Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: cst90    12/10/2010    1 recensioni
Quando l'amore supera ogni limite...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E come tutti gli anni l’estate giunse al termine e l’autunno era alle porte, la scuola iniziò. Vedevo l’ammasso di studenti che si accalcavano all’ingresso, gli insegnanti che parcheggiavano le loro auto e qualche ritardatario che con le bici quasi investivano i passanti. Sentivo le grida di gioia, i volti annoiati di chi con difficoltà ha abbandonato l’estate e chi era ancora con l’aria sognante di chi non dimenticherà mai le vacanze passate al mare con i suoi amici. E che dire di me, io sono Tommaso, Tommy per gli amici … ho diciotto anni e sono al quarto anno di liceo linguistico, sono alto, moro e sarei patetico se dicessi che ho anche gli occhi azzurri, ma per fortuna è così. Bè se devo essere del tutto sincero, sono il ragazzo più ambito della scuola, il miglior giocatore di calcio della scuola e ovviamente capocannoniere della squadra. Insomma sono il ragazzo che qualsiasi ragazza desidererebbe, ma per loro sfortuna il mio cuore batteva per Giada, una ragazza dolce, sensibile e intelligente, la migliore del corso, conosceva più di quattro lingue e penso che lei sia il mio unico punto di debolezza. Comunque, ritornando all’inizio della scuola, purtroppo era iniziata anche per me, e come al solito arrivai con la mia Audi, con la fortuna di trovare il parcheggio sempre davanti all’ingresso, anche se penso che non sia più solo fortuna, ma semplicemente erano tutti così gentili da lasciarmi il posto. Scesi dall’auto e mi tolsi i miei occhiali da sole e mi avviai sulle gradinate del portone con addosso gli occhi di tutti, almeno fino a quando non arrivò lei, la mia Giada che salutai con un bacio e insieme entrammo in quella giungla di scuola. Mi guardavo intorno, per vedere se c’era gente nuova, bella, brutta, sfigata o superfica. Vedevo i primini impanicati alla ricerca della loro classe, mentre io e Giada tranquilli e sicuri di noi entrammo nella nostra aula per iniziare con Italiano. Appena entrati la valanga di miei amici e compagni di squadra mi assalì, mi chiesero come stavo, come erano andate le vacanze, se quest’anno volevo vincere il campionato, mentre scorgo Giada che si univa alle sue amiche e iniziavano a spettegolare. In classe regnava un caos eterno, ma in fondo mi mancava, almeno fino a quando entrò il prof. di Italiano, che non era però da solo. Era seguito da un ragazzo, un volto del tutto nuovo, dall’aria esile e fragile, era biondo, ma tendente al castano, aveva gli occhi castani, che con il riflesso del sole sembravano dorati. Il suo sguardo era basso e timido, quasi avesse paura di noi, aveva l’aria di un perdente, ma un po’ mi faceva tenerezza. Ad un certo punto il prof. si avvicinò alla cattedra e disse: - Ben tornati ragazzi, voglio presentarvi un nuovo studente che si unirà alla vostra classe per questi ultimi due anni che vi rimangono fino al diploma, si chiama Simone, si è trasferito in questa città dopo l’estate e ha deciso di rimane con noi. Spero solo che gli garantirete una gentile accoglienza! Tutti i miei compagni mi guardarono improvvisamente con aria sconvolta, quasi si aspettassero da me una reazione, ma sinceramente, c’era qual cosa in quel ragazzino che mi turbava. Dietro quella timidezza, si celava una certa sicurezza, forse erano quegli occhi intraprendenti, il suo vestire leggermente esuberante. Ma mentre i ragazzi della classe iniziavano a parlottare sottovoce cattive dicerie, le ragazze tutte entusiaste gli fecero spazio e lo accolsero come se fosse uno di loro. Lui molto tranquillamente, senza far caso agli sguardi attoniti dei miei amici, si avvicinò alle ragazze e con aria disinvolta e sorridente si presentava e si sedette pronto a seguire la noiosissima lezione di Italiano. Passarono i giorni e Simone era quasi diventato una celebrità fra le donne della scuola, a volte avevo quasi paura che potesse farmi scivolare dal podio, ma ogni volta che lo incontravo per i corridoi della scuola, vicino agli armadietti notavo che lui mi guardava, dritto negli occhi, era uno sguardo quasi ipnotizzante, non riuscivo a provare ribrezzo, e nemmeno riuscivo ad ascoltare il vociferare di cattiverie degli altri del gruppo. Tutte le volte che ci incrociavamo, sembrava che lui cercasse il mio sguardo, come se volesse creare un contatto. La cosa che in realtà mi stupiva era che io non riuscivo a distogliere quello sguardo, ad annullare quel contatto, era come una calamita, mi sentivo davvero strano, non mi era mai capitata una situazione del genere, abituato poi ad essere fissato e perseguitato da tutte le ragazze della scuola. Perché non provavo ribrezzo? perché non riuscivo ad unirmi agli altri che lo insultavano da quando entrava in classe fino alla mensa? sentivo quasi di doverlo proteggere, ma non era mio compito, nemmeno lo conoscevo, nemmeno sapevo cosa vuole e chi fosse, nemmeno sapevo perché mi guardava. Anche Giada si era affezionata a lui, come tutte del resto, non facevano altro che parlare di lui, della sua solarità, della sua stravaganza, della sua schiettezza, ma quando mi fermavo solo un secondo a parlare con i miei compagni, ecco che la sfilza di commenti negativi sulla sua sessualità, si dilungava per ore ed ore, mentre si chiedevano il motivo per il quale le ragazze lo adorano. Un pomeriggio suonò la campanella della pausa pranzo, ma invece di starmene ad ascoltare le solite lamentele su Simone, preferì avviarmi in cortile per fumarmi un sigaretta in tutta pace e tranquillità dicendo a Giada che l’avrei raggiunta dopo. Uscì dall’uscita laterale e mi diressi verso il parchetto vicino al campo da calcio e lì nei paraggi scorsi una figura. Era Simone, se ne stava seduto con un libro in mano su di un gradino e così decisi di avvicinarmi: - Ciao! - Ah Ciao! – alzò lo sguardo stupito. - Che ci fai qui tutto solo ? – Io sorrisi. - Studio, a volte il caos della mensa mi disturba! – e lui ricambio. - Ti capisco, anch’io a spesso vengo qui a cercare un po’ di tranquillità. - Bè nell’intervallo qui regna un bellissimo silenzio - Sicuramente è più piacevole che stare a sentire tutte quello che dicono di te… - Non ne avevo dubbi!-si inacidì tutto ad un tratto. - Vedo che hai una buona prontezza di spirito!-io cercai di sdrammatizzare. - Perché mi avevi sottovalutato ? - No è che ti avevo visto tutto timido e invece … ma posso farti una domanda ? - Dimmi. - Ma è vero quello che dicono… cioè che ti piacciono gli uomini?-non so da dove presi il coraggi e tutta quella sfacciataggine. - Ha così tanta importanza per te ? cosa ti importa ? - No niente solo curiosità. È che tutti ti danno della checca, e non fanno altro che insultarti a scuola! - Se sei venuto qui per insultarmi, puoi anche tornatene dov’eri o sennò me ne vado io! – si alzò intento a dirigersi verso la porta, ma io vidi che c’era qualcosa che non andava. Dai suoi occhi scendevano delle lacrime. - Aspetta, non andare via! – lo afferrai per un braccio e lui si voltò. - Cosa vuoi ancora?-era triste e scocciato. - Che hai ?-io provai a farmi vedere interessato. - A te farebbe piacere trovarti nella mia situazione?-non aveva tutti i torti. Non so cosa ho pensato in quel momento, so solo che lo presi e lo strinsi forte a me: - Perdonami… sono stato uno stupido… - Ma perché stai facendo questo ? – si distaccò e mi guardò negli occhi. - Non lo so. – Lo fissai e mi lasciai trasportare da una sensazione nuova, diversa, mi avvicinai alle sue labbra e lo baciai. Mi sentivo pervadere da un emozione particolare, ma che con il passare dei secondi, mi stava rendendo felice, stavo dimenticando tutto quello che mi circondava, tutti gli amici e soprattutto Giada. Ma improvvisamente tornai alla realtà e mi allontanai da lui: - Scusa ma devo andare ! – mi voltai e corsi verso l’entrata lasciandolo lì da solo. Sentivo di aver sbagliato, il mio errore era imperdonabile,avevo mancato di rispetto sia a lui che a Giada, forse l’avevo pure illuso, chissà cosa avrà pensato, che io sono pazzo, che non sto bene con lo testa, che era un modo per umiliarlo. Ma tra tutti quei rimorsi, c’era una voglia inconscia di baciarlo ancora, come se mi avesse lasciato un segno, come se mi avesse colpito. Nei giorni seguenti, ero sempre distratto, sbadato, il rapporto con Giada andava raffreddandosi, e ogni volta che ricapitava di incrociare Simone nei corridoi, cercavo di evitare il suo sguardo, ma non sapevo il perché lo facevo. Forse perché non volevo cadere in quella trappola, non volevo abbandonare la mia normalità e quotidianità, qualsiasi ragazzo desidererebbe essere popolare e bello come lo sono io, perché a me?perchè stavo cedendo a quel desiderio di infrangere le regole, il naturale scorrere degli eventi, perché dovevo andare controsenso, forse proprio perché ero diventato ciò che tutti volevano e si aspettavano da me, era come una tentazione inconscia di voler cambiare. Per giunta negli allenamenti di calcio era diventato impossibile concentrarsi, con Simone che passava per il cortile con le sue amiche e mi fissava, come se sapesse il mio punto debole. Mi sentivo bloccato, come se stessi nascondendo un mostro nello stomaco, come se stessi imprigionando una furia nel mio cuore, ma dovevo resistere, non potevo mandare all’aria tutta la mia vita, cosa mi stava succedendo? Decisi così di continuare ad evitarlo, di non parlargli, e se anche lo vedevo facevo finta che non esistesse. Tutto così sembrava più facile, sembrava che tutto stesse ritornando alla normalità, con Giada stava andando un po’ meglio e fortunatamente non aveva notato niente riguardo alla mia assenza mentale di quei giorni. Un giorno finita la scuola, andai in bagno prima di uscire e spalancai la porta. Mentre controllavo se i bagni erano occupati, vidi con mia sorpresa un paio di scarpe rosse, delle Converse precisamente. Sapevo a chi appartenevano, anche se potevano appartenere a chiunque, ma era il cuore a dirmi che dietro quella porta c’era lui: - Tommy dai andiamo! – I miei compagni entrarono in bagno per avvisarmi che stavano andando via ed io sussultai. - Si si arrivo, aspettatemi all’uscita!- risposi frettoloso. - Ok, come vuoi!-mi guardarono in modo strano, come fossero sospettosi, ma forse era solo una mia fissazione. Fatto sta che se ne andarono lasciandomi solo con Simone nel silenzio di quel bagno. Fu così che lui usci: - Perché sei rimasto ad aspettarmi? - Chi ti dice che stessi aspettando te? - Ci sono solo io in questo bagno e poi ho sentito che dicevi ai tuoi amici di aspettarti fuori! - Questo non prova assolutamente che io stavo aspettando te! - Ok , come ti pare!- freddo stava per allontanarsi, ma io mi misi davanti a lui. - Ok lo ammetto ti stavo aspettando! - Lasciami andare! - No, tu sei mio adesso. Lo presi per le braccia e lo baciai ancora, lo appoggiai al muro. Sentivo il mio cuore pulsare all’impazzata, gli passai le mani fra i capelli e gli accarezzavo il viso. Gli misi una mano sotto la maglietta. Era strano sentire al tatto un corpo di un uomo, di un altro uomo, ma quella sensazione non mi dava fastidio, anzi, mi sentivo in paradiso. Ma questa volta fu lui a distaccarsi: - I tuoi amici ti aspettano, devi andare! – e usci dal bagno, lasciandomi nella mia oscura confusione. Era come come scivolare in un burrone, dopo aver imparato a volare, era come una pugnalata alla schiena, ma se dovevo essere sincero, me la meritavo. Era per me una sconfitta, ormai era diventata una sfida, dovevo trovare una soluzione, sentivo che dovevo averlo. Una mattina nel cambio di aula, mi fermai agli armadietti per prendere un libro che avevo dimenticato, e mi accorsi che anche lui stava passando di là: - Simo aspetta! - Cosa c’è, noi hai paura che i tuoi amici ti scoprano a parlare con me? - Non mi importa, voglio chiederti una cosa! - Dimmi. - Mi chiedevo se potevi aiutarmi in Italiano. - Dovrei darti delle ripetizioni ? - Si, se ti va ! - Ma c’è gia Giada che ti aiuta! - Ma solo in inglese. - Ah … quindi vuoi che io ti veda dopo la scuola per studiare Italiano. - Si hai afferrato, non c’è niente di male a dare ripetizioni … no ? - No no. - Facciamo domani da me alle quattro ? - D’accordo. - Allora se ti va vengo a prenderti a casa? - Se non ti pesa, mi farebbe piacere. - Ok allora confermato. - Si ma ora andiamo in classe, non vorrei che nessuno sospetti niente. - Gia. Ci avviamo in classe cercando di confonderci con il gruppo, ma fu inutile: - Che vi stavate dicendo tu e quella stupida checca ? – si avvicinarono i miei amici. - Niente di che ragazzi! - Se se, quello sicuramente ci sta provando, stai attento, non vogliamo che ti trasformi in un frocio, non te lo perdoneremo mai! - Ma cosa dite, siete pazzi se pensate questo, andiamo in classe, sennò saremo in ritardo! Io cercai di deviare quel discorso, cercai di sembrare il più convincente possibile, volevo nascondere tutto. Ormai non mi importava niente di dove mi avrebbe portato questa cosa, ma volevo andare fino in fondo, lo desideravo più di me stesso, non avevo più voglia di compiacere agli altri. Quel pomeriggio sembrava non arrivare mai, non vedevo l’ora . Appena furono le tre e mezza, presi l’auto e mi diressi verso casa sua e una volta arrivato, suonai il campanello. Fu sua mamma ad aprirmi: - Buongiorno signora, c’è Simone?- ero imbarazzatissimo. - Si certo, ti stava aspettando, vado a chiamarlo. Simo uscì dopo poco con i libri di Italiano in mano: - Ciao Tommy! - Ciao… allora andiamo? - Si certo! - Arrivederci signora!- educatamente salutai la madre. Ci avviammo verso la macchina e gli aprì lo sportello, non sapendo perché mi stavo comportando così da gentiluomo, non era mica una ragazza. Non appena ci sedemmo ed io misi in moto lui parlò: - Hai fatto gia una buona impressione su mia madre! - Ah si ? io faccio sempre una buona impressione sulle mamme delle mie ragazze! - Ma io non sono la tua ragazza … - Ah gia ! scoppiai a ridere. - E nemmeno il tuo ragazzo se è per questo! - Be si … mi fa anche strano sentirlo! - In effetti è strano, ma ti ci abitui col tempo!- sorrise. - Ma i tuoi lo sanno di te? - Si, gia da un anno ormai! - E come l’hanno presa? - Sinceramente pensavo peggio, ma ora non si fanno più nessun problema! - Sono davvero felice, che almeno in famiglia hai un buon appoggio! - Si almeno loro mi accettano per quello che sono! - Anche io ti accetto! – Gli presi la mano e sorrisi. - Tommy… - Che c’è ? - Dove ti porterà questa situazione? - Non lo so e non voglio saperlo, voglio vivere tutto quello che mi capita! Calò un silenzio tombale, quasi imbarazzante, ma nel frattempo arrivammo a casa mia. I miei non c’erano, sarebbero tornati dopo cena per lavoro, quindi entrammo molto tranquillamente e andammo nella mia stanza: -Fai come se fossi a casa tua! - Grazie … ma bado alle chiacchiere, prendi il libro di Italiano! - Subito professore! - Dai scemo prendi il libro! - Ok ok, ma non sia troppo severo con me!- risi mentre prendevo il libro dallo zaino. - Dai siediti e cominciamo Leopardi!- ci sedemmo davanti alla mia scrivania. - Perché siamo arrivati a Leopardi ? - Ma tu a cosa pensi mentre il prof spiega ? - A te !- gli misi una mano sulla coscia e sorrisi dolcemente. Lui mise la sua mano sulla mia, e come di conseguenza io mi avvicinai e lo baciai sul collo. Lo baciavo lentamente, fino a salire al mento, per poi arrivare sulla guancia ed in fine alla bocca. Fu un bacio dolce, era un modo per trasmettersi quello che sentivamo l’uno per altro, anche perché non c’erano parole, era come se il mio cervello si fosse spento e mi stessi lasciando trascinare dall’emozione del momento. Alla dolcezza subentrò la passione. Mi alzai, continuando a baciarlo, si alzò anche lui e lo spinsi sul letto. Lo feci stendere ed io mi stesi su di lui. Era impossibile smettere di baciarlo, era come una droga, ne ero dipendente, sentivo il suo profumo, il suo sapore, le sue mani che mi accarezzavano il petto e poi l’addome e lentamente mi tolse la maglietta. Io poi la tolsi a lui, mi accorsi che non era poi così gracile, e iniziai a baciargli il petto e il collo. Lo stringevo forte a me, gli sfilai i pantaloni e poi i miei. Iniziai a toccarlo, mentre continuavo a baciarlo, lo feci mio, volevo che mi sentisse, volevo possederlo. Sentivo il suo ansimare nelle orecchie, che mi metteva sempre più voglia di averlo, di stringerlo, di amarlo. Era approdato in nuovo mondo, dove niente e nessuno poteva interrompere quel momento, non avevo alcun timore, alcun senso di colpa, mi sentivo trasportato, mi sentivo desiderato, ma soprattutto ero felice, felice che lui fosse solo mio. I giorni seguenti furono sempre più belli, anche se non potevo abbracciarlo e nemmeno baciarlo, almeno gli parlavo anche a scuola, ci scambiavamo sempre più sguardi. I due pomeriggi successivi non uscii per niente con i miei amici, di nascosto andavo da lui, anche solo per salutarlo.Giada ormai stava diventando qualcosa di pesante ed insostenibile, non riuscivo però a lasciarla, era come se ci fosse ancora qualcosa che mi teneva legato alla mia realtà, alla mia solita vita. L’unica cosa negativa in tutto questo era che i miei compagni di classe stavano notando il mio cambiamento, il mio sorriso stampato, il mio affezzionamento a Simone, e forse avevano notato anche gli sguardi continui, le parole che ci scambiavamo in classe e agli armadietti. Persino Giada si accorse che la stavo trascurando e mi chiese una pausa di riflessione, che io accettai senza esitare, almeno avrei avuto più tempo per stare con lui. Una sera però usci con i miei amici, e mentre passeggiavamo per una viuzza nei pressi della casa di Simone ecco che proprio Simo sbucò da un angolo diretto forse a casa sua e ci vide: - Ciao ragazzi ! – sorrise e continuò a camminare. - Dove te ne vai frocio! – disse Francesco. - A casa!- disse seccato. - Avete sentito ragazzi … la checca sta tornado a casa! – tutti risero, ma io non lo trovavo affatto divertente. - Lasciatelo in pace ragazzi, non siete per niente divertenti! - Ma cosa ti prende Tommy, ora lo difendi?- intervenne Davide. - Ormai il nostro Campione si è alleato alla checca! - Ci hai deluso Tommy! - Ma cosa dite, lui non ha niente a che fare con me!- sopraggiunse Simone. - Simo va via! - Ora lo difendi anche, cos’è ti ha trasformato come dicevamo noi… ragazzi prendete la checca!-Lo presero per il collo. - Tommy fermali ti prego! - Tommy sei con noi o con lui? Cosa penserà Giada e tutta la scuola! - Cos’è un ricatto? - Noi rivogliamo il nostro Tommy, ragazzi divertiamoci un po’, vediamo se il nostro Tommy ha il coraggio di affrontarci. Iniziarono a picchiarlo, lo pretendevano a pugni, a calci, gli avevano spaccato il naso, la fronte, c’era sengue dovunque, Simone implorava aiuto, cercava il mio sguardo, mai io facevo in modo di evitarlo. Non so cosa mi tratteneva dal difenderlo, mi sentivo immobile, come se non potessi muovermi, avevo paura, una paura folle di mettermi contro tutti. Lo vedevo sanguinare, lo vedevo urlare, ma la cosa peggiore era che io restavo a guardare quello scempio. Tenevo troppo alla mia reputazione, alla mia vita, non volevo mettermi contro i miei amici. Speravo che dopo che si fossero divertiti un po’ l’avrebbero lasciato lì, ma invece continuavano, mentre gli occhi gli uscivano dalle orbite dal dolore, fino a quando smise di urlare e cadde esanime in una pozza di sangue: - é morto, scappiamo ragazzi! – loro scapparono, ma io rimasi lì. Inerme a fissarlo. - Tommy andiamo, tra poco arriverà la polizia! – io non mi mossi- fa come ti pare! Appena se ne furono andati io mi lanciai su Simone, gli presi la testa fra le mie braccia, piangevo, mi sentivo un codardo, un infame, uno stronzo: - Simo svegliati, non sei morto, dimmi che non sei morto ti prego… perdonami, non so cosa mi è preso perdonami! Sbattevo i pugni sull’asfalto, mentre lo stringevo forte a me, quasi credendo che un mio abbraccio lo avrebbe riportato alla vita. Singhiozzavo e urlavo il suo nome con disperazione, non sapevo che fare , ma poi sentii la sirena della polizia che arrivava e scappai. Scappai a casa, piangevo, stringevo i denti, sentivo che il cuore mi scoppiava, ero arrabbiato con me stesso, con la mia codardia, con la mia paura di affrontare la verità, l’evidenza, io l’amavo come mai avevo amato ed ora l’ho perso. A volte penso che non avrei dovuto coinvolgerlo in quella storia. Arrivai a casa, i miei non c’erano come al solito. Salii in camera mia e presi un foglio e una penna: Simone, tu sei stato come la primavera per me, una rinascita, mi hai sconvolto la vita, con il tuo sorriso, con la tua esuberanza, con la tua fragilità, mi mancheranno le tue mani, le tue labbra, la tua voce e il tuo profumo, mi mancherà sentirti mio. Ho sbagliato, sono stato un idiota, uno stupido, un codardo, non merito il tuo amore e nemmeno il tuo perdono. Non sono stato capace di aiutarti, di proteggerti, di mettermi contro tutti per amarti, non sono degno di stare con te. Ma adesso è troppo tardi, per tutto, per averti, per il tuo perdono, per i tuoi baci che più amavo è tardi per te. Mi sono reso inutile, sono un incapace, un perdente e meschino, egoista. Non ho avuto il tempo ed il modo di dimostrarti quello che provavo per te. Ma ho preso una decisione, voglio stare con te per sempre, sei l’unica persona che veramente mi faceva sentire vivo, quindi l’unico modo per sentirmi vivo è morire, è raggiungerti lì in alto, dove nessuno avrà pregiudizi, dove tutti potranno accettare il nostro amore, sempre che sia tu che Dio siate disposti ad accogliermi al vostro fianco concedendomi il perdono. Con questo dico solo una cosa… Addio mondo, addio tutto, Simone sto venendo a prenderti … ti amo. Andai nella stanza di mio padre, rovistai nel cassetto e la trovai. La sua pistola. Ritornai in camera mia, presi la lettera in mano e mi puntai la pistola alla testa. In un secondo tutti i momenti della mia vita mi passarono come flash davanti agli occhi, ma la voglia di rivederlo era troppo forte … alchè presi coraggio e premetti il grilleto. Addio.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: cst90