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Autore: shine_gr    19/10/2010    2 recensioni
…ad invocare il mio perdono,
questa è la mia vendetta,
il mio piatto prelibato
e non voglio rinunciare
al sapore del tuo dolore.
Per niente potrei rinunciare
Al piacere del tuo dolore…
-La vendetta- Alessandro Bianchi
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Salve a tutte, eccomi qui con anche su EPF con la mia prima storia sul mondo della Meyer, inutile dire che adoro questa saga, i personaggi ecc... ecc... Allora questa storia di divide in due libri: il primo sarà dal punto di vista di un mio nuovo personaggio, che adoro xD, e il secondo sarà dal punto di vista della nostra Bella e anche di qualche altro personaggio. Sperò che la storia vi piaccia, perchè essendo il mio primo racconto ci sono molto affezionata. La stò postando anche su un forum ed è ormai agli ultimi capitoli. Metto pure la nuova copertina della ff fatta da me, tempo fa ne avevo fatta un'altra ma questa è decisamente meglio >,< Be' è tutto. Buona lettura.
 

Abyss
LIBRO PRIMO

                                                                                                                             

            PROLOGO
  Vendetta. Questa è l’unica ragione della mia esistenza. Vendicare colei che avevo amato, colei che nel buio dei miei giorni, illuminò il mio cammino. Un abisso di dolore e sofferenza è parte di me senza di lei. L’ho amata e più passa il tempo più la amo, ma più passa il tempo, più odio chi l’ha allontanata da me, portandola in un luogo dove, alla fine di quest’inutile esistenza, io la raggiungerò. Ma prima, o ma prima, staccherò la testa a colui che l’ha uccisa.

        
   1° capitolo
 
Un altro giorno è passato, la luna stava occupando il posto del sole, la luce lasciava lo spazio alle tenebre. Amavo come il buio avvolgeva il mondo, la penombra rendeva tutto così misterioso ed affascinante, dava all’umanità sfumature così singolari che ne restavo, ancora oggi, stregato.
Tutti vicino a me stavano cedendo ai loro istinti primitivi, di disumani cacciatori quali eravamo.
Il letale predatore a breve avrebbe strappato la vita ad una preda innocente”.
A me non andava di cacciare questa notte, mi sentivo ancora ubriaco per tutto il sangue con cui ieri mi ero nutrito. Rimarrò qui ai margini della radura, immobile come solo una statua può fare, per ammirare colei che amo, mentre, persa nei suoi pensieri, contemplava le stelle.
“Dafne?” la chiamai imbarazzato, abbassando lo sguardo.
La sua presenza m’innervosiva. La sicurezza che la mia razza superiore dava, era completamente abbattuta, non appena mi avvicinavo a lei.
Adoravo tutto di lei: il suo corpo flessuoso, i suoi capelli neri come una notte senza stelle, la sua dolce e calda voce, i suoi profondi occhi che potevo restare a guardarli senza stancarmi mai.
“Dimmi Veive.” 
La sua voce era gentile come sempre. Lei era diversa; non era fredda come il ghiaccio, nei suoi occhi non c’era odio né morte. Lei era unica e per questo l’amavo.
“Sai, ogni notte, quando non vai a cacciare, ti perdi nei tuoi pensieri”. Parlai balbettando, ero ancora più imbarazzato, perché non volevo essere indiscreto, ma il mio desiderio di conoscerla e capirla era troppo forte. “ Ecco, insomma… vorrei capire il perché”.
Lei non si arrabbiò, anzi non mostrò nessun minimo turbamento per la mia domanda sfacciatamente curiosa.
C’era da aspettarselo. Lei era buona con tutti; aveva sempre quello stupendo sorriso scolpito sul viso. Difatti, mi sorrise affettuosamente e mi guardò con uno sguardo profondo e carico di emozioni. Rimasi sorpreso da quel contatto e impacciato rivolsi altrove il mio sguardo, ma i suoi occhi, per me, erano come delle calamite e ritornai a guardarla, sedotto dai suoni che le sue labbra generavano mentre parlava.
“Penso alla mia vita da umana. Ti sembrerà assurdo ma questa vita non mi appaga.”
Mentre mi parlava ritorno a guardare il cielo, forse per nascondere le sue emozioni. Per me era un libro aperto, mi bastava un’occhiata e capivo immediatamente se in lei c’era qualcosa che non andava.
“Io non sento di far parte di una razza superiore, al contrario, mi sento un mostro, che per vivere deve uccidere degli innocenti”.
Non sapevo cosa dire. Ero rimasto senza parole. Non mi sarei mai aspettato una risposta del genere. Ritornò a guardarmi, molto probabilmente si accorse della mia sorpresa. Mi studiò e senza aspettare che dicessi qualcosa, riprese a parlare.
“Forse non te l’ho mai detto Veive, ma io riesco a percepire il turbamento, ogni emozione di chi mi sta attorno”.
Cosa? Che stava dicendo? Era impazzita? Mi stava prendendo in giro?
Si mise a ridere un secondo dopo la sua folle rivelazione, senza motivo.
Si era davvero impazzita e il suo comportamento stava iniziando ad irritarmi.
Si rilassò e con un sorriso mi fece l’occhiolino.
“ In questo momento sei sconvolto, irritato e sorpreso. Mi sbaglio?”
Restai di stucco. Com’era possibile? Aveva ragione: ero sconvolto, sorpreso e soprattutto irritato dal suo modo di fare. Come poteva riuscirci?
Percepì, forse, la mia curiosità e rispose alla mia domanda non espressa.
“E’ un dono.” Vedendo che ancora non continuavo a capire, cercò di spiegarsi meglio. “E’ una dote, un potere che ho avuto subito dopo la mia trasformazione”.
Wow…Non potevo crederci. Lei aveva un dono? Poteva percepire ogni emozione di chi gli stava attorno? Ero ancora incerto, cercai i suoi occhi e non appena li trovai in loro vi lessi solo sincerità e verità. Adesso ero ancora più attratto da lei; oltre ad essere bella, dolce, buona aveva anche un potere. Era unica.
Chissà se pure io avevo un dono, un potere, ma non sentivo niente di diverso o strano in me.
Ancora, però, non riuscivo a capire perché si considerava un mostro, perché si rifugiava nei ricordi di quando era umana.
 Riprese il discorso di un attimo fa’.
“Ogni volta che mi ritrovo davanti alla mia vittima, percepisco la sua paura, il suo dolore e non lo sopporto.”
 Era in preda allo sconforto ed affondò il viso fra le mani.
“Non ce la faccio!”
Ora nella sua voce c’era solo dolore e con un tono disgustato ed amareggiato continuò a parlarmi.
“Che cosa posso fare, però? Più mi trattengo, più la sete brucia dentro di me e non riesco a controllarmi”.
Mi guardò con gli occhi pieni di rimorso e dolore. Non sopportavo vederla così; non riuscivo a reggere quel dolore. Ciò che faceva male a lei, faceva male me. Alzò pian piano il viso, si leggeva in volto tutta la sua malinconia.
Mi ritrovai ad osservare ogni lineamento del suo volto, la curva delle sue labbra, il profilo del suo naso e per finire i suoi incantevoli occhi.
Che creatura meravigliosa e divina!
Non appena incrociammo i nostri sguardi una scarica elettrica, invase tutto il mio corpo.
Ritirò anche lei lo sguardo, non so per quale motivo.
“ Per sfuggire, quindi, al mio dolore e all’odio verso me stessa, mi rifugio nei miei ricordi di quando ero umana, quando il mio cuore batteva, quando riuscivo a provare dei sinceri sentimenti”.
Mentre parlava il suo viso si illuminò. Era adorabile.
La riuscivo a capire perfettamente, anche io delle volte, mi rifugiavo nei miei ricordi. Non ricordavo molto, era frustante ripescare dai ricordi umani, erano avvolti da un velo trasparente che m’infastidiva. Solo una cosa non potrò, e non vorrò mai dimenticare: il suono della dolce risata della mia piccola sorellina. Quanto mi mancava quelle poche volte che il mio pensiero guardava in quel cassetto della mia vita chiuso per sempre. Noi due eravamo inseparabili; ci volevamo bene dal profondo dell’anima. Ricordavo il suo dolcissimo viso, ogni momento trascorso insieme, come quando ogni notte, dopo un bacio ed averla sistemata a letto, le canticchiavo una canzoncina che lei amava tanto.  Ricordare tutto questo, però, faceva male; al centro del mio petto nasceva un dolore che paragonato alla morte, essa sarebbe accolta a braccia aperte.
“ Veive che succede?” mi chiese Dafne preoccupata. Una miriade d’emozioni mi sommerse. Oh dio, non potevo crederci. Dafne, la mia Dafne, il mio celato amore, era preoccupata per me. Dentro il mio cuore muto nacque una scarica che fece fluire in tutto il mio duro e freddo corpo un’emozione calda e piacevole. Non avevo mai provato un’emozione simile, ma mi piaceva molto.
Era passione, voglia di stringerla tra le mie braccia, di posare le mie labbra sulle sue, di accarezzare quel volto incantevole, di amarla in ogni modo possibile.
“ Veive, parlami, mi sto preoccupando. Che hai?”.
Nel mio corpo un’altra scarica prese vita e la voglia di amarla divenne ancora più forte.
Abbassai lo sguardo per l’imbarazzo.
“Non preoccuparti cara, anche io delle volte mi ricordo la mia vita da umano”.
 I ricordi della mia dolce sorellina riaffiorarono dentro di me.
“In particolare ricordo la mia sorellina. Mi manca tanto”. Ero talmente assorto nei ricordi da non accorgermi che stavo ancora parlando, ma un nodo alla gola mi fece riemergere da tutto.
Abbassò lo sguardo e imbarazzata disse: “ Oh Veive, mi dispiace tanto, non voglio che tu soffra”.
Se avessi avuto un cuore, questo sarebbe esploso. In questo momento così perfetto volevo confidarle quanto l’amavo. Lei, per me era un raggio di sole, era la mia aria, la mia vita. Dafne amami, amami per sempre.
“Veive?”. Dal modo in cui mi chiamò rimasi pietrificato. Era insicura? Non sapeva come dirmi ciò che stava pensando? Non potevo crederci. Certo aveva capito tutto; aveva percepito l’amore che provavo per lei. Se non ricambiasse? No, non potevo pensarci. Sarei morto. E’, però, un’ipotesi da considerare. Dopotutto sono una creatura normalissima; in me non c’era niente d’unico e d’eccezionale. Lei meritava ben altro. Sì non mi amava e stava cercando le parole giuste per confermare i miei dubbi.

  

 

   
 
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