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Autore: roxy_xyz    17/10/2010    14 recensioni
C’era stato un tempo in cui erano soliti passare ore e ore a parlare davanti al camino della Sala Comune prima, e dopo davanti a quello di Grimmauld Place, mentre ora le poteva leggere negli occhi solo paura. Aveva paura di lui. Come poteva essere? Durante gli anni trascorsi a Hogwarts erano stati inseparabili ed era stata lei a trasmettergli la forza necessaria per sconfiggere Voldemort. A quel tempo Harry sapeva bene che il compito di sconfiggerlo ricadeva su di lui, ma a guidarlo era stata soprattutto la consapevolezza che se non avesse agito per il meglio al mondo non ci sarebbe stato più niente di bello. Nemmeno lei. E ora erano arrivati a quel punto di non ritorno. Non poteva sfiorarla. Non poteva piangere o urlare per la rabbia. Non poteva. Doveva farlo per lei, e per dimenticare quell’unico momento di debolezza che aveva incrinato la loro amicizia

Avete mai pensato perché Hermione chiama sua figlia "Rose"? Ecco, la mia storia nasce da una discussione avuta con un'amica e sul fatto che nella famiglia di Harry ci fosse questa tendenza ad usare i nomi di fiori. Pensate a Lily, Petunia e... Rose.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Racconto di inverno

Racconto di inverno

 

 

Non aveva smesso un attimo di piovere, la pioggia aveva cominciato a cadere già durante la notte, ma era stato il vento a renderla ancora più forte e feroce, mentre ogni cosa veniva portata via dalla sua furia.
Era una tipica giornata d’inverno e Harry Potter stava trascorrendo il pomeriggio a guardare fuori dalla finestra, considerando quanto il suo stato d’animo fosse così simile al tempo. Non era riuscito a chiudere occhio, e non per via del maltempo o di qualche preoccupazione legata al lavoro, ma piuttosto per un nodo alla bocca dello stomaco che lo rendeva inquieto e triste. Impossibile negarlo, era stanco di essere forte ad ogni costo.
Non gli era concesso essere debole o egoista, ma solo di recitare il suo ruolo di Salvatore del Mondo Magico fino alla fine. E mai prima di allora, si era sentito così frustrato e bloccato in quella specie di prigione dorata, invisibile a tutti, persino alla sua migliore amica. Anche Hermione, che aveva sempre avuto una specie di sesto senso per quel genere di cose, sembrava essere sorda alle sue richieste di aiuto. Malgrado ciò, Harry non riusciva a essere arrabbiato con lei. Persino in quel momento, mentre lei dormiva beata sulla poltrona, ignara di quello che stava provando.

Si era addormentata mentre leggeva il fascicolo del caso, e non poteva biasimarla. Quando lui aveva letto le prime righe aveva sbadigliato un paio di volte per poi dedicarsi a un altro tipo di lettura, facendo finta di lavorare.
Era seduta vicino al camino e la coperta le era scivolata sul tappeto, come anche il lavoro che aveva portato con sé. I capelli sembravano in fiamme per via del fuoco e il suo viso era ancora più bello, illuminato da quella luce.
La corrente, sempre più forte, fece sbattere le ante degli infissi riportandola bruscamente alla realtà. Si guardò intorno come se non riconoscesse l’ambiente che la circondava per poi sorridere a Harry, che non aveva smesso un attimo di guardarla.
“Dovevi svegliarmi.” disse, stiracchiandosi.
“Scusa, non ne ho avuto il coraggio, eri così bella.”
“Sì, certo come no! Stavi solo festeggiando perché così non potevo tormentarti col caso,” commentò con sarcasmo. Sapeva di essere ossessiva e, a volte, noiosa quando si trattava di lavoro. Quel giorno aveva chiesto il parere del suo amico perché, per la prima volta, aveva messo in dubbio il proprio giudizio.
“Allora è innocente?” gli chiese timorosa.
“Sì.” Fu la semplice risposta di Harry.
“Davvero? Allora avevo ragione!” Gli occhi le luccicarono per la felicità. “Che cosa ti ha convinto? C’è qualcosa che mi è sfuggito in quei documenti?
“No, nulla, anche perché quei fogli non li ho letti.”
“Che cosa? E cosa hai fatto mentre dormivo?” sbottò irritata. Era venuta da lui per chiedergli aiuto, per essere rassicurata, e ora aveva ancora più dubbi.
“Leggevo altro,” rispose con tono piatto, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Furono quelle ultime parole a irritarla; si alzò di scatto dalla poltrona per raccogliere le sue cose, con l’intenzione di andarsene. “Ti avevo chiesto una sola cosa! E tu niente, come al tuo solito, del resto.”
“Non ho bisogno di leggere quel dannato fascicolo,Mione. Il caso lo conosco a memoria, dopotutto l’ho arrestato io il tuo cliente!
“Appunto! E ora lo reputi innocente, non posso negare di essere parecchio confusa.
“L’ho arrestato perché tutte le prove portavano a lui, ma tu hai accettato la sua difesa, non l’accusa, e questo mi ha convinto che ero io e non tu ad avere torto.”
Ora era stupita, non capiva nulla di quello che stava blaterando il suo amico. Era stupido o aveva preso troppi Anatemi in testa?
“Quindi, tu mi stai dicendo che hai sbagliato a giudicarlo solo perché io lo credo innocente?” ricapitolò la ragazza.
“Esatto.”
“E perché? Harry spiegati, mi stai facendo impazzire oggi!” disse, lasciandosi cadere sulla poltrona. Era esausta e il suo migliore amico stava portando al limite la sua pazienza.
“Hermione, io mi fido ciecamente di te. Ogni cosa che fai viene prima pensata e analizzata in tutte le sue probabilità. Se tu mi dici che è innocente, lo è. Tu non ti pronunci prima di avere prove e in passato hai spesso avuto ragione, per non dire sempre. Hai una mente formidabile che, insieme al tuo incredibile istinto, non ti hai mai fatto sbagliare, e queste tue caratteristiche ti rendono unica. Ora tranquillizzati perché domani andrà tutto bene: lui è innocente e ha te che lo sosterrai.”
Ora lo fissava con la bocca aperta. Come poteva farla innervosire un attimo prima per poi dire quelle cose così belle su di lei? Era impossibile resistergli, vinceva sempre lui, quindi con un sorriso si andò a sedere al suo fianco.
“Grazie,” gli sussurrò.
Lui la guardò a lungo e le sorrise in quel modo talmente disarmante da farle venire i brividi. Calò un silenzio irreale e la ragazza sentì il bisogno di allontanarsi, di scappare da quel salotto, anche se nello stesso tempo c’era qualcosa che la inchiodava lì, accanto a lui.
Cosa stavi leggendo prima?” chiese, cercando di spezzare la tensione creatasi.
Un’ombra passò tra gli occhi verdi del ragazzo. “Racconto di inverno di William Shakespeare.”
“Shakespeare? E da quando lo leggi?”
“Ero curioso… come sempre, del resto!” disse, sorridendo per le sue stesse parole.
“Di cosa parla?”
“È la storia di due amici di infanzia: Polissene e Leonte. Quest’ultimo crede che la sua sposa Hermione…”
“Hermione?” chiese, interrompendo l’amico.
“Sì, si chiama come te. Quindi dicevo… Leonte crede che Hermione lo tradisca con il suo migliore amico e comincia a pensare che il figlio che lei porta in grembo non sia suo, ma del suo amico,” concluse Harry, prendendole le mani.
Quella storia la infastidì e il fatto che lui non avesse mai smesso di guardarla mentre la raccontava la metteva a disagio.
“Ed era vero? Insomma, lo tradiva?”
“No. Ma lui lo crederà fino alla morte di Hermione, quando ormai sarà troppo tardi.” La voce di Harry divenne un sussurro, per l’emozione, come se volesse comunicare tanto altro con quelle poche e semplici parole.
Le mancava l’aria, doveva andare. “È tardi, devo passare a prendere Rose, Molly starà impazzendo.”
“Non è vero. Dovresti smettere di avere paura di me, non ti salto mica addosso!
Perché le era successo tutto questo? Se solo avesse potuto, Hermione sarebbe tornata indietro nel tempo, al loro primo incontro, avvenuto grazie a Neville e al suo rospo, sulla carrozza dell’Espresso che li avrebbe portati a Hogwarts. All’epoca era tutto così bello e facile.
“Sai, Rose è identica a te,” le disse per calmarla.
“Non direi, è identica a suo padre: impulsiva, avventata e, come lui, non pensa mai prima di parlare,” disse, rivolgendogli un’occhiata tagliente.
“ Io quando la guardo vedo te…”
Ma se anche il colore dei capelli li ha presi dalla parte paterna!” Era veramente irritata, anche perché aveva sperato che sua figlia le assomigliasse, e invece non aveva preso nulla da lei.
“Vero. Ma quando è arrabbiata arriccia il naso come te… come adesso, a dire il vero. E quando ride, diamine, è bellissima.” Era visibilmente emozionato mentre le parlava. Hermione era capace di fargli disconnettere del tutto il cervello, dando il via libera al suo cuore, che in quel momento gli stava per scoppiare nel petto.
“Per favore…” Fu un semplice sussurro, ma alle orecchie di Harry suonò come un urlo disperato.
C’era stato un tempo in cui erano soliti passare ore e ore a parlare davanti al camino della Sala Comune prima, e dopo davanti a quello di Grimmauld Place, mentre ora le poteva leggere negli occhi solo paura. Aveva paura di lui. Come poteva essere? Durante gli anni trascorsi a Hogwarts erano stati inseparabili ed era stata lei a trasmettergli la forza necessaria per sconfiggere Voldemort.  A quel tempo Harry sapeva bene che il compito di sconfiggerlo ricadeva su di lui, ma a guidarlo era stata soprattutto la consapevolezza che se non avesse agito per il meglio al mondo non ci sarebbe stato più niente di bello. Nemmeno lei. E ora erano arrivati a quel punto di non ritorno. Non poteva sfiorarla. Non poteva piangere o urlare per la rabbia. Non poteva. Doveva farlo per lei, e per dimenticare quell’unico momento di debolezza che aveva incrinato la loro amicizia.
Le tese la mano. “Andiamo alla Tana, c’è anche il mio Albus con i nonni.”
Hermione gli rivolse un sorriso tremulo prima di baciare il palmo della sua mano.
“Non mi hai ancora detto come finisce la storia.”
Leonte scopre che sua moglie non è realmente morta e che la statua costruita in suo onore non è altro che Hermione stessa trasformata in pietra con la magia da una strega, per non permetterle di morire d’amore. Leonte capisce di avere sbagliato e riesce a farle riprendere le sue sembianze umane,” concluse, cercando di placare il tormento che lo stava devastando.
“Andiamo insieme?” chiese infine l’amica ponendo fine a quell’attimo magico.
E loro erano davvero innocenti?
Harry le aveva preso la mano, intrecciandola alla sua.
Non c’era nessuna colpa da espiare. Non più.
“Come sempre.”

 

 

 

 



Questa storia nasce da una conversazione avuta con Herm735 che mi faceva riflettere sul perché Hermione avesse chiamato sua figlia proprio Rose e come nella famiglia di Harry ci fosse questa tendenza ad usare nomi di fiori (Lily e Petunia, no?). L’ho scritta di getto oggi, ero in vena, sarà questo tempo uggioso che mi ha ispirato, quindi non sarà perfetta. I riferimenti all’opera di Shakespeare sono veri, ho deciso di usare la mia laurea per qualcosa di buono!!!Un bacio

NdA Edit del 29/01/17: revisionata da Jaybree.
   
 
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