rilevante da nascondergliela- aveva capito che si sbagliava di grosso e quella conferma sparata senza ritegno, era stata peggio di una pallottola in corpo.
- E CRESCERE NO? MATURARE, UNA BUONA VOLTA, NON TI PIACE? SMETTERLA DI FARE E DIRE CAZZATE?! - Ancora una volta la sfuriata di Peter lo sommerse, lo vedeva rare volte così fuori di sé ed erano sempre tutte per colpa sua, sapeva cosa fare per farlo arrabbiare a quel modo. Fare qualcuna di quelle famose cazzate di cui parlava… è che capire cosa lui considerasse cazzata, non era mica facile!
La verità era che stare dietro a Peter e ai suoi canoni era quasi impossibile e deluderlo ancora in un modo di cui non era nemmeno cosciente, era la cosa peggiore. Non poteva accettarlo, preferiva quella strada. Almeno, non gli avrebbe più dato gatte da pelare!
- IO NON SONO COME TE, PETER, LO VUOI CAPIRE? NON CAPISCO COSA VA O COSA NON VA, NON SO RAGIONARE CON LA TUA TESTA, SOLO TU RIESCI A FARLO CON LA MIA E A TROVARMI SEMPRE… e capirmi sempre… ma io con te non ci riesco mai… - Si rese conto di aver affievolito il tono d’improvviso e di star mormorando appoggiato contro il muro di piastrelle dietro di sé, dopo aver indietreggiato ed essersi fatto inglobare dall’acqua che ancora cadeva, ma non portava via le sue insicurezze ed i suoi fantasmi. Tutti quei difetti che sapeva di avere ma detestava. Difetti poiché erano tali agli occhi di Peter, non hai propri. - … e finisco per fare quelle che tu chiami cazzate. Nel cercare di fare come te, quella dannata cosa giusta che tu riesci sempre a trovare, io sbaglio e non so cosa farci… tu fai sempre tutto da solo, mi chiedi aiuto per i casi che ti fanno comodo ma le cose importanti te le tieni per te. Quando cerco di soddisfarti e quindi di capirti trovo dei muri, io devo indovinare cosa vorresti ma sono diverso da te e sbaglio. Ti deludo. Non riesco ad essere te. Lo vorrei ma… - Mentre le diceva, capiva che le pensava davvero quelle cose, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo nemmeno a sé stesso. Si rese conto di apparire come uno stupido, per di più completamente nudo. Nudo sia fuori che dentro. Mentre Peter era ancora completamente vestito, al di là del suo dannatissimo muro immaginario, a fare cose che lui non sapeva proprio.
Si rese conto di essere fissato come non aveva fatto prima, Peter si era accorto di averlo senza vestiti e sotto la doccia, aveva capito il senso profondo di quelle parole… che senso profondo avevano? Perché aveva l’impressione che lui stesso non riuscisse a capirsi ma che l’altro invece ci riuscisse benissimo?
Come faceva?
Non riusciva proprio a comprenderlo.
Vergognandosi di sé stesso per la prima volta, e solo perché era convinto di non piacere all’uomo da cui invece voleva essere apprezzato più che mai, l’unico in tutta la sua vita da cui voleva esserlo assolutamente, si girò verso il muro dandogli la schiena, si prese il viso fra le mani e si premette contro le piastrelle calde e scivolose. L’acqua gli ovattava i rumori e sperava di venir cancellato dal getto che gli batteva addosso.
Cos’era, quella, una dichiarazione?
E di che cosa, poi?
Ci mancava solo che gli dicesse che la persona che ormai contava di più era lui… ma forse in un modo contorto glielo aveva anche confessato e… bè, sicuramente Peter aveva capito. Solo lui poteva riuscirci, lo sapeva bene.
Dopo un istante che gli parve interminabile, sentì l’acqua chiudersi ed un asciugamano morbido l’avvolse da dietro, quindi un corpo lo premette contro di sé e due mani l’avvolsero girandolo.
- Vieni qui… - Un mormorio… e quello era di nuovo il Peter che appariva per la maggior parte del tempo. Dolce, calmo, pacato, pieno di attenzioni che solo lui riusciva ad avere. Era sicuro e al tempo stesso impacciato nelle dimostrazioni di calore umano. Non era mai stato capace di affetto normale, ma era sempre l’unico in grado di trattare Neil nel modo giusto, dopotutto.
Si era sempre chiesto come dovesse essere stare fra le sue braccia, non aveva mai osato provarlo. Aveva sempre confuso quegli strani desideri come quelli che si potevano provare verso un padre, ma ora che c’era e che si lasciava fare docile da quelle braccia forti che lo sostenevano e se lo gestivano a piacimento, capì che la questione era ben diversa.
Questo ebbe l’effetto di un treno in corsa che gli arrivava addosso in pieno.
Paralizzato, si lasciò completamente fare da un inaspettatamente paterno Peter che dopo averlo avvolto del tutto nel telo da bagno, lo condusse nella camera accanto e lo sedette nel letto matrimoniale ancora sfatto.
I capelli neri erano bagnati e si attaccavano alla testa e al viso disordinati come non erano mai stati. Tutta la sua persona sempre perfetta appariva diversa, quasi spaurito, un altro.
Peter lo guardò apprensivo e passandogli le mani sulla schiena per asciugarlo, si fermò alzandogli il mento con due dita che si bagnarono a sua volta.
Quando ebbe i suoi occhi chiari timidamente insicuri nei suoi certi, gli regalò uno di quei sorrisi dolci e rassicuranti che sapeva dare solo lui.
- Non preoccuparti, vai bene come sei. Io so che sei buono, per questo mi batto tanto per te. Vali la pena o ti avrei rispedito subito in prigione. - Beveva le sue parole come acqua pura dopo giorno di aridità. Assorbito dal suo viso raddolcito e dalla sua voce matura, si sentì lentamente andare a fuoco a quel contatto, a quella vicinanza. Sentiva di nuovo il controllo scemare da lui e questa volta sapeva di non poter permetterselo.
- Quando dicevo che mi davi motivo di deludermi, non intendevo che mi avevi deluso davvero, solo che fra i due sei tu il truffatore, non io. Quindi per logica non dovresti essere tu a dubitare di me ma al massimo viceversa. E non volevo nemmeno dire che speravo tu te ne andassi. Solo che tu mettessi la testa a posto. - Non si era mai dato pena per spiegare tutte le sue sfuriate e capì che contava molto anche per lui chiarire tutto, quella volta.
Neil sapeva in un angolino della sua mente che doveva dire qualcosa e smettere di fissarlo come uno stoccafisso, ma sapeva che fra il dire ed il fare c’era di mezzo quella cosa con cui si era scontrato ora.
Non voleva apparire di nuovo fragile, ma pur sforzandosi, a sentire che si era sbagliato e che non l’aveva mai davvero deluso, si sciolse tutta la sua tensione e come se gli tagliassero dei fili nel sentire la cosa che contava di più per lui, si accasciò contro di lui, appoggiando la fronte bagnata nell’incavo del suo collo. Non lo sentì irrigidirsi ma al contrario si ammorbidì avvolgendolo di nuovo con le sue braccia con fare protettivo e affettuoso. Era certo di non essersi mai sentito a quel modo. Di volta in volta aveva sperimentato la fiducia in Peter, aveva riposto la sua vita e la sua libertà nelle sue mani ciecamente e non l’aveva mai deluso. Quello che provava ora in quella specie di abbraccio, mentre sussurrava un incontrollato: - Grazie… - a fior di labbra, non aveva comunque paragoni.
Forse Peter -che, dannazione, era sposato- lo considerava come un figlio, ma per lui non era come un padre. Aveva capito che non era così esattamente in quel momento.
Per lui Peter era decisamente di più.
Ormai era tutto.
E sapere con certezza di volerlo in quel modo assoluto e totale, lo paralizzò e lo svuotò all’istante.
Si chiese se il termine esatto per quello, non fosse amore platonico o semplicemente a senso unico.
Senza speranza.
Senza sbocco.
Senza nulla.
E gli venne una voglia inumana di piangere.

FINE

   
 
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