Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: samek    18/10/2010    3 recensioni
Due colpi secchi risuonarono alla porta e Albus Silente distolse l’attenzione dal compito di Trasfigurazione che stava correggendo.
«Avanti» scandì a voce alta e la porta si aprì con un cigolio sommesso, rivelando la figura avvenente del Prefetto Serpeverde Tom Riddle.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le fiamme sfavillavano allegre nel camino, nel tentativo di scaldare l’ambiente, in una delle giornate più fredde d’autunno

Fandom: Harry Potter;
Pairing: Albus/Gellert (accenni);

Personaggi: Abus Silente, Tom Riddle, Gellert Grindelwald, Lord Voldemort,;
Rating: Pg13;
Genere: Introspettivo, Romantico;
Warning: Death, Missing Momento 7° libro, Slash;
Beta: Narcissa63;
Summary: Due colpi secchi risuonarono alla porta e Albus Silente distolse l’attenzione dal compito di Trasfigurazione che stava correggendo.

«Avanti» scandì a voce alta e la porta si aprì con un cigolio sommesso, rivelando la figura avvenente del Prefetto Serpeverde Tom Riddle.

Note: Scritta per la Ragenbogen Challenge di grindedore_ita, su prompt: Indaco – Voldemort. La mia tabella: QUI.

Nota inutile: Mi era mancato scrivere di Tom

 

DISCLAIMER: Sapete di chi sono, ormai lo sanno anche i muri, e non ho ancora trovato nessuno disposto a pagarmi per ciò che scrivo, quindi…

 

 

Requiem of Icarus

 

Che i guerrieri invochino pure a gran voce dei di sangue e di tuono;

l'amore è duro, più duro dell'acciaio e tre volte più crudele.

E' inesorabile come il mare, e vita e morte seguono la sua scia.*

 

Le fiamme sfavillavano allegre nel camino, nel tentativo di scaldare l’ambiente, in una delle giornate più fredde d’autunno. Due colpi secchi risuonarono alla porta e Albus Silente distolse l’attenzione dal compito di Trasfigurazione che stava correggendo.

«Avanti» scandì a voce alta e la porta si aprì con un cigolio sommesso, rivelando la figura avvenente del Prefetto Serpeverde Tom Riddle.

«Buonasera, signore. Spero di non disturbarla» esordì il ragazzo, con quell’impeccabile cortesia che ammaliava tutto il corpo docente, ma non Albus.

«Buonasera, Tom. Cosa posso fare per te?» l’uomo lo invitò ad accomodarsi con un gesto della mano.

«A dire il vero, Professor Silente, sono venuto a riportarle questo. Deve esserle caduto in un corridoio, c’è il suo nome all’interno della copertina» spiegò il ragazzo, posando sulla scrivania una copia in runico di “Le fiabe di Beda il Bardo” e prendendo posto di fronte a lui.

In realtà, il docente non era affatto stupito dell’improvvisa visita. Infatti, quella sera aveva percepito con chiarezza un incantesimo sfiorare la propria cartella e romperla, spargendo i propri libri a terra e, in seguito, aveva notato la scomparsa del volume. Tuttavia sapeva di non essere affatto apprezzato da quell’alunno, quindi non ne fece cenno, perché se Tom Riddle era ricorso ad un simile stratagemma per parlargli, allora doveva avere in mente qualcosa di preciso.

«Ti ringrazio, è stato gentile da parte tua riportarmelo» si limitò ad asserire.

«Posso chiederle cosa trova d’interessante in un libro di favole, signore?» domandò il ragazzo con quella che parve genuina curiosità, ma in fondo al suo sguardo – o forse nell’accento della sua voce – Albus distinse una nota di scherno.

«Sono più profonde di quello che sembrano, sai Tom? Sono scritte tanto per i bambini, quanto per gli adulti» rispose criptico, trincerandosi dietro un sorriso, «Le hai mai lette?» aggiunse, ben sapendo che il Serpeverde era cresciuto in mezzo ai babbani, ignaro di essere un Mago.

«L’ho fatto stasera» ammise quest’ultimo, celando una punta di fastidio per l’essere stato scoperto.

«E quale ti è piaciuta di più?»

«Quella intitolata “I tre fratelli”, signore»

“Ah, ecco,” pensò l’insegnante “stiamo arrivando al punto”.

«È anche la mia preferita» rivelò per incoraggiarlo a continuare.

Gli occhi di Riddle lampeggiarono di rosso. «È vero ciò che taluni affermano, Professore? I Doni della Morte esistono davvero?»

«Forse, non ci sono prove concrete» rispose circospetto l’interpellato.

«Però ci sono diverse testimonianze storiche, attraverso i secoli, sulla Bacchetta di Sambuco» obiettò il Prefetto.

«È vero, ma non possiamo essere certi che si tratti sempre della stessa, o che sia proprio quella della fiaba di Beda e non la semplice spacconata di qualche pallone gonfiato» chiarì Silente «Inoltre, spero tu ti renda conto che la storia che ruota attorno a questi oggetti – reali o meno che siano – è solo una leggenda».

Il giovane annuì in risposta, ma il suo sguardo era distante.

«Del tè, Tom?» lo riscosse Albus, scaldando il bricco dell’acqua con uno svolazzo della mano, prima di versare la bevande in due tazze bianche. Al suo gesto, subito il vapore si arricciò nell’aria in un rivolo fumoso, attirando l’attenzione dello studente.

«Come ci riesce?» domandò, scrutandolo con rinnovato interesse.

«A fare cosa?»

«A compiere magie senza bacchetta. Ho notato che non la usa spesso, signore» chiarì il Serpeverde.

Il Capocasa Grinfondoro si era accorto che, da quando aveva sconfitto Gellert Grindelwald, Tom Riddle provava per lui una sorta di riluttante e ben nascosta ammirazione. Era convinto che gli fosse costato parecchio porgergli quella domanda, così come mettere piede nel suo ufficio, ma il giovane era evidentemente convinto che lui avesse le risposte.

«Nello stesso modo in cui ci riesci tu, fin da prima che ci conoscessimo» rispose sibillino. Ricordava chiaramente le parole che quel ragazzo, appena undicenne, gli aveva rivolto quando era andato a trovarlo all’orfanotrofio babbano dove abitava,  per spiegargli che era un Mago.

«Muovo le cose senza toccarle. Faccio fare agli animali quello che voglio senza addestrarli. Faccio capitare cose brutte a chi mi da fastidio. So ferirli, se voglio»*.

«Zucchero o latte?» aggiunse poi, come se fino a quel momento avessero parlato del tempo.

«Nulla, grazie» rispose il ragazzo, prendendo la propria tazza. «Quelle volte» aggiunse poi, riferendosi agli episodi di quand’era bambino «non erano… volute».

«Non lo erano, ne sei davvero certo?» lo interrogò Silente, scrutandolo intensamente.

«Come lo controlla?» chiese allora Riddle.

«Allo stesso modo in cui controllo la magia quando uso la bacchetta, solo con più determinazione. Rievoco i sentimenti che la innescano e poi la focalizzo, proprio come fai tu quando ordini alle persone di dirti la verità e leggi i loro pensieri» spiegò, sorbendo un sorso di tè.

Gli occhi di Tom si strinsero sino a diventare una sottile lama d’ossidiana. «Lei come lo sa?»

Albus sorrise, ma non rispose. Invece asserì: «Tu mi ricordi un ragazzo che conoscevo, Tom. Era estremamente affascinante e dotato, proprio come te».

«E che ne è stato di quel ragazzo?» replicò annoiato, anche se quel riconoscimento dall’insegnante che non l’aveva mai stimato,  doveva aver avuto un certo effetto su di lui.

«Ha raggiunto le vette più alte» rispose l’uomo, e vide i suoi occhi incendiarsi nuovamente di vermiglio «ma poi, come Icaro, le sue ali di cera si sono sciolte ed è precipitato fino a toccare il fondo».

«Dunque è per questo che ha procrastinato per ben cinque anni, prima di affrontare Grindelwald? Lei lo conosceva bene» arguì il Prefetto.

«Come vedi, sai benissimo come utilizzare la magia senza impugnare la bacchetta» ribatté Silente, incassando la frecciata senza smentire.

«Non ho bisogno di usare la Legilimanzia per capire una cosa simile, è sufficiente la logica. E d’altronde, lei è un Occlumante troppo esperto, signore» Riddle si alzò, evidentemente ritenendo che non vi fosse nient’altro d’interessante da aggiungere.

«Prendi una caramella, Tom» Albus gli allungò una confezione di Apifrizzole «E la prossima volta che vuoi parlarmi, vieni direttamente a cercarmi, non è necessario affatturare la mia borsa» concluse e, nel modo in cui l’allievo serrò la mascella, lesse tutto il suo fastidio per avergli rubato l’ultima parola.

 

*°*°*°*°*

 

Era una notte fredda e senza luna, il vento sferzava con forza il Mare del Nord, spazzando via le nuvole. Nella sua piccola cella, in cima alla torre nera di Nurmengard, Gellert Grindelwald si strinse in una sottile coperta, ruvida per l’umidità e rabbrividì, disteso sulla piccola branda che gli faceva da giaciglio.

Un rivolo di nebbia scivolò, sinuoso come un serpente, tra le sbarre della finestra e, non appena toccò terra, una figura ammantata di nero di materializzò nella stanza. Occhi vermigli lo scrutarono, incastonati in un volto bianco come carta e piatto come quello di un rettile.

Gellert si issò a sedere e sorrise, osservando il viso del Mago che aveva ordinato l’omicidio del suo vecchio amico. «E così sei venuto. Sapevo che saresti arrivato… un giorno. Ma il tuo viaggio è stato inutile, io non l’ho mai avuta» affermò, mostrandogli senza vergogna il proprio corpo emaciato, ridotto ad uno scheletro.

La bellezza l’aveva abbandonato decenni prima, con il sopraggiungere della vecchiaia, ma da un anno Grindelwald aveva smesso di mangiare, attendendo la morte.

«Tu menti!» sibilò quella patetica caricatura d’uomo.

Era orribile il modo in cui si era ridotto per i propri sogni di gloria. Il suo aspetto era il riflesso della sua anima frantumata e l’essere che era stato Tom Riddle lo sfoggiava con orgoglio, quasi fosse un vanto.

«Allora uccidimi, Voldemort, io accetto volentieri la morte! Ma la mia morte non ti darà quello che cerchi… ci sono tante cose che non capisci…» Gellert non aveva paura della morte, non ne aveva mai avuta, anche se aveva desiderato il potere.

Una volta voleva diventare grande, rinnovare il mondo, essere ricordato per sempre e rendere il proprio nome immortale. Ma aveva fallito e tutto quello non aveva più importanza ora, perché se cinquant’anni di prigionia erano una tortura che toglieva il senno, un mondo senza Albus Silente semplicemente non aveva senso.

«Blateri proprio come il tuo vecchio amico» sogghignò il nuovo Signore Oscuro «Ma sai cosa pensava di te, l’uomo che ti ha rinchiuso fra queste mura? Che tu fossi un fallito, un povero sciocco che aveva volato troppo in alto ed era precipitato al suolo. Ed aveva ragione. Sei un relitto, Grindelwald, non vali nemmeno l’ombra della tua grandezza» lo schernì.

«Uccidimi, allora!» rise l’altro, riconoscendo in quell’essere qualcosa della propria antica arroganza.

Ma Gellert non era mai stato tanto stupido, perché conosceva la forza più grande, quella che Voldemort non aveva mai compreso e disdegnava come fosse una debolezza. La stessa che, invece, aveva portato lui a tentare di costruire un regno migliore, creato per essere condotto da due persone dall’intelligenza superiore; quella che gli aveva regalato due mesi di follia giovanile, i più belli della propria vita.

«Tu non vincerai, non puoi vincere! Quella bacchetta non sarà mai, mai tua…» perché non ne era degno, proprio come non lo era stato lui.

Vide Voldemort alzare la bacchetta, furioso, e non sentì alcuna paura, solo un travolgente senso di sollievo. Il tempo era ormai agli sgoccioli, le pedine sulla scacchiera erano disposte da mesi e lo Scacco Matto si approssimava, ma quel folle non stava segnando la sua fine, bensì la propria.

Quando il lampo dell’Anatema che Uccide lo raggiunse, verde come i prati della brughiera inglese, Grindelwald sorrise e lo accolse a braccia aperte.

 

FINE.

 

*La frase d’introduzione è tratta da La Prescelta e L’Erede” di Jacquelin Carey.

Le parole di Tom da bambino sono tratte da “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”, mentre quelle in corsivo dello scontro fra Voldemort e Gellert da “Harry Potter e i Doni della Morte”.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: samek