SOGNO
Io
cammino,
non sento il freddo intorno al me, però tutti hanno il
cappotto. Quindi deve
fare freddo. Io stessa porto un cappotto. Sto andando a scuola ma non
sento il
peso dei libri sulle spalle, forse non li ho nemmeno dietro. Sono
serena, non
ho caldo e non ho freddo. Allungo la vista verso l’edificio.
Lo vedo. È davanti
al cancello. Non riesco bene a capire com’è
vestito, eppure anche lui ha un vago
sentore invernale. Il dolcissimo sentore invernale del dolcissimo
inverno.
Cosa ci fai qui.
Ti aspettavo.
Perché mi aspettavi.
Ti devo parlare.
La gente
scorre attorno a me, tutti sono inferiori a noi, lo so,
perché sono più bassi,
ma io non me ne accorgo.
Parliamo allora.
Si, però facciamo due passi.
Ci avviamo
nel cortile della scuola. Giriamo in tondo. Forse mi prende a
braccetto, non lo
so, non lo sento. Incontro il professore. Indossa un cappotto grigio.
Mi chiede
se sono fidanzata. Lui dice di sì. Ma non rivela il suo vero
nome, dà un nome
falso. È sempre stato falso. Ritorniamo davanti al cancello.
Le lacrime
iniziano a scendermi. Dovrebbero essere calde e bagnate, probabilmente
lo sono,
ma io non le sento. Però
so che ci sono.
Lui mi abbraccia, ma io non lo sento. So che le sue braccia sono forti,
con le
sue braccia attorno a me non posso temere nulla, ma io non le sento. Le
sue
braccia forti sono fatte di aria.
Perché piangi.
Piango per tutto, per tutto.
Non devi piangere, è finito tutto, ora sono
qui.
Andrai via di nuovo, lo so.
Non è vero, lo so che tu non mi crederai, ma
io sarò qui, sempre.
Non ti credo infatti.
Non piangere, io tutti i giorni alle otto
meno un quarto sarà qui, ad aspettarti, e tutto
tornerà come prima.
Lui sarà lì tutti
i giorni alle otto meno un quarto, quindi mi dico che devo svegliarmi
prima.
Devo svegliarmi tanto prima e per me è un sacrificio. Ma
cosa importa. Rido tra
me e me. Per lui digiunerei nel deserto, con nient’altro che
la speranza tra le
dita.
Silvia, io ci sarò, te lo prometto.
Non ti credo.
Devi farlo, io tutti i giorni sarò qui.
Deve andare,
mi volta le spalle e si incammina. Svolta l’angolo a destra,
ma prima di
scomparire si volta di nuovo. Allunga il braccio in segno di saluto,
sorride
beffardo.
Silvia, io ci sarò sempre, tu puoi
anche non
venire ma io ci sarò, sempre, tutti i giorni di tutta la
vita.
Scompare, io
però lo vedo lo stesso, anche se lo spazio fisico non lo
permette. Non sento
ancora nulla. No, ecco. Ora lo sento. Sono felice.
REALTA'
Apro gli occhi. Cazzo, era un sogno. Marco.