Morire soffocato grazie al caffè che va di traverso non era esattamente il modo di morire che si sarebbe aspettato; ne immaginava uno più dignitoso, o almeno più elegante. Si salvò per miracolo, ringhiò e si diresse in cucina.
“Al, porca miseria, cosa diavolo urli?!”
Il grido di disperazione di suo fratello riecheggiava ancora per la casa e gli vibrava nei timpani, fastidiosissima. Ebbe la tentazione di buttargli nell’occhio il libro che aveva in mano.
“Al, cos’è quest’odore di bruciato? Che schifo, stai appestando casa!”
“Eh, appunto per questo ho urlato!”
Alphonse si infilò i guanti da cucina e aprì il forno, da cui uscì una nube nera di disperazione e orrore.
“Ti si è infilato un gatto nel forno e non te ne sei accorto?”
“… sei disgustoso sopra ogni limite umano immaginabile.”
“Modestamente.”
“Modestamente una sega. Mi si è bruciata la torta!”
“… la torta? Che torta?”
“La torta di mele che stavo facendo.”, sospirò, “Che ti stavo facendo.”
“… mi stavi facendo una torta? Perché? Quella delle torte è Winry.”
“Eh, appunto.”
Al sospirò di nuovo; col piede sulla leva, aprì il coperchio dell’immondizia e buttò il suo fallimento, borbottando per la propria distrazione – maledetti stupidi gatti troppo carini che miagolavano disperati in giardino in cerca di cibo e maledetto stupido debole per delle palle di pelo con gli occhioni.
Ed lo guardava con espressione incuriosita, senza capire. “Eh, appunto, allora cosa ti sei messo a fare? Perché dovresti imparare a fare le torte come una donna?”
“Innanzitutto non è solo da donna, sottospecie di animale idiota. Secondo…”
Secondo, sono un animale altrettanto idiota che va a mettersi in competizione con la sua migliore amica e la moglie di suo fratello perché continua a sperare di valere di più imparando a fare meglio una stupida torta del cazzo.
“Secondo? Ti si è incantato il disco, Al?”
“Secondo, fottiti.”
Chiuse il sacchetto dell’immondizia e andò a buttarlo fuori casa; sussultò quando Ed gli circondò la vita con le braccia, rifilandogli il morso sul collo.
“Ahia, cazzo!”
“Sei talmente cretino, Al.”
Alphonse voltò la testa, incontrando lo stupido sorriso enorme di suo fratello, al quale rispose con un broncio arrabbiato. “Sarai intelligente tu.”
Ed gli baciò la guancia. “Certo più di te. Io non mi metto a fare stupide gare inutili.”
Alphonse sospirò, sentendosi ancora più scemo. “Sì, sì, d’accordo ora posso tornare in casa?”
“Sì, vai pure a farti intossicare dall’odore di bruciato, così ti va nel cervello e andrai in giro urlando il Messia, il Messia è arrivato!”
“Certo, di sicuro, niisan. Cosa dovrei fare allora? Rimanere qui fuori a caso?”
“Prima di venire a casa tua Winry mi ha incaricato di andare in città a comprare un paio di cose. Vieni con me?”
“Mi compri il cibo per i gatti?”
“Perché dovrei comprartelo io, Al?”
“Perché non hai fatto altro che offendermi, devi farti perdonare.”
Edward rise, appoggiando la fronte contro la sua. “Tu le attiri, le offese, con la tua faccia scema.”
“D’accordo, smettiamola e andiamo.”
Il braccio ora sano di Edward circondò le spalle del suo fratello carinissimo e stupido, gli baciò di nuovo la guancia. Soffocò ogni risata sul nascere, perché in fondo gli faceva tremendamente piacere.