Prologo
«Nobile
Sesshomaru; entrate, prego»
Il
demone chiuse la porta dietro di sé con un colpo secco e silenzioso. La stanza
era piccola, arredata elegantemente con mobili pregiati e delicati soprammobili
intarsiati, come una grossa anfora decorata dal disegno di un enorme dragone
posta su un tavolino dietro le spalle del demone che lo stava aspettando. La
luce filtrava appena dai sottili spiragli di luce lasciati dalle ampie tende
scure, tirate a nascondere le poche finestre del luogo. Il Principe avanzò
regalmente, sedendosi di fronte al vecchio. Era un demone, ma il corpo era
ormai decrepito e secco, nonostante i muscoli guizzanti sotto la pelle, tesa e
macchiata di scuro in alcuni punti. Il suo corpo aveva vissuto troppo a lungo
anche per un demone, ma la luce bramosa di vita negli occhi del vecchio ardeva
più brillante che mai.
«Saggio
Kitoku»
«Nobile
Sesshomaru…» il vecchio ridacchiò, puntando i suoi occhi penetranti sulla
figura candida del Principe dei Demoni. «Immagino non conosciate il motivo della
vostra convocazione…»
«Immaginate
bene» ribatté gelido Sesshomaru. Era stato costretto ad interrompere il suo
viaggio per un richiamo urgente dal palazzo, e la cosa lo aveva infastidito non
poco. Dopo la morte di Naraku era tornato a riprendere le redini del suo
impero, scoprendo che non era la vita adatta a lui: un mucchio di demoni dei
più disparati casati che cercavano in tutti i modi di accaparrarsi i suoi
favori o proporgli le loro figlie, problemi sempre nuovi che spuntavano come
funghi e che richiedevano sempre una sua soluzione immediata, i tre saggi che
cercavano di convincerlo ogni giorno a prendere moglie per avere un erede e
iniziare nuove guerre contro i territori adiacenti per espandere il proprio,
servitori incapaci di assolvere i loro compiti, pettegolezzi e calunnie su Rin.
Rin, che ormai stava crescendo ed era vista sempre meno di buon occhio al
palazzo.
Se
n’era andato dopo pochi mesi.
Si
sentiva prigioniero, soffocato; quasi nessuno gli mostrava veramente il
rispetto che meritava, e lui doveva sempre più spesso trattenersi dal compiere
una strage. Aveva condotto una piccola battaglia, ma combattere assieme al suo
esercito non gli dava più la stessa soddisfazione; preferiva lo scontro singolo
con un avversario, il clangore delle lame che lo vedeva protagonista indiscusso
e il godimento interminabile della vittoria strappata con le sue ineguagliabili
forze. Non ce l’aveva fatta a restare in quel mondo di legno, soldati,
consiglieri e cortigiane. Aveva preso Rin e Jacken e, affidate tutte le decisioni
e le direttive per eventuali guerre al consiglio dei saggi, era tornato al suo
vagabondare solitario.
Ed
ora era nuovamente costretto fra quelle mura che odiava. Non capiva come avesse
fatto un tempo a desiderare di esserne il padrone; negli ultimi anni gli
avevano portato solo noie. Sperava fosse una faccenda veloce, anche perché era
stato costretto a lasciare Rin, Jacken e Ah-un fuori dai confini, in una
casupola abbandonata.
«Lasciate
che vi illustri la situazione, Nobile Sesshomaru» proseguì il vecchio, gli
occhi sempre fissi sulla figura imperscrutabile davanti a lui. «Forse non vi è
giunta voce dell’andamento della guerra contro il Signore di Amagi… abbiamo
perso numerosi uomini negli ultimi attacchi e per poco non abbiamo rischiato di
perdere l’avamposto ad Est. Molti valorosi generali sono morti per difendere
strenuamente quel luogo»
Sesshomaru
rimase impassibile. Non ricordava nemmeno il nome dei suoi generali, figurarsi
il loro volto. La loro morte era per lui una faccenda di nessun interesse.
«Il
Signore di Amagi, però, non è soddisfatto di spingerci sempre di più,
lentamente, verso la sconfitta; vuole umiliarci definitivamente. Ci è giunto
qualche giorno fa un messaggio in cui ha proposto una soluzione per concludere
questa guerra che dura ormai da due anni e che, fino a qualche mese fa, stavamo
vincendo noi»
L’espressione
del Principe non si incrinò di un millimetro. Probabilmente era una sfida
diretta a lui, uno scontro fra i Signori dei territori in guerra. Non era una
cosa inusuale, dopotutto.
«Propone
di far combattere, invece che i nostri due eserciti, un gruppo di guerrieri che
non superi i venti uomini da ambo le parti. Possono essere mercenari, soldati,
generali, è indifferente; umani, demoni o mezzodemoni. L’unica limitazione è che
non siano più di venti, e non è necessario che siano in numero uguale da
entrambe le parti; questi due piccoli schieramenti saranno guidati dai
rispettivi Signori»
Cadde
il silenzio. Sesshomaru non sapeva cosa rispondere. Era la proposta più assurda
che avesse mai sentito, e doveva nascondere qualche trucco. Ma non riusciva a
capire quale.
Un
mese. Perché tutto quel tempo? Era solo un bluff per prendere tempo, perché
avevano subito perdite più numerose di quanto avessero dimostrato? In ogni
caso, era una proposta assolutamente da rifiutare.
«Il
consiglio degli anziani ha accettato»
Sesshomaru
assottigliò gli occhi. Idioti. Visto che avevano accettato, che se ne cavassero
loro, allora. Che diavolo volevano da lui?
«Immagino
vi starete chiedendo quale sia il vostro ruolo in tutto ciò, visto che
l’incontro è fissato tra un mese…» lo sguardo del Principe rimase impassibile.
«Vedete, Nobile Sesshomaru, continuando la guerra in questo modo non abbiamo
speranze di vittoria. Il Signore di Amagi è entrato in possesso di qualcosa, una forza che non riusciamo a
definire ma che lo ha reso immensamente più potente»
«Non
mi risulta che nel nostro esercito vi siano venti guerrieri così valorosi da
poterci portare alla vittoria, in questo caso» commentò gelido il demone, spazientito.
«Avreste dovuto rifiutare»
Il
vecchio ridacchiò, e una strana luce gli illuminò gli occhi.
«Oh,
no, Nobile Sesshomaru; non siamo così sciocchi da non sapere che nel nostro
esercito non c’è nessuno con la potenza necessaria per battere i guerrieri di
Amagi, ma forse avete dimenticato che possiamo ricercare la forza che ci serve
all’esterno:» e le sue labbra si incurvarono in un sadico sorriso. «Mercenari…»
Mercenari.
Il solo suono di quella parola lo disgustava. Assottigliò gli occhi. Odiava far
combattere le sue guerre a pomposi guerrieri che si credevano tanto forti da
poter combattere per chiunque avesse sufficiente denaro per pagarli. Non
avrebbe mai chiesto l’aiuto di gente
simile. Ma da come parlava il saggio aveva già in mente qualcuno di preciso.
«A
chi vi state riferendo?» domandò secco, e il demone esplose in una breve risata
roca.
«La
vostra intelligenza è pari solo alla vostra forza, Nobile Sesshomaru… un nostro
esploratore ha trovato qualcosa di molto interessante nel villaggio di Yoto,
situato a sud, non troppo lontano da qui; un demone può tranquillamente coprire
quella distanza in una settimana. A piedi immagino si impiegherebbe molto di
più» scrollò le spalle. «E’ stata rilevata un’aura fuori dal comune, laggiù.
Qualcosa di mai sentito: l’esploratore ha detto che era come se un’immensa
potenza fosse racchiusa in un piccolo vaso, controllata perfettamente. Si è
avvicinato e ha scoperto la fonte di tale potere: una giovane ragazza
proveniente dal villaggio»
«Un’umana?»
ribatté Sesshomaru con tono sprezzante.
«Così
sembra… di certo deve nascondere qualcosa… che potrebbe rivelarsi la nostra
arma vincente»
Il
Principe iniziò a sospettare il motivo della sua convocazione.
«Nobile
Sesshomaru…» il vecchio lo fissò dritto negli occhi d’ambra con le pupille
bramose. «Portateci questa ragazza. Scoprite il suo segreto, e il modo per
usarlo a nostro vantaggio»
«E’
solo una» ribatté Sesshomaru, annoiato. «Mi sembrava di aver capito di dover
schierare venti guerrieri»
Il
consigliere ridacchiò. «Suvvia, Principe, portateci la ragazza. Provvederemo
noi a renderla utile per la nostra guerra»
Le
avrebbero estratto la potenza per poi riversala in specifici talismani da
consegnare ai guerrieri migliori dell’esercito. In più, probabilmente contavano
sulla sua presenza in campo. Sapevano bene che nessun demone era in grado di
sconfiggerlo. Ciononostante, c’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi nella
proposta del Signore di Amagi; era troppo vantaggiosa per loro, e poi lui stava
vincendo la guerra: perché rischiare?
Comunque
sarebbe andato a prendere quella ragazzina, in modo da porre fine a quella
storia e non dover più vedere il volto marcio del vecchio Kitoku. Si alzò in un
fruscio di seta, e il demone lo guardò soddisfatto.
«Sono
lieto di vedere che tenete ancora ai vostri possedimenti, Nobile Sesshomaru»
Il
Principe non rispose, avviandosi verso la porta scorrevole.
«Ah,
Nobile Sesshomaru… la ragazza si chiama Shizuki. Confido che la porterete qui
illesa e nel minor tempo possibile… accondiscendente o contro la sua volontà»
Il
demone sparì con guizzo oltre le leggere porte di legno.
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