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Autore: rupertinasora    20/10/2010    4 recensioni
Ted è un ragazzo di sedici anni, vive con la nonna, ama una ragazza, gioca e scherza come tutti. Ted, però, non è come gli altri ragazzi del vicinato, lui è un mago. Ha una storia, e i suoi genitori sono molto importanti nella Storia della Magia e di loro si parla in tanti libri. Una domanda sconvolge Ted da qualche anno: che tipi erano i suoi genitori quando non erano i paladini del Mondo Magico?
Solo un importante ritrovamento potrà rispondere alla domanda del ragazzo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Ted Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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In remembrance of Nymph



Prologo









 
 
 
 
 
Il tempo passa per tutti. E’ questo che Ted pensava da quando la nonna era caduta ammalata. Fortunatamente si riprese subito, e quell’estate era tornata a fare la spesa, e a fare tutto ciò che una brava padrona di casa non manca di fare. Ted aveva temuto di perderla, ma si era quasi rassegnato all’idea. Viveva solo con la nonna, e non aveva conosciuto mai i suoi genitori, e l’unico nonno che aveva conosciuto era Andromeda Black Tonks. Si era rassegnato anche pensando che aveva dato quello che aveva potuto, e aveva ricevuto quanto si meritasse.
Ma, all’età di sedici anni, Ted era in grado di capire meglio, rispetto a quando si considerava un povero orfanello che doveva essere compatito e assecondato. Eppure, un pensiero che lo accompagnava da quando era piccolo era uno solo: scoprire come fossero i suoi genitori. Che tipi erano. Cosa facevano.
Aveva sempre chiesto come fosse la mamma:  la nonna gli aveva sempre risposto molto vaga; a volte non rispondeva, sospirava, e parlava d’altro. Aveva chiesto al padrino di parlargli del padre, e lui aveva sempre risposto che “era una delle persone più belle che avesse mai conosciuto, e che se l’avesse conosciuto, sarebbe stato fiero di essere suo figlio”. Ted metteva il broncio. Tutte quelle persone non credevano che fosse capace di capire, e questo era ciò che più lo feriva.
Era per questo che, quando la nonna andò a fare la spesa, in quella mattina calda e soleggiata, con gli uccellini cantavano e i ragazzi giocavano per i prati, spruzzandosi addosso acqua a più non posso, aveva preso l’iniziativa ed era entrato nella stanza della madre.
Ted si rinchiuse nella stanza che una volta apparteneva alla mamma. L’ultima stanza del corridoio in fondo, che la nonna teneva sempre chiusa. Si era sempre chiesto perché non si fosse sbarazzata di tutto quanto riguardasse la figlia morta, ma ora come ora l’amore di una madre per una figlia, per lui ancora incomprensibile, gli ritornava utile.
Quella stanza era quanto mai buia, e polverosa. Non riusciva a vedere un palmo dal naso, e sentiva che l’odore predominante fosse un forte odore di chiuso, che gli fece storcere il naso e le labbra in un’espressione di disgusto. Avrebbe volentieri aperto le finestre, ma quel fascio di luce naturale che entrava nella stanza non era così forte da illuminare tutta la stanza. Così si persuase a usare la magia.
- Lumos!-, disse, e la punta della sua bacchetta si illuminò. Non aveva paura di ricevere una lettera dal Ministero, in fondo viveva con la nonna che era una maga.
Le finestre erano state sbarrate da assi di legno, il letto giaceva immobile così come la mamma l’aveva lasciato: completamente in ordine. L’unica cosa che contrastava con l’ordine di tutta la stanza, era il disordine dell’armadio. Era aperto, e tutti i vestiti giacevano scomposti e sgualciti per terra. Erano anch’essi ricoperti da uno strato considerevole di polvere, e sulle ante aperte c’erano numerose foto che si muovevano.
Iniziò a frugare dappertutto ma non trovò nulla che gli indicasse che persona fosse. Tutto ciò che vedeva era tutto ciò che aveva sentito dire: era bellissima, un tipo particolare, e tanto dolce. Si vedeva dall’espressione. E in ogni foto aveva i capelli di colori e forma diversi, come piaceva fare anche a lui.
Non trovando ciò che gli interessasse, sospirò e uscì dalla stanza. Richiuse la porta a chiave e scese giù in cucina.
Proprio quando stava scendendo l’ultimo gradino della scala, la nonna entrò dalla porta principale. Bastò uno sguardo, un sorriso imbarazzato di Ted per farle capire che non aveva rispettato il divieto di entrare in quella stanza. Comunque, optò per non dirgli niente dal momento che il ragazzino la vide entrare direttamente nella cucina.
Ted si sentiva un po’ dispiaciuto per essere entrato nella stanza della madre, e così seguì la nonna e l’aiutò a togliere la spesa senza l’aiuto della magia.
Da quando la nonna era caduta malata, durante il passato inverno, aveva saputo che si era trasferita in una periferia babbana, dove era sotto le costanti cure di una Guaritrice, e veniva sempre visitata dalla sua vicina nonché ormai amica Wilhelmina Russel, che a suo tempo era stata un’ottima crocerossina. Diceva sempre, e lo ripeteva fino alla noia, che all’età di venti anni aveva partecipato attivamente alla rivoluzione del sessant’otto e che quando c’era stato bisogno di lei, anche a quaranta e passa anni aveva sempre aiutato chiunque avesse avuto bisogno di aiuto. Era stata presente alla caduta del muro di Berlino, aveva volato in America per portare aiuto, incosciente del pericolo, per le vittime dell’11 Settembre. Insomma, aveva sempre fatto tutto ciò che poteva e fosse in suo possesso. Anche all’età di sessantasei anni, non si dava per vinta, e ogni giorno, dopo aver fatto la spesa, portava sempre la sua compagnia alla cara Andromeda, ormai sua amica.
A causa di questi e molti altri avvenimenti, non potevano mostrare in pubblico la magia, e se ne servivano assai poco, tanto più che a Ted fosse proibita per le leggi dei maghi.
Qualcuno bussò alla porta.
- Vai ad aprire tu?- chiese la nonna, mentre si sedeva alla sedia della tavola, ormai stanca.
La malattia l’aveva lasciata debilitata, le aveva tolto molto della sua giovane vitalità, e ormai, se non fosse stato per Ted, avrebbe già deciso di lasciarsi morire. Non poteva, però, lasciare da solo il suo unico e amato nipote.
Ted annuì in silenzio e andò ad aprire alla porta.
- Mio caro ragazzo! Finalmente ci incontriamo di nuovo!-
Wilhelmina era tornata. Strinse così forte Ted che sembrò stritolarlo, ma il ragazzo, forte ormai, sorrise senza dover sentire le ossa scricchiolare. Guardò la donna, che era vestita con un semplice vestito di lino bianco che ricadeva dritto fino alle caviglie. Non poté non notare che ai piedi aveva i soliti sandali, e portava i capelli tagliati corti di un grigio vecchiaia. A suo tempo non doveva essere stata una bellezza, ma la vecchiaia le aveva portato una certa rispettabilità.
La donna si fiondò, con inaspettata vitalità, nella cucina, dove regnava il silenzio, che così tanto le dava fastidio.
Ted sospirò e chiuse la porta. Ma poi fu d’improvviso attraversato l’idea, e gli piacque. Si affrettò a raggiungere le due veterane donne in cucina.
- Che sorpresa!- stava dicendo la nonna, abbracciando con calore l’amica. – Proprio a te pensavo in questo momento-
- Oh, Andromeda, mi lusinghi sempre. Però, ho visto tuo nipote, si è fatto proprio un bel giovanotto. Me lo ricordo dall’anno scorso, quando aveva quindici anni e ancora aveva i brufoli che gli riempivano la faccia-
Ted arrossì. Le sue guance erano ancora piene di brufoli, ma cercava sempre qualche lozione per toglierli. Eppure, nonostante usasse pomate magiche, erano particolarmente insistenti e, sebbene di meno rispetto all’anno scorso, ce n’erano ancora.
- Suvvia ragazzo! Non fare quell’espressione imbronciata! Anche io avevo i brufoli sul viso, e guarda che gran bella donna sono diventata!-
Ted sorrise debolmente. Se fosse diventato come lui di certo all’età di sessantasei anni non sarebbe stato una bellezza della natura. Preferì non parlare, per paura di offendere. No, era certo che avrebbe offeso la signora, e non ne aveva la minima intenzione. Aveva ancora bisogno di lei. Colse quell’occasione per prendere la parola davanti all’amica della nonna.
- Lo spero tanto! Eppure non so da chi abbia preso, perché non credo che la mamma li avesse…-
Lasciò cadere così il discorso, ma Wilhelmina, la cui curiosità non aveva limiti, non era intenzionata a ignorare quello spunto e prese la palla al balzo.
- Di solito sono sempre gli uomini che hanno i brufoli, eppure mi pare di aver visto una foto di tua figlia dove li aveva-
Non si rendeva conto di essere a volte invadente e poco sensibile, ma Ted non se ne preoccupò. Era deciso a far parlare una volta per tutte la nonna.
- No, mia figlia era…diversa. Le venivano e le andavano via i brufoli. Credo fosse il padre che alla sua età li avesse avuti-, rispose la nonna, con un sorriso triste.
- Ah, senza dubbio! Tua figlia era di una bellezza rara, e quei capelli che si faceva sempre erano adorabili! Ricordo le foto che mi hai fatto vedere, cara, e non ho potuto fare a meno di pensare che se fosse vissuta ai miei tempi sarebbe stata la promotrice delle rivoluzioni femministe. Doveva avere uno spirito libertino, non è vero?-
Da come l’amica faceva le domande alla nonna, Ted si compiacque. A quanto pare anche con lei la nonna era stata molto vaga. E con questo espediente, usando la vecchia, stava estorcendo informazioni dalla nonna. Informazioni che, normalmente non gli avrebbe dato.
- No. No, in realtà mia figlia aveva solo gusti particolari- rispose brevemente la vecchia signora.
Sul volto della nonna, Ted aveva sempre visto le rughe come tutti i pensieri che la vita le aveva riservato. L’amore per un babbano, i genitori che l’avevano disconosciuta, e una figlia che faceva parte dell’Ordine e si era innamorata di un licantropo. Li aveva conosciuti e li aveva persi, così come aveva perso il marito, ucciso dai Ghermidori nel Secondo Periodo del Terrore. Un po’ si sentì in colpa ad aver costretto la nonna a tirar fuori quei dolori forse dimenticati.
- Eppure, sono sicura che non sarebbe riuscita a fare tutto ciò che hai fatto tu, Wilhelmina- continuò la nonna.
Touché. La nonna ormai aveva imparato a tenere fuori l’amica dai discorsi prettamente legati alla famiglia, e aveva adoperato quell’esperienza anche quella volta.
Così Ted fu costretto a sorbirsi le noiose chiacchiere di Wilhelmina e Adromeda che discutevano di cose da vecchie. I loro discorsi ricadevano sulle ultime mode dei merletti e del taffettà, di come ormai l’elettronica era entrata nella vita di tutti, e che in casa ormai non potevano fare nulla. “Ci mancava solo qualcuno che facesse al posto loro i lavori a maglia ed avevano finito di divertirsi”.
Andromeda sorrideva, e Ted era sicuro che stesse pensando che in realtà lei non aveva mai lavorato a maglia, ma i ferri lavoravano da soli grazie alla magia.
Si distrasse improvvisamente, allarmato, quando sentì il gracchiare di un gufo.
Si scambiò una veloce occhiata con la nonna, si congedò in fretta e scappò in salone.
Era sicuramente il gufo di Vic che gli portava notizie della sua bella quasi cugina. Ted era ansioso. Era sempre stato attratto da qualcosa che riguardasse la cugina.
E, come aveva ben previsto, un gufo era appollaiato sul davanzale della finestra, con una lettera legata alle zampette. Si avvicinò alla finestra, e fece segno al gufo di saltargli sul braccio. Quello non volle sapere di muoversi, e così Ted dovette correre di nuovo in cucina, afferrare un pezzo di prosciutto dal frigo, tornare nel salone (chiudendo accuratamente la porta della cucina in modo che quella ficcanaso dell’amica della nonna non avesse voglia di sbirciare), si avvicinò alla finestra e riprovò di nuovo col gufo, mostrandogli il prosciutto. Stavolta il gufo obbedì e volò sul suo braccio.
Sfilò la lettera e portò entrambi, gufo e lettera, su in camera sua.
Quando entrò in camera, neanche notò che fosse completamente simile a quella della madre. Era perfettamente in ordine, il letto fatto e la scrivania, sotto la finestra, era pulita e sgombra persino dei libri sui quali studiava anche quando era in vacanza. Era differente l’armadio. Quello della madre era aperto e scombinato, il suo era al contrario ordinato.
Forse perché passava anche la nonna ad ordinarla, ma da quando aveva avuto quella brutta malattia, Ted faceva in modo che non dovesse sforzarsi, e l’aiutava in ogni cosa. Stava sempre con lei.
Lasciò che il gufo si appollaiasse su un ramo d’albero che aveva costruito apposta, e aprì con mani tremanti la lettera.
Erano poche righe, che gli spiegavano poco. Poiché la loro conversazione era assidua, non aveva bisogno d’altro.
 
Ted,
qui alla Tana ci siamo tutti. Mio zio ricambia il saluto e vorrebbe che tu fossi presente almeno per una o due sere a mangiare qui e a farci compagnia. Scusa, ma sono completamente d’accordo con lui, così almeno non mi costringi a consumare boccette su boccette di inchiostro! A parte gli scherzi, Ted, mi manchi tanto. La settimana prossima devo andare dai miei nonni in Francia, e sai bene che resteremo lì per un bel po’. Probabilmente quest’anno prolunghiamo fino a Settembre, quindi ci rivedremo a scuola se questa settimana non ti farai vedere.
Immagino come ti stai stancando, e vorrei farti compagnia. La nonna ha detto che anche la signora Andromeda è la benvenuta, così da non costringerla a rimanere sola. So bene, però, che l’ultima cosa che sarà è vederti. Non capisco cosa ci troviate tu e tua nonna in una casa così isolata nella periferia babbana. A volte mi chiedo se hai qualche amica di cui non vuoi parlare con me. Ti piace forse qualcuna Ted? E’ per questo che non torni mai da me?
Per il resto, nulla di importante. Louis si diverte ancora a scaraventare gli gnomi oltre il recinto, e Dom parla sempre. Non si sta un po’ zitta! Io invece, passo le giornate a contare i giorni che ci separano dall’inizio della scuola.
Spero di vederti presto,
 
Victoire Weasley
 
Ted scarabocchiò in risposta che le avrebbe fatto sapere con precisione appena avesse chiesto alla nonna se potessero andare, e affidò la lettera al gufo, che volò via, incauto dei babbani che l’avessero visto.
Di sotto sentì le chiacchiere animate delle anziane, udì la porta d’ingresso che si chiudeva e un silenzio improvviso.
Wilhelmina doveva sicuramente essere andata via. Ted, scese dalle scale e andò lui a fare compagnia alla nonna. Notò che era un po’ infastidita, sospirò e si sedette sulla sedia.
Allarmato sul fatto che non si sentisse bene, Ted scattò e corse dalla nonna.
- Stai bene? Tutto bene? Ti fa male da qualche parte? Devo tornare a chiamare Wilhelmina? O preferisci che mando un gufo celere alla Guaritrice, o magari…-
- Ted! Sto bene grazie-
La nonna interruppe il suo mare di domande preoccupate ed ansiose.  Gli sorrise tranquillamente e gli accarezzò una guancia.
- Oh, come sei simile a tua madre…-
Il suo viso si oscurò. Ecco che parlava della madre, stuzzicava la sua curiosità e, sicuramente, non avrebbe detto nient’altro.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, al tavolo della cucina.
- Io…ho sbagliato tanto Ted. Non ti ho parlato della tua mamma, quando poi ne avevi tutto il diritto. Mi sono sempre rifiutata. E ti devo delle scuse.
- Che cosa intendi?-
Ted sentì la speranza rinascere in lui, e probabilmente non era consapevole del fatto che il suo viso si fosse rischiarato. Era inconsapevole di aver eliminato tutti i brufoli grazie alla sua particolarità, e i suoi capelli quasi cambiarono colore.
Era stupefatto.
Con quel discorso stava dicendo che ormai era pronta per parlarle della mamma? Sperava tanto di sì, perché non avrebbe potuto sopportare un’altra delusione.
- Sai, se ti parlassi di tua madre, probabilmente ti direi come la vedo io, ma voglio che sia lei a raccontarti di te.-
Ted la guardò stranito. La madre avrebbe dovuto parlarle di sé? Impossibile. La madre era morta, ben sedici anni prima, durante la famosa Battaglia di Hogwarts. Bella bugia.
La delusione si dipinse di nuovo sul suo volto, ma la nonna gli alzò il viso col palmo della mano. Gli stava mostrando uno strano libriccino un po’ vecchio, con gli angoli della copertina spuntati .
Spostò lo sguardo dalla nonna, al vecchio libro, fino a portarlo di nuovo alla nonna.
Andromeda sorrise e riprese.
- E’ il diario di Dora. Dentro scriveva tutto, e lo teneva da qualche tempo. Tienilo tu. Io ormai lo conosco a memoria, ed è arrivato il tempo di farlo leggere anche a te. Narra degli ultimi due anni della sua vita. A quanto ne so io esiste solo questo-
Ted spalancò le labbra. Era incredulo. Una scoperta del genere credeva di farla nella stanza della mamma, ma forse quando era entrato, aveva cercato con poca foga. Era entrato, aveva dato una guardata veloce in giro, ed era uscito. Aveva sbagliato su tutta la linea.
Eppure, ciò che sperava di trovare era lì, di fronte a lui, tra le mani della nonna.
Con le mani tremanti d’emozione, prese il diario che la nonna gli porgeva.
- Tienilo con cura- lo ammonì la nonna.
Lui le sorrise e la strinse forte. Dalla felicità improvvisa, i capelli iniziarono a cambiare velocemente colori, uno dopo l’altro. Non riusciva a trattenersi. Si scusò con la nonna e corse in camera sua.
Sentiva il cuore che batteva così forte che sembrava quasi fosse arrivato in gola. Un grido di felicità gli si strozzò in gola, si stese sul letto e aprì il diario.
La prima pagina era bianca. In basso a destra c’era un piccolo appunto:
 
Diario di Nynfadora Tonks
 
Girò la pagina e constatò che seguivano tante pagine scritte fitte fitte, parole che seguivano parole, frasi oltre alle frasi. Il diario della mamma era tra le sue mani. Finalmente. Aveva sempre voluto conoscere la mamma, e ora aveva l’opportunità di farlo.
L’emozione era forte, e riuscì a dimenticare la cara nonna, l’amata Victoire, la casa di babbani, e tutta la sua intera vita. Si immerse nella lettura, consapevole che a fine lettura avrebbe sentito di conoscere la sua mamma.
   
 
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