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Autore: Miki_TR    17/10/2010    7 recensioni
-E' una brutta abitudine, lo sai Gellert?-
Un incontro imprevisto e inaspettato.
Scritta sul prompt Fumo di bingo_italia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Il Fuggiasco e il Carcerato
(Bingo, prompt Fumo)


-Dove andrà, Silente?- bisbigliò la professoressa McGranitt. -In Grimmauld Place?-
-Oh, no- rispose Silente con un sorriso cupo [...].
Fanny fece il giro dell'ufficio e si librò bassa sopra di lui. Silente lasciò andare Harry e levò una mano per afferrare la lunga coda dorata della fenice. Un attimo dopo erano entrambi scomparsi in un lampo di fuoco.
J.K. Rowling, "Harry Potter e l'Ordine della Fenice", pagg. 582 e 583


La piuma cadde dalla mano di Gellert quando la porta della sua cella si aprì. Poi, quando la figura dell'uomo sulla soglia si avvicinò alla luce della torcia abbastanza da essere vista, la pipa che Gellert stava fumando raggiunse la piuma sul pavimento, che per fortuna era di pietra.
L'odore dolce del tabacco si diffuse nell'aria con il fumo bianco, ma Gellert non vi badò.
-Io- disse, e si fermò, incredulo. L'uomo sulla porta inclinò la testa da un lato, un sorrisetto divertito sulle labbra, come se si beasse dell'esitazione dell'altro. -Ti stavo scrivendo- concluse debolmente Gellert.
-Molto carino da parte tua- rispose educatamente Albus, e il suo sorriso divertito si allargò appena un poco. Gellert sembrava inchiodato alla sedia. -Non mi inviti ad entrare?-
Gellert pensò che l'avrebbe stupito di meno vedersi comparire davanti la morte con cappuccio e falce, come la disegnavano i babbani. Ma poi notò il modo in cui le labbra di Albus si stavano contraendo, e si accorse che stava per scoppiare a ridere.
Quella dannata vecchia volpe. Lo stava prendendo in giro.
Bene, era un gioco che potevano fare in due.
Con una grazia appena un po' più rigida di quella che aveva da giovane, raccolse da terra la pipa e la piuma, poi fece un inchino elegante al suo più vecchio amico.
-Accomodati- gli disse, -e perdona il disordine. Non aspettavo visite-.
Albus entrò e rispose all'inchino. Qualcosa luccicava nei suoi occhi, ma Gellert ormai conosceva la sua mente molto più del suo viso, e non sapeva dire se erano davvero lacrime.
Sapeva però di essere lui stesso ad un passo dal piangere.
Non aspettava Albus quella notte. Non credeva, sinceramente, che lo avrebbe rivisto da quel lato della morte.
E invece lo aveva lì, a pochi centimetri. A portata delle sue mani.
Senza nemmeno rendersene conto, si strofinò un occhio con la mano libera, ignorandone deliberatamente l'umidità.
Albus lo notò, com'era prevedibile.
-Hai qualcosa nell'occhio?- gli domandò casualmente. Gellert rischiò di scoppiare a ridere. O a piangere.
-Il fumo della pipa. E la tua scusa qual è?-
Albus si sedette sul letto di Gellert, tirò fuori dalla tasca un fazzoletto, tolse gli occhiali e si asciugò gli occhi. -C'è polvere in questa stanza-.
Gellert si andò a sedere al suo fianco, gli prese la mano e gli portò via il fazzoletto. Lo mise in tasca. L'avrebbe aiutato, quando lui se ne fosse andato, a rendere reale quell'esperienza.

E poi restò lì, semplicemente, con la mano di Albus nella sua, a guardarlo. Merlino, non aveva nemmeno chiuso la porta, ma Gellert non si sarebbe mosso in cambio dell'Europa su un piatto d'argento con le Americhe per guarnizione. Desiderava chiedergli quanto tempo avessero, ma gli faceva paura la risposta; anche fossero stati anni, non sarebbero bastati. E non erano anni. Al massimo, se era fortunato, ore.
-Posso offrirti qualcosa?- chiese dopo un po', per spezzare quel silenzio in cui Albus si limitava a guardarlo e lui si limitava a guardare Albus.
Albus rise. -Cosa?-
Gellert non aveva nulla. Per qualsiasi cosa, liquori, cibo, rinfreschi, avrebbe dovuto chiamare l'elfo domestico, e non voleva farlo. Tese ad Albus la pipa che aveva in mano, ormai quasi spenta.
-E' una brutta abitudine, lo sai Gellert?- lo rimproverò Albus, accettandola. Fece un tiro esitante, seguito da uno più deciso. Le braci si accesero e l'odore dolciastro impregnò l'aria, leggermente fastidioso. Gellert riusciva solo a pensare alle labbra di Albus posate sulla sua pipa. -Me lo dicevi sempre- rispose sommessamente.
Albus non rispose e continuò a fumare in silenzio.
-Che è successo?- gli chiese alla fine Gellert. Per quanto quella visita fosse una specie di incantesimo, non era normale che Albus Dumbledore si presentasse nella sua cella in piena notte, senza apparentemente nulla da fare, quando Gellert sapeva benissimo che Albus stava combattendo una guerra spietata dal suo ufficio di Preside.
-Ah, Gellert- rispose Albus, sorridente, -apparentemente sono appena stato licenziato-.
-Cosa?- Gellert scattò, indignato. Chi era l'idiota che...
-Ma non è la parte più divertente- continuò Albus, interrompendolo. -Sono anche un criminale, mi dicono. Un cospiratore. Pensa, volevo creare un esercito di ragazzini per rovesciare il Ministero!-
Suo malgrado, Gellert rise. Quel modo di fare di Albus, la sua ironia irriverente, era sempre stato contagioso, per lui, e rinfrescante. Era qualcosa che amava, e solo Albus riusciva a parlare in quel modo. E a farlo ridere, persino a Nurmengard.
-Raccontami tutto- gli disse quando si fu calmato, sistemandosi più comodo e appena un poco più vicino ad Albus.
Lui gli passò la pipa. Gellert l'accettò e la mise in bocca, indugiando un istante sul sapore familiare del legno e su quello quasi dimenticato della bocca di Albus. Poi si mise ad ascoltare.

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-...Insomma,- stava dicendo Albus, -alla fine Fudge si è lasciato convincere della mia colpevolezza. Così ha deciso che dovessi essere scortato in prigione...-
Rideva mentre parlava, e Gellert, steso al suo fianco, con il capo posato sulle sue ginocchia, si asciugò gli occhi dalle proprie lacrime di ilarità.
-E tu hai deciso di sceglierti la prigione che volevi!-
-Precisamente!-
Nuove risate, di gusto, di cuore. Forse nemmeno in quell'estate di tanti anni prima c'era stata tra loro una tale spensieratezza, o una tale comprensione. Probabilmente perché allora nessuno dei due immaginava cosa significasse non avere tutto quello che avevano. Fiducia, tante possibilità, l'altro a portata di mano. Adesso che i secondi erano contati, tra loro, sapevano davvero quanto preziosi fossero gli istanti della più banale compagnia.
Gellert assaporò quel momento perfetto, quella bolla di infantile divertimento nella loro buia realtà quotidiana, le dita di Albus tra i nodi nei suoi capelli bianchi, il sapore del tabacco sulla lingua, il fumo bianco che si innalzava in pigre volute verso il soffitto della sua cella.
Un momento bellissimo di paradiso.

Tacquero per qualche istante, le spalle di entrambi ancora scosse da sprazzi di risa trattenute. Ci volle qualche minuto perché si calmassero; poi nella stanza scese un silenzio surreale, tranquillo. Non parlarono a lungo.
Gellert, sempre impaziente, fu il primo a rompere quella quiete. Si era illuso per qualche ora, ma doveva sapere.
-Quanto resterai?- chiese, e improvvisamente i due maghi tornarono seri.
-Se mi vuoi, questa notte-.
Mancavano poche ore all'alba, e il cuore di Gellert si strinse. Così poco.
-Soltanto- commentò, in tono amaro.
Albus si chinò verso di lui e gli baciò la fronte, teneramente. -Mi dispiace- sussurrò, -sai che se potessi...-
-Sì, lo so- lo interruppe Gellert, -chi non vorrebbe trascorrere gli ultimi anni a Nurmengard? Passami quella pipa-.
-Sempre sarcastico- commentò Albus.
Gellert si raddrizzò, scrollandosi dalla testa la sua mano, stizzito. Stava per rimettersi a piangere e si diede da fare per rinfocolare le braci, sperando di distrarsi.
Quando la pipa riprese a tirare alzò lo sguardo, e questa volta non ebbe dubbi su cosa facesse luccicare gli occhi di Albus, perché una lacrima scorreva veloce verso la punta del suo lungo naso.
E la sua rabbia si sciolse. Che cosa avrei potuto fare nella mia vita, si chiese, con a fianco quest'uomo incredibile, a calmarmi e a farmi ridere?
Abbracciò Albus e si appoggiò contro di lui, senza parlare. Istintivamente, come facevano quasi un secolo prima, si mossero quel tanto da stare comodi, appoggiati l'uno contro l'altro, pronti a parlare per ore, e a ridere e a litigare di nuovo, come avevano sempre fatto quell'estate che era tutta la loro vita insieme. Ma rimasero in silenzio per il resto della notte, senza una parola, a condividere l'uno la presenza dell'altro, fumando insieme una vecchia pipa babbana, la stessa che avevano condiviso in quell'estate lontana.

Solo verso mattina, quando già sembrava inevitabile il distacco e gli occhi di Gellert fissavano il cielo troppo chiaro tra le sbarre, Albus parlò.
-Ah, Gellert- disse, e di nuovo gli baciò la fronte, -ma chi non vorrebbe trascorrere gli ultimi anni con te?-
Gellert non rispose. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare in quella pace sovrannaturale.
Nessuno dei due parlò più.

 


Note Noiose:
Ho scritto questa fic per pagare pegno a s0emme0s che me l'ha chiesta in questo meme.
Siccome lei non mi aveva specificato nessun prompt nella richiesta, ma solo un pairing (ovviamente Albus/Gellert ^^) ho scritto una fic su uno dei prompt del Bingo, Fumo. Prompt che non so bene perché ha formato fin dal primo istante l'idea di Gellert (un giovane Gellert, qui solo evocato) con la pipa in mano. La mia mente è una cosa strana.
La fic nasce un po' dalla curiosità che mi ha sempre ispirato il dialogo che ho citato all'inizio (siamo nell'ufficio di Dumbledore, e la Umbridge ha appena scoperto le riunioni segrete di Harry e compagnia; Dumbledore se ne attribuisce la colpa e fugge da Hogwarts): perché Dumbledore non è andato al quartier generale dell'Ordine, che era il posto più intelligente dove andare?
So che probabilmente la risposta è: perché a JKR serviva che non fosse lì. Ma ho pensato che, libero dagli impegni, potesse aver deciso di togliersi un piccolo sfizio personale: Gellert, naturalmente.
Ultima nota. Quando dico che se ne stanno in silenzio per quasi tutta la notte abbracciati a fumare, intendo che se ne stanno in silenzio quasi tutta la notte abbracciati a fumare, non che succedono cose non adatte ai minori e io sono crudele e non le descrivo. Non ci stava, in questo contesto, ecco.
Stanno solo insieme. Mi sembra sia abbastanza.

  
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