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Autore: Kisshou    20/10/2010    6 recensioni
Era carino.
Axel non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, ma Roxas era straordinariamente carino.
Era delizioso quando entrava in classe, la mattina, gli occhi ancora pesti di sonno che andava a stropicciarsi con le sue manine pallide e soffici.
Era delizioso quando prendeva posto al suo banco, rigorosamente il terzo della prima fila, se visto da destra, il quarto se si guardava la fila da sinistra.
Axel conosceva a memoria ogni sua mossa.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sillogismo

 

Capitolo 1
 

ερος και αδώς

 

 

 

 

Era carino.

Axel non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, ma Roxas era straordinariamente carino.

Era delizioso quando entrava in classe, la mattina, gli occhi ancora pesti di sonno che andava a stropicciarsi con le sue manine pallide e soffici.

Era delizioso quando prendeva posto al suo banco, rigorosamente il terzo della prima fila, se visto da destra, il quarto se si guardava la fila da sinistra.

Axel conosceva a memoria ogni sua mossa. Posava lo zaino con innocua leggerezza, diversamente da lui  che lo lanciava selvaggiamente, spesso beccando in pieno qualche povero studente innocente. Si girava, piegandosi in modo goffo e un po’ impacciato per prendere i libri dallo zaino.

Apriva il libro della lezione che sarebbe a breve cominciata, ponendo con cura quello dell’ora successiva sotto il banco perché, Axel lo sapeva, si vergognava di voltarsi e farsi vedere da tutti mentre compiva acrobazie per riuscire a recuperare i libri da quella sedia troppo alta per lui.

Axel lo studiava attentamente dall’ultimo banco, le gambe mollemente abbandonate sulla superficie liscia e coperta di scarabocchi. Si rigirava tra le dita il mozzicone di sigaretta non ancora del tutto consumato, facendo l’occhiolino a ogni ragazza con la gonna portata al di sopra delle ginocchia.

Alle ragazze Axel piaceva. Era un dato di fatto. Il suo sguardo era verde e affilato, celato da palpebre sottili evidenziate dal un doppio strato di eyleiner, i suoi capelli rossi e folti, fiamme del fuoco più puro.

Era alto e ben formato, forse un po’ troppo sottile per un ragazzo della sua età, ma era risaputo che aveva mandato al pronto soccorso ceffi molto più grossi di lui. Infine, il piercing al sopracciglio faceva impazzire ogni fanciulla.

Axel si era portato a letto tante di quelle donne da non saper neanche definire un numero approssimativo.

L’ossessione per Roxas era iniziata un mese prima, quasi per caso, quasi per scherzo.

Semplicemente, il biondino si era girato a chiedergli un fazzoletto. A lui. Axel non usava fazzoletti, faceva molto più figo interrompere la spiegazione di latino con sonore tirate su di naso.

No, Axel non aveva fazzoletti, quindi aveva inarcato un sopracciglio e, appena era stato certo di avere abbastanza sguardi puntati addosso, aveva esclamato: - Per chi cazzo mi hai scambiato? Per la bella lavanderia?-

Erano scoppiate risate e applausi, mentre il viso di Roxas lentamente si incupiva.

Come cazzo gli era passato per l’anticamera del cervello di chiedere qualcosa a quel…quel coso?!

Axel era tutto ciò che Roxas non era, ma non era per questo che Roxas lo odiava. In realtà, non c’era un vero motivo. O forse non ci aveva mai pensato.

 

- Puella laudanda est.…-

Axel sbadigliò sonoramente, senza curarsi della professoressa che in piedi alla lavagna cercava di inculcargli in testa una roba chiamata perifrastica passiva.

In realtà, Axel non pensava all’uso del gerundivo, né al verbo sum concordato con il soggetto. Sapeva solo che le sue mani avrebbero concordato benissimo con il bel sedere di Roxas, il quale stava attento alla lezione, un gomito poggiato sul banco, il polso sottile piegato a sorreggere pigramente la testa, mentre l’altro era impegnato a ondeggiare stringendo la penna che si muoveva rapida sul foglio.

Quelle dita erano così leggere, chissà come dovevano essere delicate.

- Axel, sei con noi?-

Roxas si portò la penna alle labbra, mordicchiandola lievemente e Axel socchiuse gli occhi sospirando, immaginando quando dovesse essere caldo il suo fiato, morbida la sua lingua…

- Axel!-

Una leggera gomitata sulle costole lo distolse dai suoi pensieri, o meglio, dalle sue fantasie.

Demyx, il suo compagno di banco, lo fissava grave indicandogli la prof con un cenno del capo.

Axel sbuffò alzando la testa.

-Eh?-

Chiese, in una pallida imitazione della richiesta di ripetere la domanda.

La donna sbuffò, aggiustandosi gli occhiali e indicando la frase scritta alla lavagna.

- Mi tradurresti la frase che ho appena scritto, Axel?-

Il rosso si sbilanciò un po’ in avanti col busto, cercando di decifrare la calligrafia frettolosa e minuta della professoressa.

No, non ci capiva niente. Non gli interessava. A cosa gli sarebbe servito il latino? A un bel niente, in realtà. Era solo una tortura alla sua persona.

- Ehm… questa s’intitola perifrastica passiva.-

Spiegò Axel seguendo il labiale di Demyx, che evidentemente non ci stava capendo molto più di lui né stava prestando altrettanta attenzione a giudicare dalle note scarabocchiate in fretta sui quadretti del quaderno.

La professoressa incrociò le braccia al petto, pestando un piede a terra.

- Bene, ragazzi, sono felice di annunciarvi che Demyx e Axel hanno capito il “titolo” della lezione del giorno, mi dispiace solo che avevo chiesto una traduzione.-

Risate soffocate in qua e in là. Occhiate curiose e divertite.

La donna si lasciò cadere sulla sedia della cattedra, stanca.

In quel momento il braccino sottile di Roxas si alzò in aria, leggero e affusolato.

- Professoressa, credo di saperla tradurre.-

Lo sguardo dell’anziana signora si accese di nuova speranza, mentre fissava Roxas come se le avesse appena annunciato che aveva vinto alla lotteria.

- Dicci, Roxas.-

Il biondo si sistemò un po’ sulla sedia, imbarazzato come ogni volta quando si trovava al centro dell’attenzione.

Prese fiato, mettendosi composto.

- Credo che sia: La fanciulla deve essere lodata, non so se Axel è d’accordo.-

Roxas aveva parlato abbastanza piano, ma Axel aveva colto ogni sfumatura della sua voce.

La professoressa lo richiamò.

- Sei d’accordo, Axel?-

Le sue pupille di assottigliarono e le sue labbra si piegarono in un ghigno, mentre il suo sguardo volava su Roxas.

- Dipende. Scopa bene? Se sì posso pure lodarla.-

Roxas si batté una mano sulla fronte, rassegnato. Fortunatamente le grida isteriche della povera insegnate furono coperte dal trillo della campanella.

 

Roxas non sopportava Axel, non voleva che si prendesse gioco di lui come faceva sempre,  quindi si accinse a uscire dall’aula prima della mandria di poveri studenti reduci da un’interminabile lezione di latino.

Un po’ il biondino se l’aspettava, ma nonostante questo rimase di stucco quando il braccio di Axel si frappose tra lui e la porta.

-Tu resta dentro, nanetto. Got it memorized?- Sussurrò Axel, sensuale, chinandosi per mordicchiargli l’orecchio con quei canini dannatamente affilati.

- Got it memorized un cazzo, fuori dai piedi!- Strillò Roxas, tentando con scarso successo di intimidire Axel. Ma come gli era saltato in mente? Nessuno riusciva a intimidire Axel, tantomeno lui. Ma ormai il danno era fatto e non poteva tirarsi indietro.

Axel ghignò, stendendosi sopra un banco dell’aula ormai vuota.

- Un nanetto come te pensa di farmi paura? Povero illuso…-

Si divertiva. In tutto il suo sadismo, trovava divertente il modo con cui Roxas si stropicciava nervosamente il lembo della felpa nera che indossava sopra dei normalissimi jeans.

Tanto per sottolineare quanto lo ritenesse sfigato, Axel si sedette con un movimento fluido, i jeans scuri e attillati che gli fasciavano le gambe, mentre sopra indossava una maglia rossa a tinta unita.

Roxas sollevò i suoi pozzi celesti su di lui, socchiudendo gli occhi.

- Mai sentito parlare del Sillogismo di Aristotele, Axel?-

Il rosso fece un’espressione di educata confusione, scuotendo la chioma rossa.

- I libri non sono tra i miei primi interessi, Roxy.-

Roxas lo fissò con odio, tentando di ignorare la frecciatina.

- E’ la forma di deduzione perfetta. Tu puoi dire che gli esseri viventi respirano, che l’uomo respira, quindi l’uomo è un essere vivente? Capisci? Tuttavia non si può sempre deudurre tutto quanto dalle apparenze. Tu mi vedi nano, i “nani” sono più deboli di te, quindi io sono più debole di te.-

Axel ghignò e si chinò verso di lui. Quel biondino lo eccitava perfino quando faceva questi ragionamenti contorti e per lui privi di senso.

- E allora?- Soffiò sulla sua gola, prima di deporvi un lieve bacio.

Lentamente, incollò le sue labbra a quelle soffici e candide di Roxas, in un bacio prepotente.

Le sue mani artigliarono quella chioma bionda e ribelle per impedirgli di allontanarsi, mentre schiacciava il suo corpicino magro e sottile contro il muro ingiallito.

Roxas strinse i pugni, mordendogli un labbro.

Lo morse forte, staccandosi solo quando sentì Axel urlare di dolore e il sapore del sangue in bocca.

Il rosso si tirò in fretta indietro come se Roxas scottasse, tamponandosi il labbro con una mano.

- E allora non sai quanto ti sbagli.- Sussurrò il ragazzino tra i denti, velenoso. Si chinò e recuperò lo zainetto, uscendo in fretta dalla classe.

Axel osservò il sangue imbrattargli la mano e sorrise.

Sì, con quel biondino si sarebbe proprio divertito.

[Continua]

 

 

 

  
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