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Autore: Rota    21/10/2010    1 recensioni
-Senti, Kurenai, vorrei sapere… Com’è andata la mattinata?-
La donna sorrise, socchiudendo gli occhi e voltando appena il viso.
Era sempre stata così, Hinata. Aveva sempre trattenuto ogni emozione compromettente per puro scrupolo verso le persone che la circondavano – troppo scrupolo, in alcuni casi. Così, le dava ancora l’occasione di fuggire dall’argomento, senza obbligarla ad affrontarlo e specialmente non con lei. Dopotutto, era una faccenda sua privata.
Ma Kurenai non era tipo da farsi troppi riguardi, specialmente quando non ce n’era alcuna ragione. Bisognava semplicemente prendere le cose come stavano, e non parlarne certo non portava alcuna soluzione.
Guardò la strada, col sorriso sulle labbra sereno.
-Sono incinta. Le analisi hanno dato la conferma…-

PRIMA classificata al contest "Gossip e Omosessualità [Seconda edizione]" indetto sul forum di EFP da reki chan e Kei_Saiyu
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Juugo, Kimimaro Kaguya, Kurenai Yuhi, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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aprire gli occhi - 2
**Capitolo due – Signor Papà**














And the harder that I try, I know
The harder I push you away
And I’ll, I’ll admit that I’m scared(*)


Juugo cercava di seguire il discorso della donna che parlava in maniera precisa ma decisamente troppo veloce di prassi e certificati d’adozione, di soldi e al tempo stesso delle radiografie che successivamente avrebbe dovuto affrontare per vedere lo sviluppo dell’embrione.
Tempo un mesetto e avrebbero saputo se era maschio o femmina. Non che gli importasse tanto, ma pareva che la donna fosse particolarmente interessata alla cosa.
Dal canto suo, era la prima volta che la vedeva. Lei e la sua compagna – Kimimaro non gli aveva detto né che fosse lesbica né che fosse già madre di un altro pupo.
Però non importava, non importava davvero.
Kimimaro pareva conoscerla: stesso club di tennis o qualcosa del genere, stesse alte compagnie, stesso tipo di persona – pareva che il tutore di Kimimaro avesse persino lavorato a stretto contatto con la donna, per cui fossero venuti a contatto tra loro a questo modo.
Insomma, erano conoscenti di vecchia data.
Sicuramente, se così non fosse stato, Kimimaro non avrebbe permesso che suo figlio fosse cresciuto nel ventre di una perfetta sconosciuta. Avrebbe rinunciato a quella via, semplicemente, optando per un’adozione – come se fosse stato più semplice.
Ma il giovane Kaguya gli aveva già ampiamente dimostrato come quel che voleva lo facesse diventare realtà. Erano sposati, ora, no?
Quel carattere così fermo pareva quasi potesse superare l’impossibile: così lo aveva sempre visto Juugo.

-Dovresti darmi il tuo numero di cellulare. Almeno evito di farmi chiudere in faccia il telefono…-
Kurenai fissò l’uomo con lo sguardo un po’ vago, cercando forse di ricollegare la sua frase a qualche evento che lei stessa conosceva.
Poi si ricordò e comprese.
-Devi scusare mia madre…-
No, gli occhi dell’uomo non parevano conoscere tanto il perdono – era evidente che gli fossero stati rivolti insulti che non avrebbe scusato neppure dopo anni e anni dai fatti.
Appurato questo, Kurenai gli diede il numero del proprio telefono, onde evitare altri spiacevoli incontri via telefonica.
-Non penso abbiamo altro da dirci, a questo punto…-
Kimimaro si alzò, seguito a ruota da Juugo e dagli sguardo delle due donne ancora sedute al tavolino del bar.
Asuma doveva ancora finire quanto precedentemente ordinato.
-Penso ci si possa sentire fra un mese circa, se volete fra tre settimane…-
Kimimaro fu diretto e spiccio, non lasciò neanche il tempo di ipotizzare una soluzione diversa dalla sua.
-Tre settimane vanno più che bene. Arrivederci.-


*******


-Un figlio…-
A ripensarci ancora e a mente lucida, Juugo non credeva neanche a sé stesso. Era impossibile da credere reale, tutto quello. Per cui, la litania continuò a scivolare sulle sue labbra.
-Un figlio… Un figlio….-
La metropolitana sostò ad una fermata, facendo dondolare il corpo appeso solo per un braccio ad un palo di metallo. Non se ne accorse, se non quando arrivò quasi a contatto con il corpo di suo marito. Lì, immobile, Kimimaro faceva quasi finta di non sentirlo, troppo preso a ragionare per conto suo.
Gli diede un bacio, sorridendogli pieno di gioia.
-Un figlio!-
Il giovane Kaguya lo riprese senza lasciarsi contagiare troppo dalla sua evidente felicità – anche se un lieve sorriso riuscì a sfuggirgli.
-Non è che se lo ripeti arriva prima, Juugo…-
L’altro gli sorrise ancora, dandogli un secondo bacio.
La metropolitana fermò ancora, aprendo le ante metalliche e facendo entrare persone e puzzo di città – smog, fumo e umido. La pioggia stava ancora scendendo su Konoha, mentre lentamente la gente si dirigeva verso la propria dimora.
Il chiacchiericcio di sottofondo era persistente, così come il lento battere delle gocce sull’asfalto grigio.
Quando i due riemersero dal sottosuolo, dovettero correre in fretta sotto il primo riparo disponibile.
Ridendo l’uno, sogghignando l’altro.
Fortunatamente, la loro meta non distava molto dalla fermata, solo qualche isolato e nulla più.
In un alto condominio della periferia Est erano riusciti a riservarsi un piccolo angolo solo per loro. Un posto da poter chiamare senza ombra di dubbio casa.

Juugo non aveva mai considerato l’ipotesi di diventare padre, non l’aveva mai considerata specialmente quando si era ritrovato ad ammettere di non trovare per nulla eccitante il seno morbido di una donna quanto piuttosto le forme sode e toniche di un baldo giovane.
Cosa, in effetti, lo avesse mai attratto di Kimimaro – quel malaticcio e pallido figuro tristo – non se lo spiegava con precisione neppure lui. Doveva essere il carattere, sicuramente. Il carattere forte con cui riusciva a dominare ogni impulso, trattandolo con la dovuta fermezza e indifferenza.
Pareva quasi non si lasciasse mai coinvolgere da niente, Kimimaro. Eppure, a tanti anni dal loro primo incontro, Juugo poteva affermare quasi con certezza di saper interpretare ogni singolo silenzio col quale lui comunicava.
Ed era stato quello ad averli avvicinati tanto da iniziare una relazione fino al matrimonio.
Perché Kimimaro era stato irremovibile, ad un certo punto. E come al solito lui non aveva potuto che seguirlo diligentemente.

-Hai pensato a che nome vorresti dargli?-
Kimimaro lo aveva guardato un poco soprappensiero, mentre ancora appoggiava allo schienale di una sedia il proprio cappotto, per farlo asciugare.
Lo guardò decisamente scettico.
-Non sappiamo neppure che sesso abbia…-
Juugo non si fermò neanche davanti a quella che era la fredda realtà, rivelando il proprio desiderio con una semplicità disarmante.
-Se fosse una lei vorrei che si chiamasse Sakura. Se fosse un lui…-
Ponderò la cosa, in realtà aveva sempre e solo desiderato avere una bambina – mai si era posto il problema. Kimimaro però fu più veloce di lui nel formulare la fine del pensiero.
-Sasuke. Se nasce maschio si chiamerà Sasuke.-
Juugo si fermò a fissarlo, sorpreso di così tanta determinazione.
Sinceramente, non se l’aspettava proprio che scegliesse quel nome, legato così tanto al suo passato.
Ma alla fine si aprì in un sorriso sincero, andando ad abbracciarlo da dietro la schiena.
-Come vuoi tu…-


*******


La dipendenza dall’alcool l’aveva reso quasi una bestia.
Incontrollabile, animale, violento fino all’esagerazione. Era stato fermato dalla polizia perché aveva picchiato selvaggiamente un ragazzo incontrato per strada, che aveva avuto come unica colpa quella di avere lo stesso colore dei capelli del suo datore di lavoro che l’aveva rimandato a casa per colpa della sua omosessualità.
Il ragazzo sopravvisse, anche se passò qualche giorno all’ospedale.
Lui fu rinchiuso in una clinica, a doppia mandata e buttando via la chiave.
Sotto la custodia del dottor Orochimaru, aveva iniziato la sua terapia di disintossicazione. Lentamente, a passi misurati ma continui, giorno dopo giorno.
Ma niente pareva poterlo salvare.
Per quante volte sembrava potesse guarire, alla prima occasione il suo autocontrollo cedeva.
Più di una volta lo si ritrovò con le mani serrate attorno al collo di un altro ricoverato, con l’espressione quasi esaltata e un ché di ferino negli occhi.
Sembrava quasi chiaro quanto non volesse, lui per primo, liberarsi dalla febbre che gli muoveva il corpo.
E come biasimarlo? Non si riconosceva ancora pienamente nel mondo che lo circondava – così aveva detto, febbricitante, allo psicologo che lo seguiva – non riusciva ad accettarsi né ad accettare quel che gli capitava. Essere considerato una sorta di animale era molto più semplice. Per tutti e specialmente per lui.
In un clima come quello, teso tra il desiderio di annullarsi nel proprio istinto e una parvenza di resistenza all’oblio dei sensi, conobbe Kimimaro.
Lì, il mondo cambiò radicalmente.

Kimimaro era forte. Kimimaro non si lasciava intimidire. Kimimaro gli sputava in faccia la realtà così com’era, ma era sempre disposto a porgergli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Questo l’aveva salvato da sé stesso, gli aveva permesso di ritornare a una vita quasi tranquilla.
Quasi, perché ogni volta che gli venivano rivolti insulti sulla propria natura sessuale lui scoppiava – diventava una furia.
Ma aveva imparato a contenersi un poco, più per paura di ritornare in clinica che per altro, o per la frase di Kimimaro quando l’aveva visto praticamente addosso ad una commessa del supermercato.
-Alza ancora le mani su una persona e non mi vedrai mai più…-
Quando Kimimaro prometteva una cosa, Juugo era sicuro che l’avrebbe mantenuta.
Cominciò a trattenersi sempre di più.


*******


Quella sera, dopo cena, il telefono squillò.
Kimimaro si alzò in fretta, sapendo bene che fosse per lui.
Infatti, dopo che Juugo lo vide allontanarsi dalla tavola e prendere in mano la cornetta, le prime parole che sentì nette gli rivelarono subito l’identità della persona al di là del filo.
-Buonasera, signor Orochimaru…-
L’uomo si alzò, cominciando a sparecchiare lentamente.
-Sì, abbiamo incontrato la signora Sarutobi questo pomeriggio. Sì, sta bene, sembra in ottima salute. Sì, sembra che dalle analisi sia andato tutto bene. Sì, dovrebbe nascere verso la metà di Novembre…-
Orochimaru continuò col suo interrogatorio – dopotutto, non lo vedeva da più di tre mesi – ottenendo sempre risposte meccaniche.
Non che lo facesse apposta, di sembrare così distante e distaccato, ma la venerazione di Kimimaro per quell’uomo era tale perché non si potesse permettere un tono colloquiale da pari a pari. La distanza che sanciva ogni volta tra loro due era solamente per mettere in risalto l’altro uomo.
Tossì, interrompendo solo per qualche secondo la conversazione.
-Sì, anche noi stiamo bene…-
Alla fine, quando Kimimaro tornò da lui, aveva già finito di sistemare i piatti nella lavastoviglie.
Gli sorrise, avvicinandolo per prenderlo in un abbraccio. Gli diede un bacio a fior di labbra.
-Sei felice?-
Lo guardò negli occhi – diretto, senza lasciargli possibilità di scappare.
-Sei felice? Ora potremmo dire di essere una vera famiglia…-
Lo sentì stringere la presa, quel poco che servì perché i loro corpi entrassero in contatto in maniera più intima. Kimimaro, alla fine, gli circondò la vita con le braccia a sua volta.
-Anche prima lo eravamo, io e te… Siamo una famiglia da parecchio tempo…-
Juugo sbuffò, un poco irritato e un poco divertito da quel volere essere sempre puntiglioso e preciso del compagno. Anche in una situazione come quella doveva avere qualcosa da ridire.
Pazzesco!
-Saremo una famiglia completa! Avremo un bambino a cui badare! Un piccolo te da crescere!-
Una famiglia, una famiglia vera. Come tutte le famiglie normali, come tutte le altre famiglie esistenti.
Due genitori e un figlio. Due figure adulte e un piccolo umano in divenire.
Due più uno, tre. Il numero perfetto.
Juugo era esaltato da tutto quello, lo si poteva leggere benissimo nel suo sguardo – e sì, anche in quello apparentemente immobile di suo marito c’era la medesima luce vibrante.
Kimimaro però rifletté a lungo sulla frase appena detta dall’uomo, considerando ogni eventuale possibilità che essa proponeva.
Poi, prima che Juugo scendesse a baciarlo in maniera seria, stroncando ogni altro tentativo di fare conversazione razionale, gli espose un dubbio che lo assillava.
-E se viene squilibrato come te?-
Juugo restò di stucco, prima di rispondere borbottando e un poco rabbuiato.
-Mi sembra difficile…-
Però, il suo sguardo si fece dolce quando portò una mano ai capelli di Kimimaro, cominciando ad accarezzarli gentilmente e con delicatezza.
-Sicuramente nascerà forte e sano. Sarà bellissimo, intelligente e atletico. Sarà assolutamente un bimbo meraviglioso. Un bimbo stupendo!-
-Non sarà semplicemente normale?-
-Certo! Ma la normalità in casi come questi è la cosa più bella che ci possa essere!-
Un piccolo sorriso, alla fine, riuscì anche ad ottenerlo.


*******


Non era stato facile dire a Orochimaru quello che li legava ormai da tanti anni.
Kimimaro aveva detto di poter accettare la loro relazione solo e solamente dopo che questa fosse stata palese al suo tutore, l’uomo che l’aveva cresciuto come un padre lungo tutta la sua vita.
Juugo aveva compreso bene i sentimenti del compagno, non aveva neanche tentato di fermarlo.
Orochimaru era stato fin troppo comprensivo – o, forse, semplicemente non gliene importava poi così tanto da provare qualcosa di diverso che una tiepida simpatia per la coppia. Conosceva bene sia Juugo che Kimimaro, e se nel primo caso la cosa era stata troppo palese fin da subito, nel secondo non era così nascosta da non risultare ad un occhio attento.
La sorpresa dell’uomo era stata tutta nel fatto che si fossero trovati bene assieme. Questo, sicuramente, non se lo sarebbe mai aspettato.
Ma Orochimaru fu l’unico ad essere così comprensivo nei loro confronti.
Quando vennero a sapere dei loro progetti circa il costruirsi un futuro assieme – una cosa così naturale, ai loro occhi, una cosa così semplice e istintiva da non aver bisogno della minima spiegazione – molti dei loro conoscenti presero le distanze.
Quello che fece loro più male fu una dichiarazione detta quasi per caso da una loro intima amica.
-Il matrimonio va anche bene, ma come potete pensare di adottare un bambino? Non pensate che sia sbagliato?-
Juugo aveva gridato che no, non era sbagliato, o era sbagliato quanto averle dato la possibilità di esprimersi in merito.
Kimimaro aveva sedato fin da subito ogni altro urlo, anche se con una certa riluttanza.

Forse, era stato proprio nel vedere il disgusto dipingersi sui volti della gente che Juugo si era intestardito così tanto nel volere, a tutti i costi, quel benedetto figlio. Quasi fosse più una questione di principio che di puro e semplice amore.
Il compagno non gradiva molto l’idea di soddisfare il suo ego divenendo padre: non gli piaceva l’idea di usare anche solo l’idea di suo figlio per un doppio fine.
Di genitori frustrati e di figli considerati come semplici oggetti ne conosceva già fin troppi – a partire da quegli Uchiha, da quelli che ai suoi occhi gli avevano rubato l’amore legittimo di suo padre.
Però comprendeva bene che, di fronte alla reale possibilità di avere una prole, la malizia di Juugo sarebbe scemata in virtù di un’emozione autentica e genuina. Per questo, non disse nulla a proposito fin tanto che il progetto rimase tale nelle loro menti.

Trovarono Kurenai quasi per sbaglio, quasi per un errore di calcolo.
Kimimaro aveva ricordato il nome della donna come rientrante nel gruppo ristretto dei collaboratori vicini alla figura di Orochimaru, per un qualche motivo a lui davvero sconosciuto.
In effetti, lavoravano in due campi completamente diversi. Ma, forse, tra dirigenti il concetto di conoscenza assumeva sfumature ben diverse.
Non lo sapevano, il fatto era che ritrovarsi di fronte questa donna pronta a dare loro una mano nel loro progetto li aveva quasi sconvolti.
-Perché, mi chiedete? Perché conosco bene la vostra situazione. Anche io ho un bambino piccolo…-
La possibilità di rendere reale un sogno si era palesata ai loro occhi – ora dovevano solo accettarne davvero tutte le conseguenze.
Quella donna non aveva mai mostrato dubbi a riguardo.
Sarebbe rimasta incinta di uno di loro, attraverso la fecondazione artificiale. Successivamente, il figlio nato sarebbe stato adottato dalla coppia già legalmente unita.
Tutto era così incredibilmente perfetto, per una volta, che era quasi difficile da accettare.
Alla fine, il loro cuore aveva fatto un semplice, piccolo salto.


*******


-Papà…-
Kimimaro lo guardò male, ancora avvolto tra le lenzuola del letto.
-Non cominciare…-
Juugo non lo ascoltò, allungandosi verso di lui e posandogli un bacio sul naso sporgente.
Sorrise, ancora pieno di gioia.
-Papà!-
Il giovane Kaguya sbuffò, volgendo lo sguardo dall’altra parte, così da non lasciare modo al compagno di raggiungere la pelle del suo viso. Ma quello persistette, senza trovare nessun ostacolo a fermarlo.
-Sei pronto a farti chiamare così da un fagottino paffuto e tondeggiante?-
Kimimaro ci pensò qualche istante – mentre sentiva Juugo abbracciargli il petto e tirarlo vicino a sé, in un abbraccio energico e possessivo – ci pensò anche quando la bocca dell’uomo cercò la sua fino a trovarla ancora un poco dischiusa, in una postura tale da ricordare il totale abbandono.
Non mostrava di volersi difendere, in alcun modo.
-Sono pronto…-


*******


Mi è stato chiesto il perché io facessi tutto questo.
Perché chiedessi il figlio di una donna come se fosse il mio.
Forse è stato il fatto che Kurenai ha gli occhi di chi conosce la mia sofferenza, non la vive più ma l’ha vissuta un tempo e fino in fondo. Sono gli occhi di chi comprende veramente
Forse non ho neanche il diritto di pretendere nulla, dacché la strada che ho scelto non è quella consona.
Eppure, sento dentro un senso di giustizia che pervade tutto quanto, senza tralasciare nulla.
Amo Juugo, amo già nostro figlio.
È la nostra vita, decidiamo noi chi essere.

Apro gli occhi e vedo lui – quello stupido che urla forte se non lo fermo con mano decisa.
Apro gli occhi ancora e vedo altro, qualcosa di piccolo e ancora non definito.
Li apro una terza volta e li vedo assieme, sfuocati in un unico disegno dai bordi confusi. Emanano quasi luce propria.
Lui mi bacia, mi bacia ripetutamente. L’altro mi chiama con la medesima insistenza.
Ed è impossibile resistere a lungo.
Non credo mi sia difficile sorridere, a questo punto. Non più.
Dio, ora che ci siamo conquistati la felicità sarai così buono da lasciarcela ancora un po’?












Note finali:
Ecco qua il secondo e ultimo capitolo.
Successivamente ci sarà l'epilogo e poi la ff sarà definitivamente conclusa <3
Giusto perché così sedo ogni dubbio a riguardo - specialmente quello delle giudici XD Sasuke Uchiha, che qui è solamente menzionato - mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa ç.ç - doveva essere una sorta di figura di confronto, per Kimimaro. Essendo stato lui cresciuto, in qualche modo, da Orochimaru, questi l'avrebbe posto al di sopra di tutti nella scala dei suoi "protetti", come un punto di riferimento per tutto gli altri. Almeno, l'idea originale era questa, probabilmente se avessi avuto tempo *e specialmente fossi stata più attenta* avrei sviluppato meglio ù.ù
Oh, ho amato il banner <3<3 *pura informazione inutile XD* Kurenai lì mi piace davvero un sacco **
   
 
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