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Autore: Scarcy90    16/10/2010    23 recensioni
Da "Il Figlio Della Prof" la storia raccontata dal POV di Massi
Un leggero colpo di tosse attirò la mia attenzione per un istante ma decisi di non dare peso a quel rumore. Riprovai a rispondere alla domanda di quella ragazza ma qualcos’altro mi costrinse ad alzare lo sguardo.
-Scusate-, disse una voce piuttosto scocciata.
Era una ragazza. Di certo anche lei doveva essere all’ultimo anno come noi ma aveva un viso serio e deciso che la faceva apparire addirittura più matura della sua età. I capelli castani le ricadevano sulle spalle in fluidi boccoli appena accentuati e il suo viso non troppo piccolo era di una forma un po’ paffuta ma molto attraente. Sarebbe potuta essere una ragazza bellissima se solo i suoi profondi occhi castani non continuassero a scrutarmi in modo così severo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Ragazza Delle Macchinette- Capitolo 1 (new)

La Ragazza Delle Macchinette
 
Prologo
 Una sconosciuta, ecco cos’era. Davvero avevamo frequentato per quasi cinque anni la stessa scuola? Non avevo mai notato quella ragazza, eppure sin dal nostro primo incontro capii che doveva essere speciale. C’era qualcosa nel suo sguardo che mi attraeva e m’incuriosiva.
 Per la mia mente lei era sempre stata una perfetta estranea ma il mio cuore aveva riconosciuto il suo e sentivo che niente mi avrebbe più separato da lei.
 La odiavo, perché mi rendeva troppo fragile. La ammiravo per la sua grinta. La detestavo perché durante i nostri litigi riusciva ad avere sempre la meglio. E l’amavo… Dio, se l’amavo…









Massimiliano, o “Massi” come amava farsi chiamare,
era l’unico e viziatissimo figlio di Lucifero
Il Figlio Della Prof- Capitolo 1
 
 Capitolo 1: Mi Piacerebbe Capire Che Vuole Sta Sciroccata
 
 -Perfetto come al solito, Draco. Ora puoi anche tornare a posto.-
 Sarebbe stato impossibile che un professore pronunciasse parole diverse da quelle dopo una delle mie interrogazioni.
 Il figlio di una professoressa non si può permettere di prendere una sola insufficienza, soprattutto se la propria madre insegna nella sua stessa scuola. Conoscevo mia madre. Lei mi diceva sempre che dovevo far finta che non fosse nel mio stesso edificio, dovevo vivere il mio percorso scolastico senza sentirmi condizionato dalla sua presenza, ma non era una cosa semplice da fare. Sapevo che lei chiedeva in continuazione ai miei professori quale fosse la mia media e conoscevo molto bene la sua espressione quando non era soddisfatta di me.
 Lei non parlava ma io capivo lo stesso.
 Perciò fin da bambino avevo imparato a non presentarmi mai impreparato ad un’interrogazione, anche se non ottenevo un otto o un nove cercavo di non scendere mai sotto la sufficienza.
 Negli ultimi anni i professori erano sempre soddisfatti di me e mia madre fingeva di non intromettersi nella mia vita, anche se io sapevo perfettamente che mi teneva costantemente sotto controllo.
 Non conoscevo mia madre come professoressa, per me era una madre che pretendeva molto ma che sapeva essere adorabile se si era alzata dalla parte giusta del letto.
 Sentendo le voci che giravano all’interno della scuola, non era difficile pensare che anche la professoressa Claudia D’Arcangelo fosse un po’ come mia madre. Se la si beccava in un giorno giusto le si poteva anche chiedere di non interrogare, altrimenti era molto meglio affrontare l’interrogazione senza provare a replicare e prendersi il voto che lei riteneva più opportuno.
 Il professor Caputo, il mio professore di italiano, mi rimandò al posto anche quel giorno con il suo solito sorriso soddisfatto, lo stesso che vedevo giorno dopo giorno sui volti della maggior parte dei miei insegnanti.
 -Anche questa volta hai meritato un nove, Draco. Continua così.-
 Ritornai a posto e mi sedetti con calma.
 -Sei sempre il solito-, mi sussurrò il mio compagno di banco trattenendo a stento una risata.
 Marco Iovine. Ormai non ricordavo neanche più quando era cominciata la nostra amicizia. Mia madre mi aveva raccontato di come Marco ed io ci eravamo conosciuti, ma avevamo solo due anni quindi io non potevo ricordarlo. A quanto sembrava era stato un incontro piuttosto casuale avvenuto tra i nostri genitori. Un giorno d’estate le nostre famiglie si erano ritrovate ad essere vicine d’ombrellone e mia madre aveva ovviamente- come sempre, lo faceva con ogni donna più o meno della sua età- attaccato bottone con la madre di Marco. Nel frattempo Marco ed io stavamo giocando con la sabbia fino a quando non avevamo cominciato a litigare come due pazzi.
 Da quel giorno non avevo più rivisto Marco, almeno fino a quando le nostre madri non avevano deciso, per pura coincidenza, di iscriverci allo stesso asilo.
 La nostra amicizia era cresciuta molto lentamente, e nel giro di un anno eravamo diventati praticamente inseparabili. Due piccole pesti brave solo a far danni.
 -Lascialo in pace, Marco-, disse una voce dietro di me.
 Sorrisi nel sentirla.
 Era Sabrina De Giorgi la nostra unica amica che non avesse voglia di strapparci i vestiti con la sola forza del pensiero.
 Era entrata nelle nostre vite quando avevamo all’incirca sei anni. Si era trasferita a Lecce da un paese di provincia dove aveva vissuto con i genitori a casa dei nonni. Era diventata la mia vicina di casa e in più una mia cara amica. La gelosia di Marco non poteva sopportare una cosa del genere e quindi aveva dato subito del filo da torcere alla povera Sabrina che aveva sempre sopportato le frecciatine di Marco.
 Ad un certo punto, senza rendermene conto, dovevo anche essermi preso una mezza cotta per Sabrina, ma era stata solo una cosa passeggera e piuttosto infantile. E per fortuna, visto che alla superiori Sabrina e Marco avevano deciso di abbassare le armi e di diventare una coppia.
 La loro era stata una storia bellissima, intensa e vissuta appieno, ma il loro istinto li aveva portati a capire che quella che era nata come un’amicizia alla fine sarebbe tornata ad essere tale, perciò troncarono, decidendo di restare amici per tutta la vita, o almeno fino a quando non si fossero uccisi a vicenda.
 -Ma non vedi che sta diventando un vero secchione?- chiese Marco scocciato. 
 -Il fatto che stia studiando sodo non significa che Massi sia un secchione! Almeno prende più di qualche sei stentato come fai tu, razza di somaro!- esclamò Sabrina a bassa voce.
 Marco stava per rispondere ma proprio in quel momento suonò la campanella della ricreazione.
 Come ogni giorno, Marco ed io ci fiondammo fuori dall’aula pronti a farci vedere da quanti più soggetti di sesso femminile fosse possibile. Non che avessimo bisogno di andarci a cercare delle ragazze, venivano da sole senza che noi le incoraggiassimo in alcun modo.
 Tra noi due era sempre stato Marco quello che era riuscito ad attirare più ragazze, con i suoi seducenti occhi azzurri- che a me ricordavano tanto quelli di un pesce lesso- e i suoi meravigliosi- sì, come no!- capelli scuri. Non avevo mai capito che ci trovassero le ragazze in un tipo come lui, ma essere suo amico aveva diversi vantaggi. Uno dei miei preferiti era la popolarità. Fin da bambino avevo sempre amato essere al centro dell’attenzione, probabilmente era mania di protagonismo, ma a me piaceva che si parlasse di me e che la gente si voltasse a guardarmi quando passavo per strada o per i corridoi della scuola. Era una sensazione unica sapere che tutti gli occhi erano puntati su di me. Forse potrei apparire un tantino egocentrico… Be’ non me ne importa nulla!
 -Ciao Massi!-
 -Oddio, quello è Marco Iovine!-
 -Quanto sono belli!-
 -Potrebbero fare i modelli!-
 -Ma da quale gene della D’Arcangelo è uscito quel capolavoro?!-
 I commenti delle ragazze che ci vedevano durante il momento della ricreazione era sempre su questi toni. Erano ammaliate dalla nostra presenza e dai nostri atteggiamenti. Le ragazze si professavano costantemente le più intelligenti e le più furbe ma poi bastava un ragazzo con un bel viso e un bel fisico per farle capitolare.
 Dubitavo che nell’intero complesso del Liceo Classico Virgilio ci fosse un solo essere di sesso femminile che non desiderasse parlare con me e Marco. Noi eravamo il sogno proibito di ogni ragazza e ci piaceva esserlo.
 -Oggi non ho proprio voglia di avere a che fare con questo branco di galline starnazzanti-, mormorò Marco con aria afflitta mentre ci dirigevamo verso le macchinette.
 -Come mai? In genere ti piace parlare con le ragazze-, risposi sorpreso.
 -Non pensi mai che tutte queste oche ci vengono dietro solo perché siamo popolari? A volte penso che sarebbe molto meglio trovare una ragazza che mi odia e provare a farla innamorare di me, almeno sarei certo che i suoi sentimenti sono sinceri e non dettati dal fatto che tutte le sue amiche hanno una mia foto sotto i loro cuscini.-
 -Sinceramente credo che far innamorare una ragazza che mi odia sarebbe troppo faticoso, con tutte quelle che cadono ai miei piedi con solo un mio sguardo perché dovrei complicarmi con qualche pazza che non è già cotta di me?-
 Era la verità. Non avevo né il tempo né tanto meno la voglia di impantanarmi in una storia seria, e quindi complicata, a soli diciott’anni. Meglio divertirsi finché ce n’era la possibilità.
 Agli occhi della gente, tra me e Marco, il bravo ragazzo sembravo io, forse perché i miei voti erano sempre alti. In realtà era Marco quello che poteva essere il tipo da fidanzata fissa, domeniche a pranzo dei genitori di lei, anello di fidanzamento e matrimonio.
 Non che io fossi una specie di pericolo pubblico però odiavo impegnarmi troppo con una ragazza e fare troppo lo sdolcinato. Non erano cose da me!
 -Vorrei solo qualcuno da poter amare sul serio-, concluse Marco quando ormai eravamo davanti alle macchinette.
 -L’amore è complicato e non segue mai i nostri desideri e le nostre aspettative. Penso sia molto meglio evitare accuratamente d’innamorarsi.- Forse la mia era un’idea un po’ troppo cinica ma era sincera e ponderata.
 -Scusate, ragazzi-, disse una voce femminile alle nostre spalle.
 Marco ed io ci voltammo trovandoci davanti tre mocciose che potevano essere al massimo del secondo anno. Mi scocciava dover parlare con delle ragazzine ma non sarebbe stato da me cacciarle via in malo modo, come invece avrei voluto fare.
 -Dite-, cominciai con un sorriso.
 -Ci stavamo solo chiedendo…-, cominciò una di loro, quella che poteva essere la più carina del gruppo, -… Ecco, abbiamo sentito dire che voi siete amici fin dall’asilo, e che siete stati sempre inseparabili. Volevamo solo chiedervi se è vero?-
 Ah, che dolci ed innocenti ragazzine! Stavano usando l’approccio del sentito dire. Non erano le prime a provarci ma era sempre divertente trovarsi davanti a ragazze che usavano atteggiamenti più maturi per riuscire a conquistare me o Marco.
 -Sì, è vero-, rispose Marco sorridendo.
 Mi lanciò un’occhiata d’intesa. Eravamo appena entrati in modalità “rimorchio”. Non lo facevamo spesso con ragazze più piccole di noi ma quelle tre erano davvero carine.
 Come al solito assumemmo un’aria decisa e ci poggiammo alle macchinette per ostentare una posizione più attraente.
 Non potevo metterci la mano sul fuoco ma mi era sembrato che le ragazze sospirassero vedendo il nostro cambiamento.
 -Massi ed io siamo diventati amici durante il periodo dell’asilo-, continuò Marco facendo l’occhiolino in direzione della ragazza che poco prima ci aveva rivolto la domanda. –Eravamo inseparabili.-
 -Ed avevate già tutto questo fascino?- chiese la seconda ragazza, un po’ più alta rispetto alle altre e di certo molto più sfrontata.
 Le riservai un sorriso conturbante, ma proprio mentre stavo per risponderle accadde qualcosa d’inaspettato.
 Un leggero colpo di tosse attirò la mia attenzione per un istante ma decisi di non dare peso a quel rumore. Riprovai a rispondere alla domanda di quella ragazza ma qualcos’altro mi costrinse ad alzare lo sguardo.
 -Scusate-, disse una voce piuttosto scocciata.
 Era una ragazza. Di certo anche lei doveva essere all’ultimo anno come noi ma aveva un viso serio e deciso che la faceva apparire addirittura più matura della sua età. I capelli castani le ricadevano sulle spalle in fluidi boccoli appena accentuati e il suo viso non troppo piccolo era di una forma un po’ paffuta ma molto attraente. Sarebbe potuta essere una ragazza bellissima se solo i suoi profondi occhi castani non continuassero a scrutarmi in modo così severo.
 -Serve qualcosa?- chiese Marco senza accennare ad abbandonare la modalità “rimorchio”.
 Lo sguardo di quella strana ragazza si fece ancora più penetrante.
 -Sì, fino a prova contraria i distributori servono a prelevare cibo e bevande. Non mi sembrava che servissero anche come salotto.-
 Ci lanciò un’altra occhiata dura e penetrante. Doveva essere proprio incavolata nera, nessuna ragazza mi aveva mai rivolto sguardi di quel genere. Ero abituato davvero a tutto ma non all’odio.
 Sembrava che Marco si fosse imbambolato a fissarla. Non ne capì subito il motivo ma non mi ci volle troppo ad arrivare ad una conclusione di certo esatta: quella ragazza lo aveva colpito e anche parecchio.
 In effetti era bella, anche se la sua era una bellezza del tutto ordinaria. Niente splendenti occhi color del cielo o setosi capelli biondi. Niente che potesse distinguerla dal resto della marmaglia femminile diffusa sul pianeta. L’unica cosa che la rendeva diversa ai miei occhi, e sicuramente anche a quelli di Marco, era il fatto che non nascondesse di detestarci. Si vedeva a chilometri di distanza che non le stavamo simpatici e la cosa m’incuriosiva parecchio, ma mai quanto potesse interessare a Marco. Lui amava le sfide, e quindi tendeva a prendersi cotte per ragazze che non lo consideravano cercando di farle innamorare di lui. Era accaduto solo una volta con Sabrina e alla fine erano rimasti amici, forse non gli conveniva provarci una seconda volta.
 -Hai ragione-, disse Marco con il suo solito sguardo da angioletto che di solito riservava alle ragazze che gli piacevano sul serio. –Ci spostiamo subito.-
 Forse non avevo sentito bene? Aveva usato il plurale, per caso?
 “Ci spostiamo subito”. Da quando in qua esaudivo i desideri di una stupida ragazzina che giocava a fare l’adulta? Non gliel’avrei data vinta così facilmente!
 -Aspetta, Marco.-
 Le riservai uno sguardo pieno di sicurezza e continuai fissandola negli occhi.
 -Scusa, tesoro. Ma questo è un paese libero, perciò io e il mio amico abbiamo il diritto di stare dove ci pare e piace!.-
 Notai immediatamente che gli occhi di lei si stavano stringendo in una smorfia di stizza. Sembrava che non fosse per niente influenzata dal mio fascino e tantomeno da quello di Marco. Non sapevo cosa mi stesse spingendo a farlo ma in quel momento far arrabbiare quella sciroccata era diventato il mio gioco preferito.
 Si vedeva che stava per esplodere, e io avevo il detonatore per innescare quell’ordigno colmo di ira.
 -E’ vero, però io ho bisogno di una bottiglietta d’acqua. Basta che uno di voi due tolga il suo regale fondoschiena di lì, così io prendo la mia acqua e sparisco di qui in meno di un secondo. Non mi sembra di chiedervi chissà che cosa.-
 La sua voce era più calma rispetto a poco prima, forse si era trattenuta apposta dallo sbraitarmi contro, ma la mia risposta fu molto più decisa e perfida della sua.
 -No!-
 Fregata! A quella piccola ed innocua parola il suo viso di era gonfiato di rabbia e il suo sguardo avrebbe potuto anche uccidermi. L’avevo davvero fatta imbestialire, e la cosa mi piaceva.
 -Come, scusa?- il suo tono era gentile, però si sentiva che era solo una copertura per evitare di mettersi ad urlarmi contro.
 -Ho detto di no!- Incrociai le braccia con fare deciso e la fissai, la stavo sfidando. –Non ci spostiamo.-
 -Massi, smettila di fare l’idiota-, disse Marco. Come al solito il suo gene da “principe azzurro pronto a salvare una fanciulla in pericolo” aveva preso il sopravvento su di lui. –Falle prendere l’acqua.-
 Mi voltai per rispondere a Marco, ma quella ragazza fu più veloce di me.
 -Dai retta al tuo amico Massi.-
 Come mi aveva chiamato? Il tono che aveva usato per pronunciare il mio nome... Ci aveva messo tanto sarcasmo da poter riempire il Gran Kanyon, ed era una cosa che non potevo sopportare. Probabilmente se non fosse stata una ragazza le avrei tirato un pugno.
 La ragazzina aveva raccolto il mio guanto di sfida e non sarei stato io a perdere.
 -Non ho alcuna intenzione di spostarmi-, risposi anche a costo di sembrare un bambino stupido e cocciuto.
 -Massi, adesso basta fare l’imbecille.- Marco tentò ancora una volta di farmi ragionare ma io non avrei ceduto. Non volevo dare soddisfazione a quella ragazzina idiota e impertinente!
 Proprio in quel momento la campanella suonò. Lanciai uno sguardo tagliente in direzione di quella tizia ma lei si era voltata all’improvviso facendo qualche passo deciso verso le scale. La mia reazione fu immediata.
 -Vai già via?- chiesi con tono compiaciuto.
 Si era fermata solo per un istante che forse avevo colto solo io e ricominciò a camminare in direzione delle scale. Non mi conosceva, non ero il tipo che si arrendeva così facilmente.
 Aveva appena salito il primo gradino quando dissi: -Non mi hai sentito per caso? Sei una che molla facilmente.-
 Avevamo aperto una sfida e adesso lei non poteva andarsene via in quel modo.
 Nel sentire quelle mie parole la ragazza si bloccò e lentamente si voltò verso di me.
 I suoi occhi castani erano puntati dritti nei miei e per un attimo avvertì come uno strano brivido lungo la schiena, anche se non sapevo da cosa fosse stato causato.
 -Sai Marco-, disse con un sorriso, - è inutile che continui a ripetere al tuo amico di non fare l’imbecille, si sa che difficilmente un essere umano riesce ad andare contro la sua natura.-
 Non potevo crederci! Aveva vinto lei. Le sue parole mi avevano trovato talmente impreparato che non avevo idea sul modo in cui poter ribattere.
 Lei mi sorrise soddisfatta.
 -Rifletti un po’ su questa mia pillola di saggezza, caro Massi.- Detto questo si voltò con i lunghi capelli che le danzavano sulle spalle mentre la mia mente era come annebbiata da quello che era appena accaduto.
 Nessuna ragazza mi aveva mai trattato in quel modo e non sapevo come ma prima o poi avrei ottenuto la mia rivincita. Non potevo permettere che lei si sentisse superiore a me solo perché era riuscita a lasciarmi di stucco con le sue parole acide.
 -Quella ragazza è stata davvero maleducata.-
 Mi voltai verso una delle ragazzine con cui io e Marco stavamo parlando fino a pochi minuti prima. All’improvviso non m’interessava più di tanto rimorchiare una di loro. La rabbia che quella strana sciroccata mi aveva fatto esplodere dentro era troppo intensa perché potessi pensare ad altro e fingermi dolce con delle mocciose.
 -Torniamo in classe-, dissi a Marco.
 -Tu vai avanti, io devo fare una cosa-, rispose lui tirando fuori qualche monetina dalla tasca. Le inserì nella macchinetta e premette il pulsante per la bottiglietta d’acqua.
 -Non vorrai mica…-, mormorai incredulo.
 Prese la bottiglietta d’acqua caduta nel contenitore e si voltò verso le ragazze.
 -Scusatemi ma ora Massi ed io dobbiamo andare, e anche voi dovreste tornare in classe.-
 Loro ci guardarono un po’ deluse e annuendo andarono via.
 -Marco non puoi farlo!- esclamai appena rimanemmo da soli.
 -Lo sto già facendo-, rispose lui sorridendo come un ebete.
 Ormai era andato.
 -Quella ragazza è fuori di testa, non ci starà mai-, era la verità, Marco avrebbe potuto provare di tutto ma quella tipa non era alla sua portata, non era per niente adatta per lui. Di certo era troppo impegnativa per il mio amico.
 -Mi piace, e non la tratterò male come hai fatto tu. Le ragazza vanno corteggiate non prese a frecciatine-, rispose con sguardo di rimprovero.
 -Perché mai avrei dovuto corteggiarla?- chiesi incredulo.
 Marco mi rivolse uno sguardo strano.
 -Non dirmi che quella ragazza non ha colpito anche te. Non sono molte quelle che ci trattano come degli stupidi, e lei è fantastica. Non ho intenzione di lasciarmela sfuggire!-
 Aggrottai la fronte scocciato.
 -Fai quello che ti pare-, risposi voltandomi per tornare in classe. –Ma quella tizia è completamente fuori di testa e tu con le ragazze come lei non ci sai fare. Avrai solo problemi.-
 Non attesi la sua risposta e voltai l’angolo per tornare in classe.
 Pensandoci Marco aveva ragione. Quella ragazza mi aveva colpito ma questo non significava che io ci dovessi provare con lei. Era complicata sia da capire che da trattare e io non avevo alcuna voglia di affondare in una situazione così difficile.
 Se Marco ci teneva tanto a portarle la sua bottiglietta d’acqua e a fare la parte dell’eroe che aveva sconfitto il mostro cattivo, erano solo affari suoi. Sinceramente avrei preferito non rivedere mai più quella pazza. Era bella, ma non aveva niente per cui valesse la pena di perdere tempo a corteggiarla. Era tutta di Marco se proprio la voleva così tanto.
 Tornai lentamente in classe e vidi, senza alcuna sorpresa, che era vuota. Avevamo educazione fisica e il professor Serrano doveva essere già arrivato. In genere anche se Marco ed io non eravamo in classe al suo arrivo non diceva nulla: forse eravamo un tantino favoriti con Serrano. Probabilmente perché eravamo i migliori in educazione fisica e grazie a noi, l’anno precedente, la squadra di calcio e la squadra di pallavolo della nostra classe avevano vinto il campionato scolastico.
 Mi diressi verso il mio banco e presi i miei Reyban nuovi di zecca e gli indossai.
 Lo sguardo mi cadde sui Reyban identici ai miei che stavano sul banco di Marco. In quel momento l’idiota del mio amico stava facendo la figura dello stupido e probabilmente stava mettendo in tremendo imbarazzo quella fusa di testa. Stranamente a quel pensiero un sorriso mi si allargò traditore sulle labbra: mi piaceva l’idea che quella ragazza antipatica fosse infastidita da qualcuno che non le piaceva. Se lo meritava!
 Presi gli occhiali di Marco e mi diressi verso le scale.
 Avevo sceso quasi tutti i gradini quando udì due voci conosciute.
 -Giovanni, come è andato Massi?- chiese la voce femminile mentre sentii che la macchinetta stava riempiendo un piccolo bicchierino di plastica di caffè.
 -Puoi stare tranquilla, Claudia. Tuo figlio non ha alcun tipo di problema, né con me né con altri suoi professori. Oggi gli ho messo un meritatissimo nove. Il suo percorso scolastico è davvero lodevole.-
 Un altro bicchierino si stava riempiendo.
 -Sono contenta di sentirtelo dire. Cerco sempre di non fargli pressioni ma non riesco a starmene in un angolo senza sapere tutto quello che combina.-
 -E’ del tutto normale. Diventa difficile essere razionali quando ci sono di mezzo i propri figli, sono certo che Massimiliano non direbbe nulla se sapesse che t’informi sul suo andamento scolastico.-
 Questo era da vedere! Odiavo quando mia madre s’intrometteva nella mia vita. Avrebbe potuto chiederlo a me come era andata l’interrogazione, ma lei si fidava più delle parole dei suoi colleghi. Quando faceva così la odiavo!
 -Spero che sia così-, rispose lei.
 -Adesso dobbiamo tornare in classe, prima che i ragazzi decidano di buttare giù l’edificio.-
 -Devo andare in seconda liceo ora-, rispose mia madre sbuffando. –Quella classe è impossibile, non studiano mai. I sette sul mio registro si contano sulle dita di una mano.-
 Il professor Caputo fece un risatina divertita e sentii il rumore dei due bicchieri di plastica che erano stati buttati nel cestino dell’immondizia.
 I passi di mia madre erano chiari e decisi mentre si allontanavano da me.
 Scesi gli ultimi due gradini e sospirai.
 Sarei mai stato libero? Mia madre avrebbe mai smesso d’intromettersi nella mia vita?
 Troppe domande, poche risposte.
 Non sopportavo l’idea dell’ignoto e ancora meno riuscivo a concepire il fatto che mia madre avrebbe sempre saputo tutto di me, addirittura prima ancora che lo sapessi io.
 Insomma, non ero più un bambino! Avrebbe anche potuto lasciarmi vivere la mia vita in pace!
 -Ehi, amico!-
 Sussultai nel sentire quell’esclamazione dietro di me.
 -Marco!- dissi voltandomi. –Mi hai fatto prendere un colpo, accidenti a te!-
 -Scusa-, rispose scendendo il gradino che ci separava. –Te ne stavi imbambolato a fissare il vuoto. E’ successo qualcosa?-
 Alzai le spalle.
 -Mia madre ha attivato il suo sensore da CIA, niente di nuovo.-
 -Ha chiesto a Caputo della tua interrogazione?- domandò mettendomi una mano sulla spalla.
 Annuì con un gesto stanco.
 Non volevo più parlare di mia madre, era meglio cambiare argomento.
 Mi voltai verso Marco.
 -Vedo che sei ancora tutto intero, è andata bene?-
 In realtà non m’interessava un fico secco di come quella ragazza avesse reagito nel vedersi arrivare in classe un Marco Iovine sorridente e con una bottiglietta d’acqua in mano, neanche fosse un anello di fidanzamento. Però volevo parlare di qualcosa che non riguardasse mia madre o il mio andamento scolastico.
 -Benissimo!- esclamò Marco entusiasta.
 -Davvero?- non credevo che quella ragazza avrebbe ceduto così facilmente.
 -Credo che abbia cercato di liquidarmi in tutti i modi, ma alla fine è stata la professoressa a cacciarmi via minacciandomi con un invito in un party nell’ufficio della Preside-, rispose lui con un sorriso.
 Era questa l’idea che aveva di “benissimo”?! Come avevo immaginato la sciroccata non voleva avere nulla a che fare con lui. Avrebbe fatto meglio ad arrendersi subito e a metterci un bella pietra sopra, anzi un macigno.
 -So cosa stai pensando: secondo te non ho speranze.-
 -In effetti…-
 -Non ho voglia di arrendermi-, continuò lui sempre sorridendo mentre ci avviavamo verso il cortile. –Lei mi piace, mi piace molto.-
 -La cosa proprio non m’interessa.- Non volevo più sentir parlare di quella ragazza, il solo ricordarla mi faceva uscire fuori dai gangheri.
 -Lo sai, abbiamo parlato anche di te durante il nostro breve ma intenso incontro-, disse poi Marco guardandomi con un ghigno.
 -Ah, sì?- chiesi con tono disinteressato.
 -Più che altro è stata lei a parlare, credo che abbia detto che sei un egocentrico, megalomane, narcisista… O qualcosa del genere.-
 Mi bloccai di scatto mentre la rabbia mi saliva alla testa facendomi annebbiandomi la mente.
 -Cosa ha dettto?! Ma come si permette quella mocciosa?! Chi diavolo si crede di essere?!-
 -Calmati, non credo che abbia detto niente di male, dopotutto tu sei un po’ di tutte queste cose messe insieme, più altri aspetti più positivi.-
 -Se questo è il tuo modo per farmi passare la rabbia, ti comunico che non funziona!-
 Lo fulminai con lo sguardo e mi diressi a passi svelti verso il cortile.
 La nostra scuola non aveva una palestra, o meglio ce l’aveva, ma in quel momento ospitava una classe- fine che avevano fatto anche il laboratorio di scienze e la sala video- perciò a volte capitava che dovessimo dividere il cortile con altre classi.
 Sfortunatamente a noi era capitata una classe del quinto ginnasio composta per tre quarti da ragazze. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano a parte…
 -O mio Dio! Eccoli!-
 -Sono Marco e Massi!-
 -Quanto sono belli!-
 Attraversai il cortile sentendo una marea di urletti di quel genere, e la mia testa minacciò seriamente di scoppiare. In genere tutte quelle attenzioni mi facevano piacere ma adesso proprio non le sopportavo quelle ochette starnazzanti.
 Marco camminava al mio fianco e lanciava sorrisi al gruppo di ragazze.
 -Draco. Iovine. Dove eravate finiti?- chiese Serrano alzandosi dalla panchina dove era seduto.
 -Scusi, professore-, iniziai cercando di ritrovare un po’ di calma. –Iovine non si stava sentendo bene e allora siamo rimasti in bagno. Sa, ieri ha mangiato pesante, e oggi non riesce a stare lontano dal water, ha l’intestino delicato.-
 Guardai Marco con un sorriso compiaciuto. Sapevo che avrebbe voluto uccidermi ma quella piccola rivincita mi aveva fatto ritrovare il buonumore.
 -Capisco-, disse Serrano annuendo. –Se non te la senti di prendere parte alla partita, Iovine, puoi restare seduto qui.-
 -No-, rispose subito Marco. –Adesso sto meglio, posso giocare.-
 Mi lanciò un’occhiata raggelante e io gli sorrisi.
 Giocammo una partita contro la classe che divideva il cortile con noi. Non era facile concentrarsi con tutte quelle ragazzine che gridavano il nostro nome ma alla fine l’ora finì.
 Al termine di quella pesante giornata scolastica stavo di nuovo davanti alle macchinette per prendermi qualcosa da mangiare prima di tornare a casa, quando vidi Marco venire nella mia direzione con un sorriso enorme stampato in faccia.
 -Che ti è successo?- gli chiesi mentre addentavo il mio Twix.
 -Lei… Lei è… meravigliosa…-, mormorò sorridendo ancora di più.
 -Per Lei intendi la sciroccata di stamattina?- alzai un sopracciglio continuando a masticare.
 Lui annuì senza smettere di sorridere.
 -Le hai parlato di nuovo?-
 Non m’interessava sapere quelle cose ma le domande uscivano fuori prima che io potessi fermarle.
 -Sì, l’ho incontrata nel parcheggio degli scooter. Ha voluto per forza restituirmi i soldi dell’acqua.-
 Ci avrei scommesso che lo avrebbe fatto! Figuriamoci se avrebbe mai accettato di farsi offrire qualcosa da Marco Iovine.
 -Se non ho capito male ti ha liquidato di nuovo. Allora mi spieghi perché sei così contento?- chiesi piuttosto confuso. La ragazza stava cercando di fargli capire in mille modi che non era interessata ma Marco era davvero cocciuto. Conoscendolo avrebbe insistito anche a vita, ma sentivo che lei non avrebbe mai ceduto.
 Non era adatta ad un tipo come Marco.
 -Sono contento perché ho scoperto come si chiama…-, disse con aria sognante.
 -Wow-, mormorai ironico. –Che bel traguardo, adesso conosci il nome della ragazza che ti manderà a quel paese in mille lingue diverse. Sei grande Marco!-
 -Che c’è? Ti scoccia che io ci stia provando con lei?- chiese lui con un sorriso di sghembo.
 -Più che altro vorrei evitare che il mio migliore amico si ritrovi con le chiappe per terra cercando di farsi una tizia che non se lo fila. Quella lì non è alla tua portata, trovate una che si possa innamorare di te senza che rischi di essere ucciso.-
 -Mi dispiace ma io voglio lei-, rispose Marco deciso.
 -Fa come ti pare, io sono stanco e me ne torno a casa-, dissi gettando la carta del Twix nel cestino e dirigendomi verso l’uscita.
 -Non puoi andartene, hai dimenticato che dobbiamo fare una cosa prima?- mi chiese con tono di supplica.
 Conoscevo quel tono, lo usava solo quando voleva convincermi a fare qualcosa che non volevo, e ultimamente lo usava solo in un’occasione.
 -Va bene, ma questa è l’ultima volta che vengo con te. Odio spiare Camilla, è una cosa che detesto profondamente.-
 Lui annuì rincuorato, mentre ci dirigevamo verso gli scooter.





***L'Autrice***
 Ed ecco a voi il primo capitolo de "La Ragazza Delle Macchinette". Alcuni di voi lo hanno già letto, visto che lo avevo pubblicato mesi fa ma spero che non vi scocci il fatto che io lo abbia ripubblicato. Per chi invece si trova per la prima volta davanti a questa storia ve lo devo dire... Purtroppo potrò pubblicare al massimo un altro paio di capitoli perchè se vado troppo avanti si scoprirebbe tutta la trama principale de "Il Figlio della Prof". Quindi appena avrò finito di pubblicare tutti i capitoli de "Il Figlio della Prof" continuerò anche con questa, promesso... ^^
 Comunque a parte queste comunicazioni spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come ho detto anche in altre occasioni, non è per niente semplice entrare nella mente di un ragazzo, nella mente di uno come Massi poi è praticamente impossibile però ci ho voluto provare lo stesso e spero che il risultato non sia totalmente da buttare.
 Rubo ancora qualche riga per ricordare a tutti che "Il Figlio della Prof" ha un forum e un gruppo su Facebook, se li vorrete visitare sarò felicissima di accogliervi. Ringrazio per l'aiuto immenso che mi danno con il Forum: Alina, Bec, Bea e Mary... ^^ Vi voglio bene!



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Spero di rivedervi al prossimo capitolo, ma anche nei prossimi capitoli de "Il Figlio della Prof"! xD
Un bacio grandissimo a tutti!


 

   
 
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