Più che sentirsi dire arrivederci, certamente dirlo è più doloroso.
In una piccola cittadina costiera, un gruppo di ragazzi ammirava l'oceano, godendosi il meritato riposo dopo una lunga giornata di fatiche. Nessuno parlava. Tutti ascoltavano il pacifico silenzio creato dalle piccole onde che si infrangevano nella sabbia e il verso di qualche gabbiano in lontananza. Era un gruppo maledettamente strano, quello, eppure non potevano fare a meno l'uno dell'altro. Avevano tutti carattere differenti e particolari, ma tutti insieme diventavano quasi un'unica identità.
Tra tutti spiccava Ichigo, ragazzo all'apparenza svogliato ma che al lavoro era sempre quello che arrivava prima e se ne andava per ultimo. Tutti, nel gruppo, sapevano che era un modo per ingraziarsi il capo, e quindi ottenere qualcosa di più nello stipendio. Aveva perso la madre quando era poco più di un bambino e da solo si era preso carico delle due sorelline, Karin e Yuzu. Il padre, medico, viaggiava continuamente nei paesini sperduti, costringendolo a lasciare la famiglia anche per alcuni giorni. Ichigo, contro ogni previsione più nefasta di Isshin, era riuscito a proteggere e aiutare le due sorelline al meglio.
Per poter andare a avanti e vivere una vita dignitosa, Ichigo si era messo da subito a lavorare. Faceva qualsiasi lavoro purché retribuito. Ichigo era passato così dallo stato di “orfano di madre”, compatito da tutti, a “tuttofare”, ammirato da tutti per l'impegno. Ichigo era un ragazzino di 15 anni, compiuti neanche un mese prima. Oltre ad essere conosciuto come “il tutto fare”, Ichigo aveva un altro soprannome, meno dignitoso, che gli era stato affibbiato dalla sua amica di infanzia, Tatsuki, “pel di carota” a causa dei suoi capelli arancioni. A fargli compagni, in quanto a capelli bizzarri, c'era Renji, il suo migliore amico e compagno di zuffe.
Renji, aveva una storia molto simile a quella di molto altri ragazzi del paese. Come loro, anche lui era stato abbandonato dai genitori quando era molto piccolo o forse erano morti. Come loro, era cresciuto vivendo alla giornata, rubando quello che trovava, senza lamentarsi troppo quando rimaneva anche due giorni interi senza mangiare. Ma lui, a differenza di molti ragazzini, era stato aiutato.
E ad aiutarlo era stato
proprio Ichigo. All'inizio, i due non facevano che prendersi a pugni,
anche se era Renji a iniziare e sempre lui a finire KO.
Renji avrebbe compiuto 20
anni e, proprio in quel momento, davanti al mare cristallino, poteva
dirsi felice della sua vita. Aveva avuto alti e bassi, ma se erano
serviti a farlo arrivare li, insieme ai suoi nakama, avrebbe rifatto
quella vita altre cento volte. Osservò il resto del
gruppo e non poté fare a meno di sorridere: tutti erano
nella
posizione in cui li aveva immaginati.
Ichigo, seduto sulla
sabbia, appoggiato ad una roccia osservava il mare. Probabilmente non
stava pensando a nulla. Tatsuki era in piedi, accanto a Orihime, a
sua volta seduta. Tatsuki aveva la solita, buffissima faccia
annoiata. Anche se era stanca, non lo dava a vedere.
C'erano anche Rukia,
seduta accanto a Ichigo, Chad, Ishida, Keiho, Mizuiro e tutti gli
altri.
Per qualche strano motivo,
il suo sguardo si posò su Tatsuki che, accortasi di essere
osservata, si voltò verso di lui. Si scambiarono uno sguardo
veloce
per poi voltarsi verso Ichigo che si era alzato.
“Non so voi,
ragazzi, ma
io torno a casa. Sono stanco morto!”
Fece qualche passo, ma si
fermò subito. Davanti a lui c'era un uomo, un militare, per
la
precisione.
L'uomo osservò per
qualche secondo il gruppo di ragazzi e pensò che presto non
sarebbe
più esistito, anche se, in cuor suo, sperava per quei
giovani di
tornare alle loro vite, una volta finito il casino in cui il governo
li aveva messi. Perchè al governo poco importava se quei
giovani che
erano davanti a lui sarebbero presto morti, a loro importava solo
vincere la guerra.
“Cerco Renji Abarai.”
la voce era rocca e stanca. Sentendosi chiamare, Renji si
alzò in
piedi e si diresse verso l'uomo.
“Sono io. Cosa
desidera?” era una domanda retorica, in realtà.
Renji aveva capito
che era per riprendere servizio. Girava voce da tempo che presto
l'esercito giapponese avrebbe attaccato una base americana, quindi
cercavano tutti coloro che fossero stati in grado di combattere e lui
era uno dei primi della lista.
“Questo foglio
è per
te. Il primo settembre inizia un campo di addestramento militare per
i fuori servizio. Ordini del governo. Non si accettano
rifiuti.”
L'uomo aveva ripetuto
almeno una cinquantina di volte quella pappardella solo in quella
giornata e ne avrebbe avuto per tutta la settimana. E più lo
ripeteva, più si odiava. Sapeva bene cosa accadeva
a quei ragazzi. Lui aveva vissuto sulla
sua pelle l'esperienza della Prima Guerra. E miracolosamente era
sopravvissuto, ma la maggior parte dei suoi camerati non erano
tornati a casa. Tutti morti perchè il Governo e l'Imperatore
volevano espandere il proprio dominio territoriale.
Il ragazzo davanti a lui
aveva l'espressione di chi già sapeva il motivo di quella
convocazione, il che era un bene per lui. Avrebbe evitato di
rispondere “Lo saprai una volta arrivato li”.
Inoltre il ragazzo
sembrava uno di quelli ligi al dovere, quindi era quasi sicuro di
trovarlo alla stazione, il giorno della partenza.
Dopo aver finito di
sbrigare le poche formalità, si congedò al
gruppo. L'uomo sperò
con tutto il cuore che quel giovane riuscisse a tornare a casa, dai
suoi amici.
Renji lesse il foglio quattro volte. Sarebbe partito il primo settembre, quindi il giorno dopo il suo compleanno, per non si sa dove e non si sa quanto. La cosa non gli piaceva per niente. E non poteva neanche rifiutare. Dietro di lui, Ichigo e tutto il gruppo lo guardavano con aria preoccupata.
Era ormai il 31 agosto.
Era sera e Renji era da solo, seduto in uno scoglio davanti al mare.
Pensava.
Quella chiamata
dell'esercito non gli piaceva, eppure non poteva sottrarsi. Sarebbe
andato, di nuovo, a fare il militare. Ma questa volta non sapeva se
sarebbe tornato.
Dietro di lui apparve
Tatsuki, preoccupata per l'amico. Renji si voltò per
osservarla.
In quel preciso momento
avrebbe voluto stringerla a sé e non lasciarla andare. Ma
non
l'avrebbe mai fatto, era troppo codardo per fare una cosa simile.
Tornò alla posizione
originaria, con il viso rivolto verso le onde del mare. Tatsuki, per
tutta risposta, fecce qualche passo e si mise davanti al ragazzo. Lo
sguardo era severo, ma
anche tenero. Renji abbassò lo sguardo, non sopportava
essere
compatito, sopratutto da lei.
“Renji” la
voce della
ragazza riecheggiò nell'aria e Renji non riusci a non
voltarsi vero
di lei.
I due si guardarono negli
occhi e Tatsuki si chinò sul ragazzo.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.
Solo a dicembre, il gruppo venne a sapere il motivo dell'improvvisa partenza dell'amico. Da quel momento, tutti sperarono nel ritorno di Renji. Nei primi giorni del gennaio del '42, anche Shuhei venne convocato dall'esercito, nonostante non avesse l'età.
Di Renji ancora nessuna notizia. Nel cuore di tutti iniziava a crescere la preoccupazione e mano a mano che il tempo passava, la preoccupazione lasciava spazio alla paura.
Più passava il tempo più aumentava la consapevolezza che Renji non sarebbe più tornato.
E intanto il tempo passava e di Renji, così come di Hisagi, Yumichika e Ikkaku, non si avevano notizie.
E intanto il tempo passava. Passò un anno dalla partenza di Renji e di lui neanche una sola notizia.
Ichigo aveva capito che non sarebbe più tornato. Anche quando era andato a fare la leva militare, Renji, seppur due righe scritte male, le aveva scritte.
E Ichigo aveva paura. Aveva paura di non vederlo più e di non poter più tornare lui, a casa. Ormai aveva 16 anni e l'esercito, se ne aveva la necessità, poteva chiamarlo in qualsiasi momento. Il 31 agosto, da solo, Ichigo si recò sulla spiaggia. Voleva stare da solo.
Ichigo non era mai stato
un ragazzo di grande compagnia, stava sempre in silenzio e parlava
solo se interpellato. Ma risultava essenziale all'interno del gruppo:
solitamente era l'elemento di neutralità che, in caso di
parità tra
due fazioni del gruppo, decideva per tutti. O non decideva affatto.
Ma le cose stavano
cambiando.
Il gruppo stava cambiando.
Anche se non volevano ammetterlo, tutti sapevano che Renji era morto.
Morto in una stupida
guerra. E Ichigo sapeva che presto
sarebbe toccato anche a lui andarci. Le guerre non durano qualche
giorno e basta. Duravano anni e anni. E
ciò che lasciavano dietro era morte e disperazione nelle
campagne e
nella gente comune e inutile orgoglio e senso di superiorità
nell'imperatore e nel suoi ministri. Perché a loro importava
solo vincere. Non gli importava nulla di tutti i ragazzi che morivano
tutti i giorni.
Ichigo, dal canto suo,
aveva continuato a lavorare duramente, senza riposarsi mai. Un modo
come un altro per non pensare. Da lontano, Rukia lo stava
osservando. Non si avvicinò. Sapeva
bene che quando Ichigo andava nella spiaggia voleva dire che
necessitava di solitudine. Eppure era preoccupata per lui. Era
più
di una settimana che non riusciva a parlarci. Sembrava che era proprio
con lei che non voleva parlare, come se volesse creare una barriera
tra loro due.
A cosa stava pensando?
Perché stava cercando di allontanarla? Di certo lei non si
sarebbe arresa così facilmente.
E Ichigo lavorava.
Lavorava.
Lavorava.
Il gruppo, da quell'agosto
1941 non si era più riunito e mai più lo avrebbe
rifatto.
Ichigo sprofondava sempre
di più e Rukia era sempre più preoccupata.
Passò un altro anno.
Ichigo aveva compiuto 17 anni.
Era il 1943 e la guerra
continuava a mietere le sue vittime.
Rukia non parlava con
Ichigo da almeno un anno. Ogni volta che la ragazza provava a
parlarci, il ragazzo trovava una scusa qualsiasi e scappava via.
Rukia si era stancata di
quel comportamento. Ichigo era diventato freddo e distaccato. Non era
più il ragazzo stupido e irascibile che aveva conosciuto
tanti anni
prima.
Per quanto anche all'epoca
fosse un ragazzo di poche parole, Rukia era riuscita a farlo aprire.
Molti avevano gridato al miracolo, vedendo Ichigo litigare con tanto
trasporto e naturalezza con qualcuno che non fosse il padre.
Ma ora, Ichigo era tornato
ad essere quel ragazzo taciturno e scontroso del passato e Rukia non
poteva permetterglielo. Non voleva vederlo ridotto in quello stato.
Ichigo poteva anche essere
un ragazzo complicato, scontroso e rissoso, ma si addossava sempre la
colpa di tutto. E in questo caso, Rukia
non riusciva a capire quale fosse il problema del ragazzo. Non era il
senso di colpa
a tormentarlo, ma qualcos'altro. E Rukia non riusciva proprio a
capirlo. E la ragazza, giorno dopo
giorno insisteva. Fermava Ichigo ogni volta che lo vedeva. Provava a
parlarci, ma ogni volta il ragazzo se ne andava senza dire una sola
parola.
Rukia continuò così per
tutto un altro anno.
Ichigo sapeva bene che
Rukia era solo preoccupata per lui. Glielo si leggeva in viso. Ma lui
sapeva cosa sarebbe
presto accaduto. Come era successo a Renji, a Ikkaku e a tutti gli
altri: sarebbero partiti in guerra, senza però
più ritornare. Ichigo non poteva
sottrarsi all'esercito, ma non voleva andarci.
Aveva paura.
Si, poteva dire che, per
la prima volta nella sua vita, aveva Paura.
Paura di non tornare più
in quel villaggio.
Di non vedere più quel
mare e quella spiaggia.
Di non vedere più la sua
famiglia.
Di non poter più
camminare in mezzo a quel boschetto dietro casa quando faceva troppo
caldo.
Di non poter più salutare
Karin e Yuzu uscendo di casa per andare a lavorare.
Di non poter più parlare,
ridere e scherzare con i suoi amici.
Di non poter più...
Scacciò dalla mente
quell'ultimo pensiero. Era da quando era partito Renji, che ci
pensava.
Aveva deciso di
allontanare Rukia perchè non voleva che soffrisse come aveva
sofferto Tatsuki. In realtà, non sapeva
spiegarsi un motivo per cui Rukia avrebbe dovuto soffrire
così
tanto. In fondo, loro erano solo
amici. È anche vero che si
conoscevano da diversi anni, insieme ne avevano passate di tutti i
colori però...
Da quando Rukia insisteva
così tanto nel voler sapere la ragione del suo isolamento,
si era
chiuso ancora di più. Dirle che aveva paura che
presto sarebbe andato in guerra e non sarebbe più tornato
era molto
peggio che rimanere in silenzio e andarsene. Perchè dirle
quelle
parole significava anche riportare a galla una ferita che, lo sapeva
bene, bruciava ancora. Perchè dirle quella
parole avrebbero fatto ricordare a Rukia il suo onii-sama, come lo
chiama lei.
Rukia era stata
abbandonata dalla sua famiglia. Aveva perso ogni cosa.
Un giorno aveva incontrato
un ragazzo, Rukia aveva detto una volta che si chiamava Kaien, che la
prese con se e la portò in giro per varie città.
Ma un giorno, mentre
attraversavano un bosco, furono attaccati da dei briganti e Kaien,
per proteggere la ragazza, morì. Rukia, quando si riferiva
a lui, lo chiamava onii-sama, dicendo che era stato come un fratello
per lei. Ma Ichigo aveva intuito, dalle sue parole, dalla sue voce e
dai suoi atteggiamenti, che per lei, non era solo un semplice
fratello. E in quel momento Ichigo
non voleva che Rukia si affezionasse a lui. Avrebbe preferito che lo
odiasse, piuttosto che renderla nuovamente triste. La ignorava, la
evitava,
non le rivolgeva la parola solo per allentare quel rapporto che si
era creato tra di loro. Voleva cancellarlo per sempre, come se non
fosse mai esistito. Da parte sua, sapeva che
era impossibile. Quella ragazza, con la sua sola presenza era stata
in grado di cambiarlo nel profondo. Era riuscita, con la sua
sola vicinanza, a farlo tornare a vivere. Non sapeva spiegarsi il
motivo, ma quella ragazza minuta era stata capace di far uscire la
parte del suo carattere che cercava di tenere nascosta.
Non gli era mai piaciuto
mostrare agli altri quel lato del suo carattere, perchè
avrebbe
significato perdere quella minima fiducia che gli altri riponevano in
lui. Oltretutto doveva mostrare di essere al di sopra delle dicerie,
perchè avere i capelli arancioni era, per lui, una
scocciatura. Era considerato da tutti
un teppista, nonostante gli riconoscessero l'impegno nel lavoro.
Perchè, oltre che per la
propria famiglia, Ichigo lavorava così duramente anche per
tenere in
piedi una reputazione decente.
E il tempo passava e
Ichigo continuava a rimanere nel suo silenzio. Rukia non si dava per
vinta, insisteva tutti i giorni e, se ne aveva l'occasione, anche
più
volte al giorno. Erano passati altri sei
mesi e Ichigo era ancora rinchiuso nel suo silenzio. Era il 14
luglio e il
ragazzo si recò nella spiaggia.
Aveva bisogno di pensare.
Si sedette sulla sabbia e
osservò il cielo tingersi di arancione. Era stata in una
giornata
come quella di tanti anni prima che aveva incontrato per la prima
volta Renji.
Ichigo era li, seduto
nella sabbia a guardare il mare. Dietro di lui apparve un ragazzino
che voleva rubargli quei pochi spiccioli che aveva in tasca. Ma lui
si era preparato all'attacco, perchè ne aveva visto l'ombra.
Fece un mezzo sorriso
ricordando le botte che si erano dati. La piccola rissa non si era
scatenata per quelle monetine, ma entrambi si erano resi conto di
doversi sfogare, i qualche modo. E, in quel momento,
prendersi a botte era diventato il loro sfogo.
Istintivamente, Ichigo
voltò lo sguardo all'indietro, come se avesse potuto vedere
Renji
camminare verso di lui con il suo solito sguardo annoiato.
Ma, si sorprese, invece di
Renji c'era Rukia.
Voltò nuovamente lo
sguardo nella direzione originaria. Rukia sospirò, ma
continuo ad
avanzare, seppur lentamente. Rukia si fermo accanto al ragazzo e,
come lui, osservò per un attimo il cielo.
“Perchè
mi eviti?” la
voce della ragazza era neutra. Per quanto fosse arrabbiata per quel
comportamento che teneva ormai da oltre due anni, era anche curiosa
di saperne il motivo.
“E tu
perchè continui a
perseguitarmi?” lo disse quasi annoiato, come se non avesse
voglia
di parlare.
“Senti! Ho avuto
pazienza , ho aspettato che ti passasse. E invece niente. Hai
continuato imperterrito a non voler parlare con nessuno. Chi ti credi
di essere? Siamo tutti preoccupati per Renji e gli altri ma stiamo
cercando di reagire. Non ci siamo chiusi in noi stessi come hai fatto
tu! Anche a noi fa male sapere che non torneranno più ma
stiamo
cercando di reagire!”
Ichigo si rabbuiò. Era
vero che anche a lui mancavano tantissimo, ma non era quello il
motivo del suo comportamento.
Rimase in silenzio, senza
neanche girarsi verso la ragazza quando si sedette accanto a lui.
Rimasero in silenzio.
Poi, Rukia capì.
“Tu... hai
paura!”
Ichigo sgranò gli occhi. “Hai paura.. di andare in
guerra...
vero?”
Ichigo non rispose e la
ragazza, che, per tutta risposta, si alzò in piedi e si mise
davanti
a lui.
“Io non ti riconosco
più! Di cos'hai paura?! Chad non c'è
più! Renji è morto! E
allora?! Tu sei il tipo da scoraggiarsi per una cosa simile?! Hai
paura di non tornare più?! Se hai paura della sconfitta,
allora
diventa più forte. Se hai paura della guerra...allora
diventa forte
al punto di schiacciarla, quella paura. Anche se nessuno dovesse
crederti...butta fuori il petto e gridalo. L'Ichigo
che porto dentro di me è un uomo così!”
Neanche Rukia sapeva bene cosa
stava dicendo. Ichigo la
fissò stupito.
Non
avrebbe mai creduto di sentire certe parole da parte di
Rukia.
“Tsk...non stai proprio mai zitta...tu.”
Ichigo fece un piccolo sorriso e a Rukia fu più che
sufficiente.
Tornò a sedersi vicino ad Ichigo.
Rimasero in silenzio ad
osservare il mare. Rimasero in silenzio, comunque sollevati per la
presenza dell'altro. Né Ichigo e né Rukia seppero
spiegare perchè
si voltarono l'uno verso l'altra.
Arrossirono e girarono lo
sguardo dall'altra parte.
Rimasero per tutta la sera
nella spiaggia senza dirsi nulla e quando Rukia se ne andò,
lo
salutò con un semplice “Buon compleanno,
Ichigo”.
Il ragazzo, troppo
impegnato a non pensare, si era completamente dimenticato che quel
giorno era il suo compleanno. Sorrise alla ragazza, che
intanto si stava allontanando. Rimase a fissarla e il suo sorriso si
trasformò in un'espressione sbalordita.
Da quel giorno, le cose
cambiarono.
Nonostante l'aria
perennemente svogliata, Ichigo era tornato più attivo.
Parlava
nuovamente con Rukia e sembra aver trovato una certa
serenità
d'animo.
Purtroppo, gli eventi
storici mutarono nuovamente quel precario equilibrio.
Il Giappone stava
attraversando un brutto periodo: la guerra, che durava da troppo
tempo, aveva prosciugato i cittadini di tutti i loro risparmi e di
tutte le loro forze, aveva tolto ai campi e all'allevamento la
manodopera fornita dai giovani, lasciando tutto nelle mani di donne e
uomini ormai non più giovani. Il governo giapponese aveva
inoltre
abbassato l'età minima per la leva obbligatoria: dai soliti
18 anni,
ora anche i giovani di 16 anni dovevano prendere parte alla guerra.
Era stato assicurato,
però, alle famiglie che i giovanissimi sarebbero rimasti
nella
retroguardia e che quindi non avrebbero preso effettivamente parte
alla guerra.
Ovviamente nessuno ci
credeva.
Arrivavano notizie sempre
più drammatiche e strazianti dal fronte di guerra.
Il Giappone, isolato dagli
alleati europei, si ritrovò privo di rifornimenti bellici e
privo di
materie prime. Dovette quindi organizzarsi con quello che restava
delle armi che aveva a disposizione.
Era il gennaio del 1945.
Ichigo aveva 17 anni e lavorava per aiutare il padre a mandare avanti
la famiglia.
In casa Kurosaki, arrivò
una lettera indirizzata a Ichigo. Il ragazzo la prese,
consapevole di cosa ci sarebbe stato scritto. La lesse senza troppa
attenzione e la stracciò, per poi buttare quei pezzi di
carta nel
fuoco. Si rese conto che aveva
poco tempo. Il ragazzo, alcuni giorni
dopo, si licenziò. Nessuno si sorprese, mancavano pochi mesi
al suo
18° compleanno e, da quello che tutti avevano sentito, Ichigo
sarebbe già dovuto partire per il fronte. Quando Rukia
apprese la
notizia, corse dal ragazzo.
Non lo trovò da nessuna
parte.
In spiaggia non c'era.
A casa neanche.
Al lavoro non poteva
esserci, considerando che si era licenziato.
La ragazza si fermò per
qualche secondo. L'istinto le diceva di andare in quel luogo, la
mente non sapeva dove andare.
Decise di seguire
l'istinto.
Lo trovò. In
piedi.
Sembrava che stesse
pensando. Si avvicinò a passi brevi e silenziosi. Non voleva
disturbarlo. Il ragazzo, accortosi
della presenza di qualcuno, si voltò verso di lei. La
ragazza continuò a
camminare, raggiungendo il ragazzo. Rukia lesse il nome sulla
lapide.
“Kurosaki
Masaki”
Rukia non sapeva
assolutamente nulla di sua madre, se non che era morta quando lui
aveva all'incirca 8 anni.
“Non venivo qui
dall'anno scorso. Volevo salutarla, prima di...” si
interruppe. Non
sapeva continuare con una frase triste o buttare giù
qualcosa di più
allegro, per alleggerire l'aria tesa che si era creata tra i due. Rukia
non disse nulla.
Rimase con la testa abbassata.
“Credo che sarebbe
stata
triste, se fossi partito senza salutarla” La voce era bassa.
Rukia
avrebbe giurato che in quel preciso istante Ichigo stesse piangendo.
Andarono via.
In silenzio.
Si diressero alla
spiaggia, senza parlare, senza dirsi nulla. Ormai si capivano anche
con un solo sguardo. Ichigo stava cercando di
mettere in piedi un discorso non troppo triste, non troppo smielato e
non troppo d'addio. Ma dovette ammettere a se stesso che non era
molto bravo in certe cose.
Lui era per l'azione. Non
pensava, agiva e basta.
Anche Rukia voleva dire
qualcosa al ragazzo. Ma non sapeva bene cosa dire.Rimasero qualche
minuto
indecisi se parlare o meno.
“Tornerai...
vero?”
Fu l'unica cosa che Rukia
seppe dire. Lo sguardo era rivolto vero il basso, così che
Ichigo,
inizialmente non potesse vederla.
Ichigo la osservò.
La mano del ragazzo si
mosse da sola e sollevò il viso della ragazza,
costringendola a
guardarlo.
Rimasero in silenzio,
guardandosi negli occhi.
Il giorno della partenza
Ichigo, come Renji e tutti quelli che dovettero partire, non volle
nessuno. Più per gli altri che per se stesso. Sapeva cosa
significasse dover dire addio a una persona. E se quella persona a
cui davi addio era ancora viva, era anche peggio.
Non disse a nessuno il
giorno della partenza, ma, nella folla della stazione, vide Rukia. La
raggiunse con un nodo alla gola.
Non dovevi venire!
Avrebbe voluto dirle, ma conoscendola, lo avrebbe preso a schiaffi!
“E tu
perchè sei
venuta?” Ichigo cerco di dare alla voce un tono irritato,
senza
però riuscirci.
“Che domande! Sono
venuta a salutarti!”
Tra i due cadde, ancora
una volta, il silenzio. Ichigo si era reso conto che non avevano
più
parlato molto, ma si erano sempre capito con i gesti o con gli
sguardi.
In lontananza il treno
fischiò. Stava arrivando per portar via tanti giovani. Rukia
e Ichigo si
guardarono, entrambi consapevoli che quella poteva essere l'ultima
volta che si vedevano.
Si guardarono.
Nessuna
parola avrebbe potuto esprimere ciò che in quel momento
stavano
pensando. Si capivano all'istante e in quell'istante avrebbero voluto
dirsi addio. Ma dirlo sarebbe stata la
conferma della loro paura. Dire “addio” sarebbe
diventato il loro ultimo saluto. Cercarono le parole per
evitare di dire “addio”, per evitare di soffrire.
Il treno, si fermò. I ragazzi iniziarono a salire sul treno. Ichigo abbassò la testa, come per pensare.Quando sollevò lo sguardo, l'espressione di Ichigo era qualcosa di indefinibile. Il ragazzo arruffò i capelli di Rukia, che iniziò ad inveire contro il ragazzo. “Bè, ci si vede... nanerottola!”
Ichigo salì sul treno e
Rukia rimase ferma fino a quando il treno ripartendo, non
sparì
completamente dalla sua vista.
La ragazza abbassò lo
sguardo.
“Addio,
stolto”
Più che sentirsi dire arrivederci, certamente dirlo è più doloroso.
Rukia, ricevette una sola
lettera di
Ichigo. Il 15 luglio.
Ciao nanetta!
Grazie per la bella notizia che mi
hai dato. All’inizio ero sorpreso, ma poi ho pensato che
questo è
un motivo in più per voler tornare a casa.
Non vedo l’ora di conoscerlo (si,
sono sicuro che sarà un maschietto)
Un bacio.
Ichigo
Poi più nulla.
Angolo post Fiction
Ordunque. Scrivo in blu per
staccare dal troppo nero della fiction.
Seconda.
Si, è incredibile! °_°" Sono arrivata
seconda con questa boiata galatica! Scritta nel giro di una settimana e
inviata senza neanche rileggerla molto attentamente (se l'avessi fatto
avrei corretto alcune cosucce che non mi sono andate a genio).
Lo so, ho fatto passare
troppi anni! Il fatto è che dovevo rendere in qualche modo
la differenza d'età tra Renji e Ichigo!! E oltetutto Ichigo
è depressissimo! Cosa ho fatto?? °A°
Per la cronaca: questa che leggete è la versione corretta,
che ho sistemato DOPO l'uscita dei risultati. (grazie Ari per avermi
segnalato ciò che non andava! :3)
Affermo inoltre che la
fiction stava per prendere una piega RenTatsu senza che me ne
accorgessi! °_°" A loro è dedicato il
prologo! <3 Tutto il resto della ficion è
IchiRukieggiante!
Altra nota (scrivo le cose come mi vengono in mente, per cui non hanno
un ordine preciso!!): alcune scene sono state volutamente tagliate,
altre invece descritte in modo molto sbrigattivo: questo
perchè avevo un limite di pagine e se avessi scritto tutto
come sarebbe stato meglio non so a quante pagine sarei arrivata (ho
tolto una scena che quando l'ho pensata ho detto "quasta la metto" ma
per motivi spazio/temporali e regolamentari (??) ho dovuto eliminare [e
adesso neanche mi ricordo di preciso che scena era])
Mi scuso con i fan di Renji,
perchè non solo l'ho ucciso ma l' tiravo in ballo ogni volta
che ne avevo l'occasione! Renji è l'esemplare
perfetto da uccidere! ò.ò Dovrò
trovare un altro personaggi per la prossima fiction!
ò.ò
E anche con i fan di tutti i personaggi che sono morti!
Spero vi sia piaciuta (e non vi siate tagliati le vene nel mentre).
La pagina con i risultati del contest! Passateci, così leggete anche le altre fiction partecipanti!!
http://deathstrawberry.forumfree.it/?t=51561072