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Autore: Aelle Amazon    12/10/2010    3 recensioni
"Angela sentì le guance in fiamme. Quel ragazzo era maledettamente carino, lo aveva notato anche al supermercato. Quando lui se n’era andato, aveva preso il carrello e si era diretta alla cassa come fosse in trance, travolgendo due commessi, che subito l’avevano riempita di insulti."
Piccola one-shot scritta in un momento di pazzia^^.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Champagne capitolo

Angela guardò le varie bottiglie di vino allineate in perfetto ordine su uno scaffale di quell’immenso supermercato. Il suo carrello sostava in mezzo al corridoio e la gente la inceneriva con lo sguardo ogniqualvolta questo si trovava tra i loro piedi. Ma lei non considerava nemmeno una di quelle occhiate. Dopo aver spinto quel carrello pieno fino alla cima di cibi e bevande le braccia le facevano male. Le signore più anziane erano l’unica eccezione a tutti quegli sguardi furiosi: le passavano accanto e le bisbigliavano quanto fosse carina, accarezzandole i capelli castani dai riflessi biondi, lunghi fino a metà schiena.

Angela aveva appena compiuto i vent’anni. Era una ragazza di media altezza, a malapena raggiungeva il metro e settanta, e ben proporzionata. I suoi occhi erano verdi con sfumature grigie, e cambiavano colore a seconda del suo umore. Ora erano grigi, e la cosa non poteva essere considerata bella. Per quanto i suoi occhi fossero affascinanti anche quando erano di quel colore, si vedeva benissimo che erano furiosi.

Sua madre Sara era una patita delle feste e nonostante avesse cinquantatre anni abbondanti, si intestardiva a comportarsi come una quindicenne impazzita. Invitava gente a destra e a manca,  tutti i santi giorni e in ogni momento libero. E lei finiva per essere una di quei poveracci che spediva da tutte le parti a procurarle quello che serviva per preparare la sua ennesima festa e renderla fantastica. Almeno secondo lei. Perché secondo l’opinione di Angela quelle feste erano una vera noia. Ci partecipavano vecchi di ogni genere, anche più grandi di sua madre, che volevano atteggiarsi da giovani con ancora tutta la vita davanti da vivere.

La ragazza prese una di quelle bottiglie e se la portò sotto il naso per leggerne il nome: Barolo. Questo era il nome che spiccava a caratteri cubitali sull’etichetta.

Angela sospirò, constatando di aver sbagliato un’altra volta. Rimise al suo posto la bottiglia e alzò gli occhi in cerca di un commesso che potesse aiutarla. Ne trovò uno che stava sistemando una scatola di assorbenti e lo chiamò. – Mi scusi!-

Ma quello non si girò. Un piccolo esame e Angela si accorse che il ragazzo che aveva appena chiamato stava ascoltando musica con le cuffie dell’ipod nelle orecchie. E canticchiava pure.

Angela rimase di sasso davanti a quella scena. E ora a chi poteva chiedere?

-Scusa- disse una voce alle sue spalle.

La ragazza si girò. – Dici a me?-

La voce apparteneva ad un ragazzo molto carino dall’aria scocciata. Alto, magro e moro. Tre aggettivi per descriverlo. Gli occhi di Angela incontrarono quelli del ragazzo: azzurri come il cielo.

-Sì. Il tuo carrello mi intralcia la strada. Non potresti spostarlo, per favore?-

Angela, senza saperne il vero motivo, arrossì e si affrettò a chiedere scusa e a spostare il carrello dal passaggio. Benché il tono di lui fosse tanto sgradevole Angela lo trovava in qualche modo affascinante. Il ragazzo prese una bottiglia di vino che lei non conosceva , lo mise nel suo carrello e fece per andarsene.

-S-senti!- riuscì a balbettare.

Il ragazzo si voltò, e l’aria scocciata era ancora dipinta sul suo viso. – Che vuoi?- disse scortesemente.

Angela non seppe subito cosa dire perché presa di sorpresa da quel tono sprezzante.

Quello sospirò e cominciò a camminare.

-N-no!Aspetta!- provò di nuovo – Ho bisogno di aiuto. Mi potresti indicare un vino che cerco?-

Il ragazzo annuì.

-Lo Champagne-

Lui si limitò ad alzare il dito e indicare una bottiglia elegante nello scaffale più basso. Poi se ne andò senza dire una parola.

-Grazie … - sussurrò la ragazza al vento.

Infine, prese la bottiglia che le era stata indicata e si diresse alla cassa, spingendo il carrello pieno di cibo e cose varie, e incurante del male che aveva alle braccia.

 

-Oh, Sara, che bella festa!- esclamò una donna con un vestito da sera a dir poco osceno.

Angela, seduta su l’unica poltrona presente in casa sua, osservava con una smorfia disgustata l’abbraccio tra sua madre e quella vipera della loro vicina di casa. Una carogna tutti i giorni, un cucchiaino di zucchero quando si trattava di mangiare a casa degli altri. Gratis.

Sua madre sorrise al complimento e la invitò a prendere un bicchiere di Champagne. Quella accettò con sorriso che avrebbe fatto vomitare anche un cieco e afferrò il bicchiere che le veniva dato con un gesto deciso. Evidentemente alla strega non piaceva lo Champagne perché sembrò mandarlo giù a forza.

Sara si avvicinò alla figlia con passi veloci e scanditi dal tacco delle scarpe. Il vino all’interno del suo bicchiere ondeggiava leggermente a causa del movimento. Si sedette sul bracciolo della poltrona e le circondò le spalle con un braccio, avvicinandola a sé.  Angela appoggiò la testa sulla spalla di sua madre e chiuse gli occhi.

-Tesoro, non ti piace la festa?-

Angela era sul punto di vomitarle addosso tutto quello che pensava delle sue feste, ma si trattenne appena in tempo.

-No, mamma, è tutto perfetto. Come sempre- mormorò contro la stoffa del vestito da sera di Sara.

La madre sorrise. – Allora vieni, ti presento un mio amico- disse alzandosi in piedi e trascinandola con sé.

Angela già si immaginava il tipo di uomo che si sarebbe, di lì a pochi secondi, trovata davanti. Vecchio e brutto.

Sara arrestò la sua camminata veloce quando arrivò davanti ad un uomo.

-Paolo!- lo chiamò.

L’uomo si girò subito. – Sara, che bello rivederti!- esclamò, alzandosi e abbracciando calorosamente la madre di Angela. Da lì i due si profusero in una conversazione lunghissima, e Angela riuscì a capirci qualcosa in quel groviglio di parole solo quando sua madre rideva come una ragazzina davanti al suo grande amore. Poi l’uomo si accorse della sua presenza.

-E questa bella ragazza chi è?- chiese.

-Lei è Angela - la presentò – Mia figlia- aggiunse orgogliosa.

L’uomo le scoccò un’occhiata divertita. – Piacere, Angela. Io sono Paolo- disse porgendole la mano, che prontamente Angela strinse.

-Certo che tua figlia è proprio carina, Sara - bisbigliò  a bassa voce – Ora capisco il perché della sua bellezza: è tua figlia-

Sara rise, imbarazzata. Angela inorridì davanti a quelle parole. Le sembrava di avere davanti due ragazzini alle prime armi.

Paolo riportò l’attenzione su di lei e la afferrò per un braccio, allontanandola da sua madre.

-Non hai l’aria di chi si sta divertendo molto-

Angela si sentì braccata e si affrettò a negare. – No, no, mi sto divertendo-

-Sei uguale a mio figlio-

Angela si bloccò nel sentire quelle parole. – Ha un figlio, Paolo?-

-Sono stato giovane anche io, cosa credi?- disse lui ridendo della sua faccia imbarazzata.

Paolo le accarezzò i capelli e le fece segno di guardare verso un angolo della casa.

Angela si ritrovò a fissare un ragazzo di spalle che, in piedi davanti alla finestra, si limitava ad osservare le stelle luccicare nel cielo privo di nuvole di quella grande città.

Paolo le diede una gomitata. – Dai, vacci a parlare!-

La ragazza sospirò e si diresse a passi lenti verso la finestra. Si fermò accanto a lui, lo guardò dritto in faccia e riconobbe il ragazzo del supermercato. Lui si voltò e la incenerì con lo sguardo. Angela abbassò subito gli occhi, puntandoli sul bicchiere ancora pieno che teneva ancora in mano.

-Vuoi un po’ di Champagne?-

-No- rispose secco.

Angela sentì le guance in fiamme. Quel ragazzo era maledettamente carino, lo aveva notato anche al supermercato. Quando lui se n’era andato, aveva preso il carrello e si era diretta alla cassa come fosse in trance, travolgendo due commessi, che subito l’avevano riempita di insulti.

-Ehm, come ti chiami?-

-Daniele-

Angela sentì la rabbia salire. – Ehi, ma rispondi a monosillabi?- gli sibilò contro.

-Con la gente che scoccia, sì- rispose.

Con la gente che scoccia. Sentì la frase rimbombarle nella testa e senza che lo volesse una lacrima solcò il suo viso. Poi altre seguirono la prima.

-Ehi, piangi?-

Singhiozzò piano e si asciugò velocemente le gocce salate dal viso. – No-

Daniele si chinò su di lei e le passò il pollice vicino all’occhio. – Questa mi sembra una lacrima- disse divertito. Allo sguardo di lei cambiò atteggiamento e i suoi occhi si fecero tristi.

-Scusa- sussurrò piano – Non volevo farti piangere. A volte non mi accorgo di essere maleducato-

-Ma l’hai fatto. Nemmeno mi conosci e già mi dici che ti scoccio- sibilò con rabbia.

-Come ti chiami?-

Non poté evitare di rispondere. – Angela-

-Quanti anni hai?-

-Venti-

-Io ne ho ventuno- detto questo si abbassò sulle sue labbra e le baciò dolcemente.

-Avevi una lacrima vicino alla bocca, Angela- si giustificò lui, staccandosi dalle sue labbra, ghignando della sua espressione stupita.

La ragazza fissò il pavimento, rossa come un pomodoro maturo. La mano di Daniele si appoggiò sulla sua spalla e lei incontrò di nuovo il suo sguardo azzurro, ancora lievemente imbarazzata.

-Possiamo essere amici?- chiese con un filo di voce.

-Solo amici- disse lui – E’ okay. Proviamo-

Angela sorrise, ritrovando la sua solita allegria.

Eh, sì. Questa volta doveva ammetterlo.

Le feste di sua madre erano davvero fantastiche.

  
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