capitolo 1
Questa storia è il mio seguito di Untamed
Capitolo 1
Scappare non avrebbe risolto la situazione, ma stavolta
scappare coincideva con vivere.
Non avevamo altre occasioni, altre chance, o questa oppure
la morte. E nessuno di noi almeno per il momento voleva morire, quindi dal
giardino richiamai tutti e inizia a correre, con i miei amici che mi venivano
dietro, li proteggevo con lo scudo dei cinque elementi, ma ero stanca, ma per
loro dovevo resistere, dovevo farlo per dargli un futuro e non l’oblio.
-Avanti ragazzi!- dissi urlando a loro.
Uscimmo dalla scuola per un pelo, avevamo i Raven Moncher
alle calcagna ma non andarono oltre per il momento, restavano vicino al loro
padrone, che era un pagliaccio a parere mio.
-Ci siamo tutti?- chiesi a stento, mi mancava
il fiato e anche a loro, però tutti risposero all’appello grazie al cielo. Vidi Stevie Rae sanguinante tra le braccia di Dario, dovevo
salvarla.
-Dove andiamo?- chiese Damien.
-Andiamo nei tunnel- dissi decisa.
Lasciai andare loro avanti e io guardai per
un ultima volta quella che era stata la mia casa fino a poco tempo fa, e lentamente
e contro voglia girai lo sguardo e guardai i miei amici e corsi verso di loro,
più veloce che potevo, perché sapevo che se avessi guardato anche una sola
volta indietro, sarei voluta tornare indietro a salvare amici e professori che
avevo lasciato indietro.
Li raggiunsi e mi portai al comando del
gruppo, e li condussi verso i tunnel dello scalo ferroviario abbandonato, li
feci entrare tutti e chiusi la porta dall’interno cosi nessuno sarebbe potuto
entrare e saremmo solo potuti uscire, la chiusi come meglio potevo grazie anche
alla terra che chiamai in mio aiuto.
Cercammo la camera di Stevie Rae e solo grazie al suo aiuto la trovammo.
–Poggiala sul letto- dissi a Dario.
-Si Signora- disse Dario appoggiò Stevie Rae
a letto e cercò nel kit medico vicino al suo letto qualcosa per curarla.
-Okay qua c’e qualcosa- disse Dario.
-Bene, muoviamoci, dobbiamo togliere la freccia-
dissi decisa.
-Per forza?- disse Erin, la guardai era
sbiancata di colpo, non voleva farlo si vedeva lontano un miglio.
-Chi non vuole stare qua, vada fuori- lo
dissi con la massima gentilezza che mi restava.
Uscirono quasi tutti, restammo io, Dario,
Afrodite e Erik. –Bene, andiamo- andai verso Stevie Rae –Devi farcela- le dissi
–Fallo per noi- lo dissi quasi in punto di pianger.
-Ci proverò- bisbigliò lei.
Alzai gli occhi da lei e guardai gli altri, e
dissi –Io estraggo la freccia, tu Dario taglia la punta- lo esortai a muoversi
indicandogli le forbici sul tavolo. La freccia che gli aveva lanciato Stark gli
aveva trapassato il petto e gli usciva dalla schiena. Avevo paura di sbagliare
tutto, ma l’amicizia per Stevie Rae mi aiutò a crede in me stessa.
Lui
esitò un attimo, mi guardò, ma all’improvviso si fece coraggio, come se avesse
visto in me chissà chi e la tagliò.
Stevie Rae urlò per il dolore, ma si
riaccasciò subito sul letto, come se fosse morta ed io immediatamente dopo le
tolsi la freccia dal torace.
-Dario tampona, Erik cerca delle garze- gli
dissi.
-Si okay- e le cercò nel kit, che Dario aveva
lasciato vicino al letto.
Le prese subito e le passò a Dario, che
grazie alla sua preparazione da Figlio di Erebo riuscì a bendare immediatamente
Stevie Rae, la guardai, ora sembrava in pace, ora poteva riposare.
-Scusatemi- dissi a loro e uscii di corsa
dalla stanza e corsi lungo il tunnel. Non sapevo dove andare, non conoscevo
quei posti.
Correvo nel buio più profondo non chiamai
manco il fuoco per aiutarmi, cosi la mia testa si riempì di pensieri su Stark.
Pensieri che non riuscivo ad allontanare,
l’avevo lasciato alla Casa della Notte, molto probabilmente avevo sbagliato.
Ora ere nelle mani di Kalona.
Giurai forse più a me che a lui, che sarei
tornata a prenderlo. Cadde una lacrima sul mio viso, e mi sconvolsi di ciò.
Mi piaceva davvero? Più dello stesso Erik
Night? No sapevo cosa avrei fatto con loro, ma sapevo che mi importava
veramente di Stark, però dovevo anche parlare con Erik, ma i miei pensieri
furono interrotti all’improvviso perché mi ritrovai con la faccia a terra, ero
caduta.
Guardai dietro di me e vidi un sasso enorme
proprio in mezzo al corridoio. –Che cavolo!- cerci di alzarmi ma non ci riuscii
al primo colpo, avevo un graffio che partiva dal ginocchio e arriva fino alla
fine del polpaccio, tutto questo nella gamba destra.
-Bene, fantastico!- mi dissi in modo ironico.
Mi alzai con molta calma e chiamai il fuoco in mio aiuto e andai avanti nel
tunnel.
Non volevo tornare indietro, almeno non ora,
volevo rimanere un po’ sola in quei tunnel. Andando avanti trovai un incavo nel
muro e mi ci sedetti, guardai la ferita, che faceva un po’ schifo, ma senza
guardarla troppo chiamai l’acqua e la ripulì, strappai un pezzo di maglietta e
la chiusi intorno ad essa.
Mi alzai e sentii un rumore strano, strano
per quel luogo. Lo raggiunsi lentamente e varcai un magnifico arco di pietra,
che sembrava stare là da anni, o meglio secoli. Sembrava un posto fuori dal
mondo, era incantevole ma da un lato anche spaventoso.
Andai avanti e capii a cosa si riferiva quel
rumore. Era una cascata.
Si, sotto lo scalo ferroviario c’era una
cascata, sembrava immensa ma sapevo che non lo era, era incredibile che stesse
là sotto e che mai nessuno si fosse accorto di niente.
Nel silenzio di quel luogo ne rimasi
affascinata.