Mi
ami? Allora sposami!
(Prima
parte)
La stavo perdendo.
Ne ero più che sicuro.
Guardarla parlare normalmente con Jacob
sottoforma di lupo mi aveva gettato nel panico. Neanche in forma animale
riuscivo ad allontanarlo da lei.
Era lei che gli permetteva di avvicinarsi.
Non aveva paura di un lupo alto più di lei, era Jacob. Nient’altro contava.
Poteva essere qualsiasi animale, dal più feroce al più disgustoso, ma era
sempre lui, il suo migliore amico.
Così affermava lei. Ma da parte di lui non
c’era amicizia, c’era molto di più.
E io dovevo avere certezze.
Solo lei poteva darmele, e le avrei avute
oggi. Non potevo più aspettare, le avrei chiesto in maniera esplicita di
sposarmi.
Dovevo capire se mi amava ancora, perché
io non avevo mai smesso di farlo. Ma la ferita nel cuore che le avevo inferto
mi aveva fatto capire che forse il suo amore per me era diminuito o addirittura
cessato, dando inconsapevolmente il suo cuore a Jacob. Perché il suo sguardo
non era quello che si rivolgeva a un semplice amico.
E questo mi spaventava.
Questa era l’ultima sera prima della
battaglia e, dopo un lungo periodo, eravamo finalmente soli; il momento della
verità era arrivato.
Eravamo sul suo pick-up, in direzione
della mia casa. Nonostante mi fossi sempre lamentato di questo catorcio, oggi
non avevo fretta di arrivare. Volevo prendere tempo, perché forse non sarei
sopravvissuto ad un suo secco “no”. Significava che non mi amava come affermava
davanti a tutti.
Appena vidi la mia casa, una certa
euforia, mista a trepidazione, si impossessò di me. Avevamo una notte tutta per
noi, dovevo mettercela tutta per convincerla a sposarmi. Scesi dal furgoncino
alla mia velocità e mi diressi verso il posto di guida, aprendo lo sportello e
prendendola in vita con un braccio, con l’altro presi la grande borsa. Il mio
sguardo cadde sulle sue labbra, e subito me ne abbeverai del loro sapore. Non
c’era fretta nei miei movimenti, né tensione, ma entusiasmo. Era il mio
momento! Avevo promesso a Jacob che non avrei combattuto in maniera leale per
avere Bella, e oggi avrei messo in pratica le mie parole. Con un calcio chiusi
lo sportello e, sempre stringendola, la condussi alla porta. Le assecondava
come sempre miei baci impetuosi. Mi scappò una leggera risata ai suoi ormoni impazziti
e anche ai miei.
«Benvenuta a casa» le dissi in modo dolce
e allo stesso tempo euforico. Era la prima volta che nominavo casa mia
“nostra”. Era anche un modo per cominciare, in maniera indiretta, il mio piano
“convincere Bella a sposarmi”.
«Suona davvero bene» già! Suonava più che
bene e speravo che avrebbe suonato allo stesso modo anche dopo che le avrei
fatto la proposta. La poggiai a terra, ma lei decise di non lasciarmi andare,
cingendomi la vita. Ero davvero felice che con questi piccoli gesti mi
dimostrava il suo affetto, il suo amore, perciò era chiaro che prima o poi le
avrei chiesto di fare il grande passo. Io non sarei mai cambiato, come il mio
amore per lei. Perché aspettare?
«Ho una cosa per te» le dissi. Prima di
darle l’anello, dovevo capire come avrebbe reagito a un regalo fatto da me,
dato che me lo aveva sempre impedito, soprattutto se Jacob le regalava un
bracciale, a mio parere un regalo troppo intimo per un uomo del mio tempo. Perché
io, il suo ragazzo, non poteva regalarle qualcosa per il diploma?
«Eh?» possibile che l’avesse dimenticato?
«Il regalo riciclato, ricordi? Mi hai dato
il permesso…» il solo fatto di averle chiesto il permesso mi faceva irritare
come non mai. Jacob non aveva chiesto il suo consenso, eppure l’aveva accettato
con gioia!
«Già, è vero. Mi sa che te l’ho dato» e mi
scappò una risata, seppur amara.
«È in camera mia. Vado a prenderlo?» le
chiesi, sperando che invece mi seguisse. Mi sarebbe piaciuto farle la proposta
proprio in camera mia, nel mio mondo antico.
«Certo… andiamo» e strinse le mie dita fra
le sue.
Notavo una luce strana nei suoi occhi. Entusiasmo?
Perché non approfittarne?
Alla mia velocità la portai lì e la
lasciai davanti la porta. Volevo che fosse lei a varcare quella soglia, come se
entrando mi dicesse chiaramente che voleva me di sua iniziativa, come se avesse
scelto tra me e Jacob. Che pensiero stupido!
Mi avvicinai all’armadio, estraendo
l’oggetto che volevo donarle da molto tempo, da quando capii di essermi
innamorato di lei. Lei, visibilmente riluttante, si diresse verso il letto sedendovi
sopra. Ma non demorsi.
Lo doveva accettare!
«Okay… dammelo» mi misi a ridere di nuovo:
era proprio contraria a qualsiasi sorta di regalo, tanto che considerava me
come regalo della vita!
Questo era quello che pensavo ogni istante
di lei. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei. Il suo cuore batteva forte, ma
non ne capii il motivo.
Che fosse per l’emozione?
«Un bel regalo riciclato» le dissi con
serietà nella voce. Era troppo importante perché lei me lo ritornasse indietro.
Non potevo dirle che le stavo regalando un diamante. Non lo avrebbe neanche
sfiorato. Le presi il polso e lo allacciai al braccialetto di Jacob. Così
avrebbe visto anche me, non solo lui.
Lei lo osservò rapita e incantata. La luce
flebile della stanza, unita a quella della luna, accarezzavano il ciondolo,
donandogli un’immensa brillantezza. Ero io esposto alla luce del sole.
«Apparteneva a mia madre. Ho ereditato
diversi ciondoli come questo. Ne ho regalato uno a Esme e uno ad Alice.
Insomma, è chiaro che non è un granché»
Enorme bugia. Doveva credere che era un
oggetto di scarso valore economico, ma dall’immenso valore affettivo,
altrimenti… non osavo pensarci. La vidi sorridere. Lo aveva accettato!
«Ma mi rappresenta bene, credo… è freddo e
duro, e se esposto alla luce, irradia arcobaleni»
Non c’era migliore similitudine per
rappresentare il mostro che ero e…
«E il mio cuore è muto come lui… anche quello
ti appartiene»
L’umano che era ancora in me, che tu avevi
riportato alla vita. Grazie, amore mio.
Lei gira il polso facendolo brillare ancor
di più e, senza alzare lo sguardo, mi disse:
«Grazie. Di avermi regalato entrambi»
Ancora una volta la sua frase era stata in
grado di provocarmi una felicità estrema.
«No, grazie a te. È un sollievo vedere che
accetti un regalo così, senza problemi. È anche un buon esercizio, per te»
Già, proprio così, perché a breve te ne avrei
fatto un altro più importante e decisivo per il nostro rapporto.
Lei si lasciò andare, addossandosi al mio
corpo, come se cercasse un rifugio, e io glielo avrei dato. Allungai un braccio
e la strinsi delicatamente a me.
«Possiamo parlare di una cosa? Mi farebbe
piacere se iniziassi ad ampliare un po’ le tue vedute»
E adesso? Cosa si era inventata? Qualunque
cosa fosse, di certo non mi sarebbe piaciuta. Non era una persona che amava i
giri di parole, e neanche io.
«Farò del mio meglio» le risposi senza
espormi troppo.
«Non infrangerò le regole, te lo prometto.
È una cosa tra te e me. Insomma… sono rimasta sorpresa da come siamo riusciti a
trovare un compromesso, l’altra sera. Pensavo di applicare lo stesso procedimento
a un’altra situazione»
Avevo capito a quale situazione si stava
riferendo: il matrimonio, ma non ero intenzionato a mollare!
«Cosa vorresti negoziare?» le chiesi
sorridendo.
Volevo stare al suo gioco per capire cosa
voleva ottenere con esattezza. Lei non rispose, così mi feci avanti io, dato
che il suo cuore aumentava il battito ogni istante di più.
«Ascolta il tuo cuore, sta volando… sbatte
le ali veloce come un colibrì. Va tutto bene?»
Chissà perché si sentiva nervosa…
«Benissimo»
«Allora va’ avanti» le dissi,
incoraggiandola a parlare. Ero curioso adesso.
«Insomma, prima di tutto volevo parlare
con te di quella condizione ridicola legata al matrimonio»
Cosa c’era di ridicolo nel matrimonio?!
Era un sacramento che diceva chiaramente che quelle due persone si amavano così
tanto da voler vivere insieme per tutta la vita, un legame indissolubile. Nel
nostro caso ci saremmo amati per l’eternità, perché non voleva capirlo?
«È ridicola solo per te. Che c’è che non
va?»
Non poteva essere solo questo il problema…
o sì?
«Mi chiedevo… è negoziabile?»
Era chiaro. Voleva qualcosa, ma cosa?
«In realtà ti ho già fatto la concessione
più grande in assoluto: ho accettato di toglierti la vita, contro ogni buon
senso. E ciò dovrebbe garantirmi un certo numero di compromessi da parte tua»
le risposi serio, eppure ero rimasto deluso.
Se era contraria ancora all’idea, non
avrebbe accettato oggi la mia proposta. Come avrei potuto fare?
«No… su quell’accordo non c’è più niente
da discutere. Non ho bisogno di… ritocchi, per ora. Vorrei concentrarmi su
altri dettagli»
Era ufficiale! Isabella Swan sarebbe
sempre stata un mistero per me. Non riuscivo più a capire! Non voleva negoziare
il matrimonio, ne ero felice in un certo senso, ma quali dettagli?
«Quali esattamente?»
«Mettiamo in chiaro prima di tutto le
condizioni che tu ritieni indispensabili»
Solo una!
«Sai cosa voglio» le dissi con tono
sicuro.
«Il matrimonio»
Le era uscito un vero e proprio insulto,
che speranze avevo stasera?
«Esatto… tanto per iniziare» ammisi con un
gran sorriso.
Se credeva che mi sarei fermato qui,
sbagliava di grosso!
«Perché, c’è dell’altro?» mi domandò, tra
la sorpresa e la paura.
«Be’… se sei mia moglie, allora quello che
è mio è tuo… anche le tasse universitarie. Perciò non avresti problemi con la
retta, a Dartmouth»
Ecco un altro motivo: non avrebbe avuto
scuse per rifiutare di frequentare quel college.
«E poi? Già che ci sei, puoi tirare fuori
qualche altra sciocchezza…»
Mi conosceva bene, allora…
«Sarebbe carino aspettare ancora un po’»
Non volevo trasformarla. Nonostante
acconsentisse al matrimonio, avrei trovato qualcosa che l’avrebbe convinta.
«No. Non se ne parla. Non ti farò
concessioni»
Come non detto. Un sospiro di rassegnazione
mi fuoriuscì dalle labbra.
«Soltanto un anno o due?»
Forse potevo tardare, ma come temevo
scosse la testa in senso di diniego.
«Passiamo al prossimo punto»
Perché? Ce n’erano altri?
«Non c’è altro. A meno che tu non voglia
parlare di macchine…»
A quell’ultima parola, fece una smorfia
così buffa che scoppiai a ridere. Ma vedevo nei suoi occhi che cercava di prendere
tempo. Le presi la mano e iniziai a giocarci in preda alla tensione. Volevo che
arrivasse dritta al punto.
«Non sapevo che tu desiderassi qualche
altra cosa, pensavo ti bastasse diventare un mostro. Sono molto curioso di
sapere di che si tratta»
Il suo sguardo si abbassò a guardare le
nostre mani intrecciate e le sue guance cominciarono a tingersi di rosso.
Perché?
Con le mie dita tracciai una leggera scia
sulla gota.
«Sei arrossita? Bella, per favore, questa
incertezza mi logora» cominciai a supplicarla, dato che non accennava ad alzare
il capo.
Che riguardasse Jacob? Aveva deciso di
lasciarmi? Cominciai a tremare lievemente senza farmi scoprire.
«Bella» la rimproverai.
Non sopportavo il fatto che lei, proprio
lei, fosse immune al mio potere. Avrei voluto leggere solo i suoi pensieri,
solo i suoi ed estraniarmi dalle altre menti. Non mi sarei mai stancato.
«Be’, sono un po’ preoccupata… del dopo»
A quelle parole il mio corpo si irrigidì.
Riguardava la sua trasformazione!
«Cosa ti preoccupa?»
Sentiva sicuramente la mia tensione, ma
non disse nulla.
«Sembrate tutti sicuri che dopo sarò
interessata solo a fare a pezzi la gente…» sussultai a quella frase, ma lei
continuò.
«…e ho paura che sia uno sconvolgimento
tale da non permettermi più di essere me stessa, da rendermi…
incapace di desiderarti come ti desidero adesso»
Aveva paura che la sua essenza, le sue
priorità, il suo amore per me, sarebbero stati sostituiti per sempre. Non era
vero.
«Bella, non sarà così per sempre»
Era vero che i primi anni l’unica cosa che
contava era il sangue, ma era una fase abbastanza veloce e non avrei permesso
che la sua anima si macchiasse di qualunque delitto pur di soddisfare la sua
sete.
«Edward… c’è una cosa che voglio fare
prima di perdere la mia natura umana»
Un’esperienza a cui non voleva rinunciare…
Era proprio quello che desideravo io,
accontentarla in tutto, darle ciò che voleva, eppure non aveva desiderato mai
nulla di cui non ero a conoscenza, fino ad ora.
«Tutto ciò che vuoi»
Ero ansioso di sapere e allo stesso tempo
confuso, ma essere a conoscenza di ogni suo capriccio, era fondamentale per me.
«Me lo prometti?»
Sapeva che avrei fatto ogni cosa per
assecondarla, perciò questa domanda nascondeva un tranello. Voleva essere
sicura che non mi tirassi indietro, di qualsiasi cosa si trattasse, ma sarei
stato al gioco.
«Sì… dimmi cosa vuoi, e l’avrai»
Ma le parole appena pronunciate mi
sarebbero state ritorte contro di lì a breve.
«Voglio te» borbottò in maniera confusa e
ovattata, in preda all’imbarazzo.
«Sono tuo» le sorrisi.
Io ero già suo, dalla prima volta che i
nostri occhi s’incrociarono. Appartenevo a lei da sempre. Lei non sembrava
soddisfatta della mia risposta, infatti si inginocchiò di fronte a me e mi
gettò le braccia al collo, baciandomi in modo lento e delicato, con un pizzico
di impazienza e timore. Sapevo che alle volte era capace di gesti imprevedibili
come quello, ma di certo non l’avrei rifiutato questo contatto, perciò
ricambiai il bacio confuso. Non capivo cosa voleva, finché non cominciò a
sbottonare la mia camicia.
Voglio te.
Ecco il significato vero delle sue parole:
lei voleva me in quel senso. Non
sapeva quanto anch’io la desiderassi dal punto di vista fisico, e ogni attacco
come questo metteva alle strette il mio precario autocontrollo. Anch’io ero un
adolescente, nonostante fossi centenario, le mie pulsioni rimanevano sempre quelle:
un ragazzo guidato dagli ormoni. Ma io non potevo permettermi di cedere,
l’avrei uccisa. Le mie mani bloccarono le sue e gentilmente la spinsi via,
guardandola con sguardo torvo.
«Sii ragionevole, Bella» la rimproverai.
«Hai fatto una promessa: tutto ciò che
voglio»
Ecco il tranello legato alle parole di
prima. Voleva farmi promettere qualsiasi cosa, così non mi sarei potuto tirare
indietro. Ma questo proprio non potevo farlo, seppur lo bramassi quanto lei.
«Non se ne parla nemmeno» le dissi,
cominciando a riabbottonare la mia camicia.
Lei strinse la mascella, contrariata dal
mio disappunto.
«Invece sì»
Cominciò a slacciare i bottoni della sua
camicia. Subito la fermai: una cosa era riuscire a fermarla mentre ancora era
vestita, un’altra era indurla a rivestirsi. Non credo che sarei riuscito a
fermare l’umano con gli ormoni a mille che era in me, soprattutto in questo
periodo. La gelosia verso Jacob mi stava letteralmente divorando e i momenti d’intimità
con lei si erano spinti un po’ oltre. Sia perché il suo sangue non risvegliava
più il mio mostro, sia perché volevo darle di più nei limiti del possibile, ma
dopo aver ascoltato tutti i pensieri di lui e dopo aver visto il bacio che le aveva
strappato contro la sua volontà, mi avevano indotto ad avere un atteggiamento
più possessivo verso la mia unica ragione di vita. Volevo darle ogni cosa,
volevo legarla a me non solo con il matrimonio, anche dal lato fisico. Ma era
la paura a guidarmi, e questa mi avrebbe potuto portare via Bella per un incidente,
dovuto alla mia perdita di autocontrollo. Sarei stato io ad ucciderla.
«Invece no» le dissi impassibile.
Non mi avrebbe fatto cambiare idea. La sua
vita prima di tutto. Anche dei miei desideri. Ci sfidammo con lo sguardo.
«Sei tu che mi hai chiesto di parlare»
Era vero, in ogni caso ti avrei indotta a
parlare, perché volevo sempre essere a conoscenza dei tuoi pensieri.
«Credevo fosse qualcosa di leggermente più
realistico»
Non mi aspettavo proprio questa richiesta.
Sapeva che, ogni bacio, per me era una vera lotta, ogni sfioramento era fatto
con lucidità. Se avessi osato molto di più… non volevo pensarci.
«Allora tu puoi chiedermi ogni cosa
ridicola che ti passa per la testa, come quella di sposarci, mentre a me non è
permesso nemmeno proporre ciò che…»
La bloccai, ponendo una mia mano sulla sua
bocca. Quel paragone non era ammissibile: per un matrimonio non sarebbe morto
nessuno, per la sua richiesta sì.
Lei.
«No» le risposi serio.
Questo argomento per me era chiuso. In
quel momento nel suo viso, oltre la rabbia, era nata una nuova espressione. Abbassò
lo sguardo, con le gote rosse; sentivo il suo cuore battere in maniera
leggermente veloce, i suoi occhi erano lucidi. Un nuovo turbamento l’aveva
assalita, mentre fissava con sguardo torrido il letto. Dovevo sapere.
Spostai la mia mano dalla sua bocca al suo
mento e le sollevai il viso.
«Che c’è?» le domandai.
«Niente»
In quel momento la fissai con uno sguardo
talmente intenso che capii l’origine dei suoi pensieri cupi e tristi. L’avevo
ferita, come donna.
Che razza di uomo ero? Credeva che
l’avessi respinta perché non mi attraeva?
Non capisci quanto ti desidero? In ogni istante lotto
con il desiderio di sentire i tuoi sospiri, il tuo fiato caldo, accelerato per
le mie carezze. Carezze desiderate. Anch’io sono stato umano, e con te sto scoprendo
quel lato più primitivo, quello che desidera fare l’amore con la donna che ama.
Essere uniti, condividere tutto se stesso con la propria compagna.
«Ti sei offesa?» le chiesi, turbato da
questa rivelazione.
Per causa mia, la stima che aveva di
stessa era scesa sotto lo zero. Ma credevo che fosse sempre stato presente in
lei. Me lo aveva detto la sera dopo essere tornati da Volterra; si credeva
insignificante per me, quando io credevo il contrario.
«No»
Non mi guardava, stava mentendo. La presi
tra le mie braccia e la cullai sul mio petto, accarezzandole una guancia.
«Sai perché devo dirti di no… sai che
anch’io ti voglio»
Volevo che fosse chiaro, anche lei era una
tentazione per me più di quanto io lo ero per lei.
«Davvero?» sussurrò piena di dubbi.
Come faceva a non accorgersi che non era una
ragazza qualsiasi? La sua bellezza disarmante aveva accecato tutti gli studenti
della nostra scuola e anche qualcun altro. Jacob, che non sapeva stare al suo
posto.
«Certo che sì, ragazzina sciocca,
incantevole e ipersensibile» e mi scappò una leggera risata. Era davvero
ingenua.
«Tutti ti vogliono, sai? Dietro di me c’è
la fila. Cercano tutti di mettersi in buona luce e aspettano solo che io
commetta un passo falso… irresistibile come sei» dissi con voce fredda.
Ripensai ai primi tempi in cui la conobbi.
Il mio ritorno da Denali, scoprire di essermi innamorato senza neanche
accorgermene. Solo Rosalie aveva capito, intuito femminile. Mi logoravo come un
qualsiasi studente, nell’attesa che lei scegliesse chi doveva stare al suo
fianco. Anche ora che era la mia ragazza continuavano a sperare in segreto,
come Mike Newton. Chi apertamente che io sbagli ai suoi occhi, come Jacob.
«Che sciocchezze dici…»
La verità, Bella. Ciò che tu ti ostini a non
osservare, come con Jacob. Eviti i suoi sentimenti, non affronti la realtà.
«Devo far firmare una petizione per
convincerti? Vuoi i primi nomi della lista? Ne conosci qualcuno, ma certi
potrebbero sorprenderti»
Tipo un certo lupo dal pelo rossiccio.
Scosse la testa, non credendo alle mie
parole.
«Stai solo provando a cambiare discorso.
Torniamo al punto»
Proprio questa volta non sto cambiando discorso, ma
cerco di farti capire il triangolo che hai creato e che ti ostini a mantenere,
senza prendere una decisione definitiva e chiara.
Sospirai, e lei continuò il suo discorso.
«Dimmi se c’è qualcosa di sbagliato in me.
Tu pretendi di sposarmi, di pagare le mie tasse universitarie, di avere più
tempo a disposizione, e non ti dispiacerebbe se la mia macchina andasse un po’
più veloce… ho saltato qualcosa? La lista è bella lunga…»
Va bene, ammettevo di aver esagerato un
po’, ma ciò a cui tenevo veramente era il matrimonio, per il resto avremmo
potuto discutere.
«Solo la prima è una pretesa… le altre
sono semplici richieste» e le sorrisi, trattenendo una risata alla vista del
suo sguardo indignato.
«E la mia unica, solitaria, piccola pretesa…»
La faceva passare per una pretesa del
tutto innocua?
«Pretesa?» la interruppi, sperando che
ragionasse sul serio su ciò che mi chiedeva.
«Sì, una pretesa»
Riflettei davvero sulla sua richiesta. Se
avevo capito bene, mi avrebbe sposato, ma solo se avrei acconsentito alla sua pretesa.
«Sposarti è una grande concessione. Non
acconsentirò se non mi darai qualcosa in cambio»
Mi stava ricattando. Sapeva quanto ci
tenessi al matrimonio, e forse questa era l’unica soluzione per farla
acconsentire, ma dovevo cedere io per primo. Forse avrei potuto rinviare la sua
pretesa. Quando sarebbe diventata vampira, ci saremmo potuti amare senza rischiare
nulla.
«No… ora non possiamo. Più avanti, quando
sarai meno fragile. Abbi pazienza, Bella»
Ma lei non sembrava ancora soddisfatta,
non del tutto almeno.
«Ma il problema sta proprio qui. Non sarò
la stessa quando sarò meno fragile. Voglio essere la stessa! Non so chi sarò
allora» mi disse.
Non capiva che sarebbe sempre rimasta lei?
La sua essenza non sarebbe affatto mutata, proprio come era successo a me. Solo
il corpo cambiava.
«Sarai sempre Bella» le promisi.
«Com’è possibile che lo sia, se c’è il
rischio che perda la testa e che desideri di uccidere Charlie, oppure di bere
il sangue di Jacob o Angela?»
Aveva ragione; all’inizio ci sarebbe stato
solo il sangue nella sua testa, l’unica priorità, ma avrei impedito che
uccidesse esseri umani. Per Jacob avrei fatto un’eccezione, di certo non
avrebbe bevuto il suo sangue, ma se l’avesse ucciso non mi sarei disperato per
la sua perdita.
«Passerà. E dubito che tu vorrai bere il
sangue di un cane… anche da neonata, avrai gusti diversi»
Cercavo di spostare l’attenzione su
un’altra direzione, anche se non gradivo nemmeno quella, era meno pericolosa.
Ma non ci cascò.
«Ma sarà comunque il mio desiderio più
forte, non è vero? Sangue, sangue ed ancora sangue!»
Dovevo dimostrarle che aveva torto, a
costo di ingannarla.
«Il fatto che tu sia ancora viva ti
dimostra che non è vero»
Bugia e inganno in questa frase. Se fossi
stato un neonato, Bella sarebbe morta già al primo sguardo in quell’aula di
biologia, senza possibilità di scampo.
«Tu hai più di ottant’anni di vantaggio.
Comunque mi riferivo al lato fisico. Dal punto di vista intellettuale, so che
resterò me stessa… dopo un periodo di assestamento. Ma dal punto di vista
puramente fisico… avrò sempre e soltanto sete»
Il suo discorso era inattaccabile, perciò
non potevo ribattere in alcun modo. Non capiva che ero io il pericolo, in quel
caso?
Nessuna Victoria, nessun lupo, nessun
vampiro italiano.
Io sarei stato il solo ed unico
responsabile della sua morte.