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Autore: allanon9    16/10/2010    3 recensioni
Traduzione di una Oneshot tovata su fanfiction.net dell'autrice americana Alydia Rackham.
E' un post 2x23 e giù di lì, l'ho trovata davvero bella e, dopo aver chiesto ad Alydia, l'ho tradotta.
Buona lettura.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Autore : Alydia Rackham

Tradotto da : Allanon9

Spoilers : Da 2x23 in poi.

Pairing : Jisbon

Rating : Romance/Hurt/Comfort

Disclaimer : I personaggi citati in questa fanfiction non appartengono né alla scrittrice né a me, abbiamo solo preso liberamente spunto dalla serie "The Mentalist" di proprietà della CBS.

Nightmare.

Lisbon si morse le labbra mentre fissava il foglio di carta. Aveva letto la stessa riga per gli ultimi cinque minuti, ma alla fine dovette ammettere che non ci aveva capito niente. Gettò il foglio sulla scrivania, appoggiandovi i gomiti e si strofinò gli occhi. Erano quasi le sette di sera e lei non aveva fatto alcun lavoro nelle ultime due ore.

Dapprima il sosia Red John e i cattivi ragazzi del college, poi l'omicidio dell’intervistatrice TV, quindi la scomparsa di Kristina Frye. C’era stata un sacco di roba da inghiottire recentemente. Tuttavia era stato solo di poco più complesso del solito, niente che non potessero gestire, fino a quando Jane non era stato rapito almeno.

Lisbon cercò di non pensare a come il suo cuore aveva smesso di batterle in petto quando aveva fatto irruzione nel vecchio albergo, che Jane le aveva indicato, e lui non c'era. E poi un’orribile sensazione aveva afferrato il suo stomaco quando lei e il suo team avevano trovato le prove che c’era stata una lotta.

Più tardi, quando l’avevano trovato, lei avrebbe voluto correre da lui, assicurarsi che stesse bene, magari buttare fuori dalla finestra le convenzioni solo per questa volta e dargli un abbraccio veloce. Ma un solo sguardo al suo viso l’aveva fatta desistere.

Era pallido, la sua espressione desolata e assente.

Sapeva che se gli avesse chiesto se stava bene lui le avrebbe mentito, ma glielo chiese comunque. E lui le aveva mentito. Lei lo avrebbe stuzzicato se fosse stato un qualsiasi altro caso, ma lui era stato quasi accoltellato.

E poi aveva guardato Red John negli occhi.

Da allora la squadra era scivolata di nuovo nella routine, fingendo che nulla fosse accaduto. Dovevano farlo.

Jane non aveva voluto dire una parola su quello che era successo con Red John e non erano quindi emersi nuovi indizi. Ma era inutile fingere, la realtà era che Jane non era più lo stesso.

Certo occupava ancora il suo divano nel bullpen e passava il tempo ad intromettersi, con commenti spiritosi e fastidiosi, nelle conversazioni degli altri e andava con Lisbon ad ogni chiamata. Ma non sorrideva, non veramente. A volte ne offriva pochi, rapidi flash ma era come una candela in una grotta buia quando fuori il prato è illuminato dal sole.

Prima era irritata dal suo ghigno ‘so tutto io’, ora ne sentiva la mancanza.

Ma lei non aveva intenzione di dire nulla.

Lei aveva la sensazione che Jane stesse reggendo la sua compostezza con un filo, ma quello era stato più facile da ottenere. Lei non voleva disturbarlo o fare qualcosa che lo spingesse indietro verso il vecchio, pericoloso bordo.

E poi aveva iniziato a scivolare. Aveva fatto un errore sul campo, poi un altro. Una volta era successo mentre era nel bel mezzo di un interrogatorio e Lisbon aveva dovuto farlo uscire. In seguito lei gli aveva chiesto cosa fosse successo e lui aveva semplicemente detto che non aveva dormito bene. Da quella confessione Lisbona si rese conto che probabilmente non aveva dormito affatto. Ma ancora, lei era disposta a dargli qualche margine di manovra .

Ma Hightower no.

"Se non torna quello di prima, lo butterò fuori a calci nel sedere. "

"Starà bene. Ha solo bisogno di un po’ di tempo.” Lisbon aveva insistito.

Hightower l’aveva fissata e aveva incrociato le braccia.

“Posso capirlo Lisbon, ma sta diventando una responsabilità piuttosto che una risorsa e se continuerà su questa strada lui diventerà un pericolo per l'unità. Non voglio che questo succeda!"

“Glielo farò capire." Lisbon aveva promesso.

E questa era la ragione per cui non aveva avuto un caso da seguire dopo la conversazione con Hightower. Sapeva quello che doveva fare, ma sarebbe stato davvero difficile. Lei non era mai stata molto brava coi sotterfugi, per non parlare di ingannare Jane. Era troppo trasparente.

Ma forse la stanchezza e la preoccupazione del consulente avrebbero lavorato a suo vantaggio. Prendendo un respiro profondo lei si alzò e andò alla porta.

Aveva appena aperto ed era uscita nel corridoio quando Hightower passando lì davanti, per recarsi all’ascensore, le diede uno sguardo appuntito.

"Fallo!" Le ordinò.

"Sono pronta!" Lisbon la rassicurò, poi strinse i denti si diresse verso il cucinino.

"Ehi ".

Jane alzò la testa quando sentì la voce di Lisbon. Era seduto sul suo divano, con i gomiti sulle ginocchia e la testa bassa. Lei gli sorrise, tenendo il piattino con la tazza di the caldo con entrambe le mani. Lui provò a darle uno dei suoi sguardi amichevoli ma sembrò solo triste rispetto al suo antico splendore ( l’autrice credo che voglia dire che il sorriso di Jane ormai è solo l’ombra di quello di prima).

"Ciao." La salutò. "Vai a casa?"

Lei si strinse nelle spalle e gli si avvicinò .

"Ho un sacco di lavoro da fare ma ho pensato di fare una pausa." Gli porse il the come se l'avesse chiesto. Lui lo prese distrattamente tornando a guardare il pavimento.

Deglutì, brevemente sollevata, poi si sedette accanto a lui. Egli fissò il the nella tazza.

"Sai, questo the ... " mormorò. Lisbon si tese.

"Che ne dici?"

Lui la guardò .

"E ' esattamente come piace a me." Disse. "Come lo sapevi?"

Lei gli rivolse un sorriso storto.

"Nonostante quello che tu puoi pensare, presto attenzione a volte."

"Oh, lo so che presti attenzione a tutto.” Rispose lui, alzando la tazza e ha bevendo un lungo, lento sorso.

Lisbon rilasciò il respiro e si appoggiò sul divano più comodamente.

Jane allontanò la tazza dalle sue labbra.

"Mi dispiace." Disse.

Lisbona sbatté le palpebre e incrociò le braccia .

"A proposito di cosa? "

Si schiarì la gola .

"Circa il casino che ho fatto pochi giorni fa. So che tu e Hightower e il resto della squadra avete dovuto districarvi da allora."

Lisbona si strinse nelle spalle.

"Nessun problema. In realtà ci ha fatto capire quanto viziati siamo diventati."

Lui le lanciò un'occhiata.

"In che senso?"

"Beh, non abbiamo avuto a che fare con gran parte di quel tipo di cose da quando hai cominciato a lavorare con noi. Ci hai reso le cose un po' troppo facili in qualche modo."

Un sorriso guizzò sul suo viso.

"Mi dispiace di essere così eccessivamente indulgente."

Lisbon quasi sorrise, in cambio, ma poi vide la fronte di Jane che si corrugava e i suoi occhi chiudersi. Jane si passò una mano sulla fronte.

"Io, ehm ... " Iniziò, posando il suo the giù sul pavimento e appoggiandosi alla spalliera del divano. "Volevo dirti una cosa...prima...ma non né ho mai veramente avuto la possibilità."

Aprì gli occhi e cercò di concentrarsi, ma questo sembrò richiedergli troppo sforzo.

Lisbon chiuse le mani a pugno ma le nascose mantenendo le braccia incrociate.

"Che c'è?" Chiese.

"Beh, io... Mi hai chiesto un paio di volte se Red John... se avesse detto niente." Jane inghiottì e guardò avanti.

Ma quando parlò la sua voce era ruvida, tremolante. "E…uhm...l’ha fatto.”

"Jane non devi dirmelo in questo momento," gli disse Lisbon in fretta "davvero, non devi. No se ti dà fastidio."

"Quello che mi infastidisce è che ti ho mentito specialmente perchè non era necessario.” Rispose lui aggrottando la fronte come se la sua visione si stesse sfocando .

"Non ha detto molto, ma quello che ha detto ... " Si schiarì la voce ancora una volta, chiuse gli occhi e si alzò. Poi si mise a sedere, trattenne il respiro e aprì gli occhi grandi.

"Lisbon?"

"Cosa?"

Appoggiò la spalla contro quella di lei, concentrandosi su uno spazio proprio di fronte a lui.

"Mi sento drogato."

Lisbona sospirò e roteò gli occhi, guardando oltre lui.

"E 'un intruglio che ti aiuterà a dormire, dormirai per una volta.”

"Chi mi ha drogato?" Le chiese con le palpebre che si chiudevano, alla deriva appoggiandosi ancora più pesantemente contro di lei. Lei si spostò.

"Sono stata io.”

"Oh," disse con leggerezza, annuendo. "Va bene. Volevo esserne sicuro."

E la sua testa si chinò e si posò sulla sua spalla.

Lui era fuori.

Per un momento lei premette la guancia contro i suoi riccioli d'oro. Poi sgusciò da sotto di lui, lo girò con attenzione sul divano e gli appoggiò la testa sul bracciolo. Gli sollevò i piedi in modo che fosse perfettamente orizzontale, quindi si mise in piedi accanto a lui.

Studiò il suo volto meravigliandosi di come il dolore, che disegnava linee sul suo viso quando era sveglio, non avesse nessun potere nel sonno. Resistette alla tentazione di spostargli una ciocca di capelli ribelli dalla fronte, si girò e tornò al suo ufficio.

Portò le sue scartoffie alla scrivania di Van Pelt per rimanere un po’ con lui, almeno fino a quando non avesse completato il lavoro.

Ok, il lavoro per essere finito le avrebbe preso molto più tempo di quello che aveva pensato. In un primo momento si disse che era solo stanca e non riusciva a mettere a fuoco le idee. Poi si disse che quella roba era noiosa. Ma, sinceramente, la causa della sua distrazione era Jane.

Proprio quando stava cominciando a concludere qualcosa, fu distolta duramente da quello che stava facendo da una specie di grido e rimase senza fiato.

La prima volta che successe, Lisbona quasi colpì il soffitto. Le venne in mente che Jane stava sognando. Ma questo non la fece preoccupare di meno per lui.

Verso le dieci però, divenne irrequieto, avvolse le braccia intorno a sé stesso. Lisbona si accigliò e si alzò.

"Deve avere freddo.” Mormorò.

Andò all’appendiabiti e, tolta la sua lunga giacca blu dal gancio, gli si avvicinò e gliela mise sopra ripiegandogliela sulle spalle. Un cipiglio attraversò il suo volto.

"Kristina?”

Lisbon allontanò le mani da lui e si raddrizzò. Incrociò le braccia e lo fissò.

Stava sognando lei?

La donna che aveva sputato praticamente in faccia a Red John causando la morte di una donna e che poi era scomparsa nel nulla costringendo tutti quanti, soprattutto Jane a barcollare sull'orlo del panico e dell’incertezza?

Lei era l' invasore del sonno di Jane e che non lo faceva riposare?

Lui sussultò di nuovo, poi si voltò bruscamente. Lisbon rimase immobile a guardarlo.

Trattenne il respiro, poi un altro.

“Annie?" mormorò, gli occhi che si muovono rapidamente sotto le palpebre. "Tesoro?"

Lisbona ebbe freddo. Si premette una mano alla gola, fissandolo. Non avrebbe dovuto essere lì adesso. Avrebbe dovuto andare in un'altra stanza e lasciarlo in questa lotta. Egli non avrebbe voluto che lei lo vedesse in questo modo ...

Egli trasalì di nuovo col volto contorto, deglutì.

"Dolcezza?" ansimò. Lisbona si coprì la bocca. Immaginò che avrebbe dovuto svegliarlo. Lei dovrebbe dovuto…

Jane si rilassò. Emise un lungo respiro tremante e il suo volto assunse un aspetto pietroso. E una singola lacrima scivolò dall’angolo dell'occhio verso la sua tempia.

"Oh Jane!" mormorò inginocchiandosi accanto a lui senza pensarci. Indifeso, addolorato, Lisbon allungò la mano e gli asciugò la lacrima con la punta delle dita.

"Lisbon?"

Con uno strattone lei quasi balzò in piedi. La sua voce era così diverso, così chiara. Avrebbe potuto essere sveglio.

Ma lui non lo era. I suoi occhi erano chiusi. Ma la sua mano sinistra cercava, frugava contro il divano di pelle.

Chiedendosi cosa lui cercasse gli toccò il braccio. Egli le afferrò la mano.

Lisbona saltò leggermente, ma lasciò che lui chiudesse la sua mano sinistra tra le sue, se la portò in alto e la premette contro il suo cuore. Allora lui sospirò. Il pollice di Jane accarezzava avanti e indietro il dorso della sua mano.

Lisbona lo fissò verificando se stesse o no per contrarsi di nuovo o forse stava per svegliarsi.

Respirava lentamente, in modo uniforme.

Le sue dita tenevano quelle di lei in una dolce stretta, ma lei ebbe la sensazione che se avesse cercato di allontanarle, si sarebbero strette ancora di più.

Lisbona aggiustò le gambe sotto di sé in modo da stare più comoda e si appoggiò al lato del divano. Ok, bene. Questo era imbarazzante, ma se questo era quello che ci voleva per "risolvere" il problema di Jane e tenerlo nella sua squadra, così sia.

Lei avrebbe fatto questo e altro se avesse avuto bisogno di lei.

Sospirando, lei appoggiò la testa sul suo braccio e si appisolò, memorizzando la sensazione del battito del cuore di Jane sotto la sua mano .

Lisbona si svegliò. Il panico e la confusione la colsero quando si chiese dove fosse e poi sentì Jane. Forte.

Lei liberò la sua mano da quella di lui. Jane gettò la giacca a terra. Il suo respiro divenne corto ed affrettato.

"No!” disse tra i denti. "No, no".

"Jane!" Provò spaventata a toccarlo nel caso in cui avesse deciso di agitarsi troppo.

"No, non lo fare. Te l'ho detto, lei..." soffocò.

Fece un respiro profondo e disse, in modo così chiaro come se fosse cosciente: "Lei non ha nulla a che fare con questo. Lasciala andare. "

"Jane, svegliati!" Decise di rischiare.

Lo scosse per la spalla.

La sua testa si voltò da un lato, poi dall'altro. Gemette, poi alzò la mano destra e prese a pugni il cuscino del divano.

"No..." Ansimò. "No, non farlo!"

"Jane!" Gridò Lisbon.

"Lisbon!" Gridò lui.

Si mise a sedere così velocemente che Lisbona cadde all'indietro.

Ansimava e aveva gli occhi spalancati. Si premette le dita ai lati della testa.

Lisbon si arrampicò da terra e si sedette sul bordo del divano. Gli afferrò entrambe le spalle e inclinò la testa in basso, cercando di vedere il suo volto.

"Jane, sei sveglio?"

I suoi occhi volarono ai suoi. Si accigliò. Non sembrava normale, come se non fosse ancora in sè ma ancora...

"Lisbon?" ripetè.

"Sì, sono io.”

Catturò il suo viso tra le mani. Lei si mise a sedere dritta, i suoi pensieri deboli. Gli occhi di lui cercavano freneticamente ogni tratto del suo viso.

"Stai bene?" Le chiese.

"Sto bene." Rispose lei senza fiato. "Io…"

"Giura!"

"Sì, lo giuro.”

Si chinò e posò le labbra sulle sue.

Il respiro di Lisbon rimase catturato nella sua gola e il suo cuore diede un forte tonfo al suo petto. Non si mosse, lui appena le trattenne lì morbide, proprio come se avesse aspettato troppo a lungo. Come se fosse stato quasi troppo tardi. La sua bocca indugiò sulla sua per un altro istante, poi lentamente si ritirarono.

Lisbona sbatté le palpebre quando le loro labbra si divisero, il suo viso era caldo e non ebbe il coraggio di incontrare i suoi occhi.

Ma le palpebre di Jane erano chiuse e riposò la fronte contro la sua. Le sue mani caddero dalle sue spalle e sospirò profondamente di nuovo. Dormiva.

Lisbona deglutì a fatica, lo raggiunse con mani tremanti e prendendolo per le spalle lo mise giù sul divano. Prese la giacca da terra e lo coprì, lui voltò le spalle e giacque su un fianco, di fronte al divano.

Lisbona cedette al suo impulso adesso. Non poteva farne a meno, si sentiva sull'orlo del pianto inspiegabilmente, comunque. Gli sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e gli appoggiò la mano sulla testa per appena un secondo. Poi si sedette di nuovo e si appoggiò contro il lato del divano, sapendo che non l’avrebbe abbandonato neanche volendolo.

Verso le cinque e mezzo del mattino, quando il sole si stava alzando, Lisbon lasciò Jane che non si era mosso dopo l' ultima volta e se ne andò a casa. Fece una doccia per rinfrescarsi e indossò abiti freschi, per poi tornare al lavoro.

Quando arrivò Jane era ancora addormentato ma Van Pelt e Rigsby era già arrivati, così lei andò nel suo ufficio.

Erano le dieci del mattino e lei era sprofondata nel lavoro di ufficio fino ai gomiti prima che Jane facesse la sua comparsa.

Si sforzò di rimanere composta e tenne lo sguardo fisso sullo schermo del computer mentre lui vagava dentro l’ufficio, strofinandosi la parte posteriore del collo.

"Mi sono addormentato sul divano.” Disse, come sorpreso.

Lisbon sollevò le sopracciglia.

"Sì, l’ho visto."

Sospirò e si strofinò la faccia. Lei lo guardò .

"Ti sei riposato? "

Si strinse nelle spalle.

"Meh, più del solito credo." Fece una pausa.

"Ho fatto alcuni sogni strani."

"Oh, davvero?" Lisbon disse, facendo finta di lavorare ma in realtà digitando "Come; lfkja ; slkdjfasl ; kasjfsl…" ancora e ancora.

"Sì, i miei sogni diventano piuttosto strani a volte." Ammise.

"Cose di clown e Luna Park, davvero inquietanti."

"Posso immaginare." Disse Lisbon.

Lui rimase dov’era.

Finalmente lo guardò. Se ne stava lì, come in bilico, esitando a metà del pensiero.

"Cosa?" Lisbon gli chiese.

"Oh, niente." Disse dolcemente mettendosi le mani in tasca.

"È solo che è come se mi fossi addormentato camminando...non lo so, ho bevuto qualcosa dal rubinetto o ho insultato dei parenti o..." I suoi occhi azzurri incontrarono quelli di lei e le diede un prosaico sguardo.

"Ho sogni molto vividi e a volte non riesco a capire se ho sognato qualcosa...o ho fatto qualcosa."

Così se lo ricordava. Ma lui pensava che fosse un sogno. Oppure sperava che fosse stato un sogno? Oppure sperare che non lo fosse?

Lisbona cercò di evitare che il suo viso avvampasse ed incontrò il suo sguardo direttamente.

"Guarda, non ti preoccupare,” lo rassicurò "non hai fatto niente di inaspettato."

"Ah." Alzò la testa e sorrise. "Buono a sapersi." Ma poi il suo sorriso vacillò e lei vide una traccia di disagio o di delusione.

Lisbona si alzò e girò intorno alla scrivania, dirigendosi verso la porta.

"Ehi, dato che hai dormito tutta la notte sul divano, sentiti libero di tornare a casa a rinfrescarti." Gli disse sulla sua spalla, mentre afferrava la maniglia della porta.

Jane alzò le spalle.

"Sto bene."

Lei alzò le sopracciglia.

" Ti sei guardato allo specchio?"

Jane si accigliò.

"No, perché?"

"Perché hai un po' di rossetto proprio lì." Gli indicò il suo labbro.

Jane portò la mano a metà strada dalla propria bocca. Si fermò. La guardò. E arrossì.

Lisbon gli sorrise e trattenne il suo sguardo per un attimo.

Poi si voltò e, lasciato l'ufficio, si diresse verso il cucinino per farsi un caffè.

FINE

Annie.

Note della traduttrice: come tutte le traduzioni, la storia perde un po’ della sua poesia, ma mi è piaciuta troppo e volevo condividerla con voi.

Ringrazio l’autrice Alydia che mi ha concesso di tradurla.

Gracia.

P.S.: Non so chi sia la Annie del dopo FINE, ma l’ho riportato così come nell’originale.

  
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