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Autore: Rota    20/10/2010    4 recensioni
Tokito aveva quindi imparato ad apprezzare la coerenza, o quantomeno la chiarezza d’intenti, quella cosa strana che Kubota chiamava semplicemente sincerità.
[KubotaTokito]
*Partecipa all'Halloween Party di FW*
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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niente di più strambo Titolo: Niente, niente di più strambo che l’essere umano
Fandom: Wild Adapter
Personaggi: Kubota Makoto, Tokito Minoru; KubotaTokito
Genere: Fluff
Rating: Verde
Avvertimenti: Flash fic, Shonen ai, What if…?
Prompt: Qualcosa di inaspettato
Note: Ahm. Prima fan fiction della sezione, primissima. Probabilmente i miei pg sono OOC, la trama è banale e tante, tante altre cose. Abbiate pietà di me, tutto qui ù.ù
La fan fiction è nata come regalo, e grazie a questo prompt sono riuscita a fare qualcosina più lungo che qualche frase XD E’ verde perché fare un rating più alto mi sembrava brutto, considerando quanto poi è corta.
Eiden cara, spero che ti possa piacere (L)






Niente, niente di più strambo che l’essere umano





Tokito non era ancora molto bravo ad afferrare il senso di alcune cose. La società umana si innalzava davanti ai suoi occhi mantenendo ben stretti, in un abbraccio soffocante, i propri intimi segreti.
Non solo le case, con quella maniacale tendenza a chiudere finestre, porte, ante, tende – qualsiasi cosa potesse essere vagamente aperta, giusto per fare entrare un poco di luce o di vita. Non solo i palazzi, che con una massiccia prestanza parevano quasi voler intimorire il povero passante di turno, costretto a strisciare lungo i marciapiedi e sentirsi gravare sulle spalle la possibilità di un banale e alquanto triste crollo. Non le strade stesse, le macchine, i marciapiedi, che in un grigio imperante livellavano tutto, divenendo così i maggiori sostenitori delle idee socialiste.
Tokito era relativamente interessato a tutto quello. D’altronde, una città si può sempre cambiare, i terremoti cambiano la fisionomia dei quartieri così come i capricci volubili dei loro umani amministratori.
Ecco, in realtà, ciò che più sfuggiva al buon senso di Tokito era proprio l’animo umano. Il suo volersi a tutti i costi contraddistinguere dal puro e gretto essere animale… Eppure tutte le volte che sfoggiava la sua meschinità non era altro che una bestia che tentava di sopravvivere con ogni mezzo a sua disposizione, ritrovandosi come all'improvviso in un luogo impervio e alquanto estraneo.
Tokito aveva quindi imparato ad apprezzare la coerenza, o quantomeno la chiarezza d’intenti, quella cosa strana che Kubota chiamava semplicemente sincerità.
Così, quando aveva visto già i primi addobbi comparirgli davanti agli occhi ogni volta che usciva di casa, aveva subito fatto notare quanto stupide fossero certe feste: uno spreco di soldi, che se proprio le persone dovevano avere una buona motivazione per festeggiare assieme allora voleva dire che i sentimenti non erano poi così profondi.
Kubota aveva sorriso, guardando altro, guardando distante.
-Penso proprio che tu abbia ragione…-
Tokito aveva capito solamente più tardi, quando aveva visto un bambino paffutello sorreggere, tutto contento, un sacchetto straripante di dolci dai vari colori.
Era semplice calore, quello che si andava cercando – una pausa tra una quotidianità troppo veloce per ricordarsi cosa fosse l’amore.
Era semplice emozione, quello che si voleva vedere sui volti della gente – che respirando odore di zucchero avrebbe forse riscoperto una parte del proprio cuore sopita da troppo.
In certe occasioni, la viltà si tingeva di una ragione. Senza esporsi troppo – senza doverlo fare – gli uomini sanno diventare più sinceri che mai.
Fu quindi qualcosa di inatteso quella stramba torta ricoperta di melassa alla zucca – comprata di corsa e soltanto perché non c’era davvero nient’altro al negozio – posta sul tavolo la sera del 31 Ottobre, così come fu qualcosa di inatteso il borbottio che Tokito propose come scusante per quell’assurdo colpo di testa che gli era preso, tutto all’improvviso. Ma fu davvero – davvero – qualcosa di inatteso il sorriso tranquillo e anche un po’ commosso di Kubota che, senza chiedere nulla, prese un lungo coltello e cominciò ad affettare il dolce.

Niente, niente di più strambo che l’essere umano.
   
 
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