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Autore: SweetKaaos    13/10/2010    3 recensioni
Neville era sinceramente sconvolto: non riusciva a capire come mai Blaise Zabini avesse deciso di sedersi di fianco a lui e parlargli, dopo due anni che si erano rincontrati fuori da scuola. Stava davvero avendo una conversazione con il Serpeverde o era la sua mente che iniziava a dare di matto?
Pairing: Blaise/Neville ( principale ). Draco/Harry.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Neville Paciock | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Storia scritta in risposta ad una sfida. E' capitato così, per caso. Per noia stavo scorrendo la lista delle sfide e mi è venuta l'ispirazione improvvisa!

Non so di preciso cosa scegliere come avvertimenti per questa storia e quindi, per sicurezza, metto una brevissima spiegazione qua!
N.B. I gemelli sono vivi e vegeti U_U Per il resto.. posso benissimo lasciare lo svolgimento del 7° libro come lo ha scelto la Row >>''

N.B secondo!: Ovviamente ringrazio loux per avermi fatto da beta per questa storia ^^

DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.

ATTENZIONE: tutti i personaggi di questa storia sono immaginari e non hanno alcun legame con la realtà. Qualsiasi nome e riferimento a fatti o persone reali è da ritenersi ASSOLUTAMENTE casuale.






* * *








Neville tremò nell’esatto momento in cui Blaise entrò nella sua camera d’ospedale. Le persone intorno a lui parvero non accorgersi del suo cambio di postura. Infatti, Neville aveva raddrizzato la schiena e tirato su il mento: decisamente molto più composto ma molto meno rilassato rispetto a prima.
Il Serpeverde alzò lievemente l’angolo della bocca a quella reazione e, lentamente, decise che poteva anche terminare la sua visita in quel momento. Non era necessario che tutti gli amici di Neville lo vedessero e, per una volta, aveva intenzione di lasciarlo tranquillo, senza provocarlo in continuazione.
L’ex grifone si sgonfiò come un palloncino quando lo vide uscire ma, al contempo, sentì una fitta in mezzo al petto. Non aveva nulla a che fare con l’incidente che aveva appena avuto, quella fitta era tutta per il suo cuore. Anche se Blaise lo metteva in agitazione, avrebbe davvero voluto che fosse entrato e gli avesse parlato. Gli sarebbe bastato solo un misero ciao.


* * *


Una mese prima, Harry lo aveva trascinato nella Londra Babbana. Neville non era sicuro di riuscire a passare tra tutti quei babbani ed i loro aggeggi con le ruote – e, neanche a dirlo sarebbe stata proprio un'auto che lo avrebbe investito e mandato all’ospedale.
Tirò un sospiro quando finalmente furono al sicuro dentro ad un negozio. Ancora non sapeva che cosa Harry volesse fare e del perché aveva richiesto la sua presenza, ma gli piaceva aiutare le persone – e Harry era sicuramente in cima alla lista, visto quanto gli era stato vicino durante gli anni di scuola.

“Siete l’appuntamento delle quattro?” Un uomo alto, massiccio, si parò davanti ai due maghi e li squadrò da capo a piedi. Al cenno di assenso da parte di Harry – Neville era all’oscuro di tutto, e decisamente molto impressionato dalla mole del tizio – questi allungò la mano nella direzione del più paffuto. “Documenti. Non voglio rogne per aver avuto a che fare con un minorenne.”

Neville sgranò gli occhi e, con un tono di voce forse un briciolo troppo alto, replicò piccato: “Ma io ho ventitre anni!”

Harry, ridacchiando per l’ennesima volta in cui Neville veniva scambiato per un ragazzino ancora minorenne, gli prese il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni e, recuperato il documento dell’amico, lo mostrò subito a quello che gli sembrava essere il commesso o il proprietario del negozio.

“Forse, quando uscirai di qua, sembrerai più uomo.” L’uomo ebbe la sfacciataggine di ridere dritto in faccia a Neville e gli batté una mano sulla spalla prima di agguantarlo per un polso e trascinarlo con sé. “Diamoci da fare, c’è molto lavoro qua.”

“Harry!?!?”

A quel punto anche il moro scoppiò in una fragorosa risata, prima di correre in salvo del proprio amico. “Aspetti, aspetti. Sono io il suo appuntamento, non lui.” Scoccando un’occhiata all’ammasso di muscoli e tatuaggi, Harry aggiunse: “Sempre che non decida altrimenti e voglia provare anche lui…”

“Provare cosa?!” Neville si stava agitando ogni secondo di più, ma non era ancora pronto a dare del tutto in escandescenza a causa della calma stoica di Harry.

“Vieni. Fidati.”

Odiava quando Harry gli diceva fidati, perché lui era così stupido da farlo, anche quando a scuola era più che palese che stavano per fargli uno scherzetto con i fiocchi. Neville si concesse l’ennesimo sospiro prima di avviarsi dietro ai due, con un passo che poteva essere paragonato solo alla marcia dei condannati, prossimi a finire sul patibolo.
Sette minuti più tardi, Neville decise che era davvero una cosa folle quella che l’amico gli stava chiedendo. Per quale assurdo motivo si era lasciato convincere? E perché diavolo doveva farlo anche lui?

“Dai Neville. Sarà divertente ed eccitante. E se poi non ti piacerà, puoi sempre toglierlo. Vedi?”, aveva detto alzando la maglietta, “l’anno scorso ne avevo anch’io uno ma poi mi aveva stufato e così l’ho tolto. Oggi mi sono deciso: voglio farne un altro.”
Neville osservò attentamente il corpo del suo amico e poi il suo. Davvero credeva che su di lui una cosa del genere sarebbe stata bella come sul suo? Stava quasi per ripensarci e rimettersi la maglia quando nuovamente le parole di Harry lo bloccarono.
“Ne ho discusso con Draco prima. Sai, ho creduto che fosse giusto dirglielo, così, per sapere se gli sarebbe piaciuto o no che avessi un piercing alla lingua. La sua risposta mi ha obbligato a venire qua di corsa.” Con un ghigno malandrino, Harry si accarezzò sovrappensiero un lato del collo, rivelando un piccolo succhiotto, non poi così piccolo, decise Neville. “Blaise invece ha detto che sono stato un pazzo ad aver tolto quello al capezzolo. È il suo preferito. Beh, credo che lui e Draco ne stiano parlando proprio adesso. So che è un chiodo fisso per loro due.”

Quelle parole bastarono a Neville per decidere di buttarsi nell’ennesima cosa folle della sua vita. Un piercing al capezzolo. E tutto perché Harry lo aveva costretto a seguirlo, e poi rivelato che era un fetish del ragazzo che gli piaceva da più di due anni.
Da quando Harry e Draco si erano messi insieme, i loro amici avevano iniziato a partecipare alle stesse feste e integrarsi l’un con l’altro. Non aveva mai parlato con Blaise, troppo timido e nervoso per riuscirci, però lo aveva sempre spiato. Neville era sicuro che nessuno si fosse accorto della sua infatuazione – meglio chiamarla cotta colossale – anche perché aveva fatto attenzione a non essere visto; non voleva che nessuno gli ricordasse che non era alla sua altezza, che il ragazzo sceglieva partner con un corpo molto più statuario del suo. Neville ci aveva lavorato tanto: palestra, diete, rimedi in casa e anche qualche incantesimo. Era riuscito a perdere peso ma, da quel che aveva colto da alcuni spezzoni di varie conversazioni, era ben lontano dagli standard di Blaise.

Mezz’ora dopo il loro arrivo nel negozio, lui e Harry fecero la loro non molto trionfale uscita. Neville continuava a muovere la spalla e allargare la maglia sul davanti, cercando così di diminuire la frizione sulla parte lesa. Va bene che l’energumeno gli aveva messo una garza sopra, ma faceva un male cane lo stesso. Harry, invece, continuava a deglutire e sorridere come un idiota; anche se sapeva che per un bel po’ non avrebbe potuto farci nulla, a quanto pareva, era disposto ad aspettare tutto il tempo che serviva.
Neville sorrise, felice ed in parte invidioso dell’amico.

Due settimane dopo sarebbe stato il compleanno di Harry ed il moro aveva deciso di festeggiarlo in un locale quell’anno. L’aveva affittato – sarebbe meglio dire che il proprietario gliel’aveva offerto non appena aveva visto la sua cicatrice – e chiesto a Hermione di aiutarlo con gli addobbi e le pietanze. Draco non c’era quella settimana: era misteriosamente dovuto partire per la Francia, ma aveva assicurato al suo ragazzo che sarebbe tornato per la festa, a costo di attraversare a nuoto la Manica.
Tutti sapevano quanto Harry ci teneva a festeggiare il compleanno – soprattutto con le persone a lui più care ed ecco perché il locale si stava riempiendo in pochissimo tempo. Amici di scuola, colleghi di lavoro e anche qualche amico di amici. Harry veniva sballottato da un lato all’altro della sala, coinvolto prima di un ballo, poi in un gioco, e ovviamente nello scartare i regali.

Neville era stato uno dei primi ad arrivare, e stava osservando lo svolgersi degli eventi comodamente seduto su di uno dei tanti divanetti ai lati della stanza. Non aveva né appetito né voglia di bere, e quindi si limitava a giocherellare con il ciondolo del braccialetto che indossava; nulla di particolare, solo sottile cuoio intrecciato con una piccola runa d’argento – grande nemmeno mezzo pollice –che penzolava da un anello posto vicino alla chiusura.

“Paciock, tutto solo?”

Neville scattò sull’attenti in meno di un secondo, incontrando così lo sguardo divertito di Blaise. Sapeva che alla festa ci sarebbe stato anche lui – il moro si era offerto di andare a prendere Draco a casa, non appena questi sarebbe arrivato, e condurlo in tempo ai festeggiamenti. Se Blaise era lì…

“Meno male. Draco è arrivato.” Il sospiro di sollievo fece inarcare il sopracciglio del Serpeverde che, ovviamente, non si aspettava una reazione del genere. Neville aveva visto l’agitazione di Harry per la mancanza del suo ragazzo, anche se aveva tentato di mascherarla; in molti non se ne erano accorti ma Neville sì, perché sapeva dove e cosa cercare. Quando ritornò con il cervello al presente, il grifone perse un battito. “Aehmm.. Ch-che fai qua?”

“Lo hai appena detto, Paciock. Draco è qui. Ce l’ho portato io.” Senza badare all’agitazione palese di Neville, Blaise si tolse la giacca e la poggiò sul divanetto prima di sedersi di fianco al ragazzo. “Allora: ci siamo persi qualche stravagante invenzione Grifondoro, o per ora i doppioni non hanno ancora iniziato a creare scompiglio?”

Neville era sinceramente sconvolto: non riusciva a capire come mai Blaise Zabini avesse deciso di sedersi di fianco a lui e parlargli, dopo due anni che si erano rincontrati fuori da scuola. Stava davvero avendo una conversazione con il Serpeverde o era la sua mente che iniziava a dare di matto? Non lo credeva possibile e rimase imbambolato a fissarlo fino a quando il moro si mise a ridere davanti alla sua espressione.

“Non si dovrebbe salutare per primo il festeggiato? Ero sicuro che Draco mi avesse ripetuto all’infinito che avrei dovuto imparare le buone maniere da te ma, a quanto pare, si sbagliava…”

La voce di Harry interruppe la risata di Blaise e permise a Neville di respirare nuovamente. Il grifone aveva visto da lontano la scena e aveva deciso d’intervenire. Una decisione più che giusta giacché era palese che l’amico fosse in difficoltà, e Harry sapeva perfettamente quale fosse il motivo. Non era difficile per lui interpretare i pensieri di Neville, non dopo aver passato tutti quegli anni gomito a gomito, anche se quasi nessuno conosceva la loro storia. Il prescelto veniva collegato sempre a Hermione e Ron, ma lui aveva stretto un rapporto particolare con Neville, portato avanti negli anni e sempre più fortificato. Neville, dopotutto, era il ragazzo che poteva capirlo più di chiunque altro.

“Potter. Credevo che fossi impegnato in un appassionato check-up alle tonsille di Draco.” Harry lo fulminò con lo sguardo e Blaise si aprì in un ghigno da primato. “Oh, giusto. Il tuo piercing ancora non te lo permette.”

“Ma almeno il mio piercing mi permette di scopare quanto e come voglio.” Replicò immediatamente Harry, sicuro che sarebbe riuscito a zittirlo almeno per qualche secondo.

“Touché, Potter.” Blaise ridacchiò divertito, mentre la mano scivolava verso le sue anche. Neville, incapace di resistere, osservò quella mano fino a quando non avvertì una sensazione strana, simile ad un pizzico proprio sulla sua testa. Quando si decise ad alzarla, era sicuro di essere arrossito così violentemente da essersi rotto qualche capillare del viso. Blaise lo stava guardando. E ghignava in maniera indecente. “Paciock.”

“Sì?” Si accorse di essere scattato sull’attenti, irrigidendosi sulla sedia come se si trovasse sotto esame. Beh, il nervosismo che provava era proprio per tutto identico a quello che lo aveva accompagnato per anni durante le interrogazioni con Piton.

“Ho sentito che anche tu ti sei fatto un piercing quando Potter è andato a traforarsi la lingua… è vero?”

“Alleluja. Ecco dove ti eri nascosto.” Per la seconda volta, Neville ringraziò il cielo che qualcuno fosse arrivato ad interrompere quell’assurda e imbarazzante chiacchierata. Non era mai stato così felice di vedere Malfoy, e in quel momento l’amò quasi quanto Harry. “Ti pare il modo? Appartarti con due invitati e dimenticarti del tuo ragazzo che ha fatto il diavolo a quattro per te?”

“Scusa.” Draco riusciva a manipolare Harry quando e come voleva. Erano bastate quelle poche parole per far sì che il moro gli mettesse un braccio intorno alla vita e lo baciasse – anche se non poteva spingersi ancora oltre ad uno a stampo.

“Mh. Per stavolta ti perdono.” Il biondo si concesse un secondo ancora per dare un altro bacio al suo ragazzo, prima di rivolgersi al suo migliore amico. “Blaise, smettila d’importunare Paciock e vieni con me. Abbiamo del lavoro da fare, te ne sei per caso dimenticato? Eppure credevo di essere stato chiaro, prima.” Draco assottigliò gli occhi tanto che Blaise alzò le mani in segno di resa.

“Va bene, va bene! Oh sua maestà, mi faccia strada.”

“Dove andate?” Harry era riluttante a lasciare Draco, anche perché non aveva la più vaga idea di cosa avesse in mente. Non era mai tranquillo quando un Serpeverde tramava qualcosa, figuriamoci quando erano in due e della peggior specie.

“Non crederai mica che rovinerò il lavoro di una settimana solo per la tua curiosità.” Il biondo afferrò l’amico per il braccio ed iniziò ad allontanarsi. “Ahhh, Potter. Dopo oggi mi amerai così tanto che vorrai subito sposarmi.”

Quelle parole, dette con leggerezza, ebbero la capacità di mandare a mille il cuore di Harry. Non aveva mai pensato alla possibilità di un matrimonio, un giorno, con Draco. Però nulla aveva impedito alla sua mente d’immaginare lui con il suo ragazzo, intenti a scambiarsi le promesse e gli anelli.
Neville interpretò magistralmente l’espressione dell’amico e, senza dirgli nulla, si alzò e raggiunse il tavolino con gli alcolici. Ne versò una dose generosa e la portò a Harry, offrendogliela. Non si stupì quando il moro la bevve in sorso solo e strizzò gli occhi per qualche secondo, contrastando il bruciore che si stava propagando lungo tutta la gola ed il petto.

“Un altro? Credo che serva anche a te.” Non appena si riprese, Harry ricambiò il favore a Neville ed insieme andarono a prendersi un giro di bevute. I Serpeverde erano davvero nocivi per i Grifondoro: ne erano entrambi convinti fino al midollo.

Arrivati al momento della torta, Harry non sapeva più che cosa aspettarsi. I gemelli avevano portato dei fuochi d’artificio, ne era certo perché li aveva visti trafficare poco prima che lo trascinassero di peso al tavolo. Hermione non faceva altro che agitarsi da un lato all’altro della stanza, con Ron che tentava inutilmente di calmarla e tenerla ferma almeno per qualche minuto nello stesso posto. E Draco… Harry non riusciva a trovare le parole per descriverlo. Era bello, dannatamente bello, e sorrideva, ma sembrava anche impaziente.
Harry smise di esaminare il suo ragazzo solo quando Hermione spense tutte le luci della sala e fece levitare una torta millefoglie al cioccolato – con decorazioni di panna e fragole – fino al tavolino, proprio davanti a lui.

“Auguri Harry!”

“Auguri!”

“Forza, spegni le candele prima che diano fuoco alla sala!”

“No, prima deve esprimere un desiderio!”

“Giusto!”

Le grida dei suoi amici si facevano sentire sempre più, e Harry non poté far altro se non sorridere e cercare di calmarli. Chiuse gli occhi quando si zittirono e pensò con tutto se stesso ad un desiderio e soffiò forte sulle candeline, sperando di spegnerle tutte in una volta. Solo quando ebbe soffiato due o tre volte per sicurezza, aprì lentamente un occhio e controllò il suo operato: erano davvero tutte spente.

“Un urrà per Harry!!!”

“Urrà!” Risposero in coro gli invitati, esibendosi subito dopo in un caloroso applauso.

“Bene, ora andate tutti dietro Harry che facciamo un paio di foto ricordo.”

Hermione si era piazzata davanti al tavolino, a debita distanza, e stava sistemando la macchina fotografica magica che si era portata dietro. Una volta posta sul cavalletto, si girò per guardare il gruppo riunirsi tutti stretti intorno al festeggiato. Tra questi, ovviamente, si trovava Neville.
Il ragazzo aveva cercato di raggiungere Harry ma non aveva fatto nulla per superare o fermare tutte quelle persone che spingevano per avvicinarsi al festeggiato, così si era ritrovato ben presto con le spalle al muro, nella terza fila. Quando l’ennesima mano si poggiò sulla sua spalla e lo spinse, stava davvero per dare di matto.

“Più indietro di così non posso andare.”Aveva detto, sbuffando. Avrebbe voluto imparare a farsi rispettare ma davvero non ci riusciva, ed anche il suo tono non aveva quell’accusa ed esasperazione che realmente provava.

“Non importa. Mi sposto io allora.” Neville scoccò un’occhiataccia rapida alla persona che aveva parlato, e si ritrovò a specchiarsi in splendidi zaffiri. Blaise mise la mano sull’altra spalla e, facendo un po’ di pressione, s’intrufolò tra il corpo di Neville e del tizio davanti a lui. “Con calma, ci riuscirò.” Nel modo in cui lo disse, il ragazzo non era sicuro che stesse ancora parlando di raggiungere un altro posto.

“O-ok.” Riuscì a biascicare una misera risposta mentre cercava di appiattirsi sempre più contro alla parete alle sue spalle. Era maledettamente imbarazzante sentire Blaise strusciarsi così su di lui, e dovette pensare a tutto ciò che di orrido gli veniva in mente per non far precipitare la situazione. Sapeva quanto peggio sarebbe potuta diventare, e sperava con tutto il cuore che non accadesse. Quando la mano di Blaise scivolò sul suo petto – all’apparenza del tutto casuale – Neville ispirò violentemente e i muscoli s’irrigidirono: quelle dita si erano appena fermate sul piercing.

“Oh. Al capezzolo?” Il sorriso si fece sornione sul volto di Blaise non appena mosse lievemente le dita. Neville tremò, senza però riuscire a muoversi e reagire. “Paciock… da te non me lo sarei mai aspettato.” Il suo stupore era perfettamente finto, o perlomeno lo era in quel momento dato che sapeva benissimo dove Neville se l’era fatto; Harry lo aveva raccontato a Draco una volta tornati dal negozio e, di conseguenza, Draco lo aveva detto a Blaise.

In quel momento, Neville sentì la voce di Hermione che richiamava tutti perché stava per scattare. Ci mise qualche attimo di troppo per afferrare del tutto l’informazione ma, alla fine, il suo cervello riprese parzialmente a funzionare. “Dovremmo, sai, ti-ti dovresti girare, sennò non vieni. ” Al sopracciglio inarcato di Blaise, e all’occhiata che gli riservò – il grifone decise che quell’espressione sarebbe dovuta essere vietata ai minorenni e ai deboli di cuore – avvampò.

“Per venire… devo voltarmi?” Ok, era molto probabile che il suo corpo avesse colto il suo errore prima di lui e che il rossore, quindi, fosse per buona parte causato anche per il doppio senso involontario.

“I-io-“

“La foto, certo. Hai ragione Paciock.” Con pochi, eleganti movimenti, Blaise diede le spalle a Neville e protese il suo corpo all’indietro, così da poggiare interamente contro il ragazzo. Mentre sorrideva in maniera spontanea all’obbiettivo, aggiunse: “ma sai una cosa? Vengo meglio quando sono io a stare dietro.” Il quel momento Neville non fu in grado di sentire il conto alla rovescia di Hermione e avrebbe saputo solo qualche giorno dopo che, purtroppo, la sua espressione sconvolta e imbarazzata era stata immortalata nella foto.


* * *


Dopo aver finito la sua cena, Neville chiuse gli occhi e si rilassò contro i cuscini del suo letto d’ospedale. Era davvero stanco e le pozioni per contrastare i dolori – sia causati dall’incidente che da quelli provocati dalla ricrescita delle ossa – non facevano altro che mandarlo in uno stato di perenne sonnolenza. Era stufo di mangiare e dormire, bere e dormire, vedere medimaghi e dormire, vedere i suoi amici per pochi minuti e dormire; aveva già passato un giorno intero in questo modo e, per una volta, non si sentiva così paziente da riuscire ad aspettare che le cose si mettessero a posto da sole.

Sbuffò quando sentì il cigolio a malapena accennato della porta della sua camera, e i passi che ne seguirono. Erano passato molto tempo dal primo bicchiere di Ossofast che gli avevano dato e adesso gli toccava il secondo, lo sapeva benissimo, ma nulla gli impediva di essere nauseato alla sola idea di assaporare nuovamente quello schifo. Neville tenne gli occhi chiusi e fece finta di essere addormentato, nella speranza che l’infermiera provasse dispiacere nello svegliarlo e quindi decidesse di rinviare la tortura al mattino. Quando, dopo un minuto, sentì una mano poggiarsi all’altezza della clavicola, pensò che entro pochi attimi sarebbe stato scosso e svegliato. Stava decidendo che poteva evitare quel brutto compito alla donna quando si accorse che la mano continuava a restare ferma. Neville decise che era davvero calda, non come le sue che invece erano perennemente ghiacciate.

I muscoli s’irrigidirono spontaneamente nel momento in cui quelle dita si mossero verso il suo pigiama, slacciandone i primi due bottoni. Stava per essere violentato dall’infermiera? Neville decise che si trattava della situazione più assurda in cui si fosse mai trovato fino a quel momento, e non aveva la più pallida idea di come comportarsi. Va bene, lo sapeva anche lui che il suo era un pensiero inopportuno, ma aveva paura di ferire i sentimenti della donna se l’avesse scansata; ma era anche vero che non poteva lasciarla continuare.
Al suono della risata dell’altra persona, Neville – se possibile – s’irrigidì ulteriormente. La conosceva benissimo poiché al compleanno di Harry l’aveva sentita riverberare contro al suo corpo.

“Dovresti vedere la tua faccia adesso.” Neville era ancora più sconvolto di prima. Non era l’infermiera – oh no – ma Blaise quello che lo stava molestando. Stoicamente, tenne gli occhi chiusi e finse ancora di dormire nella speranza che l’altro si convincesse a lasciarlo in pace. Illuso. “Suvvia Paciock: non crederai mica d’ingannarmi con questa tua piccola farsa.” Mentre parlava, la mano era scivolata lenta sulla pelle del petto, raggiungendo il piccolo anellino di metallo che da settimane lo adornava. “Tra poco dovrebbero arrivare Draco e consorte con il tuo cambio. A me non dispiace certo accogliergli-“

Blaise non finì la frase poiché Neville aprì gli occhi e gli artigliò il braccio, nel tentativo – risultato poi vano – di scostargli la mano. Il moro ridacchiò e fece forza per contrastare l’allontanamento e si spinse fino a quando non poggiò il palmo caldo sopra al capezzolo.

“Mi piacciono quando si ribellano.”

Quelle parole ebbero la consistenza di uno schiaffo per Neville. Sapeva benissimo che Blaise aveva avuto una vagonata di avventure ma non era pronto alla sensazione che gli avrebbe suscitato sentirselo dire così direttamente e, soprattutto, essere messo alla pari con esse.

“Se vuoi divertirti e aggiungere una tacca alla cintura, vattela a cercare altrove.”

Neville a quel punto stava usando entrambe le mani per allontanare il ragazzo che – aimè – aveva capito da tempo di amare. Si dava del masochista e idiota perché se li trovava con il lanternino: i più impossibili e stronzi e, prontamente, quelli che lo avrebbero scaricato in un bidone dell’immondizia.
Blaise stava facendo di tutto per rendergli il compito d’allontanarlo difficile e Neville pensò che fosse così egoista da fargli anche un po’ schifo – purtroppo, talmente poco da non essere sufficiente da smettere di provare quella emozione verso di lui. Il moro aveva usato la mano libera per ricambiare il favore, ovvero prenderlo per un polso e staccarlo da dove si trovava, prima d’inchiodarlo sul cuscino, di fianco al viso.

“Al contrario di ciò che pensi, so benissimo cosa sono venuto a prendermi.” Neville deglutì rumorosamente e spalancò gli occhi. “Non ho nessuna intenzione di abbandonare questa stanza senza ciò che voglio.”

“Anche se io non voglio? Avresti il coraggio di…” Il ragazzo non riuscì a finire la frase: il fiato gli si era bloccato in gola e il cuore aveva smesso per qualche secondo di battere. L’idea che l’uomo che amava poteva arrivare fino a violentarlo solo per avere quello che voleva, lo lasciò decisamente sconcertato.

Blaise, d’altro canto, ci mise un po’ di tempo per interpretare il filo dei pensieri del ragazzo e, quando lo afferrò, si ritrovò incapace di crederci. Avvicinando il viso a quello di Neville, il moro si chinò sul letto e questo ebbe la conseguenza d’interrompere ogni tentativo di ribellione. “Avevo sentito da Draco quanto sono problematici e paranoici i Grifondoro, ma tu Paciock li superi tutti. Ascolta attentamente: ho detto prendermi, non cercare. Non cerco di scoparmi un ragazzo spaventato che, molto probabilmente, trasformerebbe il divertimento in una violenza. E, per inciso, non cerco nemmeno del divertimento.”

“Si può sapere co-cosa… che vuoi?” Neville era stordito dalla sempre più misera distanza che lo separava da Blaise, ma anche spaventato. Non capiva cosa gli stava dicendo, né perché si trovasse a quell’ora nella sua camera d’ospedale né perché la sua mano era dannatamente rovente ed il calore che emanava sembrava estendersi sul suo petto come una colata di lava incandescente.

“Hai qualcosa di mio. So che è così.”

“No.” Pigolò, insicuro. Aveva qualcosa di suo? Blaise ne era così certo che Neville si ritrovò a chiederselo. Se era vero, di cosa , si trattava per Merlino? Se lo aveva costretto a presentarsi da lui a quell’ora doveva trattarsi di qualcosa di estremamente importante e prezioso per il moro.

“E invece sì. È meglio che tu lo sappia: sono possessivo, molto, troppo, fino alla follia. Ciò che è mio… è mio.” Neville tremò e sentì un brivido d’eccitazione scorrergli lungo tutto il corpo. Il tono usato da Blaise gli aveva seccato la gola e ci aveva spedito il cuore. “E tu, hai qualcosa che è sicuramente mio. Non è così?”

“N-no.” Steso sul letto d’ospedale, Neville pregò che Draco e Harry arrivassero il più in fretta possibile. Si chiese anche perché l’infermiera non si fosse fatta ancora viva, ma presto dovette riconcentrarsi su Blaise che, approfittando del suo momento di distrazione, aveva strusciato il palmo sul capezzolo che – traditore – aveva reagito. Il suo corpo, invece, non rispondeva ai suoi di comandi, quelli che il cervello continuava a mandargli senza sosta e che gli ordinavano di muoversi. Anche lui era un traditore.

“Ammettilo. Il tuo cuore è mio.” E, stavolta, Blaise eliminò l’ultimo briciolo di distanza che lo separava dalle labbra del ragazzo sotto di lui.

Neville non si mosse di un millimetro. Come poteva? Aveva appena scoperto che Blaise sapeva, sapeva dei suoi sentimenti e li stava reclamando. Non riusciva nemmeno a provare felicità per la morbidezza delle labbra sulle sue, poiché la sua mente era altrove. Come lo aveva scoperto? Era stato Harry? E cosa voleva da lui? Neville si riscosse e cercò nuovamente di spingerlo via.

“Non voglio la tua pietà!” Il respiro era affannato e non solo per la fatica fatta per allontanarlo, anche perché non era riuscito a guadagnare che una misera distanza.

“Pietà?” Blaise lo fissò sconvolto, prima di lasciargli i polsi. Neville scattò in meno di un secondo ritirandosi contro la testata del letto, schiacciando il cuscino dietro di sé e raccogliendo le gambe al petto. Lo stava fissando in cagnesco mentre il moro si sedeva sulle coperte sfatte. “Paciock…” Sbuffando, decise che con questo tipo di soggetto, doveva cambiare totalmente approccio. “Neville. Potrei fare qualcosa del genere per pietà? Seriamente… ho una dignità io, e una reputazione.”

“Appunto. Cosa ci ricavi? Non potresti mai fare una cosa del genere per pietà. La tua reputazione andrebbe nella spazzatura se tu facessi… con me.” Il ragazzo gesticolò scoordinatamente, ma non abbandonò con lo sguardo il moro. Aveva paura che si potesse riavvicinare. E non aveva nemmeno sentito che l’altro lo aveva chiamato per nome.

“Appunto.” Replicò Blaise che, erroneamente, credeva che Neville avesse capito.

“Non c’è bisogno d’insultarmi sai? Lo so che non ho un bel corpo, che non sono bello. Grazie tante eh.”

Neville fece per riprendersi il lenzuolo e coprirsi – si sentiva nudo ora che Blaise lo aveva criticato e, beh, il suo giudizio non gli aveva fatto molto piacere. Il moro, però, lo imitò e tirò così forte che Neville si sbilanciò e cadde in avanti carponi, rischiando quasi di cadere dal letto. Blaise, agendo di scatto, aveva subito portato le braccia a cingere il corpo dell’altro ma questi lo scacciò come scottato, gli scoccò un’occhiata piena di risentimento prima di riguadagnare il suo posto in trincea, sul cuscino.

“Potter aveva detto che sarebbe stato difficile.” A quel sussurro, Neville raggelò.

“Allora è stato Harry.” Lo disse con la voce piena di sgomento. Non poteva crederci: era stato Harry ad aver fatto la spia. Blaise capì dal tono di voce che il ragazzo c’era rimasto male dalla scoperta, e tutto per un assurdo equivoco.

“Siete complicati, voi Grifondoro, o semplicemente degli stupidi cronici. Deve essere una malattia.” Alzandosi in piedi, Blaise si avvicinò alla testata del letto. Neville ci mise troppo a decidere se scendere o no e, quando il ragazzo fu di fianco a lui, ormai il suo corpo non rispondeva nuovamente ai comandi. “Potter ha solo confermato. O meglio, ha blaterato qualche scusa tentando di mantenere il segreto, ma quel ragazzo è un pessimo bugiardo. E comunque lo avevo già capito da solo; tu stesso me l’hai confermato al compleanno del tuo amichetto. Non sei stato così indiscreto negli ultimi anni come credevi: ho avuto il tuo sguardo incollato addosso così spesso che talvolta potevo chiaramente stabilire quando arrivavi alle feste anche senza la necessità voltarmi. D’altronde, la prima persona su cui poggi gli occhi non appena entri in una stanza, sono io.” Neville era senza parole. “Ora, se vuoi smetterla di cercare scuse per ripararti nel tuo piccolo mondo e smetterla anche di restare a guardare mentre l’ennesima possibilità ti scivola via senza che tu provi ad allungare la mano ed afferrarla, annuisci.” Quasi in automatico, Neville lo fece. Ed era anche vero: spesso, per la troppa paura e insicurezza, aveva lasciato passare ogni evento che avrebbe potuto cambiare la sua vita – nel bene o nel male non lo sapeva, poiché senza afferrarle non si può avere la certezza di cosa esse comportano. “Perfetto. Anche perché non avrei accettato un no. Non appena uscirai con le tue gambe da questa stanza, io e te abbiamo un appuntamento.”

Blaise si rialzò e sistemò i vestiti mentre Neville lo guardava sconvolto. Il ragazzo che amava lo aveva baciato, reclamato e gli aveva dato un appuntamento: tutto nella stessa sera. Era davvero troppo.
Con un ghigno, Blaise allungò la mano e la portò sotto al mento del ragazzo mentre il pollice si posò lievemente sul suo labbro, carezzandolo.

“Chiudi la bocca, Neville. Non è certo questo il momento in cui voglio che tu la tenga aperta per me."

“Pervertito!” Il ragazzo avvampò e gli diede uno schiaffo sulla mano, scacciandola il più lontano possibile dal suo volto.

Blaise, di tutta risposta, rise. Decidendo che sarebbe stato più opportuno lasciarlo riposare, si avvicinò alla porta della camera. Fermo sulla soglia, per metà già fuori, si voltò a guardare la faccia sconvolta di Neville. “Oh, imparerai presto quanto posso esserlo.” Non riuscì ad impedirsi di dirlo, scatenando un nuovo eccesso di rossore sulle guance del ragazzo. Era una sensazione incredibile ed una visione che lo mandava su di giri. Gli fece un occhiolino prima di uscire, anche perché aveva visto il ragazzo agguantare il cuscino, pronto a lanciarglielo.

Fuori dalla camera, Blaise si concesse nuovamente di ridere, attirando l’attenzione di un’infermiera che passava di lì. In quel momento, Draco e Harry svoltarono l’angolo che li immetteva nel corridoio dove si trovava la camera di Neville. Blaise non si fermò a salutarli, ma i due capirono immediatamente cosa fosse successo nell’attimo in cui, appena Harry aprì la porta, fu colpito da un cuscino mentre Neville urlava un: “Ti ho detto di andartene, maniaco di un Serpeverde!”

   
 
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