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Autore: Synyster    16/10/2010    2 recensioni
“ ..Essere un'insegnante o un semplice studente, ormai non fa nessuna differenza. Abbiamo tutti la stessa chance di morire o di sopravvivere. "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: " HOE ", 1° Classificata all'ottavo " Contest Letterario, Multifandom e Originali " indetto dall' eBook forum.
 

HOE

 

 

I passi del ragazzo con il trench* e i combat boots* si fanno sempre più vicini.

Tra non molto varcherà quella soglia e qui dentro sarà tutto finito.

Pochi minuti di apocalisse, un vero Inferno. E tutte queste giovani vite, verranno spezzate

prematuramente.



 

E' così che l'hai sempre descritto.

Un " Hell On Earth ", l'Inferno in Terra.

La tua " piccola vendetta privata ".

Non è forse così, Eric?

Tutto ciò che volevi, è finalmente qui, a tua portata di mano.



 

Rachel è accovacciata sotto a un banco, di fianco a me. Mi stringe la mano.

" Dylan " sussurra con un filo di voce. " Moriremo tutti "




" Ragazzi, NON muovetevi per nessuna ragione " continua ad intimarci Mrs Cupberdale, la nostra

insegnante di Scrittura Creativa.
 

 

La mano di Rachel è sudata. Attraverso quelle dita fredde e affusolate, mi sembra quasi di riuscire a

scorgere il suo battito cardiaco farsi sempre più veloce.

Uno altro sparo. Anzi, due.

E' da almeno un quarto d'ora che si susseguono, senza tregua.

Ad ogni colpo di pistola, sento Rachel sussultare.
 

 

Fino a poco fa, c'erano parecchi ragazzi che urlavano nei corridoi.

Ora non sento più nulla. Le loro voci si sono zittite.

C'è un silenzio surreale, e l'odore di polvere da sparo è forse l'unica cosa che riesce ancora a tenerci

tutti incollati alla realtà.
 

 

Si fa sempre più insistente. Mi pervade le narici, insinuandosi fino in fondo alla gola e

impedendomi quasi di respirare.

 

 

" State calmi! "continua a ripetere la Cupberdale.

Ma qualcuno è sgusciato fuori dal proprio nascondiglio, nonostante le continue e pressanti

raccomandazioni della donna.

 

 

David Johnson, un ragazzetto smilzo con capelli rossi e lentiggini, si è alzato da terra e ora

cammina in mezzo all'aula con gli occhi sbarrati.

Sembra uno di quegli zombie che si vedono spesso nei film, ultimamente.

Ha la bocca spalancata e lo sguardo fisso come se avesse appena visto un fantasma.

 

 

" Ho detto di stare giù! Johnson! Torna subito al tuo posto! "

 

 

David non pare sentirla. Continua a camminare dritto di fronte a sé, dirigendosi con passo deciso

verso la finestra.

 

 

" Johnso-n! "

La voce della nostra insegnante non ha ancora finito di pronunciare l'ultima sillaba, che questa si

trasforma in un urlo soffocato di disperazione.

 

 

E' un attimo. Johnson apre la finestra, saluta questo tiepido sole mattutino e si lancia nel vuoto.

Come una Mary Poppins senza ombrello.

Non si è voltato a guardare indietro neppure una volta.

Quattro piani, il modo più semplice per terminare la propria vita in un momento critico come

questo.

Una fine da codardi, diranno in molti, ma pur sempre una scelta coraggiosa.

 

 

Forse, se mi fossi trovato in un'altra situazione, avrei scelto anche io la via più facile.

 

 

La Cupberdale è tutta un singhiozzo. Riesco a scorgerla mentre trema con la schiena appoggiata alla

cattedra.

Chi l'avrebbe mai detto che una tale megera in tailleur color crema avesse un cuore.

O forse è solo il terrore, che incomincia ad insediarsi dentro di lei come un serpente velenoso che

non dà scampo.

 

 

Siamo tutti esseri umani, in fin dei conti.
 



Essere un'insegnante o un semplice studente, ormai non fa nessuna differenza.

Abbiamo tutti la stessa chance di morire o di sopravvivere.

E lei lo sa benissimo.

 

 

Nell'aula nessuno osa proferire parola. Sanno tutti che di lì a poco raggiungeranno David, in un

modo o nell'altro.

Fisso il vetro della finestra, rimasta tristemente spalancata. Il primo sole d'Aprile ci si riflette

orgogliosamente sopra.

Come mi piacerebbe poter uscire e prendere una boccata d'aria. Lasciare che il timido venticello

primaverile mi accarezzi i capelli.

 

 

" Dylan " La voce di Rachel fa di nuovo capolino dal nulla " Dylan, mi ami? "

 

 

Mi volto di quel poco che mi serve per guardarla negli occhi.

 

 

Ha i capelli arruffati, gli occhi gonfi e le labbra tremolanti.

Fa effetto vederla così, proprio lei che gira perennemente con pettine e specchietto in borsa.

 

 

" Ti ho amata, sì " E' tutto quello che mi riesce di dire.
 

 

La sento mugolare, mentre si porta le mani alla bocca e mi fissa con uno sguardo intriso di dolore.

Si porta una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio sinistro.

" Ancora non riesci a perdonarmi per quello che è successo? Nemmeno in un momento come

questo? "

E' alterata e allo stesso tempo ferita. Lo si capisce dal modo in cui mi guarda.

 

 

Non so cosa risponderle.

Mi limito a fissare il pavimento freddo e tirato a lucido sul quale siamo seduti.

 

 

Dopo essere stata scaricata da Joey, il tipo con il quale se la faceva mentre stavamo insieme, deve

aver pensato che l'unico stupido che l'avrebbe aspettata per sempre a braccia aperte, ero io.

Ma ne sono cambiate di cose da quando eri ancora la mia ragazza, Rachel.

Non sono più l'ingenuo Dylan che illudevi e amavi manovrare.

 

 

" D'accordo " Ha la voce spezzata. " Fa' come credi "

Si asciuga gli occhi con il dorso della mano.

"Ma se mai usciremo vivi di qui, giuro che ti farò ricredere"

 

 

Non faccio in tempo a controbattere che la porta finalmente si apre.

L'attesa è finita.

La figura esile ma decisa di colui che condurrà tutti ad una morte prematura, si staglia con violenza

di fronte a noi.

 

 

" Guarda, guarda " Eric cammina disinvolto con il fucile in spalla.

La suola gommata dei suoi combat boots continua a ricalcare ogni suo passo.

"Sento che mi divertirò parecchio, qui dentro"

 

 

Si china verso il primo banco alla sua portata.

 

 

" Salve " dice con aria perfida alla graziosa ragazza di origini cinesi che trema come una foglia,

accovacciata sotto di esso.

" Una splendida giornata, non è vero? "

La ragazza, una certa Emily Cheng, sgrana gli occhi.

Eric scoppia in una fragorosa risata.

 

 

" Morirete tutti. Uno-ad-uno "

Scandisce con fermezza il ragazzo con il trench, puntando un dito verso Emily.

 

 

Poi imbraccia il fucile, sparandole in pieno petto.

 

 

"Ah, sangue! " esclama divertito, togliendosi il capellino da baseball e passando una mano tra i corti

capelli biondi, tirati su con il gel.

" Uno non ne vede mai abbastanza " Si guarda intorno " Dico bene? "

 

 

La mano di Rachel torna a cercare la mia.

Sento il suo respiro farsi sempre più affannoso, mentre si stringe a me.

"Andrà tutto bene" mento io.

 

 

"Allora " prosegue Eric nel suo estenuante monologo " C'è forse qualcuno che si offre volontario? "

Continua a ridacchiare, anche mentre afferra una lattina di Coca-cola lasciata su un banco e ne ruba

un sorso.

E' la sua festa, in fin dei conti.

" Nessuno? "

 

 

"Ci ucciderà tutti" Piagnucola Rachel contro al mio petto.

Cerco di abbracciarla, ma qualcosa va storto e finisco col dare una sonora testata al banco, facendo

anche cadere una matita che rotola a terra.

Lei si stacca prontamente da me.

 

 

" Oh! COLPO DI SCENA! " Grida Eric, balzando prontamente verso di noi con aria teatrale.

"Abbiamo forse trovato un baldo giovane, pronto a sacrificarsi di fronte a tutta la classe? "

Trattengo il fiato.

 

 

" Buongiorno Dylan "

Eccoti qui, davanti a me.

Avvolto in quel trench nero non hai neppure più l'ombra del timido ragazzino che tutti amavano

pestare nell'ora di ricreazione.

Mi sorridi fiero, porgendomi la mano sporca di sangue e polvere da sparo.

 

Stringo quella mano, lasciandomi trascinare fuori dal mio inutile nascondiglio.

Ricambio il sorriso.

La Cupberdale, poco distante, ci guarda con incredulità.

Forse non è neppure così stupida come sembra.

 

 

" Ti stai divertendo? " continua lui, puntandomi l'arma al mento.



 

Socchiudo gli occhi.

" Quanti ne hai già uccisi? " chiedo.

Con le mani stringo la canna del suo fucile, che lui chiama affettuosamente Starlet, come la

protagonista di un fumetto che amava leggere da ragazzino.

 

 

" Ho perso il conto " risponde Eric, digrignando i denti.

Poi sposta l'arma, spingendomi in avanti.

" Forza, non ho tempo da perdere " tira fuori un coltello a serramanico da una tasca dei suoi

pantaloni cargo e me lo punta alla gola.

La lama luccica un paio di volte, poi scende lentamente verso il mio petto, vicino al cuore.

" This isn't a World anymore*, Dylan... " mi dice, porgendomi il fucile.



 

" .. It's HOE* "

Completo la sua frase sogghignando, mentre stringo finalmente Starlet tra le mani.



 

" E' ora di morire " gli dico, sfiorandogli appena le labbra.

" Ma prima.. "

 

 

Faccio un passo in avanti, avvicinandomi un'ultima volta a Rachel.

Le punto l'arma contro, senza nessuna pietà.



 

" ..Facciamo fuori questi bastardi "

 

 

Nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Non da me: il calmo, gentile, generoso Dylan.

Quello che aveva una parola buona per tutti.

Stronzate.

" Shit Happens* ", vi risponderei io.

Io sono ciò che voi stessi avete creato. Un mostro senza alcun rimorso o un briciolo di pietà.

Ho calcolato tutto fin nei minimi dettagli.

Eric, il mio partner in crime*,mi ha retto il gioco per tutto questo tempo.

 

 

Vi ho ingannati tutti, fino alla fine.

 

 

" Lascia fare a me " dico al mio socio, inarcando un sopracciglio.

 



" Ogni tuo desiderio è un ordine, Capo "

Eric sorride, regalandomi un inchino e facendosi da parte.

 

 

Anche lui, tra poco giacerà a terra in una pozza di sangue con una pallottola conficcata nel cervello.

Ma a me non importa.

Non provo più rimorso per niente e nessuno.

 

 

La mia ex ragazza lascia scappare un grido, cercando di strisciare il più lontano possibile da me.

Ma lo spazio è esiguo.



 

" Benvenuta alla nostra piccola festa d'addio, Rachel " sussurro.

Un colpo solo, dritto in testa.

 

 

" Non mi sono mai piaciute le ragazze poco serie "

Affermo, osservando il suo corpo afflosciarsi a pochi centimetri da me.



 

E' giunta finalmente l'ora della mia vendetta e, meraviglia delle meraviglie, ne uscirò da vincitore.

Sarò l'unico sopravvissuto di questa classe intera.

Racconterò a tutti di come l'unico killer di questo intero massacro si è tolto la vita prima che

chiunque delle forze dell'ordine, potesse intervenire.

Sarò su tutti i giornali, diventerò un martire per milioni di persone.

Piangerò in ogni talk-show, disperandomi e chiedendo ad alta voce il perché di tutto questo.

Implorerò Dio di perdonare il povero Eric, davanti a tutti gli ignari telespettatori.



 

Ma prima, mi godrò questo momento come nessuno mai.

 

 

Tanti auguri, Dylan.

Have fun*.

 


Nota 1:

 

 GLOSSARIO e BREVI INTEGRAZIONI

 

*ATTENZIONE: Si consiglia di leggere queste note alla fine del racconto. Gli Spoiler, tuttavia, sono segnalati. E'

vivamente sconsigliato leggerli prima di aver ultimato la lettura, perché rovinerebbero il finale.

 

 

Trench * : E' un cappotto piuttosto lungo. Viene spesso usato nei film e di solito, se di colore nero, è usato per ruoli di

Gangster, sicari o semplici giustizieri.

 

Combat Boots * : Sono un particolare tipo di anfibi in pelle nera, usati spesso dai Goths americani sul finire degli anni

novanta. Il loro aspetto ricorda quello degli stivali usati a scopo militare.

 

Pantaloni cargo * : Sono un tipo di pantaloni di origine militare, sempre in voga tra alcuni Goths di sesso maschile,

negli anni '90.

 

" This isn't a World Anymore.." * : Letteralmente " Questo non è più un Mondo ". La frase è incompleta, come fanno

intendere i puntini di sospensione. Eric intende semplicemente dire che da quel momento, in quella stanza, è come se si

trovassero in una realtà a parte.

[Spoiler: Nonostante tutto, si può notare una vena di malinconia, nelle parole di Eric; cosa che lo contraddistingue da

Dylan, il quale, nelle parole seguenti, dimostrerà soltanto ferocia]

 

" ..It's HOE " * : HOE è ' l'acronimo di Hell On Earth. Termine che viene spesso usato dagli appassionati del celebre

videogioco sparatutto Doom, nonché titolo di uno dei libri della fortunata serie -almeno in America- "DOOM", ispirata

appunto a quest'ultimo.

Hell On Earth viene spesso usato per descrivere una situazione disastrosa, apocalittica.

Questa frase significa letteralmente " E' l'Inferno giunto in Terra ".

[ Spoiler: Con queste parole Dylan non fa che completare la frase di Eric, scoprendo finalmente le carte in tavola.

E' il loro segnale, quello che fa intendere ad Eric che Dylan è pronto a prendere in mano il gioco scatenando l'Inferno,

una volta per tutte. ]

 

 

" Shit Happens " * : Letteralmente " La m*rda capita/succede ".

In parole spicce significa che le cose sgradevoli accadono -indipendentemente dal nostro volere-, anche se molte volte

ce le andiamo a cercare e la sfiga in sé, ne è solo una inevitabile conseguenza.

I colpi bassi della vita non si possono evitare e, quando meno ce lo aspettiamo, "succedono".

[ Spoiler: Dylan usa questo termine per rafforzare l'idea che questo massacro è soltanto una conseguenza di altri fatti,

precedenti a questo racconto, che in parte si possono evincere dai dialoghi tra personaggi. ]

 

Partner in crime * : Complice.

[ Spoiler: Dylan rivela il vero rapporto tra lui ed Eric, il quale fino a poco prima sembrava essere l'unico autore ed

ideatore della strage. Nonostante siano complici, Eric non ha idea del reale piano di Dylan. ]

 

Have Fun* : Semplicemente " Divertiti ".

[ Spoiler: Dylan lo dice a sé stesso. E' una frase di incoraggiamento, con la quale sembra giustificare sé stesso,

riducendo tutto quanto ad un semplice gioco. La leggerezza con la quale lo dice, è dettata anche dalla sicurezza che il

protagonista ha di farla franca.

La vendetta non è più soltanto spinta dall'odio, ma anche dalla ricerca del piacere e del divertimento. Un piacere che si

sfoga facendo del male alle persone che l'hanno ingannato e ferito in passato. ]



Nota 2:
 

Con questo breve racconto, ho voluto usare un tema da me molto sentito, la problematica delle stragi scolastiche, come scusa per far luce su alcuni aspetti delle relazioni umane.

Di come, a poco a poco, le relazioni con gli altri riescano a trasformarci, talvolta positivamente, altre volte negativamente, senza che noi riusciamo ad accorgercene.

Spesso siamo vittima dei comportamenti menefreghisti di coloro a cui vogliamo bene; veniamo usati, proprio da coloro per cui avremmo dato tutto.

Molte volte, dopo essere stati ingannati, saremmo disposti a sacrificare tutto ciò che amiamo di più al mondo, per la pura sete di vendetta.

(Durante la stesura di HOE ho ascoltato a repeat la canzone The Unlucky Friend dei Dig. Il ritmo altalenante della canzone, a mio modesto parere, si sposa bene con il testo, dato che è stato partorito su quelle stesse note. Consiglio di ascoltarla a repeat in sottofondo per creare la giusta atmosfera.)



 

  
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